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Autore: Wyatt White    07/12/2015    4 recensioni
Edward è un ragazzo anglo-coreano di diciotto anni che, dopo aver vinto un concorso per imitatori degli SHINee, dovrà convivere con gli stessi componenti del gruppo musicale che sconvolgeranno tutti i suoi equilibri.
[accenni JongKey]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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É passatà un'ora da quel suo ultimo messaggio ma ancora non ha trovato la forza per rispondergli.
Avrebbe dovuto dirglielo prima che partisse; avrebbe dovuto avvertirlo fin da subito: lo stesso giorno che se n'erano andati, quando aveva accettato l'offerta dell'Arts College.
 
"Mr Thompson...I'm Edward Hearts...we talked yesterday morning..."
"Oh, Edward...did you decide?"
"Yes..."
"So?"
"I accept the scholarship."
 
Purtroppo però, non ne aveva avuto il coraggio.
Dirgli che partiva, significava ammettere che non avrebbe visto mai più l'amore della sua vita e la cosa lo avrebbe distrutto; Minho, ormai, era il centro del suo universo; era il suo baricentro; il suo ossigeno; in poche parole, la sua unica ragione di vita.
Il tempo passava e il rapper si ostinava a rimanere online; la cosa iniziava a irritarlo.
Perché non chiudeva la rete dati?
Perché non si arrendeva all'evidenza che non avrebbe risposto?
Preso dal nervosismo, iniziò a battere il piede per terra; ogni singolo muscolo del suo corpo era in tensione; se qualcuno lo avesse visto in quel momento avrebbe pensato che stava aspettando i risultati di un test clinico.
Avrebbe tanto voluto spegnere il cellulare ma non ci riusciva; quel suo continuare a negarsi era un chiaro segnale di distacco e voleva assicurarsi che l'altro lo avesse capito; la sua mano teneva in una morsa di ferro il telefonino.
Continuava a pensare:
"Avanti Minho...accetta l'evidenza..."
All'improvviso, apparve la scritta 'sta scrivendo' e lo studente andò nel panico; temeva quello che poteva star scrivendo l'altro; poteva essere qualunque cosa; un'offesa; una battuta ironica; oppure l'estremo addio che aspettava da mesi; alla fine, invece, la scritta sparì e, sotto al nome del suo contatto, 'online' fu sostituito da 'ultimo accesso alle 13:20'.
Buttò la testa all'indietro, sprofondando tra i cuscini del letto, e liberó tutta l'aria che aveva in corpo; a quanto pare, ce l'aveva fatta: aveva posto fine alla loro amicizia; sussurrò:
"Addio per sempre amore mio..."
Senza che se ne fosse accorto, le sue guance furono rigate da centinaia di lacrime argentate; strinse i pugni nel tentativo di controllarsi; era arrabbiato; non solo con se stesso ma anche con il mondo intero; proprio non riusciva a darsi pace.
Perché si era innamorato di un cantante?
Perché non poteva vivere una storia d'amore senza complicazioni?
Incominciò a battere i pugni contro il materasso in preda alla disperazione; si sentiva impotente; allo stesso tempo, tuttavia, non si pentiva della sua scelta: non sarebbe mai riuscito a parlare con Minho senza poterlo più vedere; a lungo andare, avrebbe finito per impazzire.
Smise di tirare cazzotti al letto e si giró su se stesso, nascondendo il viso tra alcuni guanciali; ne abbracciò uno che si trovava accanto alla sua spalla destra; si sentiva a pezzi; quell'appartamento era diventato troppo grande per lui; ma la cosa più orribile era che tutto in quella casa gli ricordava quei ragazzi.
Una mattina aveva persino trovato un paio di mutande rosa a fiorellini nel cesto della biancheria sporca; ricordava ancora di aver pensato:
 
"E queste?! Di sicuro non sono mie..."
 
Qualche minuto dopo aveva già chiamato Kibum per sapere a chi appartenessero; anche se, in realtà, quella più che altro era una telefonata di circostanza: era convintissimo che fossero sue; gli venne quasi un infarto quanto sentì quest'ultimo dire:
 
"Ecco dov'erano finite le mutande di Jonghyun! Quell'idiota perderebbe anche la testa se non fosse attaccata al collo..."
