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Autore: Danpo    13/11/2015    0 recensioni
Thomas Roche è uno scrittore che occupa la casa al numero sette di Gordon's Rive street.
Trascorre i suoi giorni chiuso in casa, in attesa che l'ispirazione lo colpisca e gli dia il via verso il successo che tanto desidera. Ma lo spettro di sua moglie defunta ed un bambino apparentemente innocuo, continuano a perseguitarlo nel sonno.
ATTENZIONE: Anche questa volta non so bene dove inserire questa storia. Momentaneamente la inserirò nella sezione "Drammatico", anche se nel corso dei capitoli sarà un misto tra Horror e Thriller con punte di Soprannaturale.
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. Let's Play


Thomas stava scrivendo la fine del suo nuovo romanzo, mentre una tazza di thé caldo si raffreddava sulla sua scrivania. Fuori pioveva ancora, ma era una pioggia meno violenta, che sembrava voler lavare il mondo di ogni malizia.

“[…] egli capì in quel momento che le persone non cambiano. Semplicemente scoprono chi sono veramente grazie alle loro delusioni. L'uomo incappucciato si tolse il cappuccio per sempre [...]”

Ricontrollò quell'ultima parte più volte. Quando ne fu soddisfatto, si alzò in piedi e con occhi pieni di gioia prese la tazza. La portò alla bocca e soffiò un paio di volte per assicurarsi che la bevanda non fosse troppo calda. Ingurgitò il liquido e quando venne a contatto con la sua lingua, capì di non essere capace a fare il thé.

Guardò fuori dalla finestra per scrutare la pioggia. Ma proprio quando i suoi occhi videro le gocce cadere giù dal cielo, le nuvole sembrarono arrendersi al suo sguardo e i primi raggi del sole cominciarono ad abbracciare Gordon's Rive Street. Si precipitò all'ingresso, dove prese il suo impermeabile marrone e un ombrello nero. Si vestì in un secondo ed uscì fuori in strada, con l'intenzione di andare a prendere un thé.

Le case, in quel quartiere, sembravano tutte disabitate e tristi. Alcuni anziani erano affacciati alle finestre dei piani superiori e sembravano tutti scrutare Thomas mentre si dirigeva al Francis's pub. La strada era piena di pozzanghere e mal ridotta. Erano anni che non veniva fatta manutenzione e Thomas si era convinto che prima o poi si sarebbe aperta una voragine al centro del quartiere e tutta la strada sarebbe stata inghiottita. Ma non si curò più di tanto di ciò e continuò a camminare. Attraversò un incrocio che era deserto. L'intera città sembrava stata abbandonata. Era tanto che Thomas non usciva ma, l'ultima volta che lo aveva fatto, era sicuro di aver visto persone più o meno brutte. Ma quel giorno sembravano tutti scomparsi.

Camminò per un altro centinaio di metri e intravide l'insegna del pub. Da fuori sembrava che ci fossero una decina di persone sedute a bere qualcosa.

Lo scrutò da fuori ricordando l'ultima volta che ci era stato. Era con Amelia quando ancora non sapevano quanto male stesse lei. In mente gli tornò quel giorno, erano stati bene insieme ed erano felici in quel periodo...

«Quando avremo un bambino lo chiameremo come tuo padre» Amelia era solita prendere in giro Thomas per il nome orrendo di suo padre. Thomas fece una smorfia con la faccia «Spero che almeno non prenda da tua madre perché altrimenti dovrò scappare di casa.» Amelia restò a bocca aperta «Stai per caso dicendo che mia madre è cattiva?» Amelia incrociò le mani al petto e guardò verso il bancone, facendo finta di essere arrabbiata «No, sto dicendo che è brutta.» Thomas rispose calmo, sapeva che sua moglie non si era arrabbiata davvero «In questo caso credo di poterti perdonare. La bellezza è soggettiva. Ad esempio io sono bellissima ma alcuni dicono di no» Amelia aprì gli occhi e guardò Thomas «Non capiscono nulla, amore mio.»Thomas si sporse in avanti e baciò Amelia.

