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Autore: Vanisher    17/11/2015    7 recensioni
(Dal capitolo 3)
- Dopotutto, è impossibile dimenticare una persona dall'oggi al domani. Sopratutto se quella persona è Tom Kaulitz -
Le sue parole sono maledettamente vere quanto dolorose.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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SMETTILA DI SCAPPARE!






Tom stringe nervosamente la busta di carta gialla tra le mani consegnataci dal dottore. Con sguardo incerto il suo sguardo si sposta lentamente da me a Chantelle, entrambe sedute l'una di fronte all'altra sulle due basse poltrone di pelle bianca del suo egocentrico appartamento. Tom siede adiacentemente a noi sul divano del medesimo colore e materiale, le sue mani tremando rigirandosi la busta gialla come se si trattasse di una pericolossima bomba ad orologeria. Mentre il chitarrista esita indeciso sul da farsi, Chantelle ed io rimaniamo pazientemente in silenzio in attesa che Tom prenda finalmente abbastanza coraggio da scartare la fatidica busta ed annunciarci l'esito dell'esame. Abbiamo saggiamente deciso di venire a conoscenza dell'esito dell'esame tutti insieme, in modo da poter discutere immediatamente sul da farsi con Jeanny e come procedere, che si tratti di una menzogna ben recitata o dell'assoluta verità. 
Tom accarezza lentamente la ruvida carta gialla della busta, i suoi occhi saettano da me alla sua ex ragazza in attesa che una delle due spezzi il silenzio con qualche frecciatina sarcastica o parola di conforto. Anche io lancio una nervosa occhiata a Chantelle nel tentativo di capire se la bionda modella abbia intenzione di deliziarci con la sua voce acuta o preferisca tacere fino allo scartaggio della busta. A sua volta Chantelle guarda me, probabilmente con le mie stesse identiche intenzioni. Alla fine, ci ritroviamo tutti e tre a sospirare con pesante tensione e frustrazione.
- Allora, che aspetti? - lo incita Chantelle, le dita affusolate spostano i lunghi capelli ondulati sulla schiena, lasciando libere le spalle magre coperte dalla maglietta sottile perfettamente abbinata ai jeans a vita alta. Anche se investita dalla tensione e dal nervosismo più estremo, Chantelle riesce sempre e comunque a conservare la sua eleganza e la sua disinvoltura celando le sue emozioni dietro al trucco e ai vestiti firmati. Una dote indubbiamente invidiabile, ma anche penosa.
Le dita di Tom strappano la carta gialla, un semplice foglio bianco gli rimane tra le mani. Trattengo il respiro mentre gli occhi scuri di Tom scorrono veloci le piccole parole scritte in nero, mentre vola da una riga all'altra divorato dalla curiosità mentre il cervello assorbe il significato di quelle parole che cambieranno e forse sconvolgeranno il delicato equilibrio delle nostre vite per catapultarci in una completamente nuova e differente.
Improvvisamente, la presa di Tom su quel semplice pezzo di carta aumenta, stringendolo fino a quasi stropicciarlo, ho trattenuto il fiato così a lungo che mi sento quasi svenire a causa dei polmoni ormai completamente vuoti. I suoi occhi saettano rapidi ed inespressivi nei miei facendomi sussultare, nel momento stesso in cui torno a respirare, il mio cuore comincia a battere più forte a causa del verdetto finale e della verità che sta finalmente per venire a galla. Con i suoi occhi incastrati alla perfezione nei miei, rimango in attesa di un suo nuovo gesto o della sua voce che possa rivelarmi l'esito o il motivo di quel foglio ormai appallottolato stretto nella sua mano chiusa a pugno, quasi volesse colpire qualcuno.
- Jeannyèmiafiglia - mormora, a voce troppo bassa perché io possa sentirlo.
