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Autore: FallenAngelsGoToHell    02/12/2015    0 recensioni
Non c’è rumore, non c’ è vento. Il respiro è debole, l’animo pesante. Tutto è pervaso da un senso di attesa. Ma non si attende niente. In realtà è tutto finito.
Il tempo ha reso solo più vero il delitto. L’amore ha cementato l’atto. E per te non è rimasto nulla se non una tomba fredda e tremendamente reale.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Moriarty, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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innocence

Premessa:

Non amo le premesse. Ritengo che qualsiasi testo debba essere dotato della giusta dose di autonomia e indipendenza. Tuttavia, ho ritenuto opportuno fare alcune precisazioni. Per scrivere questa fanfiction mi sono ispirata a un videogioco per pc di Sherlock Holmes sviluppato dalla Frogwares: “The testament of Sherlock Holmes”. Non voglio spoilerare niente per chi non ci avesse giocato e volesse farlo. Tuttavia compare Moriarty (ed ha anche un ruolo importante), ma non solo. Ripeto eviterò gli spoiler, ma voglio precisare che mi sono ispirata a ciò che viene mostrato alla fine del gioco. Solo ho cambiato alcune cose. Per la verità, a parte la rivelazione finale, a cui, comunque, non sono rimasta totalmente fedele, ho ripreso solo l’idea di un Moriarty giovane, o, perlomeno, non anziano come spesso ci mostrano. Vi consiglio di vedere l’immagine, non fosse altro perché credo aiuti ad immedesimarsi nel racconto. Infine, ritengo che conoscere la fine del gioco aiuti a comprendere un Moriarty più … umano.

Grazie per la pazienza e se vorrete procedere … buona lettura.

 

 

 

Innocence

Non c’è rumore, non c’ è vento. Il respiro è debole, l’animo pesante. Tutto è pervaso da un senso di attesa. Ma non si attende niente. In realtà è tutto finito.

Il tempo ha reso solo più vero il delitto. L’amore ha cementato l’atto. E per te non è rimasto nulla se non una tomba fredda e tremendamente reale.

Hai mandato al diavolo tutto: le carte, i libri, gli appunti … ogni cosa ha perso importanza. Lei dava importanza a ogni cosa. E senza di lei cosa è rimasto? Cosa ne è ormai della tua vita?

Le urla sembravano quelle di un pazzo e il pianto quello di un bambino. Poi hai continuato in silenzio per non farti sentire … non volevi che si svegliasse … ha sofferto tanto, forse addirittura più di te … gli psicofarmaci sono stati amici fedeli che non l’hanno più abbandonata e probabilmente mai lo faranno.

La notte avvolge i tuoi pensieri. Non c’è luce perché tu non ne vuoi. Non c’è più luce: ormai solo buio. I tuoi occhi si sono abituati a vederlo negli altri … nella loro vita, nei loro sguardi … ma il tuo riflesso non è più integro, è tutto frantumato. Sei rovinato, distrutto, sconfitto, morto. Niente di più. E lei è morta prima di te.

Ti mordi le mani: vorresti gridare. Alzi il pugno chiuso, minaccioso verso lo specchio. Poi, però, non fai nulla. Contempli il tuo volto e i tuoi occhi lucidi … non puoi pensare di accettarlo. Ti è stata strappata via. Vi è stata strappata via. E nessuno sa chi è stato.

“La vettura non si è fermata e i testimoni non sono stati in grado di vedere il conducente. È impossibile risalire a chi ha commesso l’atto”

Ecco cosa avete ricevuto. Scuse. Spiegazioni vuote. Mancano gli elementi. Mancano le informazioni.

L’unica cosa che non manca è il suo corpo morto al cimitero.

Stringi gli occhi, non ti vuoi guardare. L’ignoto è un demone risalito dall’inferno per punirti e schernirti … nessuno ripaga il male, semplicemente lo si disprezza. Ma loro che colpa ne avevano? Quali peccati dovevano espiare? Forse, essersi legate a te. O forse il loro dolore è solo un effetto collaterale della tua punizione. Il loro dolore è necessario al tuo castigo.

