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Autore: vannagio    02/12/2015    11 recensioni
«Friday, che c’è per cena?».
«Niente, Signorina Potts».
Pepper ebbe la forza di inarcare un solo sopracciglio.
«Come sarebbe a dire
niente?».
«Il Signor Stark aveva in programma di cenare con lei al Le Rire, stasera. Ho dedotto che preparare la cena non sarebbe stato necessario. In compenso ho riempito la vasca con l’acqua calda, acceso le candele e stappato lo champagne come il Signor Stark mi aveva chiesto di fare. Devo avviare anche la sua playlist preferita o è ancora troppo presto?».
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Elivelivolo e dintorni '
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Per la serie…
“Quando vannagio vaneggia!”




La cena




Si sfilò le décolleté che le porte dell’ascensore non si erano ancora chiuse alle sue spalle, i pelucchi della moquette le facevano il solletico tra le dita dei piedi, ma non importava. Premette il pulsante per l’attico e la chitarra dei Led Zeppelin intonò la prima nota proprio mentre l’ascensore cominciava a salire. Stairway To Heaven come musica da ascensore per raggiungere la cima della Stark Tower? Solo a un megalomane come Tony poteva venire un’idea del genere.
«Buona sera, Signorina Potts», la salutò Friday quando varcò la soglia dell’attico.
«Ciao, Friday. Tony è rientrato?».
«Non ancora».
Diede uno sguardo all’orologio da parete. Le due del mattino. A quanto pareva, non era l’unica a fare le ore piccole. Attraversò il soggiorno scalza, con la borsa incastrata sotto l’ascella e le scarpe in una mano, facendo scorrere velocemente la lista degli appuntamenti per l’indomani. Si accasciò stravolta sul divano e prese a massaggiarsi le piante doloranti dei piedi. Il brontolio allo stomaco le ricordò che era ancora a digiuno.
«Friday, che c’è per cena?».
«Niente, Signorina Potts».
Pepper ebbe la forza di inarcare un solo sopracciglio.
«Come sarebbe a dire niente?».
«Il Signor Stark aveva in programma di cenare con lei al Le Rire, stasera. Ho dedotto che preparare la cena non sarebbe stato necessario. In compenso ho riempito la vasca con l’acqua calda, acceso le candele e stappato lo champagne come il Signor Stark mi aveva chiesto di fare. Devo avviare anche la sua playlist preferita o è ancora troppo presto?».
La stanchezza si volatilizzò come alcol a contatto con l’aria. Pepper scattò in piedi come un bambolotto a molla e si lanciò sul tablet. Di solito non imprecava mai, ma quando lesse sull’agenda l’inequivocabile appunto “Cena, Le Rire, Tony, 8:30 pm” sotto a “Videoconferenza investitori giapponesi, 7:00 pm”, l’unica parola che riuscì ad articolare fu...
«Merda!».
«Sai cosa direbbe il Capitano Rogers se fosse qui?». Tony era appena uscito dall’ascensore. Aveva gli occhi rossi di chi ha perso molte ore di sonno, ma sorrideva. «Linguaggio, Signorina Potts!».
«Tony, mi dispiace così tanto», disse lei, andandogli incontro. «Me ne sono completamente dimenticata! Sono stata trattenuta da quei maledetti investitori giapponesi. Non hai idea di cosa...».
Ma lui la bloccò posandole il dito indice sulla bocca.
«Ehi, scala la marcia, Pepper, sei troppo su di giri». Le cinse la vita con un braccio e la riaccompagnò fino al divano. «Potresti farmi un riassunto delle puntate precedenti? Credo di essermi perso qualche episodio», chiese non appena si furono seduti l’uno accanto all’altra. «Hai dimenticato... cosa?».
«La cena al Le Rire!».
Tony prima aggrottò la fronte, poi sgranò gli occhi e infine impallidì.
«Aaaaaaah, ecco. Quella. Cena al Le Rire».
Pepper inarcò un sopracciglio.
«Perché? Quante cene al Le Rire avevi in agenda questa settimana?». Ma il sorriso imbarazzato di Tony le accese la lampadina. «Aspetta... l’hai dimenticata anche tu, non è così?».
Il sorriso imbarazzato si allargò.
«Be’, effettivamente potrei essermene ricordato solo in questo preciso istante. Però! Ti ricordo che teoricamente la cena era una mia idea. Ergo sono IO che ho invitato te. Ergo al gioco de Di Chi É La Colpa Questa Volta...».
«Sì, ma praticamente l’ho organizzata io, Tony».
