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Autore: Zughy    04/12/2015    1 recensioni
Sapere e vedere sono un po' come il dire e il fare.
Aneddoto tratto da qualcosa di "più grande" che sto scrivendo, intitolato "La ragazza del Popolo della Nebbia", anche se di nebbia, mi spiace deludervi, qua non ce n'è traccia. Non sapevo come intitolarlo, quindi mi son rifatto all'apice della piramide, suonava "bene", tutto qui. E no, non è un fantasy.
Mi son ricordato un po' delle storie di Murubutu, quindi una citazione mi sembra d'obbligo.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un giorno, un mercante solito a giostrarsi per intere settimane fra barriere coralline sotto il sole cocente, credendo che fosse ormai giunta l'ora di sistemarsi e che avesse tanto da dare al mare quanto a un'altra donna, decise di prender moglie e approdare in una calda città marinara del Sudafrica. Da questa donna ebbe una figlia, poi un figlio e da lì a qualche anno l'allegra famigliola si sistemò definitivamente sulle spiagge limpide che tanto adornavano il Capo di Buona Speranza, senza però privare l'uomo di sporadici viaggi per tenere un tetto sopra le loro teste. Al tramonto, quando i bambini riemergevano dalle coste, il mercante era solito raccontar loro quanto fosse vasto il mondo lì fuori: i pesci variopinti, i profumi degli altri continenti, le spezie, i sapori, i modi di fare della gente, i loro usi, costumi, tradizioni, gli accenti strani, i vestiti bizzarri. Ed essi si perdevano a fantasticare su quelle terre che, come abili esploratori, un giorno sarebbero stati desiderosi di varcare a vele spiegate: quando la maestra chiedeva loro: “Che lavoro fa il papà?”, essi naufragavano nei fogli con pastelli come remi, lasciando che la fantasia facesse loro solcare mari, incrociare piccoli stereotipi, animali in realtà mai esistiti e tante altre cose da far invidia a un qualsiasi scrittore di fantasia. "Papà vede queste cose!" rispondevano con un gran sorriso. Ed ecco allora che quei fogli venivano stesi su fili di cotone nelle loro stanze, che un altro universo li cullava insieme alle parole del padre, che prendevano il largo al socchiudere gli occhi e che tornavano a casa quando il sole rifaceva capolino al sorgere dell'alba.

"Papà, papà, quand'è che ci porti con te? Vogliam vedere quello che vedi! Mamma, convinci papà a portarci con lui!"

Giustamente, i bambini, mossi dalla curiosità, non si accontentarono più di sentire, bensì desiderarono vedere cosa si celasse al di là dell'orizzonte. Volevano arricchire i fogli con nuovi colori, con nuovi dettagli, dettagli che una semplice descrizione del luogo non poteva fornire. E al tempo non v'erano né foto né cartoline, sarà che non è ambientata ai giorni nostri, sarà che non ne disponevano e basta. Il padre però, sapeva benissimo che non sarebbe stato possibile perché, oltre a destreggiarsi come un giullare, doveva omettere quei dettagli che da sempre rendono il mare un pozzo di anime senza fondo: i mulinelli d'acqua, le tempeste, le correnti talvolta avverse, i predoni, i colossi marini non meglio identificati: il mare era per lui il paradiso terrestre, ne aveva esplorato ogni angolo, ma proprio in luce di ciò, era anche cosciente che l'inferno risiedesse nei suoi fondali, che non fosse luogo per dei bambini.

Comunque, la storia vuole che, quando i pargoli furono ormai ragazzi, un giorno d'autunno i tre si avventurarono nell'oceano e, di quella casa nel blu, delle grida di gioia dei bambini e i loro pastelli, non ne rimase che un'anziana donna e degli impolverati fili di cotone; tavole imbandite per quattro e rughe far capolino sulla via maestra ogni volta che una barca rientrava nel porto diventarono l'essenza di quel villaggio, villaggio che da un giorno all'altro si ritrovò a raccontar la propria storia, ma senza aver più qualcuno in grado di narrarla. Morirono due giorni dopo la partenza, quando il luogo dei loro sogni erse sogni alti tre volte la barca e, nei sogni, li accompagnò per sempre.

   
 
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