Mi sporgo istintivamente in avanti, verso di lui - Cosa? -
- Jeanny è mia figlia - ripete Tom, scandendo cautamente ogni parola quasi temendo una mia reazione brutale ed esagerata. Sul suo volto non ci sono emozioni, nessuna traccia e nessun frammento significativo nei suoi occhi così cupi ma allo stesso tempo talmente vuoti da farmi rabbrividire. La sua voce è inanimata, senza alcuna intonazione che possa lasciare trasparire le sue emozioni e il suo stato d'animo, quasi avesse deciso di spegnere il cuore per affrontare questa verità col cervello per soffrirne meno le conseguenze. 
Dopo parecchi secondi in cui il cervello realizza il vero significato di quella frase inizialmente bugiarda e insensata alle mie orecchie, il verdetto mi colpisce violentemente come una frusta, piegandomi al volere del destino crudele. Il mio cuore smette di battere, esalo il mio ultimo respiro prima di bloccarmi, i miei occhi si riempono automaticamente come serbatoi vuoti e la mia pelle comincia a scottare come fatta di lava incandescente. Ogni centimetro più nascosto del mio corpo reagisce in maniera anomala alla verità, fregandosene del cervello autoritario che impone sonoramente a tutto l'articolato sistema che compone Rebecca Lahey di darsi una calmata e di affrontare la situazione in modo maturo e diplomatico. 
Decisa a tenere a freno le mie emozioni, guardo Chantelle - Non stavi mentendo? -
- Certo che non stavo mentendo! - esclama la bionda modella, come ferita dalla mia accusa e dal mio tono asciutto e quasi incredulo. Gli occhi perfettamente truccati di Chantelle si spostano su Tom, rimasto immobile come una statua di marmo sul divano, il foglio ancora prepotentemente stresso in pugno - Adesso è arrivato il momento di assumersi le proprie responsabilità fino infondo, Tom, non ti è concesso scappare dalla verità come un bambino pauroso del mondo che lo circonda -
Gli occhi vacui di Tom vengono illuminati da una debole luce di sarcasmo mentre si posano sulla bellissima modella - Quindi cosa cazzo pretendi che io faccia, Chantelle? Pretendi che io abbandoni la mia band, la mia ragazza, i miei amici e tutto ciò che mi circonda per dedicarmi completamente di una bambina che mi è stata tenuta nascosta per sei fottutissimi anni? - 
- Pretendo che tu adesso cominci ad essere un vero padre - replica severamente Chantelle, un lieve cenno di disprezzo anima la voce solitamente così melodiosa mentre sbatte le palpebre colorate dall'ombretto nero sfumato - Che tu lo voglia o meno, è tuo dovere esserlo -
- Chantelle ha ragione, Tom - mi limito ad annuire, convinta.
I nervi tesi si intravedono senza alcuno sforzo sotto la pelle di Tom, è perfettamente consapevole che il rimprovero della sua ex ragazza è del tutto sensato e ragionevole, è perfettamente consapevole che adesso non è più possibile negare che Jeanny è sua figlia, adesso che siamo finalmente venuti a conoscenza della verità bisogna solo accettarla ed imaparare a convivere con essa.
 - Non sono pronto - la sua voce è un debole e quasi sommesso sussurro, un filo invisibile tanto sottile quanto fragile, ricco di una paura perfettamente comprensibile che tenta di celare dietro al solito tono fermo, dietro alla maschera orgogliosa e superba che indossa da ormai tanto tempo. 
