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Autore: yesterday    05/12/2015    6 recensioni
"Capitano, flirtare di meno, parlare di più"
Killian Jones aveva esorcizzato uno dei propri demoni personali nella stessa misura in cui Captain Hook aveva appena offerto quanto di più significativo, altruista e per molti versi romantico un pirata potesse mai offrire. Se qualche anno prima aveva barattato la sua nave per lei, ecco che ora gliela consegnava deliberatamente, insieme a tutto se stesso e ciò che era.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Something about you
It's like an addiction
Hit me with your best shot honey
I've got no reason to doubt you
'Cause certain things hurt
And you're my only virtue
And I'm virtually yours

 

 

"Mi spieghi perché siamo qui?" Emma incespicò nei suoi stessi piedi nel tentativo di tenere il passo del pirata, che spedito si faceva strada divorando i pochi metri del molo con lunghe falcate, incurante di star letteralmente strattonando la sua donna verso la Jolly Roger.
"Lasciami fare" tagliò corto lui, aiutandola a salire sull'imbarcazione - era sempre un gentiluomo, ma con Emma lo era in particolare, lo era sempre stato, sin dal momento in cui aveva visto la ferita che la scalata della pianta di fagiolo le aveva aperto sul palmo delicato della mano, in quel passato talmente remoto che ormai sembrava appartenere ad un'altra vita.
Le diede le spalle e si portò al centro esatto del veliero; quando si voltò lei riconobbe nei suoi tratti qualcosa che aveva avuto l'onore di leggergli in viso poche volte: la fronte lievemente corrucciata, l'indice della mano buona che era già andato a raggiungere il piccolo spazio dietro l'orecchio in quello che era uno dei suoi gesti più tipici, che col tempo si era ritrovata ad amare senza rimedio, e la velocità con cui il suo sopracciglio destro si era sollevato. E se è vero il detto secondo cui tre indizi formano una prova, Captain Hook, il pirata che aveva terrorizzato gli oceani per secoli, era clamorosamente ed innegabilmente nervoso.
Certo non rivedeva l'angoscia delle situazioni di vita o di morte che purtroppo avevano sperimentato più spesso di quanto entrambi avrebbero voluto, era più impacciato e vulnerabile - ecco, come un bambino il primo giorno di scuola. Emma annuì tra sé, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio; come paragone poteva andare. Unico dettaglio scomodamente non trascurabile, l'uomo in piedi a pochi passi da lei non si era iscritto a nessun college, né stava affrontando il suo primo giorno di lavoro.
Vide il torace sollevarsi - i polmoni incameravano aria, stava per mettere fine al mistero e sputare il rospo, ne era certa -, ed in quel momento, precisamente in quel momento il cervello di Emma ripropose dispettoso il ricordo di una giornata ben precisa, un'epoca in cui goffi sentimenti contrastanti minacciavano le pareti di quel muro che l'aveva protetta per quasi un trentennio, facendole tremare sotto gli scossoni delle sensazioni che quello sguardo celeste sapeva scatenarle sottopelle. Ogni volta che la osservava, era come se facesse esplodere una bomba.
"...ed ora abbiamo un momento tranquillo" aveva detto,  mentre si avvicinava invitante e sbruffone, strappando a mani vive l'ennesimo mattone che proteggeva Emma Swan.
Era lo stesso uomo, che si godeva uno dei rari momenti di pace di Storybrooke. Un meritatissimo momento di pace, considerato il tumulto degli eventi dei mesi precedenti; Emma storse il naso.
Era lo stesso, eppure mai così diverso.
"Ci sono sempre delle crisi. Dovresti considerare l'idea di farti una vita tra una e l'altra, o potresti perdertela" la mente andò a ritroso, lo stesso uomo, lo stesso giorno, solo qualche ora prima.
Le si strinse la bocca dello stomaco al pensiero di cosa potesse preannunciare un'aria tanto greve e solenne.
Oh.
Oh.
