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Autore: kike919    16/11/2015    0 recensioni
"Dopo tante mattine che sembravo una statua di sale con la mia apatia e depressione, ora m’invade il sorriso. Un sorriso quasi inquietante che mi allarga l’anima e la riempie di così tanti colori, che mi è impossibile rintracciare da qualche parte un punto di nero."
Genere: Generale, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ultimamente faccio sempre lo stesso sogno e mi sveglio felice. Faccio questo sogno da matti che mi getta addosso un’assoluta e vitale sensazione di libertà, di sudore, di vento sulla pelle. Mi sento proprio volare!

Dopo tante mattine che sembravo una statua di sale con la mia apatia e depressione, ora m’invade il sorriso. Un sorriso quasi inquietante che mi allarga l’anima e la riempie di così tanti colori, che mi è impossibile rintracciare da qualche parte un punto di nero.

Mia madre, mia sorella, gli amici. Nessuno di loro ha capito, né ha la più pallida idea di cos’abbia fatto scattare in me questa malsana scintilla, ma ora sono sereni. Sono tutti in pace per me e possono tirare avanti le loro esistenze senza logorarsi troppo per la mia, senza arrovellarsi il cervello su come tenere vivace la mia testa pigra.

L’altra sera, ad esempio sono andato a dormire alle undici dopo una rilassante camomilla… ed era di sabato. Ho rinunciato persino alla solita birra sotto casa insieme a Romeo, Ale e Vane, pur di lanciarmi in quel sonno appagante e pieno di magia. Non che la mia assenza susciti in loro chissà quali domande, ma so che la mia presenza gli fa sempre piacere… è semplicemente che per una volta volevo essere egoista e pensare soltanto a me stesso e a quello che mi piace fare.

Però sapete qual è la parte divertente? Che tanta era l’impazienza, che proprio non volevo crollare!

Quindi, con molto umorismo, mi è toccato alzarmi a prepararmene un’altra.

Fu dopo una ventina di minuti, che il torpore ha preso a pervadermi il corpo, immobilizzandomi gradualmente… lanciandomi esattamente dove volevo stare.

 

 

 

Il pantaloncino verde sfavillava quasi accarezzato dal frizzante entusiasmo del sole, che invitava a non rispettare nemmeno il segnale, per l’impazienza. Ero eccitato, in completa fibrillazione, al punto tale che stavo per dimenticare gli esercizi di rito prima dell’inizio. Roba che appena partito mi stiravo un muscolo e crepavo come un sorcio con le crisi epilettiche. Ma che schifo. Non sono mica così orribile; anzi, sono un figo. Gli avversari però sì, quelli erano mostruosi. Uno sembrava un cespuglio. Un cespuglio nero di capelli spungosi e ricci che si è andato, neanche a farlo apposta, a piazzare proprio di fianco a me. Ho manifestato il dissenso concretamente, con un elegantissimo sputo a terra e beffarda alzata di sopracciglia… tipico di quando ancora mi divertivo a fare lo spaccone.

-Bella giornata per perdere, eh?

L’ho incalzato, sperando in cuor mio in una rissa pre-corsa.

-Che faccia da culo!

Ha replicato il cespuglio senza scomporsi troppo anzi, traendo forza dalla mia stessa beffa per intimorirmi. Ma figurati se ci riusciva… vestito come un limone, con quelle gambette magre da ballerina di tip-tap o danza classica. Mica un capolavoro come le mie. Sapete cosa? Quel tizio strambo sembrava uscito da “Party Rock” e mentre covavo in me quel pensiero stupido, ho ricevuto un’occhiataccia da uno degli organizzatori alla “Poche chiacchiere e preparati alla partenza”.

Sghignazzando come uno scimpanzé mal riuscito, mi sono messo a fare un paio di mossette per non restare con gli arti in mano a metà percorso, ma poi col fuoco negli occhi mi sono chinato sulla postazione a me destinata… e nessuno può fermare il destino che lo ha chiamato a sé.

