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Autore: Layla    06/12/2015    0 recensioni
Phoebe è attratta da Ashton, anhe se ciò fa soffrire Pete.
Ashton è attrattto da Phoebe e farà in modo che lei lo ami.
Engel deve fare i conti con i debiti per la droga e opterà per un'opzione radicale, ma giusta.
Ava, sua sorella Soledad e Jenna Mcdougall soffrono per questa situazione.
Pete trova una ragazzae una band con cui realizzare il suo sogno.
Perché la ruota gira per tutti e, a volte, le cose finiscono bene.
{Seguito di "Everything is magic "
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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1)Show me the world that's inside your head

 
Phoebe p.ov.

 
Dicono che il primo giorno dell’anno sia un ottimo momento per lasciarsi alle spalle il passato e iniziare tutto da capo.
Perché non provarci?
Quest’ anno è stato pieno di brutte cose – perdere il lavoro, la casa – ma anche di belle cose come lasciare la casa del bastardo, diplomarmi e ritrovare mia sorella.
Non nego che sono stata preoccupata per come l’ho ritrovata e che ho temuto di perderla, ma adesso che la guardo mentre è sulle spalle di Michael con un fumogeno in mano non posso fare a meno di pensare che non l’ho mai vista così felice.
Credo che dopotutto quel ragazzo le faccia davvero bene, forse le fiabe moderne come stare con un membro di una band si possono realizzare.
Io sono Phoebe Della Morte, la sorella di Hyena, la ragazza di Michael Clifford dei 5 Seconds of Summer.
Forse qualcosa sta già cambiando, stasera ho parlato praticamente solo con Ashton Irwin, il batterista. È un ragazzo davvero simpatico, sempre pronto a ridere per qualcosa e – diciamocelo – bello. Hai dei riccioli dorati fantastici, ti fanno venire voglia di accarezzarli e giocarci, gli occhi tra il verde e il castano, un fisico da paura e due fossette assassine.
Una mano che si intreccia alla mia pone fine alle mie elucubrazioni, istintivamente mi irrigidisco, ma quando vedo che è Ashton mi rilasso.
Non sono mai stata una che corresse con i ragazzi, ma con lui mi viene naturale.
Non mi sembra sbagliato un contatto così intimo.
Senza dire nulla appoggia la testa alla mia spalla e guarda in direzione di mia sorella.
“Sono davvero carini, vero?
Non ho mai visto Michael così felice e preso da una ragazza, se non ai tempi della sua mitica ex.”
“Layla me ne ha parlato, Liz, giusto?”
“Giusto.”
“Comunque sono davvero carini, mia sorella rinasce quando sta con lui. La vedo così felice e sono felice per lei, scusa il gioco di parole.”
“Perdonata.
Senti, tra poco ce ne andremo e mi piacerebbe che mi facessi visitare New York, i tuoi posti preferiti.”
Io trattengo il fiato.
“È un appuntamento?”
“Possiamo vederla così. Di solito non sono uno che corre, ma tra poco ce ne andremo e voglio conoscerti meglio perché mi piaci sul serio.”
“Woah.
Sai una cosa? Anche io provo le stesse cose e domani ti farò vedere la mia New York, spero ti piacerà.
Ho paura solo di una cosa.”
“Cosa?”
“Cosa succederà quando te ne andrai?”
Lui rimane un attimo in silenzio.
“Mi piace pensare che se giocherò bene le mie carte tu accetterai di venire con me.”
 Sento le farfalle nello stomaco.
“Allora, giocale Ashton.”
Gli dico dolcemente, accarezzandogli un mano.
“Dove sono Pete e Demi?”
Gli chiedo poi per cambiare discorso.
“Sono andati via e, a giudicare dalla faccia della Lovato, lui le ha dato un secco due di picche.”
“Bene.”
“Come mai?”
“Non so, non ce li vedevo. Per me in lei cercava una mia sostituta e sbaglia perché c’è già una ragazza che gli muore dietro, lui deve solo capirlo.”
“Sei tu?”
“Nah, una ragazza di nome Genesis. La conosco perché spesso faceva i compiti con noi e so che a lei piace Pete.”
“Ehi, piccioncini!”
Urla Luke.
“Entrate, finché non ci sono quelle due spugne di Cal e Mickey festeggiamo.”
“Sono sostituite da Alex e Jack.”
Ridacchia Ash.
“Ehi, Miao. Io bevo solo il giusto.”
Risponde Jack facendo ridere Hayley.