"Killian, Killian, aspetta" le sue braccia si sollevarono da sole, le mani agitate a muovere l'aria davanti a lei nel disperato tentativo di farlo desistere. "Se stai per fare quello, io non credo di-" il tono le uscì più isterico del voluto, e non riuscì nemmeno a terminare la frase che lui comprese dove volesse andare a parare. Il sopracciglio sinistro raggiunse la medesima angolazione del destro e la interruppe senza troppe cerimonie: "Swan, non sto per chiedere la tua mano. Anche se a quanto pare è diventato il tuo chiodo fisso" inclinò il viso verso destra, l'uncino a compiere un semicerchio nell'aria accompagnando la scoccata.
Oh.
Emma riuscì finalmente ad espirare.
"Dopo tutto quello che ci è successo negli ultimi tempi ho bisogno di un discreto periodo di tranquillità prima di decidere volontariamente di immolarmi all'altare di David per aver osato bussare alla sua porta chiedendoti in moglie"
Scacciò il pensiero con un moto della mano, prima di abbandonarla sulla cintura dei pantaloni, ennesima abitudine che lei riconobbe nel momento stesso in cui le dita si accomodarono sopra il metallo della fibbia.
La salvatrice aggrottò le sopracciglia, cercando di celare lo sconcerto: "Sei davvero così all'antica da andarlo a chiedere a mio padre? ...Non importa. Comunque era esattamente quello che intendevo, eccezion fatta per la questione sacrificale"
"Tesoro... Se ti preoccupa l'idea che ti chieda di sposarmi, inizia pure a battere in ritirata, perché in quanto donna di un pirata, sto per fare di peggio"
Il modo in cui le sorrise, così apertamente da sembrare forzato, fu il quarto indizio inequivocabile a sostegno della sua tesi: Killian era teso.
Emma rimase a fissarlo a lungo, valutando quanto avesse bisogno di emanare un’ordinanza, in qualità di sceriffo, per vietare che espressioni come la mia donna e simili uscissero dalla bocca di Killian Jones in pubblico ed in orari clamorosamente in fascia protetta per permetterle di mantenere un certo contegno e quel minimo di sanità che le era rimasta. Avrebbe mai smesso di farle quell’effetto?
Lo osservò riordinare i pensieri, chiedendosi poi cos'avrebbe potuto terrorizzarla più di una proposta di matrimonio.
La sua mente volò in un'unica direzione impossibile, nella stessa maniera impossibile in cui lui ne intercettò nuovamente la traiettoria.
Fu il suo turno di corrugare la fronte. "Un figlio Swan, davvero? Viviamo insieme da un mese, pensavo fosse un lasso di tempo sufficiente a capire che non c'è bisogno di una gravidanza perché io soddisfi tutte le tue voglie" ammiccò senza ritegno, calcando volutamente le ultime parole, lo sguardo improvvisamente acceso, la lingua a saggiare sfacciata il labbro inferiore.
Emma sollevò gli occhi al cielo, sforzandosi di non ridere. "Ogni tanto dimentico di essermi innamorata di un maniaco" commentò, felice di sentirsi finalmente libera di dichiarare i propri sentimenti senza la paura che, una volta espressi, questi le scivolassero dalle mani. L'aveva liberata, mattone dopo mattone, fino a farsi sanguinare le mani. Ed anche dopo.
"E comunque, sono troppo giovane per diventare padre" concluse strizzandole l'occhio, nel tentativo di tergiversare.
Emma si diresse distrattamente verso il ponte di comando; la questione sarebbe andata per le lunghe, quindi tanto valeva mettersi comoda. Lo superò provocandolo con un "Hai solo trecento anni, come darti torto", prima di accomodarsi sul rialzo in legno che sosteneva il timone. Sfiorò con le dita le lettere che secoli prima Killian vi aveva inciso sopra, nelle sue lezioni di nautica ad un particolare bimbo sperduto.
Lui si voltò con nonchalance, seguì la linea che l'indice di lei tracciava sul legno rigato, la fronte distesa. Entrambi avevano fatto pace col proprio passato.
Sorrise sornione. "Un giorno volentieri, Emma. Fino ad allora possiamo continuare ad allenarci"