 
Proprio non se l'aspettava una risposta del genere; sapeva che Jonghyun era gay ma non pensava fosse il tipo di persona che si veste di rosa.
Purtroppo quei boxer non erano l'unica cosa che glieli ricordava; gli bastava guardare un mobile a caso perché gli tornasse alla memoria un momento passato insieme; non se ne salvava nessuno; da quando erano partiti, ad esempio, non era più riuscito a sedersi davanti alla scrivania che si trovava in camera sua: tutte le volte che ci provava veniva investito dallo stesso ricordo.
 
"Uffa...ma perché non posso usare le dita per sfumare?"
"Perché non si fa...puoi chiedere a qualsiasi insegnante d'arte e ti dirà la stessa cosa..."
"Ma il colore non verrà omogeneo..."
"Dai lascia fare a me....basta passare la matita in questo modo..."
 
Era difficilissimo per lui riuscire a concentrarsi lí; gli bastava anche solo passarci accanto per sentire rieccheggiare nella stanza la risata di Onew.
Ad un certo punto, aveva persino preso in considerazione l'idea di cambiare completamente l'arredamento; aveva già pensato ad uno stile un po' più vintage; magari sui toni del beige o di qualche altro colore caldo.
Più tardi, però, si rese conto che sarebbe stato del tutto inutile: non sarebbe mai riuscito a liberarsi di quei cinque fantasmi.
L'unica cosa che poteva fare era cercare di tirare avanti fino al giorno della partenza.
Ora era ancora sul letto con la faccia nascosta tra i cuscini; non aveva neanche più il coraggio di guardarsi in faccia; il suo comportamento gli sembrava così infantile; allo stesso tempo, tuttavia, non ce la faceva ad essere più maturo e razionale, e si odiava per questo.
Proprio non riusciva a capire cosa gli fosse preso; era riuscito a nascondere la sua infatuazione per Aiko per non sapeva neanche più quanti anni e ora non riusciva a smettere di piangere; aveva passato notti intere a chiedersi cosa gli stesse succedendo; valutava ogni possibile ipotesi ma nessuna sembrava avere un senso.
Pensava e ripensava ma non riusciva a trovare una soluzione; ogni volta si ritrovava a sospirare, chiedendo al soffitto:
 
"E ora? Che devo fare?"
 
Quante volte aveva sperato che gli rispondesse; era da folli, certo, ma lo avrebbe fatto stare meglio sapere l'opinione di qualcun'altro.
Stanco di stare a letto, si alzò, sbuffando; quella mattina per lui era stata un inferno: aveva paura di scoprire come sarebbe stato il pomerggio.
Si stiracchió un po’, per scacciare il torpore; da quando era finita la scuola, tre giorni prima, era sempre stanco e non ne capiva il motivo; Simon gli aveva detto che era normale che i nervi cedano dopo aver passato tutto quel tempo sui libri ma lui continuava a non sentirsi tranquillo.
Sistemò le coperte nel tentativo di rendere presentabile la stanza: era stato steso lì per circa ventiquattro ore e le lenzuola erano diventate una massa informe; ricordavano quasi una pallina di carta stropicciata; non riusciva proprio a capire come fosse successo: non pensava di essersi mosso così tanto durante la notte.
Giá che c'era raccolse anche qualche vestito che era rimasto là per terra; visto che aveva trovato il coraggio di fare le pulizie, era meglio completare l'opera subito; ad un certo punto notò che aveva lasciato sul pavimento anche una delle sue camicie più delicate; sospirò, triste; ormai era convinto di aver raggiunto il fondo: anche se con gli altri si mostrava sorridente, dentro in realtà era come se fosse morto; non riusciva più né a ridere né a scherzava; non faceva altro che fingere, trattenendo le lacrime.
Uscì dalla camera tenendo tra le mani i vestiti sporchi, ora appallottolati; andò in bagno e buttò quell’enorme palla nel cesto della biancheria sporca; sbuffò, appoggiandosi con le mani al lavandino.
Pensò:
“Mi faccio schifo...mi faccio schifo...”