In ogni caso facciamo come ci è stato detto ed entriamo, è piacevole entrare in un ambiente caldo dopo essere stati fuori al freddo. In un angolo c’è Fanny – il fantasma di casa – che mi saluta allegramente, evidentemente contenta di vedere la casa animata.
Devo chiedere a mia sorella e ad Ava di iniziare un allenamento per sviluppare i miei poteri, perché da quando ho lasciato quel lager stanno diventando più forti.
Maja mi passa una bottiglia di birra e Luke rimette del pop punk con il volume al massimo, sono i blink e Alex cerca di cantare “I miss you” con esiti disastrosi. Sbaglia tutte le entrate e a causa della voce resa strascicata dall’alcool fa una misera figura.
Con gentilezza Jack e Zack riescono a convincerlo a sedersi su divano e a stare buono, io mi godo lo spettacolo bevendo dalla mia bottiglia.
Se ci fosse Hyena…
Proprio in questo momento la porta si spalanca ed entrano Cal, Ava, Mickey e Hyena.
“Bastardi, perché non ci avete aspettato?”
Urla il kiwi.
“Perché siete delle spuuugne.”
Urla Alex.
“Ma sentilo! Lo dici tu con quella voce!”
Mia sorella si avvicina sorridendo e nota che io e Ash siamo ancora attaccati.
“Sono felice di sapere che hai fatto amicizia con Ashton.”
“Domani l’ho invitata fuori.”
“Bravo, micio. Trattala bene o te la vedrai con me.”
“Hyena, tu e Ava dovete iniziare a spiegarmi come funzionano i miei poteri. Si stanno rafforzando, vedo Fanny.”
“Sta bene. In tour ci sono lunghe pause.”
Mi fa l’occhiolino e poi se ne va con Mike.
Come cavolo ha fatto a capire che sarei venuta con loro?
A volte dimentico che lei è una strega con tutti i poteri sotto controllo!

 
La mattina dopo vengo svegliata da qualcuno che mi scuote per le spalle.
“Eddai, Pete. Aspetta un attimo, oggi non devo lavorare. Mollami.”
“Non sono Pete.”
Mi risponde la voce di Ashton, istintivamente mi seppellisco nelle coperte, come a voler scappare dalla mia figuraccia.
“Scusa, scusa, scusa.
Di solito Pete mi sveglia quando io devo andare a lavorare e lui è a casa.”
Riemergo rossa dalle coperte, lui mi dà un buffetto gentile sulla fronte.
“Non sono arrabbiato, ma è ora di svegliarsi, principessa.
Inizia la nostra giornata.”
“Ok, mi faccio una doccia e arrivo.”
Lui esce dalla mia stanza e io afferro un paio di jeans puliti, una maglia nera e una camicia a quadri viola e neri. Mi faccio una doccia veloce, mi vesto, mi trucco e mi calco in testa uno dei mie innumerevoli cappellini: questa mattina è viola con la scritta NY dorata.
Scendo al piano di sotto e vedo la casa devastata, Alex dorme in un angolo accanto a Zack, Rian è su una poltrona e abbracciati sul divano ci sono Jack e Hayley.
“Non vorrei essere qui quando dovranno risistemare questo casino.”
“Nemmeno o e infatti non ci saremo. Andiamo, prima che se ne accorgano.”
Mi metto gli anfibi e un cappotto militare e lo seguo fuori. Inutile dire che non c’è nemmeno un’anima, ci sono solo i resti dei festeggiamenti di questa notte.
“Dove andiamo?”
“C’è un Mac sulla quindicesima strada che fa una colazione buonissima.”
“Ti seguo.”
Io annuisco e mi dirigo verso la fermata del metro, scendo le scale, litigo con la macchinetta per avere due biglietti giornalieri, per evitare di comprare un biglietto a ogni cambio. Porgo il suo ad Ashton e poi aspettiamo che arrivi la nostra corsa.
“Cosa fanno di bello lì?”
“Uova e bacon, muffins, pancakes con lo sciroppo d’acero, crepes, brioches, cappuccino, the, quello che vuoi.”
“A te cosa piace?”
“Amo i pancakes e i muffins, sono buonissimi secondo me. Hyena dice sempre che le ricordano quelli che faceva mamma, vorrei potermelo ricordare anche io.”
Lui mi stringe una mano.
“Scusa, non volevo distruggere così l’atmosfera, ma mi manca.
A volte vorrei qualcuno a cui chiedere dei consigli.”