Le sopracciglia di lei presero di nuovo la direzione del cielo sopra di loro, una parte del suo cervello ribadiva quanto fosse un maniaco, l'altra non aveva comunque la minima intenzione di lamentarsene. Accavallò le gambe.
"Oh, se mai questa frase dovesse arrivare alle sue orecchie, David ti taglierà davvero l'altra mano"
"Oh" riprese perfettamente il suo tono, raggiungendola in pochi secondi "tesoro, di tutte le cose che non vede l'ora di tagliarmi da quando viviamo insieme la mano rappresenta lo scenario migliore, credimi"
La sua occhiata fu talmente eloquente che Emma non riuscì a replicare a quella che, senza dubbio alcuno, era una verità assoluta, anzi scoppiò a ridere.
"Bene, appurato ciò che non hai intenzione di chiedermi, perché diavolo mi hai trascinata qui, Hook?"
Emma accompagnò la domanda con la mano, che appoggiò sul petto di lui, appena sotto l'incavo del collo, beandosi per qualche istante del contatto tra i suoi polpastrelli e la pelle nuda di lui, libera dalla costrizione dei primi due bottoni della camicia scura che lasciava sempre sbottonati.
Lui la privò della vista dei suoi occhi, abbassandoli ad osservare la sua mano.
"Emma, sto provando a fare un discorsone qui, se mi tocchi diventa tutto più complicato" finalmente incontrò di nuovo il suo sguardo "sai che sono una personcina sensibile"
Lei sorrise di rimando, facendo scendere la mano in una carezza che terminò all'altezza dello sterno di lui, decidendo di stare al gioco. "Capitano, flirtare di meno, parlare di più"
Con gli occhi puntati sulla bocca invitante di lei, a Killian Jones ci volle tutto l'autocontrollo che aveva avuto secoli per forgiare per trattenersi dal baciarla, trovando come unico appiglio alla sanità il proprio labbro inferiore, in cui affondò gli incisivi quel tanto che gli bastò per arretrare di qualche centimetro, interrompendo il meraviglioso contatto tra i loro corpi.
"Per la miseria, Swan" grugnì quasi "sto cercando di fare il gentiluomo, non rendere tutto dannatamente difficile"
Di risposta quella alzò le mani in segno di resa, mentre lui arretrava ancora, fino a mettere una discreta distanza - di sicurezza - tra i due. L'occhiataccia che le riservò era tutta dedicata al cipiglio divertito che le si era dipinto in volto. Emma era consapevole dell'effetto che aveva su Killian, nella stessa misura in cui anche lui era consapevole di ciò che scatenava in lei. E non riuscivano a smettere di divertirsi a dimostrarselo a vicenda.
"Ok, ok, spara" anche Emma mise fine al gioco, così lui le diede nuovamente le spalle, alla ricerca della superficie piatta dell'oceano, in grado di calmarlo come nulla al mondo.
"Qualche tempo fa, Henry mi ha raccontato del suo castello", cominciò, e ad Emma corsero davanti agli occhi i primi momenti con suo figlio, a Storybrooke. Stentava a riconoscerlo, tant'era diventato grande, e stentava a riconoscere anche se stessa, nella sua folle paura di ritrovarsi a fare da madre al suo stesso figlio e di accettare una realtà impossibile, troppo fiabesca per incastrarsi nella realtà della sua vita le cui fattezze erano state diametralmente opposte, perfetta nemesi di ciò che in futuro sarebbe diventata.
Henry ed il suo castello, il suo rifugio, il suo pensatoio. Lo ricordava perfettamente.
"Mi è sembrato un tratto che doveva aver preso di certo dalla madre. Perché è stata la prima somiglianza che ho ritrovato tra me e te".
Finalmente si voltò, continuando: "Abbiamo imparato presto a stare da soli tutti e tre. Siamo diventati molto bravi a bastare a noi stessi. Ora siamo circondati da persone che ci amano, ma quella solitudine fa ancora parte di noi".
Emma ricordò con dolorosa precisione il momento in cui aveva risolto l'indovinello della mappa di Pan, ammettendo a se stessa di essere un'orfana, solo uno dei tanti esempi che non faceva altro che dare manforte alla teoria di Killian, che la osservava assorto lasciandole assimilare il significato di ciò che le stava dicendo.
