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Autore: PeterPan_Sherlocked    29/11/2015    1 recensioni
Criminale, pedina, logica, fisica, Agente. Il corpo della Polizia Temporale non è come ci si immagina. Sono ragazzini quelli che ne fanno parte, automi o persone, uomini o dei?
I segreti sono le fondamenta, gli intrighi le mura, la logica ciò che fa funzionare la macchina perfetta dell'Agenzia.
L'allievo più promettente della Scuola conoscerà la leggenda.
Lei ha salvato il mondo, ma chi salverà lei?
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Call Trilogy'
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Nella discoteca c'era un gran rumore e ovviamente Lea non sentì il suo auricolare, perdendo la chiamata. Poco male per lei che si stava divertendo assordandosi di musica, ma il suo capo-direttore-preside e non so che altro non l'avrebbe sicuramente presa bene. Accennò due passi di danza classica, mischiandoli con il movimento ondeggiante del corpo che tutti i giovani facevano.

Aveva il viso illuminato dalle luci intermittenti del locale, ma non le dava fastidio. Il dee-jay le ammiccò, la ragazza sorrise. Era carina, una normalissima ragazza che dava l'impressione di essere dolce solo a guardarla. Si tirò indietro il ciuffo dagli occhi mentre un ragazzo le si avvicinava, sussurrandole una cosa all'orecchio.

"Louis" ridacchiò la Lea "di a quello che non mi interessa."

Il ragazzo di questione si chiamava Simon ed aveva i capelli rossi, mentre gli occhi del colore delle foglie d'estate. Molto bello, peccato che Lea aveva chiuso con i ragazzi da quando aveva quattordici anni; aveva tantissimi amici maschi, che sembravano apprezzare il suo taglio di capelli e il suo tatuaggio meglio delle ragazze, ma nessun fidanzato.

"Lea glielo dici tu" rispose Louis per poi far scorrere la mano sul suo braccio. Louis era un bravo ragazzo, un bravo ragazzo con una cotta per lei, ma sapeva di non avere speranze.

Lea smise di ballare e si aggiustò la canottiera azzurra che faceva risaltare i suoi occhi, avviandosi nel punto in cui si trovava il rosso, facendo rumore con i tacchi vertiginosi. Lui la guardò ammirato, seguendo con gli occhi il profilo perfetto del suo corpo.

"Lea." si presentò.

"E' un diminutivo?"

Si mi chiamo Neumalea.

"No è il mio nome completo. Tu sei Simon, vero?"

"Si" il volto del ragazzo si illuminò "sei così bella, vuoi ballare con me?"

"Scusa Simon, ma mi sono lasciata da poco e non me la sento."

Sul viso del ragazzo comparve un'espressione delusa. Lea non si era lasciata da poco, ma il ricordo era così vivo che le faceva ancora male. Aveva quattordici anni, e lui era il suo migliore amico, del quale era innamorata.

"E' un Crirale ora, Neuma. Ricordatelo, non esiste più il ragazzo che conoscevi."

La voce aveva avuto ragione. Alexander era cambiato, Alexander era morto. Era rimasto solo Alex, il Crirale, colui che aveva tradito. Avrebbe dovuto odiarlo, tutti lo odiavano, lei però non poteva. La testa le girò un attimo e prima di uscire prese un ultimo drink.

Fuori dal locale si rese conto della chiamata, ma era troppo stanca per darle peso. Lea chiuse gli occhi scoprendo un elaboratissimo tatuaggio a spirale infiorata sopra l'occhio destro, sorrise e si avviò a casa, la mattina dopo sarebbe stata dura. Louis la seguì fuori dalla discoteca:

"Lea! Dove vai?" le urlò dietro.

"A casa, di a Frank che sono stanca."

Per fortuna casa sua non era lontano dalla discoteca, quella sera non era in condizioni di guidare. E non per l'alcol, che reggeva perfettamente in quantità superiori a qualsiasi altro, ma per i ricordi, che avevano colpito la sua testa come un macigno.

La ragazza entrò nel suo appartamento buttando la borsa lungo uno stretto corridoio coperto di foto strane: una struttura bassa e geometricamente sbagliata, la Cappella Sistina non ancora dipinta, una piramide egizia, la statua della Libertà in costruzione, la cattedrale di Notte Dame, un teatro inglese dove veniva rappresentato Shakespeare, e poi paesaggi bui, navi immense che solcavano lo spazio, veicoli che non poggiavano terra, un posto in cui la gravità era invertita. Era così bello per Lea crogiolarsi in quei ricordi. Una veloce struccata dall'illusione e poi a letto, erano le due. Con la chiamata avrebbe fatto i conti dopo.

L'auricolare la svegliò alle sette e il suo capo era arrabbiatissimo, ma che ci poteva fare lei se gli addestramenti li facevano sempre in periodi strani? Se era un addestramento - era semplicemente stata richiamata per questioni urgenti. Poteva essere qualsiasi cosa.