“È normale, anche a me mancherebbe mia madre, hai qualche sua fotografia?
“Per la mia Quinceañera Ava mi ha regalato un album di sue fotografie, l’hanno fatto lei e Layla.”
“Cos’è la Quinceañera
?”
“È una festa dell’ America Latina per le ragazze che compiono quindici anni, da quel momento non sei più una bambina, ma una donna.
“Capisco, è un bel pensiero.”
“Ed è arrivata la nostra fermata, scendiamo.”
Lui non toglie la mano dalla mia e io non lo allontano così saliamo mano nella mano la scala e ci troviamo davanti all’affascinante spettacolo di una New York semideserta e ancora un po’ innevata.
Camminiamo per un po’, poi arriviamo davanti all’insegna inconfondibile di un Mac Donald ed entriamo, c’è solo una persona che serve ed a lei che ci rivolgiamo.
“Io vorrei un McMuffin menù con un paio di pancakes in aggiunta.”
Le dico sorridendo, lei annuisce con aria un po’ rintronata.
“E tu cosa vuoi?”
Chiede ad Ashton.
“Il menù con il bacon e le uova e pancakes anche per me.”
“Come fai a mangiare una roba del genere alle otto del mattino? A me viene da vomitare solo a pensarci.”
“Sono un ragazzo, funziono in modo diverso.”
“Sarà….”
Poco dopo la ragazza ci porge i nostri menù, noi due ci sediamo a un tavolo con vista sulla via. È tutto buonissimo come ricordavo, ma oggi sono impaziente e un po’ preoccupata: voglio sentire l’opinione del batterista.
“Hai ragione. In questo posto la roba è buona, questo bacon ricorda quello che fa mia sorella. Di solito lo cucina per me quando torno a casa dai tour.”
Io sospiro internamente di sollievo.
“Eri sulle spine?”
Il suo tono è sorpreso.
“Sì, non so perché, ma avevo paura che non ti piacesse questo posto.”
Lui sorride senza dire niente e continuiamo a mangiare.
Spazzoliamo tutto in un tempo record, poi io mi batto una mano sula pancia – poco elegante, lo so – e mi guardo attorno.
“Adesso cosa vuoi mostrarmi?”
“La via dello shopping, di solito vengo a darci un’occhiata sognando di avere abbastanza soldi per comprarmi qualcosa, anche solo per senso di rivalsa. Poi… vado in Central Park, perché mi piace molto il laghetto con il ponticello e – quando c’è – alla pista di pattinaggio sotto l’albero di Natale.
Ti proibisco di comprarmi qualcosa, anche se sono sicura che sarà tutto chiuso.”
Lui sbuffa, io sorrido di nascosto.
L’ho sgamato!
Ci alziamo e – dopo aver buttato gli avanzi nel bidone della spazzatura e lasciato i vassoi nell’apposito posto – andiamo verso la quinta strada.
Tutti i negozi sono chiusi, ma le vetrine scintillano comunque e mostrano tutte le firme dell’alta moda italiana e di tutto quello che si può considerare lussuoso.
Io guardo tutto con una sorta di rimpianto e lui se ne accorge.
“Non è il tuo look, perché vuoi una di queste cose?”
“Per dimostrare che ce l’ho fatta. Sogno di aprire una pizzeria mia e di farla diventare uno di quei locali alla moda in cui paghi tutto il doppio del normale e comprando qualcosa qui dimostrerei a me stessa che anche una nullità può diventare ricca e potersi comprare queste cose. È una sorta di questione di principio.”
Lui rimane serio.
“Ti auguro di realizzare il tuo sogno. Mi preparerai una pizza, un giorno?
Io sorrido.
“Anche domani, se ci sono gli ingredienti.”
“Davvero lo faresti?”
“Mi piace cucinare per le persone a cui voglio bene.”
Ammetto rossa.
“Sono felice di sapere che mi vuoi bene.”
Come al solito mi ha strappato più di quello che volevo concedergli, non so come faccia, ma ci riesce e i miei principi, la mia solita calma vanno a farsi benedire.
Dopo un’ora trascorsa nelle vie dello shopping mano nella mano – se ci vedessero i paparazzi! – li mi guarda, forse per chiedermi cosa fare, ma io lo precedo.
“Non hai paura che ti vedano i paparazzi o le fans?”
“A quest’ora non c’è in giro nessuno, sono tutti a letto e poi non mi dispiacerebbe rovinare gli strani parings delle fans per te.”
