Luce riflessa
Trentatré
secondi.
Gioia aveva detto
proprio quel numero,
corrispondente ai secondi esatti che erano trascorsi dalla sua nascita
a quella
della secondogenita, Tristezza. Un numero di per sé
insignificante, ma che
aveva avuto un grande impatto sulla vita della seconda, innata emozione
umana.
Tristezza era la
numero due, da
sempre. Eppure, nonostante questo dovesse conferirle una posizione di
prestigio
all'interno del cervello della piccola Riley, perfino il surriscaldato
Rabbia,
l'acida Disgusto e il codardo Paura erano tenuti maggiormente in
considerazione.
Cosa aveva fatto per meritarsi il rifiuto delle altre emozioni?
Soprattutto,
perché Gioia ce l'aveva tanto con lei? Insomma,
perché veniva sempre messa da
parte?
Tristezza era
timida, impacciata, costantemente
pronta alla resa quando Gioia le imponeva le sue scelte. Riley era
caduta e si
era sbucciata un ginocchio? Tristezza l'avrebbe aiutata a superare il
dolore
con un sano pianto. Ma no, ecco arrivare Gioia e inserire il ricordo
della
bella corsa che la bambina aveva intrapreso nel parcogiochi.
A volte quel metodo
aveva funzionato e
Tristezza, di fronte al trionfo della sorella maggiore, aveva chinato
la testa,
tornandosene nel suo angolino a guardare il successo di Gioia e ad
ascoltare il
suono delle risate di Riley. In quei momenti si era sentita meno che
inutile:
perché era nata, se nessuno aveva bisogno di lei? Cosa ci
faceva ancora lì, se
era più d'impiccio che d'aiuto?
Per più
di dieci anni Tristezza aveva
provato a convivere con quel dannato senso di inferiorità.
Ne era stanca anche
lei, ma cosa poteva fare? Le altre emozioni non l'avrebbero mai
ascoltata,
anzi; in alcuni casi aveva provato a parlare con Gioia nella vana
speranza che
riuscisse ad aiutarla a risolvere il suo problema, ma tutto quello che
l'altra
era stata in grado di dirle si risolveva in un semplice "Non preoccuparti, pensa
positivo! Stai
tranquilla, andrà tutto bene!". Sì, certo;
Tristezza riteneva che, se
la sorella avesse sperimentato anche per un solo giorno tutto
ciò che lei si
portava dentro fin dalla nascita, probabilmente non avrebbe
più sminuito il
senso d'oppressione che la turbava.
Cosa dire, poi,
della gestione dei
ricordi? Gioia guardava fieramente gli scaffali contenenti le
esperienze di
Riley e si congratulava con se stessa nel notare che la maggior parte
di esse
erano gialle, il colore della felicità, appunto. Tollerava a
malapena la
presenza dei ricordi rossi legati a Rabbia e di quelli viola
appartenenti a Paura,
mentre riteneva utili quelli creati da Disgusto. Ma quando il suo
sguardo si
spostava sui rari ricordi blu, aveva come un fremito. Tristezza ne era
ben
consapevole e ciò non faceva altro che ferirla. Lei, che
nutriva una profonda
stima nei confronti della sorella maggiore, in grado di mettere sempre
di buon
umore tutti quanti, non era degnata della minima considerazione, anzi;
era
sicura che Gioia sarebbe stata ancor più felice se fosse
scomparsa una volta
per tutte dalla mente di Riley.
Agli occhi di
Tristezza, Gioia
irradiava una luce accecante, ma bellissima. Una luce che sarebbe stata
capace
di spazzare via anche le tempeste peggiori. La stessa luce emanavano i
ricordi
a lei legati e Tristezza, più di una volta, ebbe l'idea di
toccarne uno con un
semplice scopo: essere avvolta, anche solo per un istante, dall'aura
dorata che
rendeva grandiosa sua sorella. Era curiosa di sapere cosa avrebbe
provato:
magari il suo stato d'animo sarebbe cambiato e finalmente sarebbe
diventata
meravigliosa come Gioia; magari anche Rabbia, Paura e Disgusto
l'avrebbero
accettata e non più scansata al pari di una lebbrosa. O,
più semplicemente,
sarebbe rimasta se stessa, ma con un grande fuoco a riscaldarle il
cuore.
Tristezza era tutto
questo: un vortice
di insicurezza, debolezza, timidezza e tanta, tanta
curiosità. Pensava di poter
diventare bella attraverso la luce riflessa di sua sorella, ma non
sapeva
ancora quanto potesse essere preziosa la sua migliore
capacità: saper ascoltare
gli altri.
Il giorno in cui se
ne sarebbe resa
conto, avrebbe incominciato a brillare di luce propria.