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Autore: PervincaViola    30/11/2015    6 recensioni
Spoiler Mockingjay part 2
E poi, da un giorno all'altro, Effie spariva, congedandosi con un appiccicaticcio bacio sulla guancia e lasciandosi dietro la miseria del Dodici, insieme allo zotico mentore ubriacone con cui era costretta a lavorare ogni anno.
{Haymitch/Effie ♥}
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Abitudini
           {Don't be a stranger, sweetheart}

 





Se gli avessero chiesto di riassumere l'essenza di Effie Trinket in una sola parola – lasciando da parte aggettivi come sciocca e completamente pazza – Haymitch avrebbe risposto abitudine. Sì, Effie – Dio, persino il suo nome suonava così frivolo – era decisamente un'abitudinaria: si presentava ogni anno al Distretto Dodici con le sue vomitevoli parrucche multicolore e i suoi abiti sempre diversi, ma tutti invariabilmente pacchiani; lavoravano insieme per settimane, tentando di tenere in vita un Tributo che finiva ogni volta con il morire sotto i loro occhi – sangue e pubblicità, questo era il loro lavoro. E poi, da un giorno all'altro, Effie spariva, congedandosi con un appiccicaticcio bacio sulla guancia e lasciandosi dietro la miseria del Dodici, insieme allo zotico mentore ubriacone con cui era costretta a convivere, riimmergendosi ancora una volta nel lusso di Capitol City. Effie spariva per un anno intero e, come d'abitudine, riappariva in tempo per la successiva edizione degli Hunger Games, sempre con il suo sorriso stampato sui lineamenti delicati e l'entusiasmo di chi aveva dimenticato la strage di solo un anno prima – Effie aveva l'abitudine di lasciarlo con il fiele in bocca e la cenere in gola.
Non che gli mancasse la sua ossessione per le buone maniere, o i suoi tripudi di colori talmente accesi da far male agli occhi, e nemmeno il sorriso con il quale riusciva sempre a mascherare il fondo di tristezza nelle sue iridi celesti. Non gli mancava tutto questo, oh no, tuttavia aveva finito per assuefarsi a lei, al suo profumo intenso così dissonante nell'aria del Dodici, e le fitte di disprezzo verso Effie e tutto ciò che rappresentava si erano fatte con il tempo sempre più rade, più deboli, così come i continui richiami di lei.
«Tu sparisci sempre, dolcezza» le aveva sussurrato una volta, particolarmente ubriaco, mentre Effie lo riaccompagnava nella sua stanza. Di quella sera Haymitch ricordava poco: i loro Tributi di quell'anno avevano regalato al pubblico una splendida intervista e per festeggiare Effie aveva proposto un brindisi con dello champagne; poi tutto era divenuto nebuloso. Ripensandoci a posteriori, Haymitch si chiedeva ancora come, nonostante i tacchi a spillo di lei e la propria ubriachezza, fossero riusciti a raggiungere il letto senza rotolare a terra. Anche Effie doveva essere brilla, perché la sua risata era sembrata più genuina e piacevole, vicino al suo orecchio. «Haymitch, che stai dicendo?»
«Mai una lettera, una telefonata per chiedermi come sto, o che so io» aveva continuato lui, mugugnando altre parole senza senso, la lingua impastata dall'alcol. Ripensandoci a posteriori, Haymitch si diceva che doveva essere davvero ubriaco per aver sparato delle cazzate del genere.
«Dormi, Haymitch, sei più ubriaco del solito» era stata la sua risposta, preceduta da una manciata di secondi di silenzio e da una risata più dolce.
«Mmh, probabile».
L'ultima cosa che aveva visto, prima di crollare in un sonno senza sogni, era stato il sorriso sciocco di Effie, e anche i suoi occhi azzurri, dalle ciglia troppo lunghe per essere vere. O forse era stato tutto un sogno, perché da quella notte niente era cambiato. Lui non smetteva di bere e Effie continuava a sparire.