Si trascinò in cucina, indossando svogliatamente i pantaloni neri, stretti e un maglione a righe, e iniziò a prepararsi la colazione.

In quell'esatto istante suonò il campanello e Lea andò ad aprire senza pensare alle conseguenze di quell'azione: subito dopo un ragazzo di diciassette anni la guardava tra il perplesso e lo spaventato e articolando poche parole disse: "Lea.. gli occhi..". La ragazza si rese subito conto di quanto fosse stata stupida, gli occhi, i capelli, tutto! "E' un nuovo tipo di lenti a contatto colorate, ti piacciono?" rispose comunque sfoderando il suo miglior sorriso, ma il ragazzo era ancora costernato.

Certo- pensò Lea- Conoscere una ragazza con i capelli nocciola e gli occhi azzurri e poi ritrovarsi davanti la stessa ragazza con i capelli argentati e gli occhi arancioni può creare qualche problema.

"Ciao Louis! Come mai qui, a quest'ora?"

"Lea oggi andiamo al cinema, vieni?"

"Ehm... non lo so, ti faccio sapere dopo!"

"Lea... e i capelli?"

"Una tinta temporanea, la tolgo subito, speravo avesse un effetto diverso e invece..." sbuffò lei, mentendo.

Se sapesse che la tinta temporanea in verità è quella castana...

"E scusa Louis, ma ora ho proprio da fare, ti scrivo dopo okay?"

"Okay" rispose il moro.

Liquidò il ragazzo e si toccò il pendente all'orecchio destro, l'auricolare:

"Ho avuto un piccolo contrattempo, agente Neumalea pronta per partire" annunciò velocemente.

"Bene agente, ci spiegherà i suoi contrattempi un'altra volta ora sta pronta che stiamo creando la distorsione nell'iperspazio. 3, 2, 1.. buon viaggio agente"

La ragazza si ritrovò sballottata nell'iperspazio, fra mondi ed epoche, fino arrivare in un piccolo punto dell'universo, senza tempo, e si sentì finalmente a casa. Non c'erano più quelle tre dimensioni che la schiacciavano continuamente, ma poteva stare comoda nelle cinque dimensioni dell'Agenzia e se le ripeté a memoria nella testa, assaporandone quasi il gusto: Altezza, Lunghezza, Larghezza, Seeza e Quasità (thanks to Bonvi per la citazione): la perfezione. Attraversò l'angolo concavo come se fosse stato convesso, cosa che molti non sarebbero riusciti a sopportare ma che per lei era la cosa più normale del mondo. Quella geometria che gli uomini del XXI secolo avrebbero sicuramente reputato "sbagliata", lei l'adorava, era casa sua. Nei suoi occhi si illuminarono le nervature gialle, succedeva sempre quando era felice. Ora doveva però andare a sentire il capo.

L'Agenzia le si stagliò davanti in tutta la sua maestosità, non esiste modo per descriverla. L'edificio che si stendeva più per altezza che per lunghezza, se non si contavano gli immensi cortili che di diramavano oltre le mura di cinta rivestite completamente di grafite, era un gigante nero in mezzo a una landa illuminata. La scritta in inglese AGENCY si poteva leggere da chilometri di distanza. Lea entrò dal portone principale attraversando i corridoi lindi e puliti, circondata da porte. Era un labrinto, un intrico assurdo, un nonsenso per tutti coloro che non facevano parte dell'Agenzia, troppe volte avevano dovuto recuperare ospiti persi; Lea però si muoveva a suo agio, prese dei cambi gravitazionali per cambiare piano (gli ascensori erano troppo lenti) e aprì una porta nel soffitto entrando tranquillamente in una stanza fatta di vetro.

«Agente Neumalea chiede colloquio con Headstrich» annunciò la ragazza al microfono.

«Entra Neuma, accomodati, è sempre un piacere vedere che ti ostini a portare quei capelli nel XXI secolo».

Davanti a lei si stagliava un salone immenso e disordinato. In fondo, dietro a una scrivania che la ragazza classificò mentalmente come ebano, c'era una donna sui quaranta, i capelli biondi raccolti in una crocchia stretta e il tailleur grigio.

Lea per risposta strinse le labbra e si toccò i capelli tagliati storti lanciando al direttore un'occhiata compiaciuta di odio puro. «Lo sai che mi piacciono così, a destra più lunghi e a sinistra più corti»

«Ma là in quell'epoca non ti hanno detto niente? Hai tutto il tuo bel viso che a sinistra è scoperto e a destra è inquietantemente coperto da capelli tatuaggio e orecchini».

Headstrich era un'inglese del XXI secolo che era stata scelta come capo dell'Agenzia e aveva sempre da ridire su come Lea si presentava alla gente di quell'epoca.