- Cosa pensi, che io mi sia sentita pronta quando ho scoperto di essere incinta di una bambina che non volevo?! Pensi che io mi sia sentita pronta a prendermi cura di nostra figlia completamente sola, a nascondere l'esistenza di un padre che fino a qualche giorno fa le ha provate tutte per negare la sua paternità?! Cosa pensi, Tom, che io sia tuttora pronta nonostante siano passati sei dannati anni dalla nascita di Jeanny?! -  basta quella semplice frase a far scattare la furia di Chantelle, bastano quelle semplici parole per farla scattare in piedi, i pugni stretti lungo i fianchi terribilmente magri, gli occhi scuri sgranati quasi fuori dalle orbite e la bocca spalancata - Ti sbagli, non lo sono affatto! -
Mi prendo quasi inconsciamente la testa tra le mani, oscurando la furiosa figura di Chantelle premendo i palmi delle mani sugli occhi e coprendo la fronte con le dita ossute. I miei occhi s'immergono in quel buio, in quella oscurità purtroppo momentanea e per certi versi artificiale mentre Tom urla con altrettanta rabbia ed immancabile sarcasmo e menefreghismo qualcosa di rimando a Chantelle, dando inizio a una lunga serie di parole taglienti ed offensive, di colpe che vengono attribuite senza un valido motivo, di minacce insensate. Rimango pazientemente in silenzio, immersa nella mia oscurità personale in attesa che uno dei due non sappia più cosa ribattere, in attesa che entrambi si stanchino di urlarsi addosso e di aggredirsi come due animali feroci e rabbiosi. 
- NON RICORDI NEMMENO DI AVERMI MESSA INCINTA?! -
- PENSI SERIAMENTE CHE IO RICORDI TUTTE LE VOLTE CHE HO FATTO SESSO IN VITA MIA?! MI DISPIACE DELUDERTI, MA NON E' COSI'! -
- MA CERTO, TI SEI SCOPATO COSI' TANTE RAGAZZE CHE, PROBABILMENTE, ADESSO AVRAI UNA DOZZINA DI FIGLI IN TUTTO IL MONDO! -
Passano parecchi ed interminabili minuti in cui l'aria viene riempita dalle loro urla, le loro voci rimbombano tra le pareti del grande salotto. Stanca delle loro voci e delle loro frasi senza alcuna logica e con la testa piena di sentimenti che necessitano di essere esternati, allontano le mani dal viso ed interrompo quella noiosa e fastidiosa discussione - Adesso basta! -
- MI HAI LETTERALMENTE SUPPLICATO DI VENIRE A LETTO CON TE! -
- TI SBAGLI, CARO, SEI TU CHE HAI PASSATO UNA SETTIMANA CON GLI OCCHI INCOLLATI AL MIO SEDERE! -
- CHISSA', FORSE E' PROPRIO QUELLO IL MOTIVO HO FATTO SESSO CON TE! -
- Tom, Chantelle, dateci un taglio! -
- NON OSARE, RAZZA DI MANIACO SESSUALE! -
- HA PARLATO LA TROIA CHE VA A LETTO CON CHIUNQUE LE PASSI ACCANTO! -
- MA SE ... -
- ADESSO BASTA! - la mia voce decide di entrare a far parte di quel complesso di urla incessanti, sento la vena del collo tremare e pulsare convulsamente a causa dello sforzo di sovrastare quelle voci improvvisamente così fastidiose. Con mia grande gioa e soddisfazione, riesco a porre finalmente fine a quella discussione inutile e a mettere a tacere i due ex fidanzati che adesso si ritrovano ad essere uniti a causa di un terribile scherzo del destino. Incrocio le braccia davanti al petto, contenta che un minimo di silenzio sia tornato a regnare - Invece di comportarvi come due bambini dell'asilo, comportatevi come due genitori e cercate un compromesso che possa andare bene ad entrambi e che possa portare beneficio anche a vostra figlia! - in preda a una seria crisi di nervi in cui la mia sopportazione ha toccato il fondo dell'abisso della mia pazienza, guardo con sprezzante severità i due genitori che continuano a scambiarsi occhiate feroci.
