Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |       
Autore: _Sam12    07/12/2015    2 recensioni
Non sapeva dire cosa l'avesse colpita di lei, forse una parola o il modo in cui piegava di lato la testa quando sorrideva. Rimase tra i suoi pensieri tornando quando meno se lo aspettava.
Si incontrarono per caso ad una gita, e si ritrovarono per caso anche in seguito, come a chiedersi cos'è a questo punto che può avere davvero senso.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 1


Bip Bip Bip!

Al suono della sveglia sbattei le palpebre più volte cercando di tornare alla realtà e, quando realizzai che giorno era, affondai il viso nel cuscino nel vano tentativo di soffocare.

Se avessi fatto finta di niente sarei potuta rimanere a letto tutta la mattina e non andare a quella stupida gita parrocchiale di tre giorni.

Mi si strinse ancora di più il cuore quando decisi di lasciare le coperte.

Mi lasciai scivolare ai piedi del letto e infilai la vestaglia per non congelare.

Scesi le scale, aprii la porta del bagno e mi sciacquai il viso per poi guardarmi allo specchio.

Mi feci una smorfia: ultimamente era diventato il mio modo affettuoso per darmi il buongiorno.

In cucina mi versai il latte nella tazza e lo guardai ondeggiare prima di ordinare al mio stomaco di ingurgitarlo.

Noiosa. Sì, ero incredibilmente noiosa.

Un piccolo concentrato di noia, ansia, tristezza ed euforia.

Ero pronta a scoppiare, su quello non c'era dubbio, sarebbe bastata solo una piccola spinta e sarei rotolata giù senza fermarmi.

“Sei pronta? Arriveremo tardi...” disse mia madre entrando in cucina, mi scoccò un bacio sulla guancia e continuò “Cos'è quella faccia scura? Vedrai che andrà tutto bene e ti divertirai.” e allora esibì un enorme sorriso.

Era quasi doloroso per me vedere quanto mia madre si preoccupasse e non vedesse l'ora che la sottoscritta avesse tanti amici e una vera vita sociale.

Ed era inutile ripeterle che le mie quattro o cinque amiche le avevo, perché comunque finivo sempre per passare troppi sabati sera da sola in casa.

Cosa ci potevo fare se ero timida e impacciata?

Scossi la testa ricordando come mi avesse a tal punto sfinita con questa gita che alla fine avevo accettato di parteciparvi per non distruggere l'equilibrio familiare.

Mi sedetti in auto con lo zaino sulle ginocchia e fissai lo sguardo fuori dal finestrino: sarei stata fuori solo due notti, ma questo non bastava a tranquillizzarmi, dato che in qualunque caso non avrei conosciuto nessuno.

Mia madre continuò a ripetermi che non sarebbe stato male come credevo e a chiedermi se avevo ricordato questa o quella cosa, dopodiché accendemmo la musica e rimanemmo in silenzio.

Arrivammo appena in tempo, infatti, benché teoricamente in orario, tutti erano già saliti sulla corriera e mancavo in pratica solo io.

Salutai mia madre che ostentava ancora un sorriso soddisfatto e corsi dai catechisti.

“Sono Emma Castelli...Scusate il ritardo, io...”

“Nessun problema, sei arrivata appena in tempo! Sali, sali pure...” mi accolsero gentilmente i due adulti che indossavano dei berretti rossi alquanto discutibili.

Salii i gradini blu della corriera e fui immersa da un frastuono di risate e grida.

Arrossii in imbarazzo: avrei dovuto prendere posto accanto alla prima persona sconosciuta che mi fosse capitata, infatti tutti gli altri si erano ormai già seduti.

Incespicai fino a metà corridoio, dove come un miracolo mi apparve una coppia di sedili vuota, mi accorsi purtroppo subito dopo che sul sedile accanto al finestrino erano stati gettati una giacca e uno zaino.

Trattenni un sospiro e mi sedetti per sottrarmi ad una qualsiasi occhiata curiosa.

Mia madre mi aveva pregata di venire per fare amicizia e ora quella era l'ultima cosa che mi sentivo in grado di fare: scendere direttamente prima che la situazione degenerasse sarebbe stata la scelta migliore.

“Scusa..” mi disse una voce accanto a me: vidi di sfuggita il viso del ragazzo che doveva essere il mio vicino e mi strinsi contro il sedile per lasciarlo passare.

Tutto stava diventando sempre più imbarazzante, infatti non sapevo mai come comportarmi o approcciarmi con dei ragazzi.

Intendo dire che mi chiedevo sempre se fosse giusto essere molto socievole o comportarmi come se non mi interessasse conoscerli, e in tal caso ero spaventata dall'idea che uno qualsiasi di loro pensasse che ero interessata a lui.

Allo stesso tempo avrei preferito moltissimo giocare con loro a palla piuttosto che parlare di unghie con le altre ragazze, anche perché di unghie non ne sapevo nulla, ma finiva sempre che le poche volte che provavo ad unirmi a loro, qualche ragazza riusciva a dire che ci stavo provando, mentre i ragazzi in questione non mi consideravano mai troppo e si rifiutavano di passarmi la palla.

Quindi con tutti questi drammi nella mia piccola testolina decisi che per il viaggio sarei stata zitta e non gli avrei rivolto la parola se non per necessità di vita o morte.

Gli lanciai un'occhiata di sfuggita mentre cercavo qualcosa nello zaino: da quello che riuscivo a vedere, dato che in quel momento era voltato verso il finestrino e mi dava in pratica le spalle, era carino: capelli castano scuro e lineamenti delicati.

Un ragazzo dal sedile davanti al nostro si voltò verso di noi ed esclamò: “Ehi Vale! Sei venuta anche tu!”

“Gio! Non pensavo di trovarti qui! Come va?” rispose la persona seduta accanto a me esibendo un enorme sorriso.

La mia testa si bloccò interdetta: Vale?

Mi voltai per guardare il mio vicino e arrossii rendendomi conto che effettivamente era una ragazza.

“Ehi Vale, che hai fatto a questa povera ragazza qui accanto?” disse ridendo il ragazzo che si chiamava Gio “Sembra che qualcuno le abbia appena tirato uno schiaffo.” e allora mi squadro divertito.

“La mia bellezza sconvolgerebbe chiunque. Quante volte dovrò ripetertelo?” rispose Vale all'amico, poi si voltò verso di me “Tutto bene?”

“Sì, sì, scusa...io...mi sono ricordata di aver dimenticato lo shampoo e...” balbettai imbarazzatissima.

I due amici risero e Vale esclamò: “Ma non preoccuparti, te lo presto io...magari siamo anche in stanza insieme!”

Annuii ringraziando e tornai a fissarmi le scarpe.

Irrazionalmente fui presa da un'ansia terribile e presi una cicca per smorzare questa assurda tensione in qualche modo.

Non sapevo bene perché, ma all'improvviso l'idea di stare in camera con lei mi terrorizzava.

Ma c'erano davvero poche probabilità che succedesse, no?

Ero la solita stupida che doveva stare in ansia per qualsiasi cosa anche senza motivo.


  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _Sam12