Alzò lo sguardo verso lo specchio: il suo viso tradiva tutta la sua tristezza e la sua rabbia; i suoi occhi erano contornati da profonde occhiaie violacee dovute alle numerose ore di sonno perso e il suo colorito era spento; girò la manopola dell’acqua fredda e la fece scorrere; portò entrambe le mani sotto il getto a formare una piccola conca e dopo averle riempite, se le portò sul viso; l’acqua era gelida e gli fece perdere la sensibilità alla faccia per qualche secondo; si guardò di nuovo allo specchio: appariva leggermente più sveglio ma i suoi occhi continuavano a tradire la sua malinconia.
Uscì dal bagno, sbattendo la porta.
Avrebbe tanto voluto scomparire dalla faccia della Terra.
Lanciò un’occhiata al suo orologio; si meravigliò: erano quasi le 14:00; si passò una mano sul viso; anche se era già passata l’ora di pranzo lui non aveva per niente fame.
Si diresse comunque verso la cucina per provare a sgranocchiare qualcosa; non appena entró, aprí il frigo per vedere se c'era qualcosa che potesse ispirarlo; purtroppo, però, doveva ancora fare la spesa e lí dentro non era rimasto molto; chiuse la portella frustrato; pensò:
"Di bene in meglio...."
Si sedette su una sedia e si portò le mani al viso; ormai non sapeva più cosa fare; gli sembrava che niente avesse più senso senza di lui.
All'improvviso il campanello suonò, lasciandolo stupito: quel giorno non aspettava nessuno.
Chi poteva essere?
Si alzò dalla sedia e andò verso la porta d'ingresso; immaginava già che fosse il solito venditore porta a porta che provava a far passare una scopa da quattro soldi per una delle più geniali invenzioni dell'epoca moderna.
Aprì la porta, ritrovandosi davanti Karen e Aiko con delle grosse buste di plastica; non capendo il motivo della loro visita, chiese:
"Ehi ragazze...ma che ci fate qui?"
"Non è ovvio? Ti salviamo da te stesso..."
Mentre Karen parlava, le due amiche entrarono in casa e iniziarono a guardarsi intorno per valutare la gravità della faccenda; Edward, ancora confuso, chiese:
"Salvarmi...da me?!"
"Si esatto...da quando è finita la scuola ti sei rinchiuso nel tuo appartamento come un eremita...è ora che tu torni alla vita..."
Il ragazzo sospirò, sapendo dove volevano andare a parare; chiuse la porta, richiudendo idealmente la sua gabbia dorata; avevano perfettamente ragione: da quando non doveva più uscire per andare a lezione, aveva smesso di vivere rimanendo per ore e ore seduto sul divano a guardare la TV.
Si avvicinó a loro e con un tono di voce pacato gli disse:
"Ascoltate...so che in questi giorni vi ho fatto preoccupare ma...vi giuro che sto bene...ho solo bisogno di stare solo..."
"Ma Ed...non è così che riuscirai a dimenticarlo..."
A quella frase rimase a bocca aperta; non riusciva a capire cosa stesse accadendo.
Lo sapevano?
E se si, chi glielo aveva detto?
Divenne completamente rosso in viso; il suo cervello era andato in tilt e non era più in grado di connettere; senza accorgersene balbettò un
"C-come? N-non capis-"
Non riuscì nemmeno a finire la frase per quanto era sconvolto.
Aiko, nel frattempo, si era avvicinata a lui e ora gli era accanto; gli appoggiò una mano sulla spalla richiamando la sua attenzione; quando il ragazzo si voltò a guardarla, sorrise per cercare di trasmettergli un po' di coraggio; disse:
"Edward non devi sentirti in imbarazzo...è stato Jonghyun a dirci tutto...non voleva lasciarti da solo in questo tuo momento di fragilità..."
Lo studente stentava a credere alle sue orecchie; Dino le aveva avvisate così che potessero stargli vicino in quel suo momento di sconforto; rimase piacevolmente sorpreso: non pensava che quel ragazzo avesse così tante attenzioni nei suoi confronti; in quell'istante, dai suoi occhi iniziarono di nuovo a scendere calde lacrime che diedero sfogo al caos interiore del ragazzo.