Chantelle alza gli occhi al cielo con puro e fuori luogo sarcasmo - E allora, professoressa, lei cosa consiglia? - 
- PERCHÉ' CAZZO LO CHIEDI A ME?! - 
L'attenzione di Tom si sposta rapida e fulminea su di me, in piedi mentre il mio cervello viene lentamente sgretolato dalla sopportazione ormai al limite e alla pazienza ormai esaurita, spappolato e fatto a pezzi dai nervi ormai esplosi. Sento il mio viso diventare gonfio e paonazzo, i miei occhi si riempiono oscurandosi dietro a un sottile vetro appannato. Nonostante il sottile strato di lacrime, che diventa a poco a poco sempre più spesso e pesante da sostenere e trattenere, riesco a leggere l'espressione preoccupata ed allarmata di Tom, gli occhi strabuzzati ed evidentemente sorpresi dal mio scatto d'ira apparentemente insensato ed ingiustificato - Reb, tesoro ... -
- TESORO UN CAZZO! - esplodo come una violenta bomba distruggendo ogni traccia di pacatezza e tranquillità, travolgo ciò che mi circonda come un impetuoso uragano, come un tornado che spazza via tutto ciò che era saldamente attaccato al suolo - A ME NON ME NE FREGA ASSOLUTAMENTE UN CAZZO DI VOSTRA FIGLIA, PERCHE' E' APPUNTO VOSTRA E NON MIA! RISOLVETE LA QUESTIONE TRA DI VOI E NON ROMPETE IL CAZZO A CHI NON C'ENTRA NULLA! -
- Rebecca, capisco che ... - tenta questa volta Chantelle, anche lei visibilmente perplessa.
- NO, NON CAPISCI PROPRIO NIENTE! - ignorandola arrogantemente, percorro a grandi e rapidi passi il salotto, dirigendomi verso la porta d'ingresso ed aggrappandomi alla fredda maniglia rotonda come se si trattasse dell'orlo del mio precipizio personale nel quale ho rischiato di cadere innumerevoli volte - ANDATE AFFANCULO! -
Sbatto violentemente la porta, uscendo finalmente da quell'appartamento infernale e da quelle persone per i quali non provo più alcun sentimento di affetto o di rabbia, ma solo un profondo disgusto e una profonda soluzione. Possibile che tutto quello che riescono a fare è addossarsi reciprocamente la colpa, ignorando e dimenticando che stanno discutendo del futuro e della vita di una bambina? E, come se non bastasse, non si tratta di una bambina qualsiasi presa casualmente per la strada, ma di una bambina che hanno entrambi creato, involontariamente, ma è interamente opera loro. Un loro sbaglio, uno sbaglio irrimediabile ed incancellabile. Questo non è un brutto voto facilmente recuperabile con una buona dose di studio e di preparazione, non è un errore di ortografia facilmente celabile dietro a uno strato di bianchetto. Si tratta di una bambina in carne ed ossa, non di una bambola di plastica dotata di intelligenza artificiale, raccomandabile, alla quale se togli le pile le togli la vita e la storia finisce innocentemente lì. Si tratta di una bambina di sei anni che necessita dei suoi genitori, ma i suoi genitori non necessitano di lei.

 



* * *




Inspiro profondamente l'ultima, decisiva boccata di fumo dalla sigaretta esaurita fino al filtro giallognolo che tengo in equilibrio tra le dita ossute. Senza perdere tempo a godere la piacevole e ormai abituale sensazione di bruciore del fumo nella mia gola arrossata, espiro una nuvola grigia dalle labbra e dal naso, osservando incantata mentre questo si condensa davanti al mio naso prima di disperdersi nell'aria. Spengo il mozzicone esaurito nel posacenere sulla piattaforma della scala antincendio dove mi sono rifugiata dopo essere scappata come una vigliacca uscita dalla casa infernale di Chantelle. 