Entrò dentro al locale a passo deciso, assaporando gli odori del Francis's pub. Era un clima che difficilmente si poteva dimenticare. Persone che chiacchieravano intorno a lui, il rumore della macchina del caffè dietro il bancone, il cameriere che prendeva le ordinazioni e la sua penna che scriveva sul taccuino. Il rumore che più amava Thomas. Notò con piacere che in fondo al locale, in un angolo di quei pochi metri quadrati, c'era un tavolo libero. Quasi corse per prenderlo prima di qualcun altro. Le poltrone rosse facevano contrasto con le pareti nere, un tempo erano semplicemente bianche. I tavoli assomigliavano ad un tappo di bottiglia in scala gigante e Thomas trovò l'insieme di pessimo gusto, anche se doveva riconoscere che il locale aveva acquistato un tocco di modernità.

Proprio accanto al suo tavolo c'era una piccola libreria che i clienti potevano utilizzare per prendere qualcosa da leggere. In uno scaffale in alto, impolverato e difficile da raggiungere, riconobbe Marina di Zafòn e, più nascosto, L'uomo senza volto di Thomas Roche. Il cuore gli cominciò a battere senza motivo. Una sensazione di panico misto a gioia gli avvolse lo stomaco e l'intestino si attorcigliò in una matassa. E poco prima di realizzare cosa stesse accadendo, una cameriera si avvicinò al tavolo «Bunasera come posso aiutarla?» la cameriera aveva una specie di divisa nera con un grembiule bianco. Aveva una faccia stanca e scocciata, come se fosse stata obbligata a fare quel lavoro. Thomas si girò, ma poco prima che potesse parlare la ragazza iniziò ad emettere strane grida «Non ci credo! Sei Thomas! Io ho anche una tua foto! Mio Dio, non ci posso credere!» Thomas fece una smorfia con il volto non capendo cosa stesse accadendo «Credo che tu sia il mio scrittore preferito. Vedi lì sopra? Sull'ultimo scaffale? L'ho nascosto io lì sopra il tuo libro, così nessuno me lo rovina.» Thomas provò una senso di soddisfazione a vedere quella ragazza così felice di vederlo che quasi dimenticò dove era «Grazie mille! Come ti chiami» Thomas non sapeva come gestire la situazione, si sentiva felice e fiero, ma anche spaventato e imbarazzato «Sono Faith, la figlia di Francis! Purtroppo lui ci ha lasciati qualche hanno fa e adesso sono io e mio marito a mandare avanti il locale...Ma mio padre mi raccontava che un tempo eri un frequentatore assiduo! Quindi per festeggiare il tuo ritorno ti offrirò una tazza di buon thé alla Francis! E dopo mi fai l'autografo.»

La tazza non tardò ad arrivare. E dopo aver firmato il libro di Faith, Thomas bevve il suo thé. Aveva gusto strano. Era un'esplosione di sapori dolci ma allo stesso tempo contrastanti tra di loro. La caloria era come la mano delicata di Amelia che lo accudivano nei momenti di solitudine. Era un thé buonissimo. Si rimise il cappotto e salutò Faith, gli girava un po' la testa. Uscì dal pub e ritornò a casa, con Amelia che era sempre più presente nella sua testa.

Inserì la chiave nella serratura, doveva assolutamente andare in bagno. Spalancò la porta e subito dopo essere entrato la chiuse con un gran rumore alle sue spalle. Attraversò l'ingresso e si ricordò che la carta igienica era finita, così si diresse in cucina per prendere un paio di tovaglioli. Spalancò la porta e vide la finestra aperta. Le tende logore svolazzavano fino a toccare il tavolo da pranzo sul quale, lo notò solo una volta avvicinatosi ad esso, era poggiato un libro. La copertina era nera. Lo aprì. Sulla prima pagina c'era scritto “Iniziamo a giocare”, per il resto era completamente vuoto. Thomas si spaventò parecchio. Corse alla finestra e la chiuse, ma con la coda dell'occhio, proprio dietro di lui, notò qualcosa. Si voltò di scatto. Un uomo con un cappuccio nero lo guardava negli occhi. Non riusciva a vedere il viso dell'uomo, perché era in ombra. «Chi sei?» la voce di Thomas tremava

«Vuoi giocare?» l'uomo con il cappuccio aveva una voce fredda, che ghiacciava il sangue.

«Cosa vuoi dire?» Thomas indietreggiò di un passo, sbattendo contro il vetro.

L'uomo col cappuccio si voltò di scatto e scomparve.

Thomas decise di non andare più in bagno.

   
 
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