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Autore: HalfBlood_Camp    18/11/2015    1 recensioni
Seconda Guerra Mondiale. Julia Hahn, una ragazza piena di aspettative e un obbiettivo: ritrovare il fratello perduto. Per arrivare alla meta, intraprenderà un viaggio che le cambierà la vita. Lungo la strada sperimenterà amore, odio, paura, disperazione, gioia, stupore... insomma, vivrà per la prima vera volta. Un viaggio che dura tutta una vita. Magari, alla fine, riuscirà anche a trovare la sua stella cadente.
«Perché è questo che facciamo: attraversiamo il cielo dell’altro rischiarandolo e, prima o poi, ci incontreremo a metà strada.»
Genere: Avventura, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Guerre mondiali
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Ricordi

É una dolce mattina di primavera. Attraverso le tende color caramello filtra un tiepido sole. Una piacevole brezza entra dalla finestra semichiusa. Rimango sotto le coperte, con gli occhi chiusi, lasciando che il vento mi accarezzi il viso. Non ho nessuna voglia di lasciare il mio letto, ma so che tra poco arriverà la donna delle pulizie, e grande amica, Paris. Apro gli occhi e guardo l’orologio sul comodino: le 8:20. Di malavoglia, mi impongo di alzarmi. Cerco a tentoni le pantofole, poi mi alzo e vado ad aprire la finestra. Dalla mia camera ho una bellissima vista su un parco enorme.
- Buongiorno Julia! - mi saluta un vecchietto buffo e goffo dai lineamenti elfici, seduto su una panchina dall’altra parte della strada.
- Buongiorno Felix! - gli rispondo, sorridendo rassegnata. - Non mi dire che anche oggi hai aspettato lì seduto che mi svegliassi!
Felix è il mio migliore amico, ci conosciamo da quando siamo nati perché i nostri genitori erano grandi amici. I suoi e i miei genitori sono morti in un bombardamento quando eravamo piccoli.
Si alza in piedi per avvicinarsi alla palazzina, zoppicando lievemente.
- No! Ho fatto colazione al bar, ho chiacchierato un po’ e sono venuto qui a sedermi -  mi risponde. - Comunque, la sai l’ultima?
- Non sviare il discorso! - esclamo, trattenendo un sorriso. – Ti  ho già detto che non devi aspettarmi tutte le mattine! Trovati qualcosa da fare, pettegolo che non sei altro!
- No, no, questa è davvero interessante! -.  Alza un foglio di cui non riesco a leggere il contenuto. -Il Grande Vecchio è morto e i suoi figli stanno mettendo all’asta la proprietà!
Il Grande Vecchio, il soprannome che io e Felix abbiamo dato a Leopold McDonald, è un vecchio taccagno che possedeva gran parte del territorio intorno alla città. Il Paperon de’ Paperoni del ventunesimo secolo. Lui odia tutti, ma il sentimento è reciproco.
- Davvero? - chiedo incredula. - Pensavo che non sarebbe mai morto...
- Come prezzo di partenza si parla di centinaia di migliaia di euro, io ci farei un pensierino...
- Frena l’immaginazione, vecchio pazzo!
- Hai vagamente idea di quello che è la sua proprietà? Potrei diventare un altro Grande Vecchio e pavoneggiarmi in giro -. Ride e inizia ad atteggiarsi come se avesse ancora trent’anni.
- Pensa un po’ a questo: se davvero avessi tutti quei soldi e li spendessi per quelle terre, poi come faresti a pagarti le colazioni al bar, i libri, le cianfrusaglie del negozio di antiquariato e, soprattutto, quel Juke-Box che tanto desideri?
Ci pensa un po’ su, messo alle strette.
- Touché, ma non finisce qui!- dice con fare teatrale.
Scoppiamo tutti e due a ridere.
- Devo andare, ma ricordati che ti tengo d’occhio.
- Allora, le auguro una buona giornata, Madame! - dice con un inchino e si incammina fischiettando.
Quella vecchia volpe non cambierà mai. Esco dalla stanza per vedere se è già arrivata Paris. Appena apro la porta, una gatta nera mi viene incontro facendo le fusa.
- Oh, buongiorno anche a te, Brioche - le dico, chinandomi ad accarezzarla.
