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Autore: Sottopelle    05/12/2015    1 recensioni
"Conducimi là dove tu mi vuoi, dai deserti caldi che son le labbra tue e le tue mani che son rocce salde a cui aggrapparmi, scorrerei con le dita i tuoi zigomi trovando terre più fertili, monti più alti [...]"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dalle foglie i tremori e sospiri:
non è l’autunno ad averci cambiati.
Non c’è parola adatta a
disegnare il nostro rapporto,
non c’è funzione matematica che
spiegherebbe la dipendenza
disperata che ci lega
- seppur controvoglia;
filo spinato a
legare cuori
sanguinanti, menti stanche
che non hanno più
nulla da condividere,
nessun punto in comune,
nessuna coincidenza,
ora, a ricordarci che
un tempo eravamo uniti.
So che tu punteresti il
dito contro me,
incolpandomi di tutti i
nostri insuccessi come
sistema unico di due
corpi differenti ma
uniti,
accusandomi d’ogni
sconfitta subita,
ogni caduta.
E io non negherei,
io che son matrice del
male tuo
– e tu del mio.
Siamo stati
incapaci non solo di
volerci bene ma anche
di nuocerci
volontariamente;
fa quasi sorridere il
come siamo in
grado di risultare così
paradossali nei nostri
tentativi di sembrare
almeno una volta
persone vere,
che amano.
Non c’è
amore senza dolore,
diresti.
Ma com’è che
io ne ho sentito
solo la fiamma
distruttiva senza
sentir mai
sollievo?
Ed ogni parola
che scrivi è
insapore, incolore,
la tua voce è
nebbia che
s’accascia stremata sui
miei occhi e mi nega la
vista delle albe timide che vorrei
invece tornare a guardare
– i futuri più rosei che
m’impedisci di vivere.
Tu
m’impedisci di vivere,
tu
che ti atteggi da
estraneo nonostante tutte le
ore consumate
sotto lo stesso cielo,
all’imbrunire,
l’uno affianco all’altro.
Vivi
tra un mio tiro di
sigaretta e l’altro,
vivi
quando i nostri sguardi si
sfiorano per sbaglio e
li distogliamo con
imbarazzo,
vivi
quando il sole
cade morente oltre i
bassi colli e tu non sei con me a
guardarne i
bagliori rossastri:
vivi in me
solo quando non ci sei.

Dalla pelle i brividi malcelati:
è la tua ombra ad interrompere
la notte ch’è dura a
morire, quando i miei occhi ancora
son arrossati dal
sonno e tu hai
respiri di tabacco bruciato.
Tu che dici di voler
passare le mattine con me,
tornare ai nostri tempi più
luminosi – alla nostra estate -
e quando parli sei più
freddo del gelo mattutino di dicembre.
Sei figura controversa ed io
non so trovare le tue soluzioni,
non so se dovermi avvicinare a te
– abbattere le mura dietro
al quale ti nascondi –
od erigere a mia volta
barriere più alte e spesse,
assecondarti perché no,
sarebbe troppo facile tornare
ancora una volta da
te con la coda bassa di chi
riconosce di aver sbagliato senza
conoscere il suo errore,
senza averne commesso alcuno,
solo perché mi piaceva
quella nostra quotidianità e
non volevo rinunciarvi
- tu che
mi spingi lontano solo per
vedermi tornare indietro,
tu che
mi tieni stretta a te,
consapevole che cercherò
di scansarmi.
Te lo direi,
che io voglio tornare,
ma il orgoglio urla più forte di
quanto non sappia fare il mio
cuore, di quanto non
sappiano fare le mie debolezze.
Perché non voglio più
chinare la testa di fronte ai tuoi
occhi ormai sbiaditi,
di fronte alla tua voce senza più calore.

Come falena che insegue
luci fredde in
moti discontinui:
traccia ancora una volta le
tue mappe coi polpastrelli
sulla pelle mia.
Conducimi là dove tu mi vuoi,
dai deserti caldi che son
le labbra tue e le tue mani che son
rocce salde a cui aggrapparmi,
scorrerei con le dita i tuoi
zigomi trovando terre più fertili,
monti più alti
– se tu ancora m’appartenessi,
se io ancora t’appartenessi.
Se non fossimo,
adesso,
solamente sconosciuti che
seguono gli stessi passi,
le stesse strade,
gli stessi orizzonti.
Ma forse,
ormai, è tardi, e
non mi rimane solo che
un pugno di ricordi senza più
valore, solo un dolore sordo al
petto che dice: “È finita”.
Ed io ti vorrei con me,
ed allo stesso tempo lontano da me,
vorrei che tu mi guardassi ancora,
e nello stesso istante vorrei che
ti dimenticassi di me. 

Come davanti ad un bivio e
non sapere quale strada prendere:
forse perché nessuna conduce alla
meta che mi ero prefissata,
forse perché semplicemente non
so decidermi.
E che anche se,
come dicono,
di strade ne esistono infinite,
alla fin fine io non ne
percorrerei nessuna senza la
mano tua a
guidarmi.
  
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