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Autore: Papaver Alpinum    17/11/2015    1 recensioni
Šumeče: frusciante, ronzante; il rumore di un torrente impetuoso, il rumore delle foglie durante una tempesta.
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lamponi vengono schiacciato sotto le sue suole, corre sotto la pioggia che sporca con il sangue dei rossi frutti che si mischiano con la putrida melma. Il vento soffia e ulula forte, richiama la notte e la paura che lo spinge per la selva, rinchiudendolo nella sua gola e stringendolo con le sue costole di legno. I suoi passi scivolano nel muschio e schioccano nelle pozzanghere: gli stivali bagnati fino all’orlo e i pantaloni luridi di fango; un piede dopo l’altro, veloci e timorosi di perdere il resto della gamba, si susseguono in una corsa folle. Le mani si allungano verso il prossimo, spostando con gesti veloci i rami e le foglie spinate, pungendosi con le miriadi di dita degli abeti che tentano di afferrarlo per la tunica o per i capelli, boccoli dorati, tessuti con filo in oro, ambiti dalla natura a cui manca il colore, soprattutto durante notti buie e tempestose come questa.
Sposta altri rami, scricchiolano quelli marci e si spezzano sotto il suo peso: agile salta un tronco, svolta sulla sinistra e aggira le radici, poggiando pesanti passi nel limo che schizza sul lino bianco delle brache.
Il respiro forte, il cuore nella gola; il fiato č corto e svelto, senza ritmo o regolaritŕ: sente il petto pungere e farsi freddo, pesante per quanto č vuoto. Gli occhi, allo stesso modo, non hanno piů la molle melodia che quelli di un giovane hanno, ma un disordine senza successione che maschera le vie di fuga, nascondendole da chi ne č tanto bramoso.
Dietro la figura, nessuno: solo braccia invisibili e i baci del vento, aria che passa sulla poca pelle nuda del viso del ragazzo, ormai stretto nel panico, mangiato dall’angoscia ed irrequietudine che accompagnano sempre la sua corsa sfrenata, capace di durare fino all’alba, sotto la sicurezza confortevole che solo il Sole puň dare.
In lontananza, un rumore: oltre al vento e sotto le gocce, la terra sussurra, scivolando in un setaccio, il rimestio continuo della ghiaia e della sabbia.
Le sue gambe tremano, percosse dall’adrenalina che impetuosa scorre assieme al sangue, rimescolandolo e facendolo ribollire nelle vene.
Le radici si allacciano attorno agli stivali, intrecciandosi ed ingarbugliandosi con la pelliccia, rovinandola e strappandola, lasciando piccoli ciuffi lungo le spine dei sottili rametti. Dita sottili, coperte di edera, stringono le sue caviglie, costringendolo a terra, inerme.
Con le mani cerca di liberarsi dalla forte natura, graffiandosi e macchiando di rosso succo la rampicante che solo se strappata libera le sue povere gambe, calde. Lotta con le foglie, piange con le spine: solo quando alza lo sguardo, per vedere se la paura ancora lo segue, ecco che incontra essa, che proprio di fronte a lui respira e vive. Occhi che scrutano la sua anima, denti che fermi sono pronti per schiudersi e mangiare la sua carne, strapparla mentre č ancora palpitante, piena di calore.
Le viscere del giovane, sempre steso, brillano e tremano, sussultando ad ogni goccia che le nutre.
La figura malfatta ed imprecisa della paura si protrae verso di lui, mischiando i loro respiri, sporcando con il proprio alito il viso del giovane.
Non ha piů forza d’urlare, di correre, di liberarsi, di sporcarsi di sangue: non ha piů forza per alzarsi, per combattere, per respirare.
Solo un respiro prevale, e sotto il vociare della terra, la paura scappa, lasciando il coraggio senza fiato.

 

Šumeče: frusciante, ronzante; il rumore di un torrente impetuoso, il rumore delle foglie durante una tempesta.

   
 
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