Non so perché l’ho chiamata così, è solo un nome divertente e dolce come lei. Appena arrivo in cucina, vedo Paris che prepara la colazione. Ha raccolto i capelli mori in uno chignon e i suoi occhi castani mi sorridono. Porta un grembiule da cucina che si adatta al suo corpo snello.
- Buongiorno, Paris - la saluto.
- Buongiorno, Signora Julia!- mi saluta. - Dormito bene?
- Non c’è male. Questo pomeriggio torno finalmente dai miei nipotini.
- Vada tranquilla, alla casa ci penso io -. Con un gran sorriso mi porge una tazza di tè alle erbe.
Mentre sorseggio l’infuso, Paris va a prendere la posta. Lascia le bollette sulla scrivania dello studio e mi porta solo le lettere. Scorro velocemente i nomi, finché non arrivo a una lettera di mio figlio Charlie.
- È arrivata una lettera da Charlie! - dico tutta contenta a Paris.
- Che bello! Era da tanto che non scriveva. - mi risponde. Apro la busta e comincio a leggere.
 
Cara mamma,
come stai? Scusami se ti scrivo solo adesso, ho avuto un sacco di impegni.
Katia sta bene e anche Nicholas cresce bene e in salute, ma è una peste! Piange giorno e notte. Almeno ora sappiamo che ha ripreso da me quand’ero piccolo.
I nostri vicini sono molto simpatici, anche se parlano dialetto stretto e solo Katia riesce a capirli. Hanno anche loro un bambino: ha gli occhi azzurri e i capelli biondi. Si chiama Daniel ed è grande quanto Nicholas. Ci hanno anche gentilmente invitato alla sua festa di compleanno. Almeno, sono meglio della signora che abita davanti a noi. Si chiama Alicia Marshall e, da quando ci siamo trasferiti qui nel Dartmoor, non l’abbiamo mai vista uscire da casa. I ragazzini del posto la chiamato l’Eremita e inventano storie su di lei.
Te invece come te la passi? Marta come sta? Mi manca la mia sorellina. Spero che i suoi bambini non la facciano impazzire come fa Nicholas con noi. Louis e Diana… mi mancano quei monelli! Dai loro un bacio da parte dello zio Charlie quando li vedi.
Spero che questa lettera ti arriverà presto. Cercherò di scriverti ogni settimana. Mi manchi, mamma.
Un abbraccio,
Charlie
 
Alla fine della lettera c’è una foto, dove Charlie dorme con il piccolo Nicholas in grembo. Hanno tutti e due capelli castani e lineamenti paffuti. Ho un nodo in gola e non riesco a trattenere una lacrima. È partito due anni fa per l’Inghilterra con la sua sposina e viene a trovarmi solo durante le vacanze. Ha avuto un bambino bellissimo.
- È successo qualcosa signora? - mi chiede Paris, notando che sto piangendo.
- No, no… mi manca tanto Charlie, oramai non è più il mio bambino.
- Lui sarà sempre il suo bambino, signora Julia! Su, le preparo un pancake ai mirtilli, la sua colazione preferita.
- Grazie Paris, mi vizi sempre troppo.
- Alla sua età si deve mantenere in forma!
Dopo aver mangiato di gusto, do un’ultima carezza a Brioche e vado a prepararmi per uscire. Scelgo un vestito che mi ha regalato Peter per i miei 70 anni. È un abito lungo blu con fiorellini bianchi. Ci abbino un paio di scarpe senza tacco. Cerco il mio cappello preferito e prendo la borsa. Dopo aver salutato Paris, esco diretta all’autobus. Al capolinea c’è già ad aspettare il 571. Mi trovo un posto vicino al finestrino e, mentre il veicolo parte sobbalzando, guardo fuori. Osservo la città allontanarsi sempre di più, dando spazio a campi di grano sterminati. Noto un cartellone riguardante un discount per cavalieri e amazzoni. Quell’annuncio mi fa tornare in mente ricordi della mia fanciullezza. Tutti i giorni, andavo ad occuparmi dei cavalli di un allevamento in mezzo al verde, di cui mio padre era il proprietario. Si trovava alla periferia di Londra, vicino alla mia bellissima casa d’infanzia. Fino ai miei otto anni ho vissuto lì con i miei genitori, mio fratello e mia nonna. Ora, in quella abitazione ci vivono mia figlia Marta e i miei nipotini.