Lentamente ti alzi. Passi i palmi delle tue mani, ormai intorpidite, sulle guance. Porti via i residui di consapevolezza ormai ghiacciati sul tuo volto. I fogli sono per terra, i libri fuori posto … tu stesso ti senti fuori posto. Non trovi un luogo in cui poter essere al sicuro dal malessere che ti intorpidisce i sensi, per poi riaccenderli con eccessi di rabbia.

Te ne vai. Attraversi il corridoio lentamente, in silenzio, col volto rigido, contratto. Apri silenziosamente la porta … la vedi dormire scomposta, ancora vestita, sul letto. Ti avvicini, prendi una coperta, gliel’appoggi delicatamente sopra. Getti un’occhiata veloce ai diversi antidepressivi … poi ti chini e la baci sulla nuca.

Non doveva andare così. Hai sempre fatto del tuo meglio per proteggerle. E adesso tua figlia è sepolta nel cimitero di Londra: una bambina che non avrà mai più di cinque anni. E tua moglie …

Era già mentalmente instabile quando l’hai conosciuta. La tua vita, i tuoi segreti, l’illecito che le hai tenuto nascosto e i crimini che le hai dovuto comunicare … no, non è stato facile. Ma vi siete sostenuti, schiena contro schiena, mano nella mano. Non erano importanti le parole, non lo sono mai state. Lei sa che non la metteresti mai in pericolo, che non le causeresti alcun male. E tu riponi in lei tutta la tua fiducia.

Ora cominci a credere di non meritare niente di lei.  Una donna che ti ha sempre messo al primo posto. Ha accompagnato ogni suo gesto con il tuo nome, i suoi occhi aspettavano sempre i tuoi, le sue mani, quando la notte era fredda e il tempo non passava, tremavano fino a quando non si intrecciavano con le tue.

Adesso sembra solo una figura ghiacciata senza vita.

Non si sa chi è stato ad uccidere la vostra bambina, ma non puoi non pensare che parecchia gente avrebbe avuto interesse a farti male. Non si sa e non si saprà mai. Ti rimproveri per ogni cosa, ogni azione … ma non riesci a chiedere perdono. Non vuoi chiedere perdono.

Esci, ti immergi nella notte, inspiri, forte, e in un momento, in un lampo fulmineo e imprevisto, ti odi. Senti il disprezzo crescere, premere contro la tua carne per estinguersi in un gesto inconsulto. Ti appoggi al marmo della colonna del porticato. Un pianto rabbioso ti scuote. Non puoi lasciarti andare, non più. Adesso più di prima devi essere presente a te stesso per esserci quando starà male lei. Vederla inerme, inerte, con lo sguardo vacuo. Occhi inespressivi che cercano la tua figura, delle mani che si aggrappano alle tue spalle, ti stringono, disperate … non vogliono che anche tu le abbandoni. Non hai modo di consolarle. Condividi il dolore, vorresti farlo gravare solo su di te, sopportarlo da solo. Lei ti guarda e cerca delle risposte. Tu la guardi e tutto ciò che ti è rimasto è accettare le sue lacrime.

Ritorni dentro. Sei stanco. Appena entri nella stanza la vedi, seduta sul letto. Lei èin disordine, tutto oramai è in disordine. Ha i capelli scompigliati. Gli occhi stanchi, segnati … il volto inespressivo. Sembra un’annegata. Una donna annegata nel sangue caldo dell’inferno.Allunga un braccio verso l’armadio a muro.

-          James … la morfina … -

Con gesti fermi e sicuri prendi la siringa già pronta. Ti avvicini, le prepari il braccio. Trema. Cerchi di scaldarla, di calmarla. È una routine ormai consolidata. Sono gesti abitudinari, si attivano da soli.

La siringa penetra la pelle. Lei sospira. Potrebbe sembrare un congresso carnale, squallido e sordido, ma è soltanto la malattia.

Stremata, cede su di te, abbandonando il corpo stanco sulle tue gambe.

Rimani immobile al buio, ascoltando il suo respiro confondersi con il fruscio del vento. Aspettando un nuovo giorno, nel quale, però, non hai più fiducia.

  
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