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Autore: Magali_1982    23/11/2015    4 recensioni
-Avevo i tuoi stessi occhi, una volta. Gli occhi di chi vuole solo una cosa per cancellare tutto il resto e ne ha bisogno sempre di più, per soffocare urla e dimenticare come si piange.-
L'esigenza di puntare al limite, di superarlo, di sentirsi infallibili perché era il solo modo per affermare la propria esistenza.
Macchine di guerra generate da un caos programmato.
Natasha curvò gli angoli delle labbra in un sogghigno di scherno.
-Non è una frase troppo pomposa per essere vera?-
-A volte la verità ha bisogno di qualche abbellimento per sembrare interessante. E meno paurosa, ritengo.-

Esistono storie dove fanciulle di neve incontrano lupi. Non sono fiabe e non finiscono bene. Possono venir cancellate ma mai dimenticate. Lasciano ferite e prima o poi, queste ferite si riapriranno, mostrando cosa celano.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Chi non muore si rivede eh?
Sì. Sono stata a lungo assente.
Sì. Stranamente ho delle ottime motivazioni. E' vero: ho scritto su altri fandom ma sporadicamente e senza mai dimenticare a cosa ho dato il via un anno fa, quando scrissi proprio in questi stessi giorni la fine di "The List", che insieme ai prequel e sequel potrete trovare nel mio profilo.
Nel bene come nel male, quando s' iniziano e sviluppano progetti tanto grandi, quest'ultimi non ci abbandonano mai. Avevo in testa da parecchio tempo di soffermarmi sulla Vedova Nera e il Soldato d' Inverno, perciò eccomi qui. Questa prima storia è incentrata su Natasha e può essere letta senza conoscere le altre mie fanfiction, anche se vi è legata.
Spero vi piaccia e spero mi farete sapere cosa ne pensate.
Un grazie specialissimo va ad Alkimia, che mi ha fatto conoscere questa coppia. Ad Alley, che ha letto l'anteprima e a Sara per il supporto e la splendida amicizia virtuale nata grazie a personaggi tanto fantastici.
Ai vecchi lettori e a quelli nuovi, buona lettura e la promessa che dopo Snegurochka, sarà il turno di Volk. Per sapere cosa significa non dovrete aspettare molto!
Maddalena







 
" C'era una volta un vecchio e sua moglie.
Erano stati molto felici in vita ma rimpiangevano
di non aver avuto figli.
Un bel giorno d' inverno la coppia vide un gruppo di bambini

che giocavano e si divertivano nella veve e
il dispiacere crebbe ulteriormente.
Così il marito propose alla moglie

di fare una ragazza di neve
e foggiarla come la figlia che avrebbero
voluto avere. "


 
 
Snegurochka

Nessuna coordinata. Data sconosciuta. Unione Sovietica.