Le altre due, vedendolo in quello stato, lo abbracciarono forte; anche se non capivano in pieno la grande disperazione che lo circondava, avevano deciso di fare tutto ciò che era in loro potere per aiutarlo.
Ed, intanto, tremava tra le loro braccia, scosso dai singhiozzi e dal pianto; finalmente si stava liberando da un peso troppo duro da sopportare da solo; tiró su con il naso, cercando di riordinare le idee; ripensó a tutte le volte che era stato il rapper a tenerlo attaccato al petto; per un momento, gli sembrò quasi di sentire di nuovo il profumo della sua pelle e la cosa lo mandò completamente in confusione; abbassò la testa demoralizzato e, con un filo di voce, disse:
"Mi manca tanto..."
Non fu facile rimettersi in piedi ma grazie all'aiuto delle sue migliore amiche riuscì a riprendere in mano la propria vita; non fu un cambiamento immediato; gli ci vollero molte settimane per tornare il ragazzo che era prima però, procedendo a piccoli passi, raggiunse il suo obiettivo; cominciò dai propri capelli, ritornando al suo colore naturale; gli piacevano castani ma voleva partire da zero e non sarebbe stato possibile con quella tinta.
Ricominciò ad usare anche gli occhiali, non sentendosi ancora del tutto se stesso; anche se non lo voleva ammettere, gli mancava nascondere gli occhi dietro le lenti.
Dopodiché passò al suo appartamento, sbarazzandosi di tutto ciò che non gli serviva; rimase sorpreso dalla grande quantità di cose che aveva accumulato in tutti quegli anni; continuava ad aprire armadietti ritrovandosi davanti centinaia di cianfrusaglie inutili; peluche di quando era piccolo, vecchi cellulari rotti, vecchi album con pezzi di cartoncino scarabocchiato; si ritrovò a pensare:
"Ma come sono arrivato a questo punto?!"
Prese un cestino e iniziò a buttare via tutto; gli dispiaceva buttare via tutti quegli orsacchiotti di pezza ma erano troppo rovinati per pensare anche solo di ripararli.
Gli scaffali lentamente si svuotavano e i sacchi della spazzatura si riempivano; gli ci volle un'intera mattina per sistemare tutta casa; non ne poteva più; non vedeva l'ora di mettersi sul divano e riposare un po'.
Portò giù nei bidoni condominiali la spazzatura e, non appena rientrò in casa, chiuse la porta con un piede e corse a stendersi, esausto; si accasció sul sofà, buttando la testa indietro; borbottó:
"Non pensavo di avere così tante cose da buttare..."
Si girò su di un lato, appoggiando la schiena contro uno dei cuscinoni del divano; sospiró: quella casa era fin troppo silenziosa per i suoi gusti; avrebbe dato qualsiasi cosa per sentire una delle bruttissime battute di Onew.
Senza accorgersene, iniziò a giocherellare con l'orlo della copertura del divano; era veramente a terra: non sapeva più dove sbattere la testa.
Ad un certo punto, si accorse che sotto quella seduta c'era una specie di nastro dalla trama abbastanza ruvida; sorpreso, provò a tirarlo per vedere cosa fosse e si accorse che era legato a qualcosa di pesante; tirò ancora e spuntò una macchina fotografica digitale, all'apparenza, molto costosa; la prese in mano, cercando di capire a chi appartenesse; sua non era di certo: non poteva permettersela con il suo stipendio.
Poi, gli venne in mente la sera del suo compleanno; Kibum, volendo renderla indimenticabile, aveva pensato di fare una specie di servizio fotografico.
 
"Dai Ed...quando ti ricapita di fare delle foto con degli idols..."
"Va bene ma con cosa facciamo le foto? Con il cellulare?"
"Beh io in realtà ho portato via la mia fotocamera..."
 
Sgranò gli occhi capendo chi era il proprietario; era di Minho; deve essere finita lì sotto quella sera durante i festeggiamenti e nessuno dopo si è ricordato di recuperarla; la sfiorò, incredulo, tracciando il contorno dell'obiettivo; pensò:
"Chissà se si è accorto di averla persa?"
Se la rigirò tra le mani, analizzandola centimetro per centimetro; probabilmente ce l'aveva da tanto tempo ma era ancora in ottime condizioni; si vedeva che ci teneva.
