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Autore: Le notti con Salem    28/11/2015    1 recensioni
Mirania si è unita al gruppo di mercenari perché sta cercando di scoprire cosa sta uccidendo i Guardiani... ma cos'è che l'ha spinta a iniziare questo viaggio? Per saperlo, bisogna tornare indietro nel tempo, a quando aveva sedici anni, e vedere ciò che lei ha visto.
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Genere: Fantasy, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dopo millenni di vita a guardia nella sua foresta, anche Tilia era stata raggiunta dalla morte, come molti suoi compagni.
La fine degli esseri viventi era una cosa naturale nel corso della loro esistenza, ma Tilia era un Guardiano e in quanto tale la sua scomparsa non era prevista.
Per anni aveva cercato di resistere, di guarire. Ormai era chiaro che i suoi sforzi erano stati vani. La scomparsa di così tanti dei suoi simili aveva distrutto l'equilibrio del mondo e presto la sua morte avrebbe peggiorato ancora di più la situazione.
Quanto tempo aveva ancora a disposizione il mondo prima di perdere qualunque possibilità di salvezza? Un anno? Magari dieci? Nessuno poteva dirlo con certezza.
Lenta e inesorabile, la piaga abbattutasi sui Guardiani avrebbe cancellato ogni forma di vita. Alcuni avrebbero resistito più a lungo di altri, ereditando così i compiti dei caduti, ma a quel punto sarebbe stata la fatica a infliggere loro il colpo di grazia.
Tilia non ricordava più quando tutto questo fosse incominciato, ma il caso – o il destino, chi può dirlo? – le aveva dato un'ultima carta da giocare, una possibilità per il futuro e aveva tutta l'intenzione di sfruttarla al meglio. Facendo appello a ciò che rimaneva della sua forza immortale, s'inoltrò nella foresta e seguendo l'unica strada che riusciva ancora a ricordare raggiunse il centro del suo dominio.
Il grande spiazzo erboso che si trovò di fronte era racchiuso in un cerchio di monoliti di pietra. Cinque erano a terra da secoli, spezzati dal tempo e coperti di vegetazione, ma i tre più lontani resistevano ancora. Sopra la sua testa, le fronde degli alberi formavano una volta simile a una cattedrale, e la luce che filtrava da essa accentuava ancora di più l'impressione di essere di fronte a un luogo sacro.
Giunta a destinazione, Tilia si lasciò cadere in ginocchio al centro del cerchio.
Le era rimasto poco tempo. Con un sospiro, alzò gli occhi al cielo ed espanse la propria coscienza, infondendola in ogni foglia e scheggia di legno della foresta. Quando tutto ciò che restava del suo dominio fu connesso alla sua mente, chiamò a sé quella che negli ultimi sedici anni era diventata sua figlia, nonché ultima speranza.
Mirania, vieni da me...

In fondo alla grotta che le faceva da casa, Mirania aprì gli occhi. Tilia la stava chiamando. Cercò di risponderle, ma l'altra aveva già interrotto il contatto con la sua mente, dandole appena il tempo sufficiente a capire da dove la stava chiamando: il centro della foresta. Tirandosi su dal letto, la ragazza notò la luce calda e arancione del fuoco acceso nel focolare, sulla parete opposta della grotta. Era molto strano, perché di solito quel fuoco era acceso solo quando preparavano gli infusi medicinali per i loro vicini contadini, oltre i confini della foresta, o d'inverno per far luce.
Balzò in piedi e aggirando il tavolo s'inoltrò nel breve tunnel che conduceva fuori dalla grotta.
Il sole era appena sorto e nonostante la primavera fosse iniziata già da un po', l'aria era ancora pungente come nelle mattine invernali. Non ci badò più di tanto. Anche se era umana, crescere con Tilia l'aveva resa più simile a un Guardiano, più resistente alle forze della natura, e solo il gelo dell'inverno poteva costringerla a indossare qualcosa di più del suo ampio abito bianco.
La ragazza fece qualche passo all'aperto e capì che qualcosa non andava.
In quel periodo dell'anno i prati della foresta dovevano essere punteggiati di fiori selvatici, soprattutto quei bei boccioli bianchi che solo Tilia riusciva a evocare dalla terra. E invece niente, solo erbacce e qualche fiore dall'aspetto malaticcio.