«Non sparire, zucchero» le aveva ripetuto dopo la morte di Snow e della Coin, rabbrividendo per il freddo terribile che s'insinuava sino alle ossa. La guerra l'aveva cambiata: Effie Trinket era stata un'abitudinaria, ma la sua inclinazione alle abitudini, insieme al suo mondo perfetto e vuoto, aveva cominciato ad incrinarsi alla proclamazione della Settantacinquesima edizione degli Hunger Games ed era andata in pezzi nei mesi seguenti.
Prima della ribellione, Effie era stata una bambola: sempre truccata e perfetta, con il sorriso sulle labbra disegnate e colorate con cura. Per questo, quando l'aveva ritrovata nel Tredici, struccata e senza vomitevoli parrucche a coprirle i capelli biondi, per Haymitch era stato uno shock, come svegliarsi ancora una volta nell'Arena, o scoprire vuota l'ultima bottiglia di liquore proprio quando i fantasmi stavano diventando troppo pesanti per poter esser tollerati.
«Ciao, Haymitch. Ti trovo bene» l'aveva salutato, lo sguardo basso e la voce talmente fioca da risultare irriconoscibile, e dentro la sua testa era ritornato in un flash il ricordo della sera precedente l'inizio dell'Edizione della Memoria. In tanti anni, quella era stata la prima volta che Haymitch l'aveva vista piangere davvero: l'aveva udita singhiozzare da dietro la porta della sua camera ed era un suono così estraneo che inizialmente non l'aveva neppure riconosciuto. Effie non aveva l'abitudine di piangere, Effie sorrideva sempre, un sorriso vuoto e forzato e spesso fuori luogo, insieme alla sua determinazione e all'entusiasmo sfumati nelle scure tracce di mascara che le stavano graffiando le gote. E se quella sera aveva realizzato che Effie e lacrime erano due concetti agli antipodi, con un mondo intero a separarli, nel tetro grigiore del Tredici Haymitch aveva compreso quanto Effie e i colori fossero un accostamento imprescindibile.
Quel giorno d'inverno, gli occhi di Effie apparivano persino più grandi, lucidi per l'aria fredda e per la commozione che ne inumidiva le ciglia troppo lunghe.
«Non sparire» le aveva detto, sorridendo non visto del suo corpetto troppo stretto e della gonna esagerata, del trucco più leggero di un tempo, tornato a coprirle il viso, e anche della dolcezza quasi materna con la quale aveva abbracciato ciò che rimaneva della loro ragazza, la leggenda vivente di Panem. Siamo una squadra, vero, Haymitch?
«Haymitch...» il sorriso di lei aveva tremato mentre pronunciava il suo nome, mentre lui posava leggero un bacio sulla sua guancia e poi, seguendo un istinto assurdo e irresistibile, sulle sue labbra schiuse. La bocca fredda di Effie sapeva di pesca e sale, di passato e di futuro. Rompendo il bacio, Haymitch aveva ghignato quasi mestamente. Quella volta era stato lui ad andarsene e a lasciarla indietro, mentre Katniss lo seguiva in un silenzio funereo.
Non sparire, Effie.