Anche se titubante, decise di accenderla; selezionò la voce 'album' e sbirciò le foto: la maggior parte erano di paesaggi o di edifici di Seoul; andò avanti con l'apposito tasto fino ad arrivare a quelle fatte quella sera; sorrise: anche se le fecero per scherzo, erano veramente molto belle.
Il suo sorriso, però, mutò quando ne vide una in cui c'erano solo lui e Minho: il maggiore lo abbracciava mentre lui faceva l'aegyo; sbuffò: erano venuti anche bene, purtroppo.
Chiuse la macchina e l'appoggiò sul tavolo davanti a lui; si mise seduto pensando al da farsi; doveva restituirgliela ma non sapeva come; non poteva certo andare alla SM Entertainment a dargliela; si alzò in piedi e si diresse verso lo sgabuzzino; la soluzione migliore sembrava quella di spedirgliela per posta: in questo modo non avrebbe dovuto incontrarlo; prese una scatola vuota e tornò in soggiorno.
Prese la fotocamera e ce la mise dentro; poi, però, gli venne in mente che doveva mettere qualcosa per proteggerla dagli urti; si guardò intorno in cerca di qualcosa da usare; non trovando nulla che potesse andare bene, andò a prendere un rotolo di carta da cucina e usò quella.
Stava per chiudere la scatola quando gli venne in mente che aveva ancora i boxer di Jonghyun; andò in camera sua e aprì la sua cassettiera; prese la busta di plastica in cui le aveva messe e tornò doveva lasciato il pacco; le mise dentro stando attento a non rovinare nulla; chiuse il tutto e lo sigilló con del nastro adesivo.
Lo prese in mano e si diresse verso la porta: doveva sbrigarsi se voleva andare alle poste e spedirlo.
In quel momento, sentí qualcuno bussare alla porta; sorpreso, rimise giù la scatola e andò ad aprire; non sapeva proprio chi fosse; Karen e Aiko erano ad uno stage fuori città quindi non potevano essere loro; ipotizzó che potessero essere Jung-su o Hyun Ki ma poi gli venne in mente che erano fuori città anche loro per la proiezione di un film di cui non sapeva il titolo; il personaggio misterioso intanto aveva iniziato a colpire la porta in modo brusco; corse verso la porta e senza controllare chi era la aprí.
Quando capì chi era, rimase a bocca aperta: davanti a lui c'erano gli SHINee al completo, che lo guardavano arrabbiati; boccheggió per qualche secondo ma poi con un po' di fatica chiese:
"C-che ci fate qui?"
"Sul serio dobbiamo spiegartelo?"
"Due chiamate a settimana ti dice niente?"
Continuò a guardarli senza riuscire a dire nulla; gli sembrava quasi surreale vederli tutti insieme davanti alla sua porta; avrebbe voluto abbracciarli ma sapeva perfettamente che non era il caso; abbassò lo sguardo, colpevole; sussurrò:
"Lo so...scusate...é che ho avuto paura di diventare un peso per voi...così ho smesso di mandarvi messaggi..."
Era la bugia più grossa che avesse mai detto ma non poteva rivelargli la verità; si sarebbe sentito morire se Minho avesse scoperto che lo amava; sospirò: forse quella era l'ultima volta che li vedeva; concluse:
"Perdonatemi...capirò se non vorrete più vedermi..."
Sorrise amaramente, iniziando a chiudere la porta; odiava l'idea di dover dire addio all'amore della sua vita ma non aveva altra scelta; stava per farla sbattere quando la porta si fermò; alzò il viso e vide che Minho la stava bloccando con una mano; lo guardò stupito: pensava che la discussione fosse già conclusa.
Il rapper spalancò di nuovo l'ingresso e fece un paio di passi all'interno dell'appartamento; lo studente di riflesso fece due passi indietro, mantenendo le distanze; era spaventato: gli occhi del maggiore non gli piacevano per niente.
All'improvviso, il ranocchio lo prese per un braccio e lo tirò a sé; lo abbracciò forte, inspirando a pieni polmoni il suo profumo; solo in quel momento si era reso conto di quanto gli fosse mancato; avvicinó le labbra ad un orecchio del più piccolo e gli disse:
"Se pensi di liberarti di noi così facilmente...beh ti sbagli di grosso...tu rimarrai sempre il nostro fratellino..."