I capelli della donna erano grigi, tirati indietro in uno chignon stretto.
Gli occhi verdi della ragazza spaziavano lenti sulla sua fronte ampia e le ciocche impeccabilmente lisce.
Il tipico ritratto di una donna nata nelle piane desolate dove l' argento delle betulle si confondeva con quello steso implacabilmente dallo scorrere degli anni.
"Non batte le palpebre da tre minuti."
Parole dure come la lingua in cui vennero pronunciate. Una lingua secca, fatta di sibili e consonanti che mangiavano altre consonanti.
"E' un effetto collaterale."
"Secondo lei ci sta ascoltando, dottore?"
Una figura si mosse nell'ombra che molle danzava ai limiti della stanza.
"Ha importanza?"
La paziente spostò lo sguardo da un angolo della stanza all' altro.
"Ci vede. I processi cognitivi si stanno già riattivando."
"Me lo auguro. I miei superiori sarebbero molto dispiaciuti se si fosse rovinata."
Il volto diafano, disumano nella sua inespressiva bellezza, era un bocciolo bianco chiuso da petali rossi. La bocca tumida stava schiusa per far uscire un lieve sibilo.
Labbra scarlatte nate dalla neve come un miracolo.
Le avevano sempre ripetuto quanto fosse bella. Quanto fosse importante il suo aspetto.
La donna dai capelli grigi non pregava da molti anni; si sorprese nel pensare una supplica rivolta a un Dio andato sepolto sotto i tizzoni ardenti dell' incendio scatenato dalla Rivoluzione.
Erano occorsi anni per trovarla.
L'unica bambina delle ventotto selezionate in tutta la Repubblica Federale russa a essere sopravissuta all' addestramento.
Perfetta, implacabile. Ubbidiente, malleabile.
Rotta. Riparata.
Questa era la speranza di tutti.
Le ciglia fremettero e si abbassarono. Gli occhi si chiusero e un mondo intero esplose dentro di essi.
"Quando potremo riprendere l'addestramento?"
Ronzio rumore cafofonia grigio grigio grigio. Tutto il mondo è grigio. Freddo e dolore perdita e urla Dio il mio cuore.
"Se la convalescenza continua con questi progressi, ritengo di potervela riaffidare tra una settimana."
Occhi chiusi mi sento bruciare voglio la neve.
Neve bianco dimenticare.
Neve bianco io sono la bambina di neve. Neve neve neve.
Sono nata da lei lei mi ha dato il nome ora non lo ricordo ma è mio mio mio.
"E lui?"
Rumore troppo rumore dolore mi sento strappare via la pelle.
Lui. Luiluilui. Lui sa il mio nome me lo ha regalato mi ha detto- mi ha- mi.
Torna ricordo ti prego.
"Non lo rivedrà più. Verrà riprogrammato al suo risveglio ma non qui."
La foresta un pugno d'acciaio occhi grigi.
Un lupo c'è un lupo e mi vuole attaccare.
Difesa difesa pensa per sopravvivere pensa per uccidere.Lui. Lui dov'è?
Ha il mio nome ha tutto lui è tutto.
Il mondo esploso gravitava attorno a un buco nero. La ragazza si sentì trascinare dalla sua forza mostruosa e si ribellò.
Perché non doveva morire.
Se lo avesse fatto, come avrebbe potuto trovarlo?
Se si fosse sciolta, se fosse svanita cancellata dalla forza schiaccante che la voleva annientare cosa sarebbe stato di-
Interferenza. Ancora. Sempre di più. Spezza spezza spacca spacca distrugge distrugge.
Le palpebre si schiusero. La voce sbucò oltre la sabbia e il fango di cui si sentiva colma fino a soffocare.
"...Uchitel?"
Maestro.
Una sola parola, detonata come lo sparo di una sentenza capitale. E la destinataria era la stessa che aveva premuto il grilletto.
La squallida stanza dalle mura di cemento rimase gelida.
Qualcuno nell' ombra scosse la testa.
"Lo ricorda ancora. Dovremo procedere con una nuova seduta."
Mani.
Mani fredde mani che mi stringono e alzano e portano via.
I capelli della donna il suo sguardo di disprezzo e biasimo mi odia mi odia mi giudica inadatta. Non voglio esserlo io sono la bambina di neve io sono perfetta io posso-
Ronzio.

Un corridoio interferenza luce gialla.
"Spogliatela e mettetele il camice."
Vi prego no vi prego no vi prego.
"Infermiera?"
"Gli elettrodi per il monitoraggio cardiaco sono pronti."
Vi prego vi prego vi prego vi prego.
"Preparate l' anestesia."
No! Non portatemi via non portatemelo via!
Sono ancora perfetta sono di neve sono di ghiaccio come volevate.
Il volto da bambola rimase immobile, statico come il giocattolo a cui tutti la paragonavano.
Una bellissima bambola divenuta viva e disobbediente. Inacettabile.
Lo stantuffo della siringa venne premuto, il liquido corse nella cannula e l' inondò di nebbia.
Ho paura, maestro.
Ho-

La tormenta tornò, cancellando ogni cosa.


 

*



 
Washington D.C. Località secretata.
2001.


Il terrore non aveva consistenza ma il suo sapore era inequivocabile.
Intenso e pungente, una punta di pepe macinata sulla lingua. Una sensazione di dolore che si attaccava sul palato e ai ricordi.
Natasha lo aveva avvertito spesso, nei giorni scorsi.
Quando i medici andavano a trovarla, quando infermiere impaurite la incrociavano nel corridoio della divisione medica del Triskelion. Quando eminenti professori volevano spiegarle la procedura.
Quel tipo di visite avrebbero dovuto essere le uniche attese con vera trepidazione.
La procedura.
Il motivo per cui dopo la sua missione a Budapest non aveva fatto ritorno in patria e aveva seguito un Colonnello in congedo fino negli Stati Uniti.
Nick Fury l' aveva fissata in silenzio, quando si era voltato in un parcheggio sotterraneo della capitale. Non aveva nemmeno pensato di portare la mano alla fondina della pistola. La Vedova Nera ormai sapeva leggere nei pensieri dei suoi avversari prima ancora di vederli reagire e non aveva percepito nessuna frattura, nessuno scatto o vuoto in cui inserire una mossa fulminea di attacco.
Il nemico l' aveva fissata. Paziente.
L' aveva ascoltata.
E aveva acconsentito alla sua richiesta.
-Come sta oggi, Romanoff?-
-Bene dottore.-
-Dopo colazione procederemo ad alcuni esami.-
-Sarò pronta.-
Non era suo costume disobbedire a un ordine, per quanto implicito. Avrebbe voluto persino sorridere agli uomini che andavano e venivano nella sua camera di degente ma dopo un primo tentativo di cordialità aveva desistito. Trovava fastidioso vedere gli sguardi abbassarsi e, in molti casi, le guance imporporarsi.
Il suo aspetto era temuto quanto e fose più della sua forza, della sua spietata intelligenza e meticolosa preparazione.
Cosa sapeva fare e come lo faceva riempivano pagine e pagine, file su file, dell' archivio dello SHIELD. Fino a pochi mesi prima, ogni voce era contrassegnata da una nota in rosso.
Pericolo per l' intera Nazione.
E lei era la somma incarnazione di ogni pericolo.
Tanto bella da risultare letale con un' occhiata e un battito di ciglia, capace di uccidere a mani nude quanto grazie a veleni o altri supporti.
In grado di parlare sei lingue diverse, di assumere modi e atteggiamenti degni di mille alias. Conoscenze precise e sempre aggiornate in ogni campo, dall' informatica alla scienza robotica di base.
Era stata per anni in testa alla classifica di spie da catturare di mezze agenzie del mondo. L' altra metà era sua alleata.
Per la gloria e la supremazia del suo Paese o di chi l'assoldava aveva sparso sangue, ingannato, rubato.
Fino all' Ungheria.
Il confine tra un passato impostato, perfetto, senza dubbi e costellato solamente di "sì" era stato scavato nella sua carne da un secondo.
Intercorso tra il vuoto perfetto, privo di dubbi della sua vita di agente segreto e quello dove era esploso il dolore di una freccia che l' aveva colpita, inchiodandola a terra, poco sopra il ginocchio destro.
Un proiettile avrebbe potuto compromettere momentaneamente equilibrio e stabilità ma non le avrebbe impedito di rialzarsi e continuare a combattere.
Ma quel tipo di arma era stata bastarda il doppio.
La punta seghettata incastrata tra i fasci muscolari, l'articolazione bloccata. Inservibile.
Chi l' aveva colpita era stato un figlio di puttana dannatamente bravo e il caso aveva voluto che ora quello stesso figlio di puttana fosse l'unico a cercare la sua compagnia per semplice, genuina voglia e non per una curiosità morbosa.
Qualcuno bussò alla porta.
- Sei sveglia, Romanoff?-

L'agente Clint Barton, nome in codice Occhio di Falco, non aveva mai visto occhi simili a quelli della Vedova Nera.
Se li era trovati davanti a un metro da lui, spianati e duri.
Nonostante fosse appena riuscito a metterla in ginocchio con una delle sue frecce, la spia non aveva mostrato la minima debolezza. Sicuramente doveva aver provato un dolore lancinante ma non aveva permesso a questo di emergere e cancellare la bellezza spietata del suo sguardo da felino vinto ma non domato.
-Agente Barton, l'ha trovata?-
-No signore.L'ho ferita ma è scappata.-
Un' esitazione compiuta apposta. Il tempo di uno scambio, silenzioso ed empatico.
- Ti uccideranno- gli aveva sibilato con un inglese perfetto, privo di accento.
-In America siamo più elastici su queste questioni capitali.-
Quanto quella fosse stata una battuta o no, Clint non seppe mai dirlo in seguito.
Sapeva come svellere una punta seghettata senza lesionare legamenti e muscoli.
Dopo l'aveva lasciata andare. Aveva già compreso che si sarebbero rivisti.
La sua missione era stata neutralizzare a qualsiasi costo l' assassina di punta della divisione segreta del KGB. Dopo gli attentati in Brasile, la morte della figlia dell' ambasciatore russo presso gli Stati Uniti, l' ordine di scoprire il vero volto della Vedova e ucciderla era partito dal gradino più alto dello SHIELD.
A eseguirlo era stato mandato l' unico uomo che Phil Coulson, il vero braccio destro del Direttore Fury, aveva ritenuto capace di un simile compito.
Il soldato più atipico.
Quello che cercava sempre una visuale dall' alto per non compromettere la sua vista da primato.
Quello che si ostinava a combattere con un' arma totalmente fuori contesto come un arco.
Come spesso accadeva, Coulson aveva visto giusto.
Di ritorno da Budapest, Clint aveva avuto un dubbio e se lo era tolto prima che la "Squadra anti-ragno" -sul serio, possibile che un' organizzazione d' Intelligence di livello mondiale peccasse di fantasia in modi tanto puerili?- visionasse i filmati della missione.
Scovato Phil in una delle sale ricreazione del piano operativo del Triskelion, non aveva perso tempo nei saluti.
-Sapeva che non l' avrei fatto.-
L' agente aveva finito di mescolare il suo caffé prima di rispondere:-Diciamo che avevo una scommessa in ballo. E l'ho vinta.-
-Perché?-
-Perché non eri diverso da lei, quando ho deciso di addestrarti.-
Clint avrebbe sempre desiderato conficcare una freccia nella fronte dei coglioni che, nei corridoi della base, ridevano dell' aria dimessa e ingenua del suo mentore.
Aveva avuto ragione, naturalmente.
Sicuramente i poteri sovrannaturali di Phil Coulson non includevano la preveggenza, quindi non poteva essere in grado di affermare come Natasha Romanoff sarebbe ricomparsa. Nonostante questo, alcune segretarie avevano sparso in giro la voce del sorriso vittorioso che gli si era scolpito in faccia quando gli avevano riferito della scena tra la spia russa e il Direttore in uno dei parcheggi sotterranei di Washington D.C.
Aveva avuto solo una richiesta, per tradire il suo Paese e cominciare una nuova vita.
- Buongiorno, Barton.-
Dovette frenare il ghigno pronto a spianarsi di fronte all' aria bellicosa e fiera che la donna non riusciva a posare nemmeno quando era in camice ospedaliero.
Aveva passato molti mesi a chiedersi come fosse fatta la temibile assassina della Mano Rossa. Tutti concordavano sul fatto fosse bellissima e una volta tanto i pettegolezzi, le dichiarazioni dei sopravissuti corrispondevano alla realtà.