 

 

 

 

Era domenica sera. Non pago di ciò che avevo vissuto, che sinceramente tutta quell’adrenalina per restare poi a fare la statuina mi sembrava un po’ una presa in giro, mi ero ormai intestardito che avrei, per forza di cose, finito il sogno. Dopo tutta quella preparazione, quella notte mi doveva concedere almeno la partenza.

Sono crollato dopo appena dieci minuti che fantasticavo sul possibile seguito.

 

 

 

 

Quel caldo sembrava spaventosamente vero. Ci stavo affogando, dentro la maglietta verde. Boccheggiavo per prendere aria e quasi quasi l’avrei chiesta in prestito a qualcuno. Dopo nemmeno mezzo secondo, uno sparo mi ha fatto diventare sordo da un orecchio: sono scattato come una molla saettando, mangiando tutto il color terra della pista e vomitandolo dietro di me, facendo mangiare la polvere agli avversari. Mamma mia, che anonimi! Provavo pena per loro, marionette ingrigite dalla fatica, impantanate e appesantite come se fossero cadute nelle sabbie mobili…

E io le lasciavo tutte indietro: “Crepate! Mangiate le impronte delle mie scarpe; da bravi, così!”.

Se avete da ridire sui miei pensieri non ci posso fare niente: non vi ho mai promesso di essere simpatico. Però sono il migliore, sempre e comunque.

Era veloce come un volo, quel percorso. I 100 metri, alla fine, a un professionista fanno ridere. Come ne godevo a sgambettare più veloce degli altri! Ne godevo così tanto che non provavo nemmeno dispiacere nel guardare in faccia gli eventuali sconfitti per dirgli due parole di conforto.

 

 

 

 

Poi, maledettamente, mi sono svegliato intravedendo il traguardo. Orizzonte immenso. Come una bistecca enorme, posta davanti a un cane famelico che non vede l’ora di farla a pezzi.

Ma oggi è lunedì. Oggi devo vincere…

 

 

 

 

Il sudore non fa in tempo a nascere che schizza via da me, come gocce di pioggia trasportate dal troppo vento. Un pelato sulla trentina sta cercando di prendersi quello che è mio. Eccolo, quell’animale che si lancia ingordo in avanti, nella divisa arancione che trasmette elettricità e nervoso solo a guardarla… invece no, non l’ha vinta; perché io non so perdere. Tiro tutti i miei muscoli, che sembrano ardere nello sforzo. Mi scoppierà una vena? Non lo so, ma chi se ne frega.

Non capisco più nulla, l’eccitazione mi fa volare ed eccomi. Eccomi, ci sono, sto spaccando il mondo! Eccomi, sono il migliore, il più veloce… un turbine!
Varco la linea del traguardo quasi coi denti, quasi come non ci fosse un domani.

Ma il domani, peccato per il mio nemico e chiunque pensi di ostacolarmi, per me c’è!

Non faccio in tempo a saltellare dall’emozione, che sto affondando tra l’acqua che arriva alla testa e le bolle di sapone. Ne ho ingerite già un centinaio, direi proprio che sono sazio. Solo io posso addormentarmi facendo il bagno.

Mi sollevo sull’ampio sedile della vasca, mi asciugo rapidamente e nel frattempo entra Matilde. Un lampo di sorpresa le solca il viso, quando scorge quel cretino del sorriso stampatomi in faccia!

Mi vesto sul letto cercando di sbrigarmi; m’infilo la tuta, la biancheria e quelli che affettuosamente chiamo calzini.

-Qualsiasi cosa ti sia presa questi giorni, rende felice anche me.

Esclama lei cinguettando.

-Anche me. Ho vinto iooo!

Le confermo, poi ammicco come se fosse scontato.

Infine, con un balzo innaturale tanto che a momenti cado, salto in sella alla mia sedia a rotelle e mi dileguo gongolante, sfrecciando verso la cucina.

Per festeggiare la vittoria, credo proprio mi preparerò un bel panino.

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Vi ringrazio infinitamente per aver letto la mia storia :)
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