Estraggo una nuova sigaretta dal pacchetto ormai dimezzato, l'ennesima di questa serata. Non ricordo quante ne ho fumate, forse tre, forse sette, forse dieci. Accendo con un abile e rapido gesto la sigaretta, aspirando immediatamente la prima boccata di fumo che riempie i miei polmoni facendomi tossire appena. Una lunga boccata consuma già un quarto della lunga sigaretta in bilico tra le mie labbra, facendo cadere un'enorme quantità di cenere maleodorante nel posacenere. Aspiro fumo su fumo, un respiro dopo l'altro della nicotina dannosa che danneggia i miei polmoni e che tra qualche anno potrebbe farmi tranquillamente venire un bel cancro ai polmoni. Sporco la mia gola con la nicotina piacevole ma tossica, la reincarnazione materiale dell'amore.
Sola, seduta sul primo gradino della scala antincendio, lascio che la notte sia l'unica testimone del mio pianto disperato e delle mie urla soffocate contro le ginocchia largamente coperte dai grezzi e sformati pantaloni della tuta che ho indossato al mio rientro in hotel. Poggio le labbra contro le ginocchia spiegate, lasciando che il fumo invada le mie narici danneggiandomi ulteriormente e che si appiccichi sui miei capelli, sulla mia pelle e sui miei vestiti come un marchio indelebile. 
Quasi involontariamente, il mio pensiero torna a questo pomeriggio. Ripenso alla mia figura isterica, che urla e maledice tutto il mondo per quella bambina nata contro la volontà di tutti, maledicendo i genitori di quella bambina che non riuscivano e non riescono tuttora a decidere ed occuparsi della faccenda in modo maturo. E avevano osato persino chiedere a me cosa fosse meglio fare, come se io fossi la madre di Jeanny, come se toccasse a me cercare una soluzione a quel problema che durerà per sempre. 
Una nuova rabbia comincia a crescere in me come fuoco, torno ad aggrapparmi alla sigaretta nel tentativo di sbollire e sgonfiare quegli stessi nervi che mi hanno fatta esplodere prepotentemente in quell'appartamento dove non voglio più rimettere piede, nemmeno sotto tortura.
La pesante porta antincendio si apre improvvisamente, sussulto mentre una figura maschile osa invadere il mio territorio di personale dolore che questa volta voglio condividere solo con me stessa. La familiare forma dei capelli distrattamente raccolti e la folta ma ben curata barba annunciano l'intrusione indesiderata del mio irresponsabile ed infantile fidanzato.
- Vattene via, Tom! - ringhio minacciosamente.
Tom chiude la pesante porta, i suoi occhi illuminati dalla prepotenza e dall'evidente e incancellabile risentimento nei miei confronti. Fulmina la mia sigaretta accesa, si china imponente su di me coprendo coprendomi come una coperta e con una mano tenta di sottrarmela sfilandomela dalle labbra - Togliti quella merda dalla bocca - mi ordina arrogantemente, come un genitore stanco.
- Lasciami stare - replico, respingendo la sua mano afferrandogli il polso.
Tom ritrae la mano, il suo risentimento nei miei confronti cresce ancora di più. Inspiro a pieni polmoni un'enorme ed esagerata quantità di fumo, sfidando apertamente Tom per testare a che punto è arrivata la sua pazienza generalmente bassa e facilmente esauribile, proprio come il pacchetto di sigarette che ho consumato in una sola sera. 
Nella notte la figura di Tom appare ancora più imponente ed alta di quanto sia, mentre rimane immobile come una statua inanimata, fronteggiandomi rimanendo in piedi ed osservandomi con espressione indecifrabile e con sentimenti che non gli riconosco. Forse perché non mi ha mai guardata con tanto astio ed evidente disprezzo, come se fosse disgustato dalla ragazza che siede e fuma con pacata disinvoltura davanti a lui, che lo caccia perché desiderosa di sana e necessaria solitudine.
Scandisce ogni parola con inquietante apatia - Smettila di fare la bambina, Annalise -
- Sei tu il bambino, qui, non io - tento di nascondere i brividi involontari che la sua voce così improvvisamente estranea ha provocato sulla mia schiena, facendoli correre lungo la mia colonna vertebrale e percuotendola pateticamente. 
- Ma io non scappo - sputa amaramente.