«No, ovvio. Gli rispondo che mi piacevano in questo modo. Tra i giovani è normale essere strani. Comunque perché mi hai chiamato sabato sera? Lo sai che c'è la discoteca e non sento le chiamate» rispose seccamente la ragazza. Solo Neuma poteva rispondere così a Headstrich, e questo perché era la migliore.

«Cosa devo sopportare! Solo perché mi servi devo lasciarmi trattare così!»

«Dica pure che se non ci fossi io Roma non sarebbe nata, la bomba nucleare sarebbe stata mandata sul Sole e miliardi di altre cose... dica pure che se non ci fossi stata io non c'era neanche lei qui a rompermi il sabato sera.. dica pure che sono l'unica di tutta questa massa di ragazzini incompetenti dell'Agenzia che riesce a potare a termine una missione e sono l'unica che riesce a vivere in un posto per tutto il tempo che serve senza farmi scoprire e adattandomi alla cultura, lo dica e dopo capirà perché almeno il sabato sera voglio un po' di riposo!»

«Ho un incarico per te" tagliò corto Headstich "Non è bene che tu sia la sola a doverti giostrare tra buona parte delle epoche, c'è un ragazzino molto promettente che potrebbe diventare come te. Lo porterai nel XXI secolo e gli insegnerai tutto.»

«Un altro? Che bello! Dov'è? E da che epoca viene?» esclamò sarcastica.

«Viene dal 2275 circa, quindi la sua scienza è meno progredita della tua... gli farà un strano effetto vedere la tua faccia come divisa a metà, là sono fissati con la simmetria. Comunque... Thomas, vieni.»

Dalla porta entrò un ragazzo di circa diciassette anni, i capelli bianchi come fosse albino e gli occhi neri. Tutto nel suo abbigliamento esprimeva precisione, a differenza del maglione che Lea aveva indossato quella mattina, che le lasciava scoperto l'ombellico. La ragazza quasi non lo guardò.

«Ciao, io sono Neumalea, Neuma per gli amici dell'Agenzia e Lea per tutti quelli delle altre epoche, ora partiamo, mi dirai tutto dopo, ho un appuntamento al cinema.»

Il ragazzo la guardò sbalordito ma non fece in tempo a ditre nulla che si ritrovarono di nuovo nel XXI secolo, nel preciso punto da dove era partita Lea: camera sua, un insieme di vestiti, foto e strani strumenti.

Lea chiamò Louis e si accordò per il cinema, poi si rivolse al ragazzo.

"Cambiati. Dovrei avere qualche vestito da uomo di là. Così non vai da nessuna parte! E dimmi un po' del tuo tempo."

"E' un periodo di pace, molto bello. Sono stato selezionato fra tutti i miei amici e il Capitano mi ha assegnato a te. Sei la migliore." rispose Thomas, ancora frastornato per la velocità con cui erano accadute quelle cose.

"Io sono la migliore, mettitelo in testa, Tom." confermò Lea "Mi muovo fra le epoche come se tutte fossero casa mia, e come se non lo fosse nessuna. Arrivo, mi faccio gli amici per passare inosservata, trovo il problema, lo risolvo e parto. Ora però sono in vacanza, ero in vacanza, ora ho te. Evita di guardare strano tutto ciò che non è simmetrico, sorridi, chiacchera, e chiamami Lea. Sai cos'è un cinema?" chiese e senza aspettare la risposta continuò "E' un posto dove si guardano film in 2D. Oggi ci vediamo The Maze Runner. Distopico."

Il ragazzo era sconvolto. Davanti a lui, a parlargli c'era l'agente Neumalea, una leggenda fra gli Agenti dell'Interspazio. Aveva completato la sua prima missione a dieci anni, si diceva, e ora che ne aveva diciassette era la più forte di tutti i Combattenti. Eccelleva in tutto. C'era persino qualcuno che diceva che era solo un mito e che lei non esisteva. Studiò il suo elaborato tatuaggio sula palpebra: una rosa circondata da spirali e piume elaborate si diramava fino al sopracciglio, color argento come i suoi capelli tagliati storti. Era mingherlina. La famosissima Neumalea appariva come una semplice diciassettenne un po' acida.

"Mi stai consumando a forza di guardarmi" sbottò lei.

"Scusa è che..."

"Si, lo so. Chissà che cosa vi avranno detto su di me a quella insulsa Scuola!"

"Che sei la migliore."

"Quello ovvio. Ma mi avranno descritto come una leggenda" la ragazza alzò gli occhi al cielo "invece semplicemente ragiono, cosa che non fa nessun altro nell'Agenzia a quanto pare. E ora ho te tra i piedi. Spero che sei promettente come dicono, ma c'è molto da lavorare, per esempio, smettila di toccare il vetro, quella è una finesra vera!"

Louis citofonò.

"Fa il bravo Tom"

"Si agente."

"No, agente. Io sono Lea, una tua carissima amica, vieni dall'Italia no? Bene ti presenterò come italiano. E metti l'illusione, ti farà diventare biondo"

   
 
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