Passò – assurdamente – quasi un anno prima che Effie si facesse viva di nuovo. Se la ritrovò davanti alla porta di casa una mattina di fine autunno, l'azzurro estivo del cielo che strideva con il vermiglio delle foglie di querce e faggi, ma mai quanto il rosa shocking della mantella di Effie fra i colori opachi del Dodici.
«Haymitch, caro» trillò lei, entusiasta quasi come un tempo, la voce dall'accento lezioso tornata un trapanante e rassicurante suono.
«Effie?» biascicò con voce roca, sorpreso dal fatto che lei fosse davvero lì, reale, quando per quasi un fottutissimo anno non aveva avuto sue notizie; quando aveva iniziato ad allevare oche – e questo non l'avrebbe ammesso neppure sotto tortura – per evitare di pensare a quella dannata accompagnatrice, di domandarsi se si fosse ripresa, se fosse tornata alla sua vita di sempre, se fosse viva. E invece lei si ripresentava dopo mesi, come d'abitudine, fresca come un bocciolo di rosa, come se nulla fosse accaduto. Una volta Sae la Zozza gli aveva detto che le vecchie abitudini erano dure a morire e Haymitch, socchiudendo gli occhi, borbottò tra sé che quella vecchia aveva avuto maledettamente ragione.
«Sei in ritardo, dolcezza» le fece notare, non senza un lieve retrogusto di rimprovero nella voce – d'altra parte, non era colpa sua se ora si ritrovava con delle stupidissime e starnazzanti oche a cui fare da balia?
«Cosa?» piccata, a quell'accusa Effie fece tanto d'occhi. «Io non sono mai in ritardo. Sei sempre stato tu quello che beveva e non riusciva a stare in piedi, ed è sempre toccato a me occuparmi di tutto! Non farmi ripensare a quanto orribilmente ti comportavi, Haymitch Abernathy!»
Quasi vero. Davanti al suo sfogo, Haymitch ridacchiò roco: aveva dimenticato quanto fosse divertente vederla arrabbiata e senza la facciata di bon ton che era sempre stato il suo pallino fisso.
«Ti avevo chiesto di non sparire, dolcezza» le fece presente, passandosi stancamente una mano sul viso, per poi lasciarsi andare di peso contro lo stipite della porta. «Non te lo ricordi?»
Se quella frase – e il relativo bacio annesso – erano andati persi in quell'adorabile testolina bionda, senza dubbio riemersero con forza in quel momento, insieme alle lacrime che d'un tratto le riempirono gli occhi.
«Oh, Haymitch» strepitò Effie, gettandosi contro il suo petto con così tanto impeto che Haymitch barcollò all'indietro, ringraziando di non aver ingollato l'intera bottiglia di liquore bianco che lo aspettava sul tavolo dell'ingresso. «Sono tanto, tanto, tanto dispiaciuta. Ma niente è più facile come come un tempo!» continuava a frignare lei, infischiandosene dell'imminente attacco di panico che minacciava di impadronirsi di lui. Effie e lacrime, Effie e lacrime. Cazzo. «Le linee telefoniche ancora non funzionano come si deve, figurati i treni! Avrei tanto voluto venire a trovarvi, tu, Katniss e quel povero ragazzo di Peeta qui soli nel Dodici! Ma Plutarch me l'ha impedito, diceva che non era sicuro e che c'erano ancora dei tumulti nei Distretti e allora ho dovuto attendere che Capitol fosse ricostruita e dopo l'attacco era tutto così orribile
Inspirando profondamente, Haymitch riuscì a calmarsi e a battere qualche colpetto imbarazzato sulla schiena di Effie, che non dava segno di volersi staccare da lui. Non che la cosa gli dispiacesse, per carità, ma una donna in lacrime era impossibile da sopportare – se poi la donna in questione era Effie Trinket, il danno doveva essere rimarginato al più presto.
«Non è nulla, zucchero, su, su» cercò di consolarla, maledicendosi silenziosamente per aver pensato che lei potesse mancargli, maledicendosi ancora di più perché Effie gli era davvero mancata, lei e i suoi colori assurdi, i vestiti ancora più assurdi, le sue labbra e la voce acuta, persino le sue scenette da donna isterica. Cazzo, Effie Trinket gli era mancata sul serio.
«Scusami tanto, Haymitch» piagnucolò ancora, soffiandosi rumorosamente il naso in un candido fazzolettino tutto pizzi e merletti, apparso dal nulla. «Tu eri stato tanto, tanto, tanto caro, come avrei potuto dimenticarmi?» concluse lei, un sorriso tremolante sul volto, e Haymitch ne approfittò immediatamente.
«Ecco, basta piangere. Sorridi, Effie» affermò, asciugando frettolosamente le guance di lei con i polpastrelli. «Bevo anche di meno, sai, dolcezza? Non avevi detto che mi preferivi da sobrio?» la stuzzicò con un ghigno. Effie rispose con una lieve gomitata e una risatina imbarazzata, mentre i suoi zigomi pallidi si tingevano leggermente di rosso. Mai più Effie e lacrime, mai più.
«Vieni dentro, dolcezza». Haymitch le afferrò il polso con gentilezza, invitandola ad entrare con un cenno della mano; Effie lo seguì stranamente docile, respirando rumorosamente, i tacchi vertiginosi che ticchettavano lievi sul parquet rovinato e il suo profumo troppo intenso che riempiva lo stretto ingresso. Ma se si era illuso che Effie Trinket potesse tacere per venti secondi consecutivi e consentire un poco di riposo ai suoi pochi neuroni già esausti, le sue aspettative si infransero quando lei si bloccò appena dopo qualche passo, fissando come imbambolata un punto indefinito davanti a lei.
«Haymitch!» squittì d'improvviso, stordendolo con uno dei suoi repentini ed incredibili acuti che tanto gli erano mancati. «Quel tavolo su cui hai rovesciato del liquore è mogano?!»
Haymitch alzò gli occhi al cielo, sospirando. Se le vecchie abitudini erano dure a morire, pensò, chiudendosi la porta alle spalle con un calcio e tappando la bocca di lei con le proprie labbra, quelle di Effie Trinket non crepavano proprio mai. 





 
Angolino della Vì
Come si dice, a volte ritornano. Salve! La mia ultima storia in questa sezione risale a più di un anno fa, perciò dubito che qualcuno si ricordi di me, e, in effetti, non contavo di tornare nel fandom... Però ieri sono andata a vedere Mockingjay part 2 e il mio cuoricino da fangirl è esploso al bacio tra Haymitch e Effie ♥ Le mie amiche si sono spaventate alla mia reazione, ma finalmente, almeno nei film,
la Hayffie è canon *^* Per questo ringrazio quel grandissimo di Woody, che, per chi non lo sapesse, ha baciato Elizabeth/Effie sulle labbra senza consultare gli sceneggiatori, aw.
Un paio di noticine: le oche sono un dettaglio canon del libro, il mogano finale è uno stupidissimo richiamo a una scena del primo film (mi sembrava carina, come cosa :3). Nient'altro, questa è solo una piccola cosina scema – che era nata come flash fluff e poi questi due hanno fatto di testa loro, facendola diventare una OS angst e comica, perdonatemi – per omaggiare una bellerrima coppia :3
Rendetemi pure partecipe dei vostri fangirlamenti post film e tanti biscotti a chi recensirà!


 
   
 
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