Per quanto amasse la famiglia che aveva avuto la fortuna di ritrovare, non poteva cancellare il suo passato. Era stato quello a renderla ciò che era, nel bene e nel male.
Lui annuì, come se fosse riuscito a sondarle i pensieri ed averne seguito l'intero flusso.
Poi si avvicinò. "Il nostro modo di stare insieme" ed indicò con l'uncino prima se stesso e poi lei, "è qualcosa che non avevo mai provato prima. Milah ha abbandonato la sua vita per plasmarla alla mia. Era una donna ed era una madre e per me è diventata un pirata. L'ho considerato il più grande atto d'amore per più anni di quanti ricordi. Ma tu, Emma... Noi" lei assaporò il suono del pronome nel momento esatto in cui lo proferì, mai stanca della sfumatura speciale che assumeva solo nell'occasione in cui era lui a pronunciarlo "Casa nostra, come ti ho detto, è un piano per il futuro. Per quel noi. Ma è un noi che non eclissa te e me, due mondi diversi che per alcune ragioni non dovrebbero nemmeno coesistere. Una principessa ed un pirata. Un viaggio tra famiglie affidatarie e una vita a bordo di una nave, tra la Foresta Incantata e l’Isola che non c’è. Non dovrebbero nemmeno coesistere eppure si incastrano alla perfezione. E quel tratto di Henry in cui io ti ho rivista... Non è altro che l'ennesima sfaccettatura di te che amo. E a cui non voglio rinunciare. Sei solitaria, nella stessa misura in cui lo è anche tuo figlio e lo sono anche io. Perciò pensavo ad Henry che ha il suo castello, per quando ha voglia di pensare... Tu, se mai avessi voglia di un momento tuo, senza nessuno che ti disturbi... Bè, pensavo che potresti venire qui"
Terminò il suo monologo stringendosi nelle spalle, minimizzando il tutto come se fosse cosa da poco; non c'era più traccia di nervosismo alcuno nei suoi gesti né nel suo tono.
Anche stavolta aveva tolto un mattone, considerò Emma nella confusione del momento. Un enorme mattone, non del suo ma del proprio muro. Killian Jones aveva esorcizzato uno dei propri demoni personali nella stessa misura in cui Captain Hook aveva appena offerto quanto di più significativo, altruista e per molti versi romantico un pirata potesse mai offrire. Se qualche anno prima aveva barattato la sua nave per lei, ecco che ora gliela consegnava deliberatamente, insieme a tutto se stesso e ciò che era.
"La Jolly Roger è casa mia. Dal momento in cui viviamo insieme, mi sembra giusto che diventi anche tua"
...E a tutto ciò che sarebbe stato, nel perfetto equilibrio tra favola e vita reale che era il loro amore: un veliero che aveva il sapore di un castello delle fiabe, perfettamente adatto alla principessa che era, fuori dall’ordinario, lo stesso castello in cui suo figlio si rifugiava quando aveva voglia di essere se stesso e basta, e dove anche loro si sarebbero rifugiati, di tanto in tanto, con il passo tranquillo di chi non scappa dall'altro ma semplicemente non vuole scappare nemmeno da se stesso - senza eclissarsi per l'altro, come aveva detto lui. E a pochi chilometri dal molo la loro casa, più reale e meno fiabesca, fondamenta di quel noi conquistato con fatica, sacrifici, sbagli e una buona dose di ostinazione da parte di entrambi.
Emma aprì la bocca, poi la richiuse, poi i piedi si mossero da soli verso di lui e si fermarono solo nel momento in cui sentirono la necessità di sollevarsi sulle punte quel tanto che bastava per avvicinare il viso al suo, le fronti a sfiorarsi - tanti gesti tipici di lui e di lei che si ritrovavano in un gesto così tipicamente loro -, le labbra ad assaggiarsi timidamente in un bacio talmente carico di sentimento da non lasciare spazio ad alcun tipo di urgenza, gli occhi umidi ed emozionati legati a doppio filo col grosso nodo in gola che le impediva di parlare, specchio perfetto del momento che avevano condiviso quando lui le aveva confessato di aver finalmente trovato il proprio lieto fine: lei.

