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Autore: NienorDur    17/11/2015    1 recensioni
I due amanti ormai non si vedono da quasi un'anno, è dura poter sentire la voce della persona che ami ogni giorno, ma non poterlo mai vedere.
"Una lacrima solcò il suo zigomo, cadde sulle sue mani, sembrava bruciare la sua pelle per quanto era amara.
Vicino a quella poltrona si erano scambiati il loro primo bacio, ed era stata testimone di, forse troppi, momenti rubati, accompagnati dall’oscurità notturna."
[Inquisitore Leto Lavellan] [post dlc "trespasser", possibili spoiler.]
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Dorian Pavus, Inquisitore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A vana.
Ci incontriamo di nuovo.
 
 
 
 
L’aria nella stanza era stantia, l’odore dei vecchi libri dalle pagine ricoperte di polvere si mischiava con quello dei tappeti fatti a mano, l’odore del cuoio era penetrante; non entrava spesso nel suo piccolo studio a causa di tutti gli impegni che la carica di Magister gli imponeva, ma quelle poche volte se le godeva appieno.
Si tolse il soprabito ricamato e intarsiato di piccole gemme, lo appese sull’angolo di uno scaffale, rimanendo con la sola camicia bordò e i pantaloni, che per quanto potevano essere intricati con cinte e fibbie, li trovava molto confortevoli. Si passò pigramente una mano tra i folti e lunghi capelli scuri, per poi passare ad arricciare i suoi baffi, mentre con l’altra mano sfiorava i libri sugli scaffali, pretendendo di provare interesse per qualcuno di essi per non ricadere nella sua solita scelta, cosa che però avvenne: prese il manoscritto senza nemmeno guardarlo.
Il fondo della stanza era un’unica vetrata che si affacciava sul giardino interno della sua villa, vi era anche una scalinata esterna che però non aveva mai utilizzato; davanti alla vetrata c’era una scrivania di fattura raffinata, decorata a mano, un vero gioiello seppur datata; dal lato opposto una vecchia poltrona, la stessa dove a Skyhold aveva passato le sue notti insonni a leggere.
La guardò con malinconia, accarezzandone la fodera consumata in certi punti, si sedette e strinse le mani sui braccioli, cercando di odorare quel poco che rimaneva della fragranza di quel posto così freddo quando accogliente; quella poltrona era stata testimone di alcuni momenti più importanti della sua vita, eppure in quel momento gli veniva in mente solo una scena, seppur bella e piena di sentimento fosse insignificante rispetto alle altre.
Il libro era chiuso sulle sue gambe, il suo sguardo era fisso sul bordo della seduta della poltrona: l’inquisitore spesso si sedeva per terra e appoggiava lì la testa, “posso farti compagnia mentre leggi?”, mai approccio fu tanto impacciato. All’inizio si sedette di fronte a lui, facendo finta di leggere giacché spesso prendeva il libro al contrario e lo teneva sulle gambe per ore senza voltare pagina: preferiva notevolmente osservare il mago, i suoi occhi che correvano sulle pagine, le dita che le sfioravano, le smorfie delle sue labbra.
Dopo un po’ Dorian gli fece trovare dei libri in elfico, con anche delle traduzioni: aveva paura di metterlo in imbarazzo chiedendogli se sapesse leggere; si avvicinarono lentamente, letteralmente: l’elfo si sedeva sempre più vicino, anche solo per rilassarsi, spesso si addormentava al suo fianco e ci pensavano le occhiatacce del mago a tenere lontani eventuali disturbatori.
In quei momenti gli accarezzava i capelli argentati, lunghi sulla destra, rasati e raccolti in una treccia a sinistra; sottili e lucenti sembravano fatti di madreperla, ma solo quando non c’era nessuno per testimoniare l’accaduto.
Una lacrima solcò il suo zigomo, cadde sulle sue mani, sembrava bruciare la sua pelle per quanto era amara.
Vicino a quella poltrona si erano scambiati il loro primo bacio, era stata testimone di, forse troppi, momenti rubati, accompagnati dall’oscurità notturna e seguita dalle frasi imbarazzate di Solas che dal piano di sotto aveva sentito tutto…. Quel pensiero riuscì a strappargli un sorriso seppur amaro e per poco; cercò di rimuovere dalla mente il pensiero di quell’essere.
Ormai erano più di un anno che non si vedevano, parlare non era la stessa cosa, la sua voce era diversa: non era come averlo al suo fianco, come quel poco tempo che il destino aveva messo loro a disposizione e probabilmente sarebbero passati altri mesi prima di rivederlo.
 Si asciugò quelle poche lacrime che erano fuggite al suo controllo con il dorso della manica che si macchiò inevitabilmente di nero, ma Dorian non ci fece caso.
-Dorian, sei sveglio?-
Il cristallo appeso alla catenina sul suo collo s’illuminò debolmente.
-Oh, da quando dormo a quest’ora della notte, Amatus?-
-Hai visto che splendida luna c’è questa sera?-
-Non credo che qui, nello spaventoso Tevinter ci possa essere una luna più bella di dove ti trovi tu ora. -