A quelle parole, Ed rimase senza parole; non si sarebbe mai aspettato che l'altro lo trattasse in modo così affettuoso; pensava che lo avrebbe schiaffeggiato, insultato o addirittura picchiato; si sarebbe aspettato di tutto ma non che lo stringesse tra le braccia e lo coccolasse.
Dal resto del gruppo, poi, uscì anche Kibum che, senza pensarci due volte, si fiondò ad abbracciare il minore; quasi in successione, all'abbraccio si unirono i restanti, creando un cerchio intorno a lui.
Anche se all'inizio ci fu un grande imbarazzo; dopo tutto quel tempo passati separati, Edward sentiva un po' di soggezione nei loro confronti; non sapeva se fosse per il loro lavoro o l'idea di essere di nuovo nella stessa stanza con il ranocchio, ma non riusciva a guardarli negli occhi; gli altri ovviamente se ne accorsero quasi subito e la cosa li fece sorridere: non era cambiato di una virgola.
Jinki, approffitando di un momento di distrazione del più piccolo, si sedette accanto a lui e, avvolgendogli le spalle con un braccio, gli disse:
"Ehi Little Brother...siamo sempre gli stessi...non devi sentirti a disagio."
L'altro lo guardò confuso; poi, però, scosse il capo diventando rosso in viso; rispose:
"Lo so scusa...ma non ero più abituato a parlare con degli idols."
Taemin, a quell'affermazione, scoppiò a ridere.
"Non é poi passato così tanto tempo..."
"Forse é vero...ma mi fa comunque strano..."
Il leader vedendo lo studente sempre più imbarazzato, gli diede qualche colpetto sulla schiena per dargli coraggio; saperlo così impaurito gli faceva tanta tenerezza.
Minho, intanto, era rimasto in disparte; all'improvviso, si sentiva debole e incapace di muoversi; non gli era mai capitata una cosa del genere; all'inizio era partito bene ma poi si era bloccato; continuava a ripetersi:
"Ma si può sapere cosa ti prende?! Prova almeno a dire qualcosa!"
Aprì la bocca ma non riuscì ad emettere nessun suono; sbuffò; gli sembrava di essere sul patibolo invece che a casa di una delle persone più importanti della sua vita.
Jonghyun era l'unico che non aveva ancora aperto bocca; si era limitato a guardare la scena come spettatore; alla fine non aveva resistito e aveva detto tutto a Key; si sentiva un verme ad aver tradito la fiducia del rapper ma non sapeva più che pesci pigliare e dopo tutti quegli anni passati assieme aveva imparato che, se c'era un problema da risolvere, lui era il più indicato a cui rivolgersi.
Continuava a guardare il suo ragazzo nell'attesa di una sua mossa; il tempo passava ma lui non aveva ancora fatto nulla; chissà cosa stava aspettando?
Stanco di attendere, gli sussurrò ad un orecchio:
"Ehi micetto...hai intenzione di star seduto qui per tutto il giorno?"
"Sta' calmo...gli parlerò  quando saremo soli...non davanti a tutti."
Sbuffò; non vedeva l'ora che questa storia venisse chiarita; si portó la frangia indietro, liberando la sua visuale che era coperta da alcune ciocche di capelli; ancora non si era abituato al nuovo taglio; non che gli dispiacesse, ma forse avrebbe preferito tenerli un po' più semplici; un taglio corto come quello di Minho sarebbe stato perfetto; il colore però lo adorava: un bel castano chiaro; proprio nel suo stile.
Kibum, intanto, anche se poteva sembrare calmo, dentro stava urlando; non sapeva proprio cosa fare; in passato, gli era già capitato di gestire situazioni del genere ma, in questo caso, non aveva idea di come comportarsi; aveva paura di aggravare il problema.
Accavalló le gambe, mordendosi un labbro; i minuti passavano e lui aveva sempre meno tempo per agire; gli serviva un pretesto per rimanere da solo insieme al minore; respiró profondamente cercando di distendere i nervi.
Cosa poteva fare?