«...hai vinto tu. A maggior ragione se l’hai organizzata tu! Che razza di fidanzata si dimentica della cena col suo uomo che aveva personalmente E meticolosamente organizzato?».
«Ah, quindi fai sul serio? Stai asserendo seriamente che è tutta colpa mia? Tony, io stavo lavorando! Hai una vaga idea dei salti mortali che compio giornalmente per salvare la TUA azienda dal fallimento? Teoricamente E praticamente sono diventata una trapezista della finanza. E tu e Bruce che distruggete intere città nel Sudafrica un giorno sì e l’altro pure, prosciugando continuamente E serialmente le nostre casse per risarcire i danni, non siete di alcun aiuto. Qual è la tua scusa, invece?».
«Okay, prima di tutto, potremmo bandire gli avverbi in –mente da questa conversazione? Li trovo ridondanti».
«Hai iniziato tu con gli avverbi, Tony».
«Secondo di tutto, stavo rattoppando Verónica e ho perso la cognizione del tempo. Avere un bulldozer verde per amico è un lavoro che ti tiene impegnato costante-». Pepper incrociò le braccia al petto e Tony alzò gli occhi al cielo. «-mente. Era l’ultimo, promesso».
Pepper afflosciò le spalle e nascose il viso nei palmi delle mani, lasciandosi sfuggire una risata isterica.
«Tutto questo è così tipico di noi».
Ci fu qualche istante di silenzio. Da qualche parte, un rubinetto sgocciolava. Poi la mano di Tony si poggiò sul suo ginocchio.
«Va bene, basta. Alzati, andiamo».
Pepper emerse da dietro le sue mani con uno sguardo confuso. La stanchezza le si stava condensando nuovamente addosso come il vapore acqueo su una superficie fredda.
«Andare dove?».
«A cena. Fuori».
«Tony, sono le due del mattino passate. I ristoranti sono tutti chiusi».
«Da qualche parte nel mondo sarà ora di cena. A cosa serve avere un jet privato o un’armatura supersonica se non possiamo usarla per soddisfare qualche capriccio?».
«Sono stanchissima. E la mia sveglia suonerà esattamente tra...», afferrò la mano di Tony per lanciare un’occhiata al suo orologio da polso, «...quattro ore. Non ce ne sarebbe il tempo e non ne avrei le forze».
Lui fece spallucce e si alzò.
«Allora ci arrangiamo».
Il frigorifero era un mero orpello nella cucina di due persone ricche negate per i fornelli. Tony aveva proposto del sushi, ma Pepper non voleva nemmeno sentirla nominare la parola “giapponese”, così Friday impiegò circa tre punto sette secondi a trovare il numero di una pizzeria da asporto h24. Ordinarono una pizza pepperoni formato famiglia e promisero al fattorino una mancia di cento dollari se l’avesse consegnata entro mezz’ora. E poiché Friday aveva già riempito la vasca, acceso le candele e stappato lo champagne, convennero che sarebbe stato un vero spreco non approfittare di quel bendidio. Trentasette minuti e ventidue punto tre secondi più tardi, Pepper e Tony erano immersi fino al collo in una soffice schiuma verdina che profumava di bergamotto, avvolti dalla calda luce soffusa delle candele, sorseggiando champagne direttamente dalla bottiglia e cercando di non far cadere le fette di salame piccante della pizza nella vasca.
«Così... i musi gialli ti hanno dato parecchio filo da torcere, oggi?».
Pepper si leccò il dito sporco di salsa e fece una smorfia.
«Sì, se vuoi usare un eufemismo. Sono le persone più incontentabili, imprevedibili e intrattabili che abbia mai incontrato».
Tony si sporse fuori dalla vasca quel tanto che bastava per afferrare l’ultimo spicchio di pizza dal cartone abbandonato sul pavimento del bagno. Così facendo smosse un po’ l’acqua, che strabordò e spense due candele.
«Ti ricordi quando la tua maggior preoccupazione era farmi arrivare a una festa abbastanza sobrio da capire che fare la pipì davanti agli invitati non fosse una buona idea?».
Sotto la coperta di schiuma, Pepper allungò il piede e gli accarezzò il polpaccio.
«Grazie, Tony. Tu sì che sai come rimettere tutto nella giusta prospettiva. All’improvviso gli investitori giapponesi non mi sembrano più così ingestibili».
Lui sollevò la bottiglia a mo’ di brindisi.
«So che dovrei sentirmi offeso, ma... non c’è di che! Del resto, anche la mia vita è molto diversa ormai. A quest’ora, qualche anno fa, sarei stato in giro per locali a far baldoria con una mandria di recalcitranti ragazze».
Pepper gli sottrasse lo champagne.
«Hai nostalgia di quei giorni?».
Fece finta di pensarci su, mentre divorava metà del trancio di pizza che aveva in mano.
«Suppongo che la risposta che ci si aspetterebbe da me sia “Certo che no, amore, non ti cambierei con nessuna mandria di recalcitranti ragazze al mondo!”, anche se tu hai appena ammesso di preferire dei giapponesi al tuo uomo senza alcun tentennamento. Questo è sessismo, mia cara».
Pepper poggiò la nuca al bordo della vasca e rise.
«Tu che parli di sessismo, è il colmo!».
Tony mimò un lancio di pallacanestro, la crosta del trancio centrò la scatola di cartone, rimbalzò e finì sul pavimento insieme alle altre.
«Sai, è per questo che ti amo, Pepper. Un’altra donna al tuo posto si sarebbe infuriata».
Lei si attaccò al collo della bottiglia e mandò giù un lungo sorso.
«In questi anni ho imparato che arrabbiandomi faccio solo il tuo gioco».
«Ah, sì? E da quando sei diventata così zen?».
«Con te o lo zen o il manicomio».
Gli stava ancora accarezzando il polpaccio col piede, quando lui la afferrò per la caviglia e la strattonò a tradimento verso di sé. La superficie della vasca era scivolosa, Pepper non trovò appigli: ebbe appena il tempo di strillare un “Toooofrrrrh” strozzato, prima di capitombolare sul fondo e ingurgitare un secchio di acqua al bergamotto. Quando riemerse tossicchiando e sputacchiando, il bastardo stava piangendo dal ridere. Diede un pugno all’acqua.
«Un giorno o l’altro finirò col strozzarti».
«Uoo, allora non scherzavi con la storia del manicomio!».
Gli rispose con uno schizzo di acqua in faccia.
La vasca era piena solo per tre quarti ormai, il cartone della pizza pattinava lento e gonfio sul pavimento allagato, che era lucido come una lastra di ghiaccio, e dalle candele spente si alzavano sottili nastri sinuosi di fumo bianco. Tony pescò la bottiglia dal fondo della vasca, era piena per metà di un liquido schiumoso che probabilmente sapeva più di sapone e bergamotto che di champagne.
«Siamo ufficialmente a secco».
La pelle sul braccio di Pepper sembrava ricoperta da milioni di piccolissimi aculei. Incrociò le braccia sotto al seno, rabbrividendo.
«E l’acqua è diventata tiepida, credo che questo sia il nostro segnale».
Nessuno dei due si mosse, rimasero a fissarsi in silenzio, mentre il rubinetto della vasca (sì, era lui l’artefice di quel plin plin persistente) continuava a gocciolare. La bolla di spensieratezza nella quale si erano rifugiati era implosa all’improvviso. E senza la sottile e tremolante pellicola di sapone a fare da filtro, il mondo sembrava un po’ più grigio.
«Succede sempre più di rado», disse Pepper, spazzando via un mucchietto di bolle dal ginocchio che affiorava dall’acqua.
Tony inclinò il capo di lato.
«Cosa?».
«Questo. Noi due. Siamo sempre così...». Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. «Sono sempre così impegnata. Guarda come è andata a finire la nostra cena!».
Tony si guardò intorno per davvero e si strinse nelle spalle.
«Non mi pare che ce la siamo cavata male, alla fine».
«L’avevamo organizzata settimane fa, Tony, perché questa avrebbe dovuto essere la mia prima serata libera del mese».
Pepper si tirò in piedi, afferrò l’accappatoio di spugna che pendeva dall’attaccapanni e mentre infilava il braccio nella manica, uscì dalla vasca. Cercò riparo in camera da letto, lasciandosi dietro una scia di orme bagnate.
«Non capisco quale sia il tuo problema», disse Tony, che l’aveva seguita con un asciugamano allacciato in vita e strisce di schiuma che gli colavano sul petto. «Non mi pare di essermi mai lamentato. E dire che sono uno che si lamenta spesso. Ti ricordi quella volta che la domestica aveva comprato la marca sbagliata di cereali? Anche se a mia difesa devo puntualizzare che ho un equilibrio intestinale molto fragile e...».
«Tony...».
Alzò le mani in segno di resa.
«Okay, scusa, hai ragione, sto divagando. Di solito lo faccio per guadagnare tempo. Sai...», frullò le dita in aria, «...per dare la possibilità al mio cervello di capire cosa diavolo sta succedendo».
«Lo hai detto anche tu». Pepper si coprì meglio con l’accappatoio, evitando lo sguardo di Tony. «Qualche anno fa a quest’ora saresti stato in giro a fare baldoria».
«No, aspetta un secondo. Prima lo zen, adesso la gelosia. Chi sei tu e che ne hai fatto di Pepper?».
«Non sono gelosa», rispose, roteando gli occhi. Lo superò, spintonandolo di lato, si sedette davanti alla toletta e prese a spazzolarsi i capelli bagnati tanto per fare qualcosa. «Ma ho paura che tu... che tu possa rimpiangere i tempi andati. Ecco, l’ho detto! I locali notturni, la vita mondana, fare tardi la notte, gli schiuma-party... io non ho tempo per queste cose».
«Parli come se mi avessi imprigionato in cima alla Stark Tower». Pepper teneva lo sguardo fisso sul suo riflesso, ma con la coda dell’occhio vide Tony avvicinarsi. «Questa non è la torre di Raperonzolo, se voglio uscire a divertirmi non ho bisogno di farmi crescere i capelli, anche perché la fase dei capelli lunghi l’ho attraversata nell’adolescenza e mi è bastata». Le sue mani si posarono sulle spalle di Pepper, stringendo lievemente. «Non prenderla male, okay? Ma io sono Tony Stark. Tony Faccio Quello Che Voglio Stark. Mi trovo esattamente dove desidero essere. E poi...». Si era chinato in modo che i loro visi fossero alla stessa altezza nel riflesso allo specchio. «Adesso fa’ molta attenzione, sto per dire una cosa che difficilmente mi sentirai ripetere o ammettere in pubblico, soprattutto di fronte a Steve». Assunse un’espressione grave, quasi solenne. «Sono troppo vecchio per le mandrie di recalcitranti ragazze, non ho più il fisico per fare il cowboy».
Pepper non riuscì a trattenere un sorriso, mentre giochicchiava con i dentini della spazzola, poi si voltò.
«Non sto mettendo in dubbio te o la tua fedeltà».
Tony, che era ancora inginocchiato accanto a lei, annuì.
«Lo so. Sei preoccupata che la nostra relazione mi impedisca di essere me stesso. Cosa che da un lato trovo assurda, dato che il me stesso per il novantanove per cento delle volte finisce col mandarti in bestia e barra o metterti nei guai. Dall’altro lato però capisco, perché anch’io voglio che tu rimanga te stessa. Non ti chiederei mai di rinunciare alla tua carriera per me. Anche perché... diciamolo, sei tu a portare il pane a casa, sei la mia Sugar Mummy».
Pepper gli cinse il collo con le braccia.
«Teoricamente uno Sugar Baby dovrebbe essere un po’ più giovane e tu hai appena ammesso di non avere più il fisico per certe cose...».
Tony le stava già slacciando la cintura dell’accappatoio.
«Be’, sì, ma praticamente ciò che conta davvero è l’esperienza».
Pepper accostò la bocca al suo orecchio.
«Dimostramelo».

Due ore, tre minuti e cinque punto sette secondi più tardi, l’allarme della sveglia scattò. Tony tuffò la testa sotto il cuscino, gemendo. La sua voce suonò ovattata quando parlò, come se avesse un bavaglio in bocca.
«Spegni quel maledetto strumento di tortura!».
Pepper colpì alla cieca la sveglia, che si schiantò a terra ed emise un triiiolooooan stonato segnando così la sua dipartita. Friday doveva aver messo in funzione la caffettiera, perché l’aroma robusto del caffè tostato aveva già inondato l’intero attico. Aiutò a svegliarla un po’, ma non fu sufficiente a evitarle di ruzzolare giù dal letto come uno zombie. Rimase intontita col sedere per terra per una manciata di minuti fissando il vuoto, finché la voce di Tony non la riscosse.
«Pepper, tutto bene lì sotto?».
Le scappò uno sbadiglio, mentre barcollando tentava di mettersi in piedi. Troppo champagne. Davvero troppo, troppo champagne.
«Sì. Più o meno».
Nemmeno lei aveva più il fisico per certe cose.







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Note autore:
Da quando è uscito il trailer di Civil War, il mondo si è spaccato in due. Team Stucky o Team Stony? Per me la scelta è una sola: Pepperony. Mi era venuta un po’ di nostalgia per ‘sti due patati, che nonostante l’età che avanza rimangono due patati.
Fondamentalmente ho scritto una roba in cui non succede nulla, ambientata dopo Age of Ultron. Ma meglio di niente, no? Spero.
A presto!

P.S.: Il Le Rire è un ristorante stellato, raffinatissimo e costosissimo, che viene menzionato in questa storia originale, altamente consigliato per fare colpo al primo appuntamento.
   
 
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