Eppure l'ho vista vagare per la foresta e dar forza alle piante, perché non è cresciuto niente?
Decise di chiedere di persona a Tilia qualche spiegazione, in fondo l'aveva chiamata lei stessa e questo doveva pur significare qualcosa. Per qualche istante, un improbabile ottimismo la pervase e pensò che l'altra l'avesse fatto apposta per insegnarle quella magia che si era sempre rifiutata di condividere con lei.
“La Magia di Guarigione è l'unica cosa su cui ti devi concentrare adesso” le diceva ogni volta che toccavano l'argomento, “Creare la vita, anche se di un semplice fiore, è una faccenda complicata, soprattutto per un esserino ancora fragile come te. Meglio se per il momento ti limiti a imparare come preservarla”
Era giovane, su questo non c'era dubbio, ma non per questo stupida, infatti accantonò quella speranza subito dopo averla formulata. Stava per succedere qualcosa di brutto, ne era certa.
Quando giunse al cerchio di monoliti capì che i suoi sospetti erano fondati. Al centro del cerchio, Mirania trovò colei che l'aveva cresciuta. In tutti quegli anni trascorsi nella foresta, aveva sempre saputo che Tilia non era umana, anche se per crescerla aveva assunto le sembianze di una donna dai lunghi capelli grigi e dall'aspetto regale, anche se vestita da contadina.
Ora però quella donna era svanita e di fronte a sé vide il Guardiano della foresta.
Era un essere enorme, alto il doppio di lei anche se era in ginocchio e dalla forma solo vagamente umana. La pelle grigia sembrava pietra, le lunghe braccia erano spesse come tronchi, con grandi mani con solo tre dita. Non avevano artigli, eppure davano lo stesso l'impressione di poter squarciare la carne con facilità, se solo il Guardiano avesse voluto. Dalla testa e dal collo spuntava un fitto intreccio di escrescenze simili alle corna dei cervi, che si allungavano all'indietro incrociandosi fra loro e creando attorno alle sue spalle una foresta in miniatura, ma quasi del tutto priva di foglie. L'unica nota di colore su quell'essere, oltre alle foglie avvizzite sulle corna, erano i sottili occhi di smeraldo al centro del suo viso privo di lineamenti.
L'essere sembrava molto stanco e quando lei si avvicinò, voltò il capo verso di lei.
«Eccoti qua, Mirania» le disse Tilia. La sua voce era diventata indefinibile. Nella sua vera forma aveva perso qualunque distinzione fra maschio e femmina: ora era solo il Guardiano.
Mirania aveva già visto il suo aspetto reale e sentito la sua vera voce, ma quella con cui le si rivolgeva adesso sembrava quasi un sussurro in confronto al vento poderoso dei suoi ricordi.
«Tilia, che succede? Perché mi hai chiamato?» chiese titubante.
Il Guardiano rimase in silenzio. Mentre attendeva una risposta, Mirania notò delle piccole crepe che si aprivano sul suo corpo. Piccoli frammenti di pelle, forse perfino di carne, si staccarono e vennero catturati dalla brezza, iniziando a volteggiare nell'aria come petali secchi. Il corpo del Guardiano si stava sgretolando.
A conferma di ciò che la ragazza stava vedendo, Tilia rispose alla sua domanda.
«Sto morendo, Mirania»
Quelle parole la colpirono come una valanga.
«N-non è possibile!» replicò la ragazza dopo un attimo di esitazione «I Guardiani non possono morire, me l'hai detto tu!»
«Sì, in effetti lo credevo anch'io, ma a quanto pare mi sbagliavo. Noi Guardiani siamo la personificazione della Vita e per questo dovremmo essere eterni, tuttavia qualcosa è cambiato. La nostra forza si disperde, i ricordi svaniscono e purtroppo sembra non esserci alcun rimedio» concluse il Guardiano con tristezza.
Mirania non accettava quello che Tilia le stava dicendo, anche se sapeva che era la verità. Cercò di confortare il Guardiano, offrendosi di usare la Magia di Guarigione per farla stare meglio o di preparare una tisana medicinale.
Tilia si chinò verso di lei e le carezzò il viso.