Abbassò lo sguardo sul tavolino che stava davanti a lui e quando vide il suo bicchiere gli venne l'illuminazione; guardò un attimo la giacca che stava indossando; sospiró, pensando:
"Speriamo che si possa smacchiare..."
Prese il bicchiere in mano e lo avvicinó alle labbra; si guardò un attimo in giro: erano tutti impegnati in altre conversazioni; approfittando dell'occasione, si verso addosso la bevanda e finse di essere sconvolto; si alzò in piedi, dicendo:
"Oh no...i miei poveri vestiti...Ed, ti prego, mi aiuti a smacchiarli?"
Edward, preso alla sprovvista, rispose:
"Si...d'accordo...forse in bagno ho ancora dello smacchiatore..."
Si alzò dal divano e fece segno all'altro di seguirlo; il maggiore andò verso il bagno insieme a lui ma prima di entrare in corridoio, si girò verso Jonghyun e gli fece l'occhiolino; era soddisfatto: forse, adesso, sarebbe riuscito a confrontarsi con l'altro.
Quando il main vocalist gli disse tutto quello che sapeva, non riuscì a crederci.
 
"J-Jonghyun scherzi vero?? Minho e Ed...no non é possibile..."
"É la verità...devi credermi...ma nessuno dei due ha il coraggio di dichiararsi..."
Si passò le mani sul viso non capendoci più niente; si stava sforzando di metabolizzare le notizie appena ricevute ma gli era praticamente impossibile; si alzò dal letto e andò verso la cassettiera dove teneva un deodorante per ambienti: non sapeva perché ma l'aria gli sembrava terribilmente viziata.
Prese la bomboletta di profumo e diede un'occhiata all'etichetta; pensó:
"Oggi al profumo di magnolia...bah...perché no?"
Ne spruzzó un po' per la stanza e annusó in giro: a quanto pare nessun detersivo o fragranza era capace di far sparire l'odore di sudore che portava Jonghyun dopo essere stato in palestra; si risedette accanto all'altro e, sospirando, disse:
"Certo che é un bel casino...ma ora che ci penso avevo notato che tra loro due c'era una specie di nervosismo..."
"E pensa che si erano sforzati di nascondere tutta la faccenda..."
Ci fu un attimo di silenzio tra i due che sembrò non finire mai; non sapevano cosa dire; il primo a rompere il silenzio fu Kibum che, con voce tremante, sussurrò:
"E ora? Che hai intenzione di fare?
"Non lo so...qui l'esperto sei tu no?"
 
No.
Non era assolutamente un esperto; non sapeva nemmeno come introdurre il problema.
Come avrebbe fatto a sviscerare la questione?
Si sedette sul bordo della vasca e iniziò a giocherellare con le dita; Ed, intanto, era piegato sulle ginocchia, con il viso nascosto in un mobiletto in cerca dello smacchiatore; la situazione era leggermente imbarazzante: avrebbe voluto dire qualcosa ma non gli sembrava il caso di parlare al sedere dello studente; non sarebbe stato molto delicato.
Per fortuna, Ed si rimise in piede con una bottiglietta blu in mano e si avvicinò a lui; Kibum storse il naso; la sua giacca era molto delicata e temeva che si rovinasse.
Forse l'altro si accorse del suo scetticismo e, con voce dolce, gli disse:
"Sta' tranquillo...questo prodotto lo usiamo anche in atelier...non rovina nessun tessuto...te lo assicuro."
Detto questo, prese un asciugamano pulito che si trovava in una pila accanto alla vasca e lo impregnó con il prodotto; poi, abbassandosi di nuovo sulle ginocchia di fronte a Kibum, iniziò a picchiettare il panno sulla macchia.
Lentamente la macchia diventó meno evidente fino quasi a sparire; il cantante rimase a bocca aperta: quel detersivo era veramente miracoloso; proprio non se lo aspettava.
Edward sorrise e alzandosi in piedi disse:
"Visto? Quando arrivi a casa sciacqui di nuovo con un po' d'acqua la macchia e sei a posto..."
"Va bene. Gomawo Little Brother."
Lo studente gli diede una pacca sulla spalla e rimise la bottiglietta nel mobiletto.