Bassa di statura. Vita sottile e voluttuose forme femminili. Muscoli d' acciaio rifiniti da una grazia da ballerina. Occhi verdi e tante, tantissime onde di capelli rossi.
-Hai già fatto colazione?-
-Non devo aspettare la visita del mattino, prima?-
Clint lanciò un' occhiata dietro le spalle con fare innocente. - Credevo di aver incrociato il Dottor Miller fuori dalla tua porta, mi sarò sbagliato.-
La bocca da bambola divenne una linea fremente di sdegno.
Fosse dannato quell' uomo. E la sua maledetta mira.
Riusciva sempre a colpirla. A coglierla in fallo.
Intollerabile.
La parola più odiata.
Un insulto, una pecca che bruciava come ferite aperte nella carne viva, inferte nei momenti in cui si pensava invincibile, perfetta.
Le avevano insegnato a essere sempre così.
Perfetta.
Come la neve.
Bianca, incorruttibile. Gelida, letale.
- Tu sei la Bambina di neve, Natalia...-
-Tutto bene?-
La domanda di Barton era sfuggita al suo solito ritegno. Non l' avrebbe mai posta se non avesse visto la donna chinare le spalle e prendersi la testa tra le mani.
-Sì. Questa dieta a soluzioni saline non è il massimo. Voglio del cibo vero.-
-Temo sia prevista dalla procedura.-
Il silenzio li chiuse in un sacco d' invisibile imbarazzo. Il primo a strapparlo fu lui, sedendosi a tenendo posato sulle ginocchia il libro che stava leggendo. Barton ne aveva sempre uno in mano, se non stava impugnando un arco.
-Natasha. Lo vuoi fare davvero?-
-Sai di essere l' unico che osa chiedermelo?-
L'agente alzò le spalle e soffocò appena una risata. -Ti ho risparmiato la vita. Direi che puoi concedermi un simile privilegio.-
La Vedova Nera sospirò e si sedette sul bordo del letto, in modo da guardarlo.
-Perché?-
-Avevo i tuoi stessi occhi, una volta. Gli occhi di chi vuole solo una cosa per cancellare tutto il resto e ne ha bisogno sempre di più, per soffocare urla e dimenticare come si piange.-
L'esigenza di puntare al limite, di superarlo, di sentirsi infallibili perché era il solo modo per affermare la propria esistenza.
Macchine di guerra generate da un caos programmato.
Natasha curvò gli angoli delle labbra in un sogghigno di scherno.
-Non è una frase troppo pomposa per essere vera?-
-A volte la verità ha bisogno di qualche abbellimento per sembrare interessante. E meno paurosa, ritengo.-
-Come una fiaba?-
-Non sottovalutarle. Spesso sanno dire le cose più orribili.-
Già.
Il potere devastante delle parole. Potevano rendere giusto anche il più efferato degli omicidi. Natasha voltò in alto i palmi delle mani. Erano lorde di sangue, con l' inchiostro che si scioglieva sotto di esso.
Immaginò grosse gocce vermiglie cadere sul pavimento, risucchiate da un buco nero da cui ogni tanto usciva solo una voce.
Un' interferenza.
-Devo farlo.-
La risposta arrivò dopo talmente tanto tempo che Clint dovette battere le palpebre diverse volte per attaccarla in un contesto logico.Aveva pensato che la spia si fosse chiusa in un modo solo suo, dispensandolo dal parlare e obbligandolo a tornare alle sue letture.
-Ho delle note sul mio registro che non posso cancellare ma solo nascondere, Barton.-
Per essere di nuovo perfetta.
Come fosse fatta di neve.
Senza emozioni, senza rimpianti, senza rimorsi.
Senza un senso soffocante per una perdita a cui non sapeva dare volto e voce.