“Leggi le fanfictions che scrivono su di te?”
Gli chiedo incredula, facendolo ridere.
“No, di solito sono Cal e Luke a farlo senza dirlo ad Ava e Maja. Sospetto che Maja lo sappia, però.
Mi dicono cosa scrivono e non so bene cosa pensare a riguardo, ogni tanto mi sento un pupazzo nelle loro mani, soprattutto quando scrivono storie su me e i miei amici che ci amiamo.
È strano, ma chi li bacerebbe mai quelli!
Dove andiamo, comunque?”
“Ogni tanto vado al MOMA, ma immagino sia chiuso.”
In effetti arriviamo davanti al grande edificio bianco a forma di spirale per trovarlo chiuso.
“E adesso?”
“Central Park. Amo farci delle passeggiate, quando le cose mi vanno male mi aiuta ad accettarle così come sono.”
Lui annuisce.
“Mi piace stare in mezzo alla natura, mi aiuta a pensare.”
Cerchiamo uno degli ingressi del parco ed entriamo, le mie gambe si dirigono da sole su un sentiero che porta a un laghetto attraversato da un ponte: il mio posto preferito.
Ashton mi segue guardandosi intorno curioso, immagino stia registrando le macchie di neve e la vegetazione, le panchine, alcune occupate da barboni. Di solito la polizia li fa sloggiare, ma oggi è la mattina del primo dell’anno e – come ha detto lui – sono tutti a dormire e anche i barboni possono alloggiare nel salotto verde di New York.
“È bello qui, davvero rilassante.
Stiamo andando in un posto preciso?”
“Sì. Al mio posto preferito.”
Incontriamo solo un paio di persone che fanno jogging e un altro paio con i loro cani.
“Mi piacciono i cani.”
“Anche a me, ma preferisco i gatti e le tartarughe. Spero di poterli avere un giorno.”
Alla fine siamo arrivati al ponticello, ci fermiamo esattamente al centro e io guardo verso il lago.
“Questo è, in assoluto, il mio posto preferito. Mi piace guardare il lago.”
Lui annuisce.
“È molto bello!”
All’improvviso mi prende la testa tra le mani, io trattengo il respiro – sì, è troppo presto per un bacio, ma non mi dispiacerebbe – lui sembra capire che non sono del tutto pronta perché mi bacia una guancia.
Va bene anche così.

 
Le passeggiate mettono fame ed è quasi mezzogiorno e mezzo, così – con una punta di rimpianto – lasciamo il parco.
“Dove pranziamo?”
“Oh, vedrai!”
Lo porto a un chiosco che vende kebab che ha anche alcuni posti a sedere all’interno.
“Ti piace il kebab?”
“Ehm, abbastanza. Lo mangio poco, però.”
“Se non ti piace possiamo andare da un’altra parte.”
“No, va bene.”
Stringe la mia mano ed entriamo insieme.
“Ciao, Phoebe!”
Mi saluta il proprietario.
“È il tuo ragazzo?”
“Solo un amico.”
Lui mi rivolge uno sguardo malizioso.
“Il solito?”
Io annuisco.
“Tu cosa vuoi?”
“Uno senza salsa piccante.”
“Va bene, sedetevi.”
Io e Ash occupiamo uno dei tavolini e aspettiamo, nel frattempo il kebabbaro si informa sulla mia vita come fa sempre e mi racconta frammenti della sua, compreso il fatto che sua moglie è finalmente arrivata dal Pakistan. Ash non parla molto, se ne sta seduto sul suo sgabello e si guarda intorno come ha fatto per tutta la mattinata. Non capisco cosa ci sia di così interessante o da poter memorizzare qui.
Finalmente ci portano il cibo e io lo guardo negli occhi.
“Scusa per averti ignorato.”
“Non c’è problema, mi piace ascoltare i discorsi della gente e poi mi piace vedere come ti comporti nel tuo ambiente. Non è un modo di condividere la nostra intimità?”
Io arrossisco e do un morso al kebab, cinque secondi dopo e con la salsina bianca che mi cola sul mento mi do della scema. Come mi è venuto in mente di portarlo quando so benissimo che quando mangio il kebab sembro una reduce dal deserto del Sahara.
Cerco di nascondermi con scarsi risultati e poi lui sabota tutti i miei tentativi, facile per lui!
Lui rimane sexy anche con la salsa che gli cola, io sembro solo… oscena. Una specie di pornostar di quinta categoria.
“Lo fanno veramente buono il kebab qui.”