«Ti ringrazio, ma sappiamo entrambe che non servirà a niente»
Il suo volto non aveva più lineamenti, tuttavia Mirania era sicura che le stesse sorridendo nel tentativo di consolarla. Di fronte all'inevitabile, iniziò a sentire gli occhi riempirsi di lacrime, ma si costrinse a non piangere.
«Ci deve essere qualcosa che posso fare...» disse con voce spezzata.
«In effetti una cosa c'è»
Con gentilezza, Tilia la prese e la avvicinò a sé affinché potessero guardarsi negli occhi.
«Tu sai» cominciò Tilia «che oltre i confini di questa foresta vivono molti esseri umani come te. Tra questi, ve ne sono alcuni, degli studiosi, che per vivere trascrivono gli eventi del passato affinché vengano ricordati. Ormai io sono troppo debole e la mia memoria è quasi del tutto perduta, ma forse loro sanno ciò che io ho dimenticato. Questo è quello che ti chiedo: quando io non ci sarò più, lascia la foresta e cerca. Cerca qualcuno che conosca il passato e trova l'origine di questa piaga che ci sta sterminando»
Mirania rifletté su quelle parole e quando ne comprese le implicazioni si decise a chiedere:
«Sapevi già da tempo che stavi morendo, vero?» 
Quando il Guardiano annuì, non riuscì a trattenersi e per la prima e unica volta nella sua vita le sbottò contro «Perché non me l'hai detto prima? Forse avrei potuto fare qualcosa per aiutarti fin da subito!»
«Credevo di essere abbastanza forte da sopravvivere a questa piaga» le spiegò paziente Tilia «e tu eri ancora troppo giovane: anche adesso i tuoi poteri, per quanto forti per un essere umano così giovane, non sono sufficienti a fare la differenza. Credimi, non era mia intenzione farti soffrire, ma purtroppo non avevo scelta: rivelarti la verità avrebbe significato separarmi da te, affidarti ai tuoi simili, e io non ero pronta a lasciarti andare. Neppure adesso lo sono»
Il suo tono si era fatto sempre più mesto man mano che le rispondeva.
Mirania ascoltò in silenzio. Avrebbe voluto gridarle contro, rinfacciarle qualcosa, ma sapeva fin troppo bene di non avere argomenti validi per farlo: per quanto solitaria e separata dai propri simili, la sua vita con Tilia era stata felice e perfetta, a differenza della maggior parte degli altri esseri umani. Solo i Guardiani erano a conoscenza dei segreti delle foreste e lei era l'unico umano ad esserne stato reso partecipe, e vivendo come una di loro non aveva mai sofferto il freddo o la fame e aveva imparato vie della Magia che ora solo lei era in grado di sfruttare. Senza contare che in realtà non è mai stata davvero sola. Ogni pianta della foresta, dal più piccolo cespuglio alla quercia più antica, aveva vegliato su di lei, tenendole compagnia con la loro voce segreta, udibile solo dai Guardiani.
In pratica le doveva troppo per potersi lamentare, e quel che le stava chiedendo non le sembrava neppure lontanamente sufficiente per ripagarla.
«Credi che scoprire l'origine di questa cosa possa aiutarci a farti guarire?» fu tutto ciò che riuscì a dire, quando si decise a parlare di nuovo.
Tilia scosse l'enorme testa, facendo cadere alcune foglie dalle sue corna.
«Per me non c'è più niente da fare, però forse possiamo salvare altri Guardiani. Se riuscissimo a capire cosa ha scatenato tutto ciò, avremmo qualche possibilità in più di fermarlo»
«Capisco» annuì triste.
Mirania afferrò una delle grandi mani di Tilia fra le sue e la tenne più stretta che poteva. Non riusciva a credere che non l'avrebbe rivista mai più.
«Ora dobbiamo dirci addio, giusto?»
«Sì» le rispose il Guardiano «ma prima c'è un'ultima cosa che devo fare»
L'enorme essere si mosse e rimanendo in ginocchio scivolò di lato, invitandola a mettersi al suo posto al centro del cerchio di monoliti.