Lascio che il fumo esca lento dalle mie labbra socchiuse - Vattene -
- No che non me ne vado -
Spengo la sigaretta nel posacenere, stanca e scocciata. Strofino lentamente le mani sui pantaloni della tuta, lasciando che i residui di cenere si appiccichino fastidiosi sull'indumento - Non sono in vena di discutere -
Mi alzo decisa ad andarmene, ma le mani di Tom si posano improvvise su entrambi i corrimani della scala antincendio, le sue braccia tese lateralmente mi impediscono di oltrepassare l'imponente muro costituito dal suo possente corpo sporto verso il mio per impedirmi di abbandonare quel posto. Sussulto, cadendo nuovamente a sedere sullo scalino mentre gli occhi di Tom brillano sinistramente nel buio, creando altri fastidiosi brividi che scuotono il mio corpo come la vibrazione di un cellulare, riesco a riconoscere nelle sue iridi color cioccolata il crescente risentimento e la poca pazienza rimastagli - Invece parleremo, parleremo fino a domani mattina se necessario, ma almeno risolveremo questo cazzo di problema una volta per tutte -
- Non abbiamo nessun problema, noi - replico con la poca sicurezza che mi è rimasta in corpo, neutralizzata dagli occhi penetranti ed invadenti di Tom che scavano prepotentemente la mia anima riuscendo a farmi barcollare - Pensa a tua figlia, non a me -
- E' te che ho paura di perdere, non lei -
- Smettila - gli ordino seccamente. 
- No che non la smetto, Rebecca -
- Invece voglio che tu lo faccia! - con una spinta sul petto muscoloso allontano il suo corpo dalle scale, Tom indietreggia disorientato dal gesto improvviso ed approfitto di quello smarrimento momentaneo per liberarmi da quella trappola ed avvicinarmi alla pesante porta, la mia via d'uscita e di fuga tanto bramata. Vittoriosa e sollevata poggio entrambe le mani sul manico anti panico della porta, ma le braccia di Tom si chiudono con eccessiva forza attorno al mio corpo, strattonandomi violentemente lontana dalla porta. 
- LASCIAMI! - urlo mentre Tom mi spinge ancora verso le scale, la sua schiena possente poggiata contro la porta per impedirmi di scappare ancora una volta dalla sua opprimente attenzione. Furiosa mi scaglio contro il mio fidanzato nel tentativo di smuoverlo dalla porta e permettermi di scappare, i miei pugni chiusi tempestano ripetutamente il suo corpo bollente e resistente come la pietra. Il chitarrista rimane impassibile, le mie mani che tentano di colpire con violenza il suo corpo non sembrano scalfire minimamente il materiale indistruttibile del suo corpo e del suo cuore freddo come ghiaccio. Le sue grandi mani si chiudono attorno ai miei polsi, stringendoli ed alzandoli in alto impedendomi di colpirlo ancora, bloccandomi in una posizione di totale svantaggio mentre vengo intrappolata contro la porta, contro il suo corpo.
- TI HO DETTO DI LASCIARMI! -
- SMETTILA DI SCAPPARE! -
Abbasso la voce, nel tentativo di placare la rabbia - Non sto scappando proprio da nulla, io! -
- Perché, io si? -
- Certo, scappi sempre da tutto ciò che non è di tuo piacimento! -
- NON SONO IO AD AVERE AVUTO UNA CRISI DI NERVI, QUESTO POMERIGGIO! -
Boccheggio pateticamente, nella speranza che qualcosa di altrettanto tagliente esca fuori dalle mie labbra e colpisca Tom con la stessa violenza con la quale mi sta colpendo lui in questo momento. 
- Che c'è, non mi ami più? - sputa improvvisamente Tom, sarcasticamente.
Le sue mani mi intrappolano contro la porta, il suo corpo mi impedisce di scappare altrove - Come puoi pensare una cosa simile, deficiente? -
- Sei tu che me lo fai pensare -
- Solo per una crisi del cazzo? -
- Per tutto, Rebecca, per tutto! -
Strabuzzo gli occhi, incredula - Per tutto? -
- Esattamente, scappi sempre nel momento in cui ho più bisogno di te! -
- IO SCAPPO SEMPRE?! - spingo Tom con tutta la forza che ho in corpo, aumentata a causa della rabbia sconfinata che divora il mio cuore e brucia il mio cervello facendo alzare la mia voce di qualche ottava, facendomi ringhiare come una belva feroce pronta ad attaccare il nemico - NON SONO SCAPPATA QUANDO TI SEI CHIUSO NEL TUO CAZZO DI MUTISMO PER TRE GIORNI; NON SONO SCAPPATA QUANDO MI HAI RACCONTATO LA FOTTUTA VERITÀ' SU JEANNY; NON SONO SCAPPATA QUANDO ABBIAMO DOVUTO CONVINCERE CHANTELLE PER QUEL CAZZO DI TEST DEL DNA! IO NON SCAPPO, THOMAS, NON SONO MAI SCAPPATA QUANDO SI TRATTAVA DI TE, DI NOI! -
- E DOV'ERI QUANDO SI TRATTAVA DI AFFRONTARE LE COSE IN MANIERA ADULTA, DOVE? QUANDO VIENE FUORI UNA VERITÀ' CHE TI E' SCOMODA, SCAPPI SEMPRE A FUMARE, O A PIANGERE, O A BERE, O DA GEORG! DEVI SEMPRE SCARICARE LE COSE SUGLI ALTRI PERCHÉ' NON SEI ABBASTANZA FORTE DA AFFRONTARLE DA SOLA, COME UNA PERSONA MATURA! -
- OSI PARLARE DI MATURITÀ', TU?! -
Tom ansima rumorosamente, boccheggiando in cerca di una risposta. La gola mi brucia a causa delle troppe sigarette e delle grida, le lacrime premono pungenti agli angoli degli occhi con l'unico ardente desiderio di riversarsi sulle mie guance e dare l'ennesima prova che non sono forte. Respiro affannosamente, le labbra screpolate a causa dell'aria fredda che entra ed esce dai miei polmoni danneggiati - Forse hai ragione tu, Tom - aggiungo, quasi rassegnata - Non sono forte, anzi, probabilmente sono la creatura più debole che questo porco mondo abbia mai plasmato. Quindi cosa vuoi fare, adesso? Lasciarmi andare una volta per tutte, perché ho dato l'ennesima prova di vigliaccheria? -
Tom espira, i suoi occhi bruciano di rancore e risentimento - Potrei - 
- E ALLORA FALLO! - gli grido addosso - NON ME NE FREGA PIÙ' UN CAZZO DI UN ADULTO CHE GIOCA A FARE IL POPPANTE BISOGNOSO DELLA BADANTE CHE SI SVENI PER INTERPRETARE OGNI SUO FOTTUTISSIMO GESTO! -
- E  A ME NON ME NE FREGA PIÙ' UN CAZZO DI UNA BAMBINA CHE NON RIESCE A FRONTEGGIARE IL MONDO CHE LA CIRCONDA! -
La prima lacrima scende lenta sulla mia guancia. Le parole di Tom squarciano la mia anima come vetri appuntiti, lame affilate che affondano nel mio cuore facendolo sanguinare copiosamente, spingendo e lasciando cadere le lacrime che avevo tentato di trattenere. Tom ha ragione, non sono in grado di affrontare un problema senza scaricare i miei pensieri e e le mie emozioni su qualcuno o qualcosa, non riesco ad uscire dal tunnel delle mie sofferenze da sola.
Forse fa bene a lasciarmi.
Forse la parola fine non fa poi così male.



Vanisher says :
Ecco il nuovo capitolo!
Oggi non ho niente da dire (strano) e alle solite 4 recensioni arriva il capitolo!
   
 
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