Mi dice quando usciamo, io ho gli occhi incollati a terra.
“Che c’è Phoebe?”
“Niente. Andiamo a prendere la metro che ci porterà al traghetto di Staten Island, giuro che non ti porterò alla discarica.”
“Phoebe, dimmi cosa c’è?”
“C’è che mi vergogno del fatto che tu mi abbia visto mangiare kebab, sono stata un brutto spettacolo.”
“Ma no.”
“Sì, andiamo.”
Marcio verso l’entrata della metro più vicina, ma lui mi prende per un polso e mi fa voltare.
“Non ti devi vergognare, per me eri carina anche così. Non hai nessun motivo per vergognarti.”
“Grazie.”
Borbotto poco convinta, ma almeno mi lascia andare e posso raggiungere la metro. Altro giro, altra corsa.
Saliamo su un convoglio che ci porterà a Staten Island, l’atmosfera è ancora un po’ tesa, ma spero si calmerà quando vedrà le case tipiche dell’isola e la spiaggia.
Scendiamo alla nostra fermata e io prendo due biglietti per il traghetto, che è praticamente deserto tranne per noi e altre cinque persone.
Durante la traversata io gli indico i vari quartieri, il ponte di Verrazzano e la nostra meta, dicendogli che oltre a cose molto belle ospita anche una gigantesca discarica.
Lui non sembra prendersela, al contrario ascolta attentamente quello che gli dico e annuisce più volte.
Sbarchiamo e io lo porto a visitare la parte storica, l’altra parte è formata da edilizia popolare e non vale la pena di essere vista. Gli indico le case che – nella parte storica – sono in stile coloniale, sono a due o a tre piani dipinte di colori chiari e con il legno in vista. Di solito al primo piano hanno un grande portico, poi ci sono il secondo e il terzo piano che si restringono progressivamente. Non è raro vedere finestre a bovindo al secondo piano.
Queste case sono state costruite all’inizio del Novecento e hanno una loro sobrietà che le rende belle e inconfondibili, le chiamano “le casette di Staten Island” e qui le conoscono tutti.
Lui le osserva a bocca aperta, come un bambino davanti a un gigantesco regalo.
“Mi piacerebbe vivere qui, queste case sono coì belle e sembrano in armonia con la natura.
Deve essere rilassante vivere qui.”
“Sì, se ignori la discarica. Era una delle più grandi del mondo, qui sono stati scaricati i detriti di Ground Zero, poi l’hanno chiusa nel 2002. Dicono che ci faranno un altro parco, uno dei più grandi del mondo, dedicato all’Undici settembre.”
“Oh, non lo sapevo.”
Io sorrido senza sapere perché, forse perché sorride anche lui e alle sue fossette non si può resistere.
Lo porto a visitare il teatro storico in stile liberty e poi ci dirigiamo al mio posto preferito: la spiaggia.
È nella parte storica e vi si accede tramite un cancellino dipinto di bianco.
“Questo credo che sia il mio posto preferito in assoluto: la spiaggia!”
“Bello, amo le spiagge! Sono un australiano d’altronde.”
Senza dire nulla lo prendo per mano e lo trascino verso la battigia.
“Mio padre portava qui me e mia sorella da piccola, ci divertivamo a raccogliere conchiglie.”
Lui si abbassa, ne prende una bianca e perfetta – sembra una di quelle disegnate – e me la porge.
“Per te, Pixie.”
“Grazie, Ashton!”
Gli dico sorridendo e rigirandomela tra le dita: è bellissima.
“È bellissima davvero, grazie mille.”
Gli sorrido, ma lui mi guarda assorto.
La sua mano scivola mia dalla mia e si appoggia sulla mia guancia, questa volta non ci sono esitazioni mi bacia. A me non sembra sbagliato, anzi è naturale.
Al posto giusto ne momento giusto.
All’inizio è un bacio leggero – sufficiente a scatenare le leggendarie farfalle nello stomaco – poi si approfondisce e diventa passionale.
“Per fortuna che volevamo andarci piano.”
Esclamo ridendo quando mi stacco.
“Non ti è piaciuto?”
Per tutta risposta lo bacio con la stessa passione di prima.
“Ti basta come risposta?”
“Oh, sì!”
Mi prende per mano e riprendiamo la nostra passeggiata accarezzati dai raggi del sole che muore nell’oceno.
Questa è stata una delle giornate più belle della mia vita e lo devo a lui.
Sta decisamente giocando bene le sue carte!

 

   
 
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