 
*




 
Iran. Coordinate secretate. 2009.


Il mondo era diventato piccolo come un foro di proiettile.
Un pertugio minuscolo che si era scavato in lei una via disseminata di lampi di dolore, scosse nervose che a ogni fiotto di sangue pulsavano impazzite fino a spaccare il più piccolo vaso capillare che possedeva.
Era stesa su una superficie fredda.
La luce andava e veniva.
-Nat. Andrà tutto bene.-
Riconobbe la voce sopra di lei. Una mano le stava premendo con violenza sul fianco sinistro e attorno aleggiava un forte odore chimico mescolato a qualcosa di sintentico, pulito maniacalmente.
Ogni Quinjet doveva passare i più severi test, compresi quelli igienici. Non si poteva mai sapere come sarebbe finita una missione di recupero e ci voleva un basso livello di allergeni se si dovevano medicare delle ferite.
Rise e il suono spaccò il silenzio ronzante in cui era precipitata.
Il fuoco della ferita stringeva e rilasciava i tessuti, creando vuoti nello scorrere del tempo.
Rivide il deserto di roccia.
Il sentiero che si snodava polveroso sul fianco della collina.
Stava seduta in una jeep blindata. Forse stava parlando.
Poi la terra era diventata il cielo e nel cielo c'era finita sbalzata dall' esplosione.
-Davvero?-
Lo scherno si mescolò al fluire del sangue. Tutto le sembrava così comico.
-Ne sei sicuro?-
L' irrealtà formava un corto-circuito con l' ironia sempre più marcata della situazione.
Aveva sacrificato molto più di quanto un scarno file personale poteva rivelare, per tornare operativa sul campo nelle migliori condizioni.
Per essere di nuovo perfetta e utile.
- Ho bloccato l' emorragia. Stai ferma.-
Clint era perentorio e le sue dita callose parevano davvero possedere la forza inumana per comandare al suo corpo di non soffrire.
Ferita. Lei.
Macchiata.
La neve non può sporcarsi.
Doveva essere un viaggio di routine; rintracciato il soggetto, lo si doveva scortare fino alla meta prevista dove era stato fissato il punto di raccolta.
Tutto si era svolto in modo impeccabile.
Lo sparo riecheggiò nella sua mente, facendola sussultare mentre Clint si spostava per lasciar spazio a un' infermiera che lacerò senza riguardi la manica della sua divisa termica.
-Ha bisogno di integrare i livelli salini, cerco una vena per una flebo. Continui a tenere premuto!-
Natasha piombò in uno stato sospeso. Ascoltava le voci, batteva le palpebre ma in realtà non era più lì.
Era tornata dietro la carcassa della jeep.
Aveva cercato attraverso il fumo e il fuoco il prossimo attacco. Le era stato ordinato di proteggere lo scienziato che si era dichiarato disposto a tradire il proprio governo per raggiungere gli Stati Uniti e la posizione offertagli dallo SHIELD nel team di ricerca del Pegasus Project. Una collaborazione con la NASA per lo studio della Materia Oscura.
Ufficialmente.
-Rimani sveglia Nat.-
L'implorazione di Barton non riuscì a dissipare il sogno angosciante in cui stava rivivendo l' attentato. Voltò appena il capo verso il compagno ma poté solo agrottare la fronte.
Ho già vissuto tutto questo.
Intrappolata in un limbo di angoscia. Incapace di reagire.
-...Lui.-
Clint la fissò confuso.
-Purtroppo il Dottor Neda è morto. Lo hanno ucciso.-
Natasha lo afferrò per il polso con un grugnito.
- L'ho visto!...- rantolò prima di sentire la gola annodarsi e farle mancare il fiato. Si ridistese a fatica, ansimando.
La nebbia causata dall'esplosione si dissipò. Lo scenario del suo delirio si delineò in una nitida serie di fotogrammi.
L'uomo era alto, vestito di nero. Il volto non si poteva distinguere a causa di una maschera anti-gas e degli occhiali a vista notturna.
Solo il braccio sinistro aveva un colore diverso. Un grigio baluginante come l' acciaio.
La Vedova Nera era diventata famosa per l'assoluta mancanza di paura. Non l' aveva mai provata, nemmeno quando Occhio di Falco avrebbe dovuto ucciderla.
Ora avrebbe ricordato per sempre il suo guizzo intossicante in ogni muscolo, osso e vena. Aveva avvertito solo una sensazione provenire dal nemico.
La fredda spietatezza di un lupo pronto a uccidere.
Un lupo nella neve il morso della sua mano io lo conosco.
In un tempo lontano, destinato a sparire nel momento stesso in cui svenne.
Un effetto collaterale della procedura, le avevano spiegato. Il cervello poteva essere visto come una serie di scomparti ma era impossibile aprirne alcuni per svuotarne altri senza danneggiarne la corteccia e le sue funzioni.
Salti mnemonici, un' iperattività imprevista dei lobi frontali, la concretizzazione di fantasie tali da prendere il posto della realtà. Ricordi fasulli ritenuti veri per colpa di una sinapsi.
Quella sensazione era sicuramente parte di essi.
Scivolando piano nell' incoscienza, Natasha distese i lineamenti contratti del volto.
Si era sbagliata.
Aveva scambiato l' impreparazione con qualcosa di diverso, lo sgomento con l' incredulità.
La prossima volta sarebbe stata pronta.
Io sono perfetta. Io sono di neve.



 












 
  
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