«Per garantire la tua sopravvivenza e impedire che la piaga che mi affligge colpisca anche te, dovrò spezzare il legame che ci unisce» le disse. «Finora sei cresciuta influenzata dal mio potere, ma adesso perderai la capacità di nutrirti con la  luce del sole, di resistere al gelo, di sentire la voce degli alberi e tornerai a essere del tutto un essere umano. Purtroppo hai vissuto così a lungo sotto la mia influenza che temo che il tuo corpo subirà qualche ripercussione. All'inizio sarà difficile, lo so, ma ho già preso accordi con i nostri amici contadini, in modo che tu possa avere aiuto. Inoltre sei molto portata per la Magia e questo ti aiuterà senz'altro»
A quel punto affondò un dito nel terreno, e quando lo estrasse una pianta crebbe all'istante dal buco. Grandi foglie dentellate di un tenue grigio bluastro si aprirono a ventaglio attorno a uno stelo lungo e sottile. Sulla cima si formò un bocciolo e quando si aprì sei lunghi petali bianchi dal cuore azzurro si distesero a formare un calice. Mentre la pianta continuava a ramificare ed espandersi sul terreno, Tilia staccò con delicatezza il primo fiore e con la punta recisa dello stelo toccò la fronte di Mirania, lasciandoci otto gocce di linfa blu disposte in cerchio. 
«Con questo sigillo non solo spezzerò il legame che ci unisce, ma ti farò dono del Dominio della Natura – sì, proprio quella Magia che che mi rifiutavo sempre d'insegnarti –. Non sarà facile per te imparare a usarlo senza la mia guida; per il momento sarà solo un seme e passeranno anni prima che tu possa attingere alla sua forza, ma so che un giorno ce la farai, e di certo ti sarà utile»
Quando ebbe finito, passò una mano sul fiore, che brillò per qualche istante, e poi glielo infilò fra i lunghi capelli neri.
«Ho legato la sua essenza al tuo sigillo, così non appassirà mai» le disse «Considera questo fiore come il mio ultimo regalo per te, affinché tu possa ricordare l'affetto con cui ti ho cresciuta»
Mentre il Guardiano tracciava dei segni sul terreno, subito riempiti da altri fiori bianchi, Mirania si portò una mano alla fronte, stando bene attenta a non toccare il sigillo ancora fresco. Quando le aveva insegnato la Magia di Guarigione, era andata per gradi, sottoponendola a piccole prove per vedere se era dotata di qualche potere e infine aveva iniziato le lezioni vere e proprie. Ora invece voleva passarle di colpo il suo potere di Guardiano?
«Sei sicura che sia una buona idea?» chiese.
«Puoi stare tranquilla, ora sei pronta ad accogliere la sua forza»  la rassicurò Tilia, anche se non le sfuggì l'affanno nella sua voce «Il Dominio ti darà la possibilità di fare molte delle cose che faccio io, ma non ti renderà un Guardiano: alcune facoltà ti saranno sempre precluse, ma la cosa più importante è che sarai protetta dalla piaga»
Mirania rifletté su quell'ultimo dettaglio. Lei era una creatura mortale e per questo la sua esistenza sarebbe giunta al termine prima o poi, mentre Tilia avrebbe dovuto essere immortale, anziché diventare polvere sotto i suoi occhi a causa di una misteriosa piaga. Vedere il Guardiano che faceva di tutto per renderle la vita il più lunga possibile la commosse e allo stesso tempo la fece sentire in colpa.
«Mi dispiace» iniziò «forse se tu non fossi stata costretta a occuparti di me avresti potuto vivere più a lungo e magari scampare alla piaga»
Tilia si fermò e la guardò intensamente. Poco dopo, l'enorme mole del Guardiano si sporse in avanti e con dolcezza la abbracciò.
«La piaga può anche avermi portato via secoli di memoria, ma posso assicurarti che il periodo che ho trascorso allevandoti è stato il più bello della mia esistenza. Il mio compito m'imponeva di celarmi agli occhi degli esseri umani, a meno che non fosse necessario fare altrimenti. Quando ti ho trovata in fasce proprio qui, al centro del mio dominio, non sapevo che fare. Ma poi tu mi hai guardata, e ho capito...»
 Fra le braccia di Tilia, Mirania fu assalita dai ricordi: la prima volta che vide il campi oltre i confini della foresta, l'incontro con i loro vicini contadini, le prime lezioni di Magia, il momento in cui Tilia si era rivelata come Guardiano, facendola partecipe del suo compito...
Consapevoli che rimandare l'inevitabile le avrebbe fatte solo soffrire di più, le due si separarono e il Guardiano cominciò il suo ultimo rituale. Mirania seguì le istruzioni che ricevette e iniziò a recitare la sua parte della formula. Mentre le voci del Guardiano e della ragazza si sovrapponevano, i segni e i fiori sul terreno iniziarono a irradiare una luce che sfumava in continuazione dal verde al grigio. Il sigillo sulla sua fronte cominciò a bruciare. L'aria attorno a lei diventò sempre più calda e si riempì di suoni. Le voci di tutte le piante della foresta cominciarono a risuonare nella sua testa per dirle addio. A un certo punto, Mirania fu in grado di “vedere” il legame che la univa a Tilia, un filo di energia luminosa che scaturiva dalle loro menti. Man mano che il rituale proseguiva, il filo si faceva sempre più sottile e quando le due terminarono di recitare le loro formule, si spezzò.
Mirania sentì una forte fitta alla testa ed ebbe la sensazione di precipitare all'improvviso. Le voci che aveva sentito fino a quel momento si zittirono una dopo l'altra, fino a lasciarla sola con il Guardiano. Quell'improvviso silenzio la colpì come un pugno e fu così forte e doloroso che per poco non svenne. Ricorrendo a tutte le sue forze, riuscì a rimanere in piedi e vide ciò che restava del filo d'energia contorcersi a mezz'aria e cominciare ad avvolgersi attorno a lei. Quando le spire del filo si strinsero fino a sparire, sentì la Magia dentro di sé mutare, come se ci fosse qualcosa nei suoi ricordi che non riusciva a rievocare ma di cui era consapevole.
Era il Dominio della Natura.
Il rituale era compiuto, la luce dei segni sul terreno si spense e i fiori appassirono di colpo. Sapeva che aveva funzionato perché avvertì subito la differenza nelle sue percezioni. Vedeva la foresta attorno a sé, ma non era più in grado di percepire la vita che scorreva in essa.
E aveva freddo, tanto freddo. Il suo abito era diventato di colpo troppo leggero per quell'aria e i suoi piedi scalzi sembravano non sopportare più il contatto con la terra umida, che adesso sentiva come ghiaccio. Inoltre provò anche un'altra strana sensazione che non aveva mai avvertito prima, simile alla sete, ma molto più aggressiva.
Anche Tilia era provata dal rituale. Di fronte alla ragazza, il Guardiano si puntellava al suolo per rimaner dritto, con le braccia tremanti per lo sforzo.
«Sembra che io abbia fatto appena in tempo» la sentì mormorare.
Mirania si avvicinò con passo incerto. Ormai mancava poco alla fine di Tilia, la cosa era più che evidente.
Che il rituale abbia accelerato gli effetti della piaga?
 Anche se il loro legame era stato reciso, il Guardiano riuscì a intuire cosa stava pensando e le assicurò che se anche non avessero fatto il rituale, la sua vita sarebbe comunque giunta al termine quel giorno, e che in ogni caso, l'aver garantito la sua sopravvivenza in quel momento era la cosa più importante.
A quelle parole sentì di nuovo le lacrime cercare di sfuggire al suo controllo, ma i ricordi dei suoi insegnamenti sui legami fra gli esseri viventi e di ciò che aveva imparato dalle visite dei loro vicini, la aiutarono a resistere e ad accettare il sacrificio della creatura che considerava a tutti gli effetti sua madre: era naturale compiere simili gesti per amore.
Lanciò un'occhiata alle fronde degli alberi sopra le loro teste. A parte il silenzio, sembrava che tutto fosse identico a come era sempre stato, nonostante il Guardiano moribondo.
«Cosa ne sarà della foresta? Morirà con te?» chiese.
«No. Non subito almeno. La sua forza dovrebbe durare ancora qualche anno, ma alla fine cederà, le piante seccheranno all'improvviso e diventeranno polvere come me. Ed è per questo che ti ho donato il Dominio: se tutti i Guardiani dovessero morire, ogni foresta o pianta di questo mondo sparirebbe con noi. Ciò che ti ho dato è un'ultima risorsa, affinché il nostro potere non svanisca del tutto» la voce di Tilia si fece sempre più stanca «Esistono già alcuni Maghi in grado di usare la Magia della Natura, ma i loro poteri sono molto più deboli di quanto non credano. Se ogni tentativo di arginare o sconfiggere la piaga dovesse fallire, allora il tuo compito sarà di trasmettere ad altri Maghi il potere del Dominio della Natura... uh, Mirania... tu...»
All'improvviso Tilia si accasciò su un lato. Il suo corpo era diventato così fragile che l'impatto al suolo aprì molte crepe nella sua pelle, una nuvola di schegge e polvere si sollevò dal Guardiano e gran parte delle sue corna si spezzarono con un sonoro schiocco. Mirania le fu subito accanto. Non era pronta a perderla. Cercò di usare i suoi poteri per guarirla, ma per quanto si sforzasse, la Magia che brillava sulle sue mani non riusciva a trovare un appiglio sul corpo del Guardiano. Le formule che conosceva curavano le ferite, mentre le sue condizioni ricordavano di più la mancanza di forze della vecchiaia, cosa alla quale non poteva opporsi.
Lei continuò a insistere senza risultato, finché Tilia non parlo di nuovo usando le poche forze che le restavano.
«S-se il nostro potere svanisse... la terra morirebbe... anche le creature... M-mirania, prometti... cerca la fonte... s-salvaci»
«Lo farò, te lo prometto» rispose con un singhiozzo. Prese fra le mani il volto di Tilia e l'abbracciò. Sentì il Guardiano sospirare a quel tocco e carezzarle con gran fatica la testa. Quando poco dopo si sollevò, vide che gli occhi di Tilia erano diventati due pietre nere prive di luce.
Il Guardiano della foresta era morto.
Il suo corpo cominciò a trasformarsi in pietra sotto i suoi occhi, mentre le crepe che lo ricoprivano si allargavano sempre di più. Prima che diventasse del tutto un blocco pietrificato, Mirania le chiuse gli occhi e le disse addio con un sussurro. A quel punto le sue emozioni presero il sopravvento e scoppiò in un pianto disperato.

Non sapeva quanto fosse rimasta accasciata accanto al corpo di Tilia, ma quando Mirania si sollevò, il sole era alto nel cielo e lei stava congelando per il vento che aveva preso a scuotere le fronde degli alberi. Con un singhiozzo, guardò ciò che restava del Guardiano. In quella posizione sembrava quasi che riposasse e il suo viso di pietra aveva un'espressione serena.
Perché mi ha risparmiato il suo stesso destino.
Il vento riprese a soffiare e Mirania si ritrovò a tremare con violenza per il freddo.
Non immaginava che gli esseri umani potessero essere così indifesi nei confronti delle forze della natura. Le ci volle un secondo per rendersi conto che il suo pensiero era sbagliato: anche lei era un essere umano, solo che fino a quel momento era vissuta in maniera diversa. Ora era tempo che imparasse a sopravvivere come i suoi simili, e la prima cosa da fare era mettersi addosso qualcosa di più caldo. Uscì dal cerchio di monoliti e dopo aver dato un ultimo sguardo al luogo di riposo di sua madre, si avviò verso casa.
Percorse il sentiero che attraversava la foresta di corsa, nel tentativo di vincere il freddo che la stava affiggendo e dopo qualche minuto arrivò alla grotta esausta e coi piedi pieni di graffi. Barcollò dentro fino al tavolo al centro del tunnel e si lascio cadere sulla sedia più vicina. Cercò di tirare il fiato, ma la sedia poco dopo si spezzò a metà facendola cadere a terra. Sorpresa e stordita, rimase distesa al suolo finché il senso di gelo non la riprese. Quando fu di nuovo in piedi, guardò i resti della sedia e gli altri mobili nella grotta. Ognuno di essi era una pianta che Tilia aveva fatto crescere lì dentro e a cui aveva dato una forma che fosse funzionale alle esigenze di una coppia di esseri umani, ma ora che il Guardiano era morto stavano perdendo il loro scopo e seccavano a una velocità innaturale.
Ha sempre fatto così tanto per me... e ora non resterà più niente.
Solo alcune cose sembrava non subire quella sorte e per fortuna tra esse c'era la spessa coperta su letto. La prese e ci si avvolse per riscaldarsi. Passò almeno un quarto d'ora prima che smettesse di tremare, e appena si sentì pronta iniziò a radunare le altre cose ancora integre che le servivano. A lavoro finito si rese conto di aver preso tutto quello che c'era nella grotta. Un paio di abiti di ricambio, il mantello invernale, le coperte che usava per dormire, il coltello per tagliare le erbe medicinali e le boccette con gli infusi. Dopo un'ulteriore ricerca trovò anche un paio di scarpe di cuoio della sua misura, un regalo mai utilizzato che aveva ricevuto qualche mese prima e che adesso era diventato indispensabile. Possibile che fino a quel momento le fosse bastato così poco per vivere? E adesso che non c'era più Tilia, cosa avrebbe fatto?
Le aveva detto di aver preso accordi con i contadini della fattoria appena oltre i confini della foresta, ma Mirania era sicura che quella non poteva essere altro che una soluzione temporanea. In qualunque caso, decise che sarebbe rimasta da loro solo il minimo necessario per imparare a vivere come un essere umano normale, poi sarebbe andata per la sua strada.
Sì, è la scelta migliore per rispettare il desiderio di Tilia. Appena sarò in grado di agire senza dare nell'occhio, partirò alla ricerca della fonte della piaga. Devo farlo. Voglio farlo.
Si prese qualche momento per dire addio alla casa in cui era cresciuta. Nel giro di poche ore non sarebbe rimasto nulla a dimostrare che qualcuno aveva abitato in quella grotta. Provò una grande tristezza a quel pensiero, tuttavia ciò le riportò alla mente una cosa. A quel punto si mise a tastare le pietre vicino al focolare, finché non ne trovò una laterale che era solo appoggiata e la sfilò. Dietro di essa trovò il vano dove Tilia conservava i libri che aveva usato per insegnarle la Magia e a leggere.
Per fortuna anche quelli erano sopravvissuti alla sua morte.
Insieme ai libri trovò anche delle penne e delle boccette d'inchiostro quasi tutto secco. Ripose ogni cosa nel fagotto insieme al resto, lasciando per ultimo il più spesso dei libri. Lo sfogliò con affetto al pensiero dei giorni trascorsi a leggerlo con Tilia e a quel punto le venne un'idea.
Cercò una pagina completamente bianca e quando la trovò alla fine del volume, la strappò via con delicatezza. Tirò di nuovo fuori le boccette d'inchiostro e intinse una penna nell'unica ancora utilizzabile. Su un lato del foglio tracciò un Sigillo di Guarigione come quelli che aveva imparato da quei libri, poi, quando fu sicura che l'inchiostro fosse ben asciutto, lo voltò e scrisse poche parole:

“In questa grotta hanno vissuto Tilia e sua figlia Mirania. Possa questo luogo offrire riparo e protezione come ha fatto con noi.”

Soddisfatta del suo lavoro, tracciò un'altra formula attorno a quelle parole, affinché chiunque le leggesse potesse sfruttare gli effetti del Sigillo di Guarigione sul retro. Avrebbe funzionato una volta sola, ma andava bene così.
Arrotolò il foglio, lo infilò in una delle bottiglie vuote che non aveva preso e lo chiuse bene, dopodiché prese tutta la sua roba. Era tempo di andare.
Lasciò la bottiglia col messaggio ben in vista nel tunnel d'ingresso e una volta uscita dalla grotta si diresse a sud, verso il confine della foresta. Percorse il tragitto con calma, sia per abituarsi alle scarpe che per farsi coraggio. Ogni tanto fu costretta a fermarsi a riposare. Le fitte allo stomaco erano sempre più frequenti e dolorose, ma la cosa non la stupiva più di tanto: in fin dei conti, non mangiava sul serio da sedici anni. Una volta giunta al limitare degli alberi si fermò a osservare i campi in lontananza.
Quel giorno, per la prima volta nella sua vita, avrebbe visto davvero il mondo esterno alla foresta.
Di fronte a lei una strada di terra battuta si allungava verso l'orizzonte, ma al momento la sua destinazione era molto più vicina. La fattoria dei suoi vicini infatti era proprio lì davanti, non molto distante dalla foresta.
Non preoccuparti, Tilia: manterrò la promessa. In un modo o in un altro, fermerò la piaga!
Forte di quel pensiero, trasse un profondo respiro e fece il suo primo passo verso una nuova vita.
   
 
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