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Autore: 9Pepe4    01/03/2009    3 recensioni
E se Odisseo avesse provato un qualche rimorso per l'assassinio di Astianatte?
Questa fic parte dal presupposto che sia stato Neottolemo ad uccidere il figlio di Ettore, ma secondo un suggerimento di Odisseo, e che il re di Itaca sia stato presente.
Ho usato presente e passato a seconda del ritmo che mi è parso naturale dare alla narrazione. Spero non sia venuta su solo della confusione.
Un'ultima cosa: quando l'ho scritta, ero depressa.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un bambino dimenticato



Odisseo sta dormendo.
Sogna di essere coricato in un letto morbido – nel suo letto, finalmente – e di sentire un peso caldo vicino al fianco. Sa che è suo figlio, il suo piccolo Telemaco.
È un sogno di pace.
Pare così facile, dimenticare tutte le sofferenze, con quella presenza confortante vicino.
Poi il sogno muta, si dilata, cambia. Ed è stridore di spade dove un momento prima era pace e silenzio. Odisseo si guarda attorno frenetico. Sa di essere sulle mura del suo palazzo, ad Itaca, ma tutto è confuso, come se il fumo che riempie l’aria deformasse la realtà.
Sente delle grida femminili. Il cuore gli balza dolorosamente in petto quando riconosce la voce di sua moglie Penelope. È angosciata, terrorizzata.
L’uomo tenta di dirigersi verso il luogo dal quale provengono quelle urla. Ma le persone sono una marea che corre dalla parte opposta, lo travolgono, e più tenta di farsi strada fra gomitate e spinte, più pare che loro lo respingano.
Dopo ore di interminabile lotta, scandite dal terrore di Penelope, riesce finalmente ad aprirsi un varco. Corre velocemente, poi si arresta vedendo finalmente la donna. Il sollievo si muta subito in orrore non appena capisce il perché delle urla della sposa.
Due soldati le stanno addosso. Una la tiene ferma, l’altra le ha strappato Telemaco dalle braccia.
«No!» urla Odisseo, correndo. Ma tutto sembra scivolare, e tenerlo indietro.
Riesce a distinguere le parole della moglie. «No, vi prego, è solo un bambino, non fatelo, non fatelo!»
Ma quei soldati ghignano, uno tende il piccolo oltre il bordo delle mura.
«No!» urla ancora Odisseo, mentre Penelope riprende la sua supplica, ripetendo “è solo un bambino”.
«È della stirpe di Odisseo» risponde però un uomo, spietatamente.
«No!» grida Odisseo. «Solo un bambino!»
Le grida di Penelope ed il pianto di Telemaco gli straziano il cuore. Corre, corre, corre, ma loro restano irraggiungibili.
Vede le dita del soldato aprirsi.
Vede Penelope serrare le mani contro il petto.
E vede Telemaco precipitare.
Il mondo ruota.
«NO!»

Odisseo si svegliò di soprassalto. Scattò in posizione seduta, la sua mano corse alla spada.
Poi trasse un respiro e si guardò attorno. La sua tenda. Con una mano, si deterse il sudore dalla fronte, mentre il sollievo lo invadeva.
Solo un sogno. Era solo un sogno, un dannato incubo.
Rabbrividì e si alzò, per uscire sulla spiaggia buia. Camminò lungo il bagnasciuga, tentando di riordinare le idee e far tornare il respiro regolare. In un certo senso, il rullio del mare lo tranquillizzava. La salsedine gli faceva sentire l’incubo più distante e irreale, ed era un bene.
Si passò le mani sul viso. «Era solo un sogno» sussurrò tra le dita.
In quel momento, ricordò e capì. Non era solo un incubo, era anche un ricordo. Solo che, nella realtà, non era stata Penelope ad aggrapparsi ai soldati, non era stato Telemaco ad essere gettato dalle mura. La donna era Andromaca, moglie di Ettore, e il bambino suo figlio, Astianatte.
Improvvisamente, Odisseo sentì un nodo alla gola. Cambiava così tanto, con un semplice mutare di ruoli.
Non era stato lui ad uccidere il piccolo Astianatte, ma Neottolemo. Però era stato un suo consiglio. Ed era stata sua l’opinione sulla “stirpe di Priamo” che non doveva sopravvivere.
Pensò alla “stirpe di Odisseo” e si sentì raggelare.
Ripensò alla voce di Penelope che urlava: “È solo un bambino!” Il giorno della conquista di Troia, era stata Andromaca a gridarlo con voce spezzata.
Non riusciva a districare le proprie emozioni, si sentiva distrutto, traballante.
Pensò al pianto di Telemaco, quanto gli aveva fatto male nel sogno. Poi al pianto di Astianatte, e come l’avesse lasciato indifferente, solo lievemente scosso. Si era comportato esattamente come i due soldati che nel sogno avevano aggredito sua moglie e suo figlio.
Voltò le spalle al mare e si addentrò nel boschetto che cresceva lì vicino. Avanzò, scostando i rami bassi e sottili che minacciavano di graffiargli il viso, sentendo le foglie delle piante basse contro le proprie gambe. Camminò fino a quando non giunse ad uno spazio erboso. Si inginocchiò per terra.
Il silenzio della notte moltiplicava la sua angoscia per il sogno. Sentiva il cuore palpitargli nelle orecchie, il suono amplificato dall’atmosfera tacita che lo circondava.
Strinse i pugni.
E poi Odisseo scava una tomba. Una tomba piccola, una tomba vuota, poi la copre nuovamente con manciate di terriccio.
Sente che non potrà mai essere come una tomba vera, ma in qualche modo gli dà un po’ di pace. Là, in quel boschetto in riva al mare – se presta attenzione sì, può sentire il rumore delle onde – seppellisce il suo incubo e, in un piccolo angolo, lascia lo spazio che basta per un bambino.
Un bambino morto per un intreccio di potere, per un valore dato al sangue che non poteva certo capire. Un bambino ucciso troppo presto.
Lo colloca piano, lievemente, quasi senza accorgersene.
Eppure, se ci pensasse un momento, saprebbe di aver scavato una tomba per un bambino che non potrà mai giacervi.
Lui lo sa, che quella tomba piccola, in riva al mare, tra il muschio verde e le frasche, è per il piccolo Astianatte.
  
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