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Autore: Miriam_M    06/12/2015    1 recensioni
“Spero tu sia felice!” esclamo. So che questa è la fine. Guardo la mia amica andare via con il sole fuggitivo di questo freddo inverno. Ripensando a come è iniziata questa storia mi sorprendo non sono capace di trattenere un sorriso …
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No, signori, non riesco a scrivere storie dello stesso genere, devo sempre spargere i miei scritti in miliardi di fandom, perchè l'ispirazione ama farmi scherzi molto cattivi, recensite numerosi, se vi fa schifo ditemi il perchè, e se questa storia vi piace vi consiglio di leggere anche "Milla" e "Ricordo", venute fuori dalla mia mente annoiata, vi lascio alla storia.
Miriam
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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    IL PARCO DEI SEMPREVERDI

“Spero tu sia felice!” esclamo. So che questa è la fine. Guardo la mia amica andare via con il sole fuggitivo di questo freddo inverno. Ripensando a come è iniziata questa storia mi sorprendo non sono capace di trattenere un sorriso …

Ero seduta su una panchina nel parco vicino casa. I sempreverdi si stagliavano imponenti sui passanti che li guardavano meravigliati, forse perché gli alberi che non ingialliscono danno un’illusione di eterna giovinezza, e chi non ha paura di invecchiare? Una ragazza si sedette accanto a me. “Ti sei mai sentita sola?” mi chiese. Io lì per lì pensai – Ma cos’è tutta questa confidenza? Neanche mi saluta e mi fa una domanda senza senso … sarà meglio rispondere e tornare a casa – e infine risposi “Sentirsi soli fa parte della vita, l’importante è superare la cosa”, vi lascio scegliere cosa sia più divertente: il fatto che una risposta generale come quella non l’avesse soddisfatta per nulla o il fatto che dopo iniziammo a passeggiare per il parco dei nostri interessi. Ci demmo appuntamento per il giorno dopo e da lì continuammo per tutta l’estate.

Vanessa aveva capelli castano scuro, tendente al rosso, i suoi occhi scuri avevano un che di triste, qualunque espressione assumesse il suo viso dai lineamenti aguzzi, la statura era l’unica cosa nella media che avesse. Non so come descrivere il suo carattere, c’erano giorni in cui non smetteva mai di parlare e altri in cui si limitava a volgere lo sguardo al cielo limpido e ascoltare qualunque cosa le dicessi, fu in uno di quei giorni che mi rivelò il perché del suo tormento:”Mi sento sola” disse, qualcosa mi impedì di rispondere e lei continuò “Sto per iniziare una nuova scuola, le persone che vedevo prima sono sparite, chi per un motivo, chi per un altro” l’ascoltai in silenzio, non sapevo come aiutarla, così risposi “La paura della solitudine porta a restare soli”, il nostro dialogo finì lì e il cielo azzurro continuò a riempire i miei occhi e i miei pensieri.

Quando la scuola iniziò continuammo a vederci nel parco. Vanessa continuava a raccontarmi dei suoi compagni di classe di cui alcuni decisamente ridicoli come una ragazza che sembrava si nutrisse solo di olive denocciolate a vederla, ma che già dalla seconda ora di lezione iniziava a divorare una coscia di bue fra due pezzi di pane che aveva l’audacia di chiamare panino e di cui teneva sempre una scorta nello zaino, oppure un ragazzo che con un timer sincronizzato con l’orologio della scuola a 10 secondi dalla fine dell’ultima ora iniziava un countdown che terminava col suono della campanella, o ancora una specie di angelo caduto in terra (parole sue) di nome Ignazio che andava in giro con un sorriso da perfetto imbecille stampato in faccia (parole mie) felice e contento della sua immaturità (su questo eravamo d’accordo). Sembrava davvero una classe divertente, non credo fosse lo stesso per gli insegnanti, o i genitori, o il ministero dell’istruzione, ma non credo vi interessi. Tornando a Vanessa, penso abbiate intuito l’amore che legava la mia amica a colui che girava felice come un cretino, ovviamente non era corrisposto, ma inventare vendette astruse e che includessero il maggior numero di personaggi, estratti da una ciotola di vetro piena di nomi presi a caso dalla guida tv, era troppo divertente per dimenticarlo.

Gli unici momenti in cui smettevamo di ridere giungevano nel momento in cui la gente iniziava a guardar male Vanessa, per ragionevoli motivi, e io ero costretta ad andarmene, per non creare altri problemi.

Camminare sulle foglie cadute in autunno per me e Vanessa era la cosa più bella del mondo. In quel periodo vedevo Vanessa sempre più felice, quello strano alone di tristezza che di solito oscurava gli occhi della mia amica stava pian piano svanendo, come se le sue nuove amicizie come una spugna lo avessero lavato via, un po’ mi dispiaceva, quella sottigliezza la rendeva unica, ma è più importante essere felici di essere speciali.

Un giorno portò al parco il suo album da disegno e un carboncino. Aveva deciso di farmi un ritratto, ma non ci riusciva consumava fogli su fogli nel tentativo di ritrarmi, ma invano. In quel momento si rese conto, a giudicare dalla sua espressione.

 
Adesso la guardo andare via, dopo la nostra ultima giornata al parco. Ormai non ha più bisogno me, so che svanirò dalla sua memoria come un ricordo di un incubo, ma credo di esserle stata di aiuto. E per chi non l’avesse capito, io sono la sua amica immaginaria.
   
 
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