"Vedrai, lei è straordinaria" le assicurò poi, tra un bacio e l'altro, molti minuti dopo, quando il cuore aveva ripreso un ritmo meno preoccupante, incrociando le dita alle sue per invitarla a tornare sulla terraferma; aveva fatto del suo meglio per capire come funzionasse quell'aggeggio che portava al polso solo perché era stato Henry a farglielo trovare sotto uno strano abete decorato giusto un paio di settimane prima e, da quel poco che aveva capito, le lancette correvano furiose verso il punto in cui la pausa pranzo dello Sceriffo Swan sarebbe suo malgrado terminata.
"Ancora non riesco a superare il fatto che tu ti riferisca alla tua nave come se fosse una donna" incalzò Emma dopo che lui l'ebbe cavallerescamente aiutata a poggiare i piedi sulla banchina, il tono genuinamente incredulo.
"Se non ti conoscessi bene direi che sei gelosa..." non riuscì a resistere dal restituirle quel favore, memore di un viaggio nel tempo in cui non avrebbe mai pensato che il fastidio gli tappasse la bocca dello stomaco vedendo il se stesso di molti anni prima. E vedendo Emma scoprire centimetri di pelle che lui stesso non aveva ancora avuto il privilegio di vedere, mentre allentava il suo corsetto in quella taverna, fin troppo bendisposta a farli vedere precisamente alla vecchia copia di sé.
Sorrise e le avvolse le spalle col braccio buono, mentre, incamminandosi, si premurava di non darle il tempo di reagire prima di concludere: "E a ben pensarci ne hai tutte le ragioni: hai idea di quante volte lei mi abbia visto completamente nudo nell'arco di centinaia di anni?"







 

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Niente, siccome temo di cadere nel baratro domenica notte col mid season finale, gioco d’anticipo e compenso col miele.
Mi diverto a scrivere di loro perché sono il classico esempio di coppia che è in grado di riempire di sottotesto VM18 anche la più tranquilla delle conversazioni. Mi diverto a tal punto che questa era nata come una drabble di 100 parole scarse (l’ultimo scambio di battute), che ho poi rimpolpato e rimpolpato fino a perdere leggermente il senso della misura. Ho finito per studiarla più di quanto avessi intenzione, inserendo un sacco di rimandi a varie scene spalmate in più o meno tutte le stagioni.
Titolo e strofa iniziale rimandano a questa canzone: https://youtu.be/44GmZdn6_oo , perché la trovo molto loro, e io sono di uno scarso e di uno strano incredibile coi titoli, altrimenti avrei finito col chiamarla “Castello”... e vorrei vederla la vostra espressione quando scorrete la lista di fanfiction sotto la categoria Once Upon a Time e beccate una sfasata che ha dato un titolo simile alla sua storia

C.

   
 
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