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Autore: itachiforever    24/11/2015    2 recensioni
(Dal capitolo 1)
Stavo per uscire e “andare a lavoro” quando, guardando fuori dalla finestra, mi accorsi che le luci della casa di fronte erano accese. Ricordai che ultimamente c’era stato un certo via vai lì, di muratori e quant’altro. La macchina grigia di fronte all’ingresso doveva essere di chi era lì dentro.
Fu in quel momento che vidi una piccola figura incappucciata avvicinarsi al portone e suonare. Molto più interessato di prima la osservai meglio e constatai che doveva trattarsi di una ragazza. [...] mi teletrasportai alla finestra, tenendomi invisibile, per osservare bene la scena. In effetti si trattava proprio di una ragazza [...] "Noi due passeremo sicuramente un bel po’di tempo insieme…Erica."
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Offenderman
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1


Erica's pov


Era ormai sera quando finalmente arrivai nella “mia” nuova città, dopo svariate ore di pullman.
Dal finestrino riuscii a vedere alcuni negozi ancora aperti, bar, ristoranti e locali vari illuminati e pieni di gente.
Non c’erano molti alberi però e per una che ha sempre vissuto in campagna e che adora la natura questa è una cosa orrenda.
Non so come farò a resistere…  pensai sconfortata.
Il pullman si fermò in centro città, dove con piacere notai un piccolo parchetto pieno di alberi con un chioschetto al centro. Presi la mia valigiona blu scuro, lo zaino/trolley azzurro e bianco della seven e con la borsa a tracolla viola della eastpak che mi regalò papà per il mio sedicesimo compleanno mi avviai a piedi verso la periferia di quella grande città.
Di prendere l’autobus non se ne parlava perché non avrei saputo né dove salire né dove scendere, e non avrei mai preso il taxi perché volevo risparmiare il più possibile. Presi la cartina che ero riuscita a procurarmi e la analizzai meglio che potei, dato il mio scarso senso dell’orientamento, sotto un lampione. Dopo un quarto d’ora di camminata iniziò a piovere a dirotto. La mia solita sfiga. Chiesi informazioni ad una signora di passaggio e decisi che prendere un autobus era la soluzione migliore in fin dei conti. Mi recai alla fermata che mi aveva suggerito la passante a attesi l’arrivo del piccolo autobus grigio e giallo che mi avrebbe portato vicino alla mia nuova dimora.
Arrivò dopo dieci minuti, puntualissimo, all’orario fissato sulla bacheca che si trovava in fermata. Salii e mi sedetti sul primo posto che trovai libero. Mi ritrovai a pensare al perché sono andata così lontano da casa…

***
-Tranquillo papà, posso farlo.- Gli dissi sorridendo.                                                                                                                                                 -Non se ne parla. Non voglio che tu vada così lontano da sola.                                                                                                                              -Ma sono abbastanza grande per badare a me stessa. Qui non posso aiutarti in nessun modo. Lucas può stare dalla zia Sofia quando non puoi starci tu con lui.                                                                                                                                                                     
-Erica…Sai bene che non voglio che la nostra famiglia diventi un peso per qualcuno…                                                                               
-Ma quale peso? Lucas è bravissimo, non le darà problemi. E poi è stata lei stessa a proporcelo, già da prima che…- Mi bloccai prima di finire la frase. Papà non aveva ancora accettato la cosa e io non ero da meno. Si rabbuiò.
-Ne riparliamo un’altra volta…                                                                                                                                                                        Chiuse lì il discorso e andò in camera sua e della mamma.