Kibum capì che se non parlava ora non ci sarebbe più riuscito; sarebbe stato impossibile davanti agli altri; soprattutto davanti a Minho; aveva promesso a Jonghyun di mantenere il segreto, quindi, chiedere a Ed davanti a tutti se provava qualcosa per il ranocchio sarebbe stata una stupidaggine terribile; perciò, un po' titubante, chiese:
"Ehi Ed...posso farti una domanda?"
"Si certo...cosa devi chiedermi?"
Bella domanda.
Cosa doveva chiedergli?
Non ne aveva la minima idea; sapeva solamente di dover prendere tempo finché non trovava l'illuminazione.
Edward intanto si era alzato da terra e si stava lavando le mani, guardando con la coda dell'occhio il cantante; non lo aveva mai visto cosí perso e confuso; chiuse il getto d'acqua e, girandosi verso l'altro, ripeté:
"Allora...che volevi chiedermi?"
"No niente...é che..."
In quel momento, ebbe l'idea.
"É che l'altro giorno ho iniziato a leggere un libro che parla di cinque ragazzi che vogliono suicidarsi e così decidono di fare il giro degli Stati Uniti ed esaudire i loro ultimi desideri...e...mi sono ritrovato a pensare a cosa avrei voluto fare prima di morire...a te é mai capitato?...quale sarebbe il tuo ultimo desiderio prima di morire?"
"Stare insieme al ragazzo che amo...anche se é praticamente impossibile..."
Questo avrebbe voluto rispondere ma non ne ebbe il coraggio; si voltò di nuovo verso lo specchio e ci si specchió; non si riconosceva neanche più; gli sembrava di star vivendo un incubo; uno di quegli incubi che non riesci a distinguere dalla realtà; respiró profondamente e girandosi verso Kibum disse:
"In questo ultimo periodo ho capito che molti dei miei sogni sono irrealizzabili perciò...penso che morirei tenendo il mio ultimo desiderio per me..."
Sorrise malinconico quasi a incorniciare quel momento che a lui sembrò infinito; non voleva passare per un cinico disilluso ma, purtroppo, era quello che pensava veramente; durante tutte quelle settimane non aveva fatto altro che sperare di dimenticare Minho e di riuscire ad andare avanti con la sua vita; invece, più passava il tempo, più gli sembrava di impazzire; gli era mancato tutto di lui: la sua voce, i suoi occhi, il calore dei suoi abbracci.
Spesso si ritrovava a fissare la porta comunicante, ora chiusa, e a pensare quanto gli faceva strano non poterla aprire e andare nell'altro appartamento.
Avrebbe tanto voluto tornare indietro e rifiutare di potarli in giro per la scuola; rifiutare di unire i due appartamenti; ma, più di tutto, rifiutare di dover stare insieme con loro tutto quel tempo; si sarebbe risparmiato un sacco di sofferenza.
Il cantante intanto era rimasto ammutolito da quella risposta; non avrebbe mai immaginato di sentire uscire quelle parole dalla bocca dello studente; era sempre stato un ragazzo solare e pieno di vita; non sembrava neanche più la stessa persona; pensò:
"Oh Ed...devi essere davvero molto forte se riesci a tenerti tutto dentro..."
Senza neanche accorgersene si era alzato in piedi ed era corso ad abbracciarlo; avrebbe tanto voluto dirgli che sapeva tutto e che non doveva continuare a mentire ma, se lo avesse fatto, avrebbe rotto la promessa che aveva fatto a Jonghyun; sospirò e staccandosi leggermente, disse:
"Scusa...non so cosa mi sia preso..."
"Tranquillo...non hai mica commesso un reato...dai torniamo dagli altri..."
Kibum annuì senza proferire altra parola; si sentiva in colpa per non essere riuscito a portare a termine la missione; si era sempre vantato di essere un esperto d'amore; eppure, quando si trattava di un'applicazione pratica, non sapeva che pesci pigliare; percorse il corridoio tenendo la testa china; pensó:
"E ora? Cosa dico a Jong?"
Arrivarono in soggiorno e subito Dino lo guardò con aria interrogativa; scosse il capo sillabando un malinconico 'scusa'; odiava deluderlo ma la cosa era molto più complicata di quanto si aspettasse; vide l'altro rattristarsