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Autore: SabrinaSala    30/11/2015    20 recensioni
E se quella sera, la sera del ballo, Oscar non fosse fuggita via? E se Fersen avesse continuato a parlare?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Luce e Ombra

 
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«Sapete, conosco una persona che vi somiglia moltissimo».
Accaldata, il cuore in gola e gli occhi incapaci di sollevarsi a cogliere la raffinata bellezza del suo cavaliere, Oscar avvertì un brivido percorrerle le braccia e la schiena nuda. Si umettò le labbra, avvampando come una ragazzina. Poi tentò di mantenere un contegno. La freddezza che si era imposta. Il silenzio. La determinazione nel portare a termine la “campagna” più difficile della sua vita: la conquista.
Ignaro del suo imbarazzo e della reale identità di quella splendida donna, Hans Axel von Fersen, conte di Svezia, amante della regina di Francia, sorrise. Poi continuò:
«Bella come lo siete voi» mormorò con sussiego, senza smettere mai di cercare il suo sguardo sfuggente, vinto e avvinto dal fascino della giovane sconosciuta, la voce carezzevole che si perdeva tra le note della musica che stavano danzando.  «Bionda come lo siete voi» riprese «E generosa, colta e decisa» si accalorò facendole battere il cuore.
«Darebbe la vita per i suoi ideali» asserì a fior di labbra il conte, poi si fermò di nuovo, scivolando con lo sguardo sul delizioso decolté della dama che allietava la sua serata. Una serata altrimenti spesa in compagnia di un bicchiere di vino, forse due. A struggersi d’amore. A ripetersi fino allo sfinimento le ragioni, sacrosante, della sua assenza. Un’assenza roboante, fragorosa. Un’assenza che comprendeva ma che il suo cuore malato faticava ad accettare. Maledetta etichetta! Pensò. Maledetta ragion di stato! 
Ma era arrivata lei, affascinante sconosciuta, a distrarlo.  Se l’era ritrovata fra le braccia e, come se la conoscesse da sempre, era stato facile parlarle. Parlarle di Oscar!
Di nuovo il suo sguardo fiorò e indugiò sulle lievi rotondità di quei seni appena accennati e timidi, stretti in un corpetto deliziosamente ricamato.
«Di solito» riprese, seguendo il profilo di quelle dolci colline «nasconde il suo corpo bellissimo dentro un’uniforme…» mormorò «E fa di tutto perché gli uomini non si interessino a lei» sorrise con una nota bonariamente divertita nella voce. Come a sottintendere la sua disapprovazione e l’assoluta inutilità di tanto impegno.
Stordita dalle sue parole, dal suo profumo, dall’impercettibile fruscio degli abiti di seta, dalla sua stretta, delicata e decisa al tempo stesso, Oscar represse un gemito. Compiaciuta da quel ritratto… Lusingata. Per la prima volta oggetto di attenzioni maschili, non come militare ma come donna.
Un delizioso e doloroso languore si impadronì di lei, che mai come in quel momento si sentiva pendere dalle sue labbra. Labbra che tessevano lodi in un francese perfetto dal delizioso accento straniero. Socchiuse le palpebre. Lo pregò silenziosamente di continuare.  
«Questa ragazza di cui vi parlo… » riprese il conte dolcemente «è il mio migliore amico!» decretò.
Il buio.
Oscar sussultò. Inciampò. Improvvisamente, l’orlo di quel vestito si era fatto troppo lungo, ingombrante, una trappola che avviluppava le gambe rendendola schiava.  
Un amico… si disse. Un amico!
Un senso di vuoto le affondò nello stomaco mozzandole il fiato, come la lama affilata di una spada. Giù, fino in fondo, senza alcuna pietà. Un amico…
E detestò quel termine. Detestò la sua declinazione maschile. Detestò le labbra che lo avevano pronunciato, venerate fino a un attimo prima. Ma soprattutto, disprezzò se stessa.
Svelto, il conte di Fersen l’afferrò prima che cadesse, sostenendola. Trattenne il suo polso. Impresse la sua grande mano tiepida sul punto vita, marchiandola a fuoco. E fu sull’onda di questa sensazione, per la rabbia e la frustrazione, che Oscar sollevò istintivamente lo sguardo, smarrita nella trasparenza di due occhi grigi. Tanto belli quanto irrimediabilmente lontani. Non c’era lei in quegli occhi. E non ci sarebbe mai stata…
Fu questione di un attimo e l’espressione dell’uomo per il quale avrebbe sacrificato tutto le disse che forse era stata scoperta.
Esposta e fragile, avvertì il cuore accelerare i battiti. Le guance ardere di una fiamma intensa. Si sentì persa. Stupida e ipocrita femmina disposta a tradire la sua stessa regina per vanità e per lo sguardo di un uomo.
Animale braccato tra le braccia del cacciatore, si divincolò e Hans Axel avvertì il suo fremito, la sua natura selvatica dibattersi per emergere.
La trattenne, stringendo quel polso fragile. Guardandola fissamente negli occhi. Penetrandole l’anima.  
Voleva scappare? Si domandò il conte. Davvero voleva scappare via, adesso?
L’attirò istintivamente a sé, deciso a non lasciarla andare. L’immobilizzò con lo sguardo. Incatenandola tra le spire dei suoi occhi chiari.  
Respirò il profumo dei suoi capelli. Quasi assaporando la fragranza di quella pelle deliziosamente candida. Così vicina… così vulnerabile… così incredibilmente donna.
Oscar! pensò, pervaso da uno strano senso di stordimento. Sorpreso, quasi attonito. Le labbra dischiuse. Incapace di proferire parola. Incapace di lasciarla andare…
Attorno a loro, lo sfarzo di un salone addobbato a festa, le chiacchiere, le risate nascoste dai ventagli.
Si scostò da lei. Quel tanto che bastava a scongiurare sguardi e pettegolezzi indiscreti e Oscar ne approfittò per distogliere lo sguardo, arrossendo, in cerca di una tregua. Il cuore le batteva forte nelle tempie bollenti. Faceva male.
Il conte intensificò la stretta.
«No», disse «Non ve ne andate» sorrise pacatamente «La musica non è ancora finita…»,  mormorò al suo orecchio, tra le ciocche bionde e ribelli dei suoi capelli. «E io non ho terminato il mio racconto» confidò in tono greve,  sentendola fremere di nuovo e di nuovo stringendola forte.
«Vedete…» proseguì deciso «Accanto a quella ragazza, come un’ombra, c’è un uomo. Un brav’uomo».
Un moto di ribellione portò Oscar a sollevare di nuovo lo sguardo.
Hans non si lasciò intimorire.
«Credo che l’ami» disse sorridendo dolcemente. «Da sempre», precisò. «Sento la sua sofferenza. Vedo i suoi occhi illuminarsi al suo ingresso e adombrarsi non appena si allontana…» esitò. Poi accentuò il sorriso fino a che divenne una piega amara. «Voi non potete saperlo, ma so riconoscere un uomo che soffre per amore» 
Oscar sussultò di nuovo e distolse ancora lo sguardo, domandandosi se fosse stata o meno riconosciuta. Possibile che Fersen si stesse prendendo gioco di lei?
«La differenza di rango li separa» riprese il conte «Ma confido che quella ragazza… la mia migliore amica…» sottolineò modificando il genere di quel sostantivo, «saprà guardare oltre l’etichetta, riconoscendo la profondità di un amore vero».
Frastornata, Oscar avvertì la  mano sulla vita farsi più leggera. Si fermò, seguendo l’esempio del suo cavaliere.
«La musica è finita» mormorò il conte,  scuotendola da quello strano torpore. «Spero di non avervi annoiata, contessa… » si inchinò sollevandole delicatamente una mano e sfiorandone il dorso tramante e pallido con un bacio leggero. «Ma credo abbiate capito che tengo molto a quella ragazza e non sopporterei di vederla soffrire» disse socchiudendo le palpebre. «Per nessuna ragione al mondo…» mormorò.
Sollevandosi, chiese commiato con un cenno della testa e si mescolò tra la folla.
Oscar rimase immobile. Una splendida colonna di marmo avviluppata in un abito troppo stretto, le gambe tremanti.
Ridicola! Ecco come doveva apparire.
Imponendosi lo stesso atteggiamento di quando era entrata, a testa alta attraversò la sala, incurante delle voci che si alzavano al suo passaggio. Svelta. Aggrappata alla stoffa chiara del vestito. Bisognosa di aria e di andare via, lontano.
Che Fersen l’avesse riconosciuta o meno non aveva poi tanta importanza, pensò.  Il suo messaggio era arrivato, chiaro e forte come una cannonata. Non c’era posto per lei nella sua vita, non come donna, e mai ce ne sarebbe stato. Si chiese se avesse mai davvero sperato o creduto nel contrario… sorrise, commiserandosi. Eppoi quel discorso! La luce, l’ombra… un altro uomo… André? Si rabbuiò. Una rabbia sorda si impossessò di lei mentre saliva in carrozza e ordinava al cocchiere di riportarla a casa. Un’ultima occhiata alle scale, la speranza di vederlo arrivare. Poi rintanarsi nell’angolo più buio con l’unico desiderio di sparire, inghiottita dal nulla mentre nel salone addobbato a festa, il conte di Fersen trovava conforto in un bicchiere di vino. Lo sguardo rivolto alla porta.
“Ve ne prego, Oscar” pensò indugiando con le labbra sul bordo di cristallo “Non commettete il mio stesso errore” sorseggiò il liquido rosso scarlatto “Vivete la vostra vita e non curatevi di un amore impossibile” sospirò “Non mi fate questo, Oscar… Non me lo perdonerei” concluse voltandosi. E  afferrando un secondo bicchiere di vino, lo sollevò, mimando un brindisi silenzionso al suo amico Oscar François de Jarjayes.
 
***
 
Svelto, André indossò la camicia da notte. Si fece sulla porta della propria camera da letto e la schiuse piano, fingendo un sonoro sbadiglio.
«Oscar… » mormorò simulando un’espressione sorpresa.
Ricevette un’occhiata. Una di quelle che gli mozzavano il fiato.
Adorava lo sguardo tagliente di Oscar, fin da quando erano bambini e la provocava, volutamente, perché lei lo guardasse con quegli occhi di un blu profondo.
Alla luce della candela, Oscar appariva in tutta la sua diafana bellezza. Il corpo snello ancora fasciato dall’abito da sera, i capelli raccolti sulla nuca, appena un po’ scomposti, con lunghe ciocche bionde e ribelli che le sfioravano il collo, le guance, i lobi delle orecchie.
André represse un gemito. Oscar si accigliò.
«Devi dirmi qualcosa, André? » domandò con la sua voce scura. Corposa e sensuale.
Lo sguardo dell’uomo si adombrò, facendosi torbido.
«Oscar, io…» esitò.
Oscar sollevò il mento, serrando le labbra.
«Allora buonanotte, André» tagliò corto  senza dargli il tempo di ribattere.
André socchiuse le palpebre, arretrando di un passo.
«Buonanotte, Oscar» disse pronto a chiudere la porta.
«André! » lo richiamò lei «La prossima volta, togliti almeno le scarpe»
André dilatò lo sguardo, sorpreso. Si richiuse la porta alle spalle e si fissò i piedi.
Inspirò profondamente. Sorrise, passandosi una mano tra i capelli.
«Non ti sfugge nulla, vero Oscar? » mormorò a fior di labbra.
Si tolse malamente le scarpe, poi la camicia da notte e cominciò a spogliarsi. A torso nudo, si gettò sul letto, supino, le mani dietro la nuca.
Non era stato facile seguirla. Non era stato facile accettare che un altro uomo la stringesse tra le braccia. Non era stato facile tornare a casa un attimo prima di lei e fingere di aver trascorso la più gradevole delle serate.
«No… » mormorò ancora tra sé, socchiudendo leggermente le palpebre «Non ti sfugge proprio nulla, Oscar! » ironizzò, frustrato. Contento di averla riportata a casa, anche quella sera.  Roso da un’insana gelosia e dalla voglia di sapere cosa si fossero detti, Oscar e il conte svedese in tutto il tempo di quel lungo, interminabile ballo.
Chiuse gli occhi. Poteva sentire i suoi passi. Poteva vederla aggirarsi per la stanza al piano superiore. Poteva indovinare ogni sua mossa, ogni sua abitudine, ogni sua forma…
«Proprio non lo capisci, Oscar? » esplose a voce alta, volutamente, quasi a coprire il frastuono della sua assordante presenza «A me non serve un vestito per amarti» sospirò piano. 

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Ebbene sì, per una volta ho provato a togliermi il solito sassolino dalla scarpa facendomi amico poprio lui, il conte di Fersen... In fondo, non si dice "se non puoi batterli, fatteli amici"? Così, relegando il mio caro André al ruolo di comprimario, ecco che faccio del conte un prezioso alleato. Le sue parole avranno in qualche modo scalfito la corazza della nostra Oscar? Una Oscar che non ho mai gradito soffrisse così tanto piegata sul bordo di quella fontana... Gliel'ho risparmiata, la fontana, ma non la delusione. 

A presto, Sabrina 
 
   
 
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