***
Papà aveva una piccola azienda agricola e quando la malattia della mamma iniziò a richiedere più soldi del previsto mise la sua attività da parte per dedicarsi a lei. E quando mamma morì l’attività era già sull’orlo del baratro. Papà fu costretto a licenziare i pochi dipendenti che aveva perché non aveva i mezzi per pagarli. Rischiava di perdere tutto e quindi gli proposi di mandarmi in una grande città, così avrei potuto trovare un lavoro e non essere più un peso per lui. Nel piccolo paesino dove vivevo non c’era possibilità di trovare lavoro. La crisi economica si faceva sentire ed erano più le attività che fallivano e chiudevano che le persone che venivano assunte anche solo per lavoretti part-time.
La madre di uno degli ex-dipendenti di papà, nonché buona amica di mamma originaria di qui e che ogni tanto chiamava per sapere come ci andavano le cose, ci disse che aveva una piccola casetta in periferia da affittare ad un prezzo non troppo alto. Insieme riuscimmo a convincere papà e ora eccomi qui…
La voce registrata proveniente dagli altoparlanti dell’autobus mi ridestò dai miei pensieri. Ero arrivata alla mia fermata e la pioggia era aumentata. Misi il cappuccio, presi i bagagli e scesi. Dovevo camminare ancora un po’ prima di arrivare nella mia nuova casa.
Arrivai ad una piccola piazzetta antistante ad una chiesa neogotica circondata da un giardinetto. Mi fermai un attimo dietro la recinsione in ferro verde scuro a guardare dei cespugli di rose che crescevano lì. Mi sono sempre piaciute le rose, erano i miei fiori preferiti. Erano anche quelli di mamma e ne aveva piantati molti a casa, di vari colori. Lei adorava quelle bianche, io invece sono sempre stata attratta da quelle blu. Da piccola me ne fece piantare un cespuglio e io me ne sono sempre presa cura. Quando qualche anno dopo nacque Lucas. Io insegnai a lui come fare e prima di partire lasciai a lui il compito di badare al mio bel cespuglio e a tutto il roseto di mamma.
Continuai la mia camminata, attraversai tutta la piazza fino al lato opposto e costeggiai la lunga strada sulla quale affacciavano palazzi non troppo alti e villette a schiera. Ogni tanto tra le case spuntava qualche locale e qualche negozio e addirittura un supermercato alla fine della strada aperto 24h. Lì trovai un incrocio e secondo la mia cartina avrei dovuto girare a sinistra. Camminai ancora un po’ fino a che arrivai ad una piccola costruzione di due piani color giallo chiaro. Lessi la targhetta accanto alla porta. Via dei salici, 23. Sono arrivata finalmente. Una luce al primo piano era accesa. Suonai il campanello e una signora sulla cinquantina venne ad aprirmi.
- Oh Erica, tesoro! Finalmente sei arrivata.- mi disse con un sorriso dolce.
- Buona sera signora Margherita, mi scusi se l’ho fatta aspettare così tanto.- Mi fece entrare e posare le mie cose all’ingresso.
- Ma no  cara, figurati, non è certo colpa tua.
Ricordo che da piccola, quando veniva a trovarci, portava sempre delle ottime caramelle alla frutta a me e Lucas. Mi è sempre stata molto simpatica ed era quasi come una zia per me.
Si era fatto tardi, quindi mi fece fare un veloce giro della casa e mi diede delle informazioni utili su come muovermi in città e dove andare per fare acquisti. Poi mi salutò affettuosamente e mi lasciò a sistemarmi.
La signora era stata molto gentile e mi aveva fatto trovare la casa in perfetto ordine, pulita e con tutto quello che poteva servirmi, cena compresa. Mi aveva fatto trovare in cucina una pizza margherita con prosciutto fatta da lei nel pomeriggio. Si divertiva spesso a cucinare e spesso coinvolgeva anche mia mamma che le forniva frutta e verdura grazie all’azienda di papà. Mi sedetti a mangiare e per qualche strano motivo mi sentii osservata. È solo che non mi sono ancora abituata alla casa e sono da sola. Cercai di tranquillizzarmi, così chiamai papà per raccontargli tutto.
- Domani esco con la signora Margherita per comprare alcune cose e inizio a vedere se trovo qualche lavoretto da fare.
- Ok piccola, ma mi raccomando stai attenta, non tornare tardi a casa e chiama spesso.
- Va bene papà. Buonanotte, ci sentiamo domani.
- Notte piccola, ti voglio bene.
- Ti voglio bene anche io.- non potei fare a meno di sorridere.                                                                                                                    Riagganciai e mangiucchiando una fetta di pizza feci di nuovo il giro della casa per osservarla meglio.
L’ingresso dava sul soggiorno, con un divanetto a due posti, un tavolinetto in legno davanti, una poltrona con poggiapiedi accanto ad un caminetto in mattoni e un mobiletto con sopra una tv. Dal soggiorno si passava alla cucina, con tutti gli elettrodomestici utili e un tavolo con quattro sedie intorno. Lì si trovava una porta che dava su un piccolo giardinetto sul retro della casa, con cespugli di belle di notte, un gelsomino, un albero di ficus con sotto una panchina e un dondolo di fronte. In cucina c’era anche un bagnetto con la doccia, il lavandino, il water  e la lavatrice. Tornai in soggiorno e salii le scale che portavano al piano di sopra. A sinistra c’era un balconcino che circoscriveva tutto il perimetro della casa e diventava un terrazzino coperto che dava sulla strada. Di fronte alle scale c’era un bagnetto rosa e bianco, con vasca, water, lavandino, specchio, mobiletto e bidet. Sempre sul pianerottolo c’erano un piccolo sgabuzzino e un mobiletto accanto alla porta sulla destra che portava alla mia camera. Qui si trovava un altro ingresso per il balcone e una finestra. Le pareti erano verde molto chiaro e le tende con richiami vegetali erano un po’ più scure. Il letto era matrimoniale, in ferro battuto, con un copripiumino azzurro con delle nuvole bianche sopra e delle lenzuola bianche con righine azzurre. L’armadio a quattro ante si manteneva su tonalità molto chiare di azzurro. La libreria, la scrivania e il comodino invece erano in legno chiaro e in uno stile anticato come il letto.
Scesi e finii di mangiare e dato che ero distrutta presi il pigiama dalla valigia e andai in bagno a prepararmi per la notte. Poi andai finalmente a letto, addormentandomi subito.


Offendy' pov

Ma chi spero di trovare in giro con questo tempo?
Stavo per uscire e “andare a lavoro” quando, guardando fuori dalla finestra, mi accorsi che le luci della casa di fronte  erano accese. Ricordai che ultimamente c’era stato un certo via vai lì, di muratori e quant’altro. La macchina grigia di fronte all’ingresso doveva essere di chi era lì dentro.
Fu in quel momento che vidi una piccola figura incappucciata avvicinarsi al portone e suonare.  Molto più interessato di prima la osservai meglio e constatai che doveva trattarsi di una ragazza.
Bene bene, questa sì che è una bella notizia. Ghignai.
Una signora le aprì e la fece entrare. Misi il cappello e mi teletrasportai alla finestra, tenendomi invisibile, per osservare bene la scena.  In effetti si trattava proprio di una ragazza, con i capelli biondi e lunghi e gli occhi azzurri. Probabilmente era alta un metro e sessanta o poco più, ma aveva sicuramente una terza abbondante. Non era molto in carne ma neanche anoressica, e il suo bel visino dolce la rendeva una preda perfetta per me.
E scommetto che è pure timida.

Quando finalmente rimase da sola la fissai per un po’ e sono sicuro di averla vista tremare leggermente.
Eheheh che reazione adorabile.

Sghignazzando andai via, decidendo di lasciarla tranquilla ancora qualche giorno per osservarla meglio e sparii nella notte, alla ricerca della mia prossima vittima.
Noi due passeremo sicuramente un bel po’di  tempo insieme…Erica.



 
  
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