-Mamma!- un’esclamazione mi risveglia dai miei ricordi.
Mi giro e vedo che una bambina sta cercando di recuperare il pupazzetto che le è caduto dalle mani. Mi allungo per prenderlo e glielo restituisco tenendomi la schiena dolorante.
-Grazie mille!- mi ringrazia la madre. È una donna alta, in carne, occhi sorridenti, che tiene in braccio sua figlia. Quest’ultima ha dei meravigliosi occhi verde acqua che mi ricordano vagamente qualcuno.
-Come si dice?- chiede la signorina rivolta alla bambina. Questa arrossisce fino alla punta delle orecchie e borbotta un “grazie”.
Le sorrido. C’è qualcosa di famigliare negli occhi di quelle due persone, nel modo di sorridere, ma non riesco a capire cosa. Arrivata alla mia fermata, scendo e mi avvio lungo un vialetto, quegli occhi verde acqua ancora tra i miei pensieri. Attraverso il giardino davanti alla casa osservando le splendide rose che stanno piano piano sbocciando. Arrivata alla porta, suono il campanello e una donna con un grembiule bianco, capelli neri come la pece e occhi scuri mi viene ad aprire.
-Buenos dìas, seniora Julia! Che belo rivederla!- esclama con un simpatico accento portoghese.
-Buongiorno, Carmen! Anche per me è un piacere rivederti.-
-Venga venga, si acomodi!- Mi fa strada verso l’immenso salotto. -Vado a llamar Ms Marta.-
Mentre aspetto, faccio un giro delle sale del pianterreno: oltre al salotto, ci sono un bagno sul tono del blu, una cucina vecchio stile, una sala da ballo con il pavimento lucido di cera, uno scantinato strapieno che avrebbe bisogno di una ripulita e infine la biblioteca, la mia stanza preferita. È piena di libri recenti e antichi. Mi ricordo che, nelle giornate di pioggia, mia nonna e io passavamo ore là dentro a girare per gli scaffali, cercando il libro perfetto.
-Mamma!- dal secondo piano appare mia figlia. Ha i capelli rossi con sfumature castane legati in una treccia che le ricade su una spalla, gli occhi grandi del colore del cioccolato e la bocca distesa in un sorriso che illumina la stanza.
-Tesoro!- Ci stringiamo in un caldo abbraccio. Lei affonda il viso tra il mio collo e la spalla come faceva da piccola. Profuma di abiti puliti, di bagnoschiuma e di cera.
-Mi sei mancata mamma- mi sussurra.
-Anche tu.-
Quando finalmente ci separiamo, mi porta in cucina per prepararmi qualcosa da bere.
-Allora, ci sono novità?- Mi chiede.
-Oh, niente di che, le solite cose: Paris è sorridente come sempre, Peter è il solito chiacchierone, Brioche sembra più viva che mai e Charlie ha scritto...-
-Charlie ha scritto?!-
-Si...-
-Finalmente! Era tempo che non si faceva sentire. Chissà se si stanno godendo la maternità... Nicholas mi è sembrato un bambino così tranquillo. Magari fossero così anche Diana e Louis! Pensa che stamattina hanno messo un ragno tra i vestiti di Carmen. Non puoi immaginare le urla della poveretta quando se ne è accorta! Ma, mamma, cos’hai? É successo qualcosa? C’era scritto qualcosa di brutto nella lettera?- Marta mi siede vicino con due tazze fumanti.
Mi guarda preoccupata.
-No, no, tesoro... è solo che Charlie adesso vive nel Dartmore, tu ti sei trasferita qui e io sono rimasta da sola...-
-Ma tu non sei sola!- Mi porge una tazza. -C’è Peter, c’è Paris, ci sono io. Non ti abbiamo abbandonata!-
Quello che dice è vero, ma mi sento vuota, come se avessi un buco nello stomaco. Sono un puzzle a cui manca il pezzo finale, e io so bene qual è. Ma non voglio mettere in pensiero Marta.
-Hai ragione, grazie tesoro.- mi sorride.
In quel momento entrano tutti trafelati Diana e Louis.
-Ciao nonna!- Dicono all’unisono e mi vengono ad abbracciare.
-Ciao scimmiette, mi siete mancate!-
-Anche te nonna.- Risponde Diana con un gran sorriso che mette in risalto le sue lentiggini. È simile a mia figlia, capelli ramati e occhi color nocciola.
-Come va a scuola?-
-Louis ieri è stato sgridato dalla maestra perchè ha messo una pigna sulla sua sedia!- Dice Diana soffocando una risata.
-Non è vero! Non sono stato io, bugiarda!- Louis incomincia a rincorrere Diana gridando per tirarle i capelli. Siccome ha dieci anni, lui in teoria dovrebbe fare da esempio alla sorella, che ne ha solo sei. Tuttavia, non so chi sia più scalmanato tra i due.
-Bambini, non litigate! Perchè non andate fuori a giocare?-  urla Marta cercando di sovrastare i figli. Quest’ultimi guardano per un attimo la madre e poi sfrecciano fuori spintonandosi.
-Ora capisci perchè vorrei che Harry fosse più tempo qui? Lui sa calmarli come nessun altro.-
Suo marito è sempre in giro per lavoro, ma quando torna a casa è sempre una festa.
-Tesoro, sai che lo fa solo per permettervi di continuare a vivere in questa casa.-
-Lo so, lo so..- guarda per un attimo la sua tazza ma poi le ritorna subito il sorriso. -Allora, cosa dice Peter?-
Iniziamo a chiacchierare, raccontandoci tutto quello che ci siamo perse negli ultimi mesi, continuando a sorseggiare la nostra bevanda calda. Quando Diana e Louis ci vengono a chiamare, le tazze sono ormai vuote da molto. Marta va ad aiutare Carmen per il pranzo e io accontento i bambini andando con loro in giardino.
-Nonna nonna! Guarda che so fare!- Diana corre come un cerbiatto vicino ad un albero del vialetto e prova a fare la verticale appoggiandosi al tronco.
-Lascia fare a me, te sei troppo piccola per riuscirci!- la punzecchia il fratello.
Ricominciano a litigare e io non posso fare a meno di sorridere.
Dopo un po’, Carmen si affaccia alla porta per annunciarci che il pranzo è pronto. I bambini si fiondano dentro, affamati come lupi.
Tra una risata e l’altra, consumiamo l’ottimo cibo. Quando sto con loro il tempo vola. Dopo mangiato, ci riuniamo tutti il salone per goderci il resto della giornata insieme. Mi siedo sul divano insieme a Marta, Carmen invece si accomoda su una poltrona e incomincia a lavorare a maglia.
-Nonna, ci racconta la storia del Viaggio?- mi chiede Diana con due occhioni imploranti.
-Bambini, la sapete a memoria…- gli risponde Marta.
-Ti preeeeeego!- mi implorano congiungendo le mani e facendo il labbruccio.
Guardo Marta con un mezzo sorriso e lei annuisce rassegnata.
-D’accordo, ma dovete fare i bravi e non interrompermi.-
Con un "esclamazione" di gioia, si siedono a gambe incrociate sul morbido tappeto e si mettono in ascolto con gli occhi luccicanti.
-Allora, incominciamo dal principio...-
La storia del Viaggio. Il racconto del tragitto fatto con Peter e altri miei amici durante la Seconda Guerra Mondiale, in cerca di un posto migliore dove stare. Amo raccontare quella storia, mi fa sentire più vicino a persone con cui mi sono persa di vista. Mi fa tornare ragazza. Ogni volta che narro questa storia rivivo ogni momento come se fosse la prima volta.
-Come sapete, nel 1943, quando avevo quindici anni, vivevo in questa casa con i miei genitori e mia nonna…-
-Tua nonna era simpatica come te?- salta su Diana, beccandosi un’occhiataccia dalla madre.
-Si piccola, era molto simpatica...-
Mi ricordo di mia nonna molto bene. Mi ricordo di tutto perfettamente, come se fosse ieri.
1943, una ragazzina piena di sogni con un compagno di avventure al fianco…









Diario di HalfBlood_Camp
18/11/15


Eccoci qui con il primo capitolo! Come avevo già detto, il contesto storico partirà dal prossimo capitolo. Questo è una sorta di preludio, che poi si collegherà alla fine... ma non voglio dirvi altro! Il secondo capitolo cercherò sempre di pubblicarlo tra una settimana, così da avere un minimo di regolarità.
Come sempre, le critiche sono ben accette ^^
Grazie di aver letto fin qui,
HalfBlood_Camp
   
 
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