-Io ti consiglio di guardare. -
Dorian si voltò verso il cielo e osservò la luna, effettivamente era davvero bella: luminosa, nemmeno una nuvola, sembrava addirittura più grande del solito; spostò il suo sguardo sul giardino osservando i riflessi che si creavano sulle piante.
-Hai ragione: è davvero stupen… -
Tra l’erba vide un bagliore argentato, dei capelli che riflettevano la luce della luna come solo pochi sapevano fare, delle orecchie lunghe spuntavano appena, vestito con semplici indumenti era scalzo nel prato con un braccio alzato in segno di saluto, nella mano il cristallo brillava. Dorian appoggiò la mano sul vetro, come per confermare la sua presenza, schiuse le labbra, respirando più velocemente.
-Leto… -
-Sono qui. -
Il suo cuore sembrò sprofondare nel suo petto, come un’ancora in mezzo al mare, il respiro quasi morì nella sua gola, sentì gli occhi farsi umidi: si affrettò ad aprire la porta vetrata che mai aveva utilizzato, percorse velocemente i gradini che lo separavano dal suolo, gli ultimi li saltò e senza pensarci due volte si buttò verso l’amato, per la foga caddero nel prato soffice e curato. Lo strinse a se come mai aveva fatto prima, affondò il volto sul suo collo, singhiozzando; sentiva l’altro che con il suo braccio gli accarezzava la schiena, strusciando il volto su di lui, cercando di dimostrargli tutto l’affetto che poteva, come per compensare la mancanza dell’arto.
Rimasero così per molto tempo, senza dirsi nulla, qualche singhiozzo, sospiri spezzati, si guardarono negli occhi, Dorian si perse in quelli viola di Leto, lucidi e grandi, contornati dai tatuaggi scuri, accarezzò il suo volto dagli zigomi pronunciati, la sua mano tremava.
L’elfo appoggiò la sua mano su quella dell’altro, intrecciò le loro dita e la portò sulle sue labbra, la baciò delicatamente.
-Sono tornato. -
-Lo vedo. -
Dorian lo baciò, le sue labbra erano calde e soffici, quasi non se le ricordava più; il bacio si fece più passionale, le loro lingue si accarezzavano delicatamente, non c’era niente di lussurioso in quell’atto, semplice amore.
SI separarono lentamente, quasi contro voglia, Leto spostò la sua mano sul volto di Dorian e la passò tra i sui capelli sorridendo.
-Me li ricordavo più corti. -
-Io ricordavo i tuoi più lunghi. -
Il mago osservò i capelli dell’elfo: ora gli arrivavano poco sotto le orecchie, nonostante a sinistra fossero rimasti più corti, un taglio fatto da una mano inesperta.
-Me li ha tagliati Sera, dice che con i capelli lunghi sembro troppo importante. -
-Poi te li sistemo io. -
Dorian poggiò la testa sul petto dell’altro, non sapeva cosa dirgli: aveva passato ore a pensare a un suo possibile discorso, insultandolo per essere stato via tanto a lungo, eppure ora non sentiva di dovergli dire nulla. Ascoltò il battito del suo cuore ancora irregolare.
Leto alzò il busto e sorresse la testa dell’altro con il braccio, lo guardò con occhi vispi e sorrise.
-Ho una sorpresa per te. -
-Tu non eri già abbastanza?-
Dorian si tirò su, sorreggendosi con una mano e osservò l’altro frugare nella tasca dei pantaloni, tirò fuori la mano chiusa.
-Io non me lo immaginavo così in realtà, ma non voglio rimandare ancora. -
Aprì lentamente le dita, nel suo palmo c’era un anello scuro, con delle venature chiare, semplice all’esterno, ma all’interno c’era una piccola gemma verde.
Leto inspirò profondamente, guardò negli occhi castani di Dorian, brillavano come mai li aveva visti, il suo volto era un misto di stupore e gioia, sapeva cosa stava per dire, ma sentirlo era ben diverso.
-Vuoi sposarmi?-
-Certo che lo voglio, Amatus.-
Leto fece scivolare l’anello dal palmo fino alle dita, Dorian porse la sua mano sinistra, l’anello gli stava alla perfezione; gli piaceva, pacato ed elegante.
-Se mi avessi avvisato avrei portato con me anche il tuo di anello. -
-E perdermi la tua espressione stupefatta? Mai. -
L’elfo lo baciò teneramente sulle labbra, fece per separarsi da lui, ma la mano di Dorian fermò il suo capo da dietro e lo riavvicinò a se; lo baciò appassionatamente, tirandolo a se, Leto morse le sue labbra carnose e fece scivolare la sua mano sul petto dell’atro, sbottonando lentamente i bottoni della camicia.
-Se vuoi posso farti provare i materassi del Tevinter, cuciti da demoni evocati con il sangue di vergini. -
-Una proposta davvero allettante.-

















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Rieccomi a scrivere nonostante debba fare un sacco di cose per la scuola :I
per la vostra gioia niente di tragico e sono tutti vivi e felici, certo senza un braccio ... ma fa niente!
spero vi sia piaicuta, forse non rimarrà una one shot ma aggiungerò qualche capitolo (sempre che mi torni l'ispirazione *sigh*)
faccio un piccolo appunto nel dubbio: Leto si pronuncia Lito, come il nome di Fenris. ( nah non sono ossessionata da lui.)
   
 
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