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Autore: OblivionRoseSide    14/11/2015    0 recensioni
L'innocenza mi fu compagna per molto tempo ma ora è immolata qui, davanti ai miei occhi. La vedo allontanarsi... o sono io a cadere in questo baratro scuro?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'avevo guardata negli occhi con un sottile filo di perversione. Avevo lasciato scorrere la lingua sui miei denti bianchi e l'indice coperto di miele sulle sue labbra.
La testa si era inclinata quasi incantata da quella visione. Il rosa della carne era più lucido, pieno e invitante. Sembravo avere lo sguardo assente ma la mia testa stava disegnando il sapore di quella bocca, sarebbe stato più dolce o eccitante? Più profondo o frivolo, pericoloso? Non lo sapevo ma ormai avevo smesso di pensarci. Intanto aveva sorriso, avevo portato gli occhi nei suoi ed era successo. Un piccolo demone era uscito da quell'orbita infinita ed era entrato in me strappandomi l'innocenza dell'anima, cercando tra le labbra la dannata voglia di quel bacio maledetto.
Non seppi se l'aveva trovata e nemmeno mi interessava. Non avrebbe avuto senso nasconderla.  Era lì ed era solo questione di tempo.
Avevo deglutito, la gola secca e le labbra schiuse. Gli occhi ancora fissi nei suoi, un gioco. Era così che lo aveva definito, un gioco pericoloso a suo dire. Si poteva definire “gioco” una tentazione del genere? Un desiderio diverso impiantato e condiviso nelle nostre vuote teste? Le aveva riempite, l'una dell'altra. Mi ero sentita viva e viva mi sentivo in quel momento. Attiva, deliziosamente attiva. Ma il libero arbitrio sa far mettere in conto anche il più terribile dei fallimenti e non era forse quello un fallimento, l'innalzamento di un cuore ridotto ad uno stupido e perverso gioco. Mi sentivo piena di lei ma vuota d'amore. I brividi erano violenti e improvvisi, attraversavano la schiena senza ritegno e accaldavano il corpo morto facendolo infiammare. Chi gioca con il fuoco si brucia. Era forse ciò che stava accadendo a me? … e un misero pezzo di carbone poteva rifiorire come l'albero che era? Non volevo sapere la risposta anche se mi veniva urlata in testa sempre più flebilmente dalla mia perduta ragione.
Mi avrebbe rubato me stessa. Ma chi ero in verità? Avrebbe trovato forse qualcosa al centro di quel cuore morto che avrebbe seviziato? Come una gatta terribile ci avrebbe giocato non curandosi dei rivoli di sangue che ne scaturivano, nero e sporco sarebbe stato.
Mi lasciavo trascinare verso il patibolo e avvicinavo la mano alla boccetta del veleno. Salivo le scale e tiravo via il tappo guardando il liquido quasi trasparente. Lo sguardo inerme e il vetro saliva e con lui la morte. Contavo i respiri sapendo che sarebbero stati gli ultimi.
Uno...
Chinavo la testa sul legno sagomato per la pelle dei traditori, non era il mio posto ma ci sarei restata. Avvicinavo il vetro freddo alla calda bocca.
Due...
Guardavo in basso lasciando che i capelli mi nascondessero il volto, ascoltavo il boia e la lama sussurrare sfiorata dal vento. Brillava, l'avevo guardata da lontano. Mi chiamava suadente. L'inclinazione della boccetta aumentava. La bocca si aprì.
Tre...
La lama calò veloce. Il liquido permeò la gola. Il dolce del miele, sarebbe forse stata tale la mia morte? Sulle labbra di una giovane ragazza? Chi meglio di una bestia ormai defunta poteva apprezzare le infinite altre vite e morti che il corpo e l'anima subivano e sopra quel peccato potevo solo stendere un velo pietoso mentre continuavo a soffrire su quella bocca. Volevo trasformarmi in un animale e farla parlare in un linguaggio che solo l'estasi e la profonda soddisfazione erano i grado di tradurre... Era successo. Me ne ero vergognata ma non pentita. Era stato diverso, curioso, singolare. Era dolce pure lei nella sua intimità e io ormai sepolta,tra i suoi sospiri e le sue gambe. con gli occhi secchi e le labbra schiuse. Ero stata in silenzio ascoltando attenta ogni nota che fosse uscita da quella maledetta bocca. Non avevo dimenticato quel concerto...
L'avevo chiamata nella mia discesa all'Ade con un nome proibito e perfetto. L'Amore. Era stata per me morte e vita e patimenti. Nascita e Passaggio a peggior vita.
Ma non avrei mai finito di ringraziarla...
 

Mi ero abbandonata a questo sogno mugolando tutte quelle parole che non avevo pronunciato ma riversato in quei forti brividi, una notte un tantino tormentata.
Il risveglio era stato pietoso come le mie condizioni. Avrei lasciato perdere ma a dimenticare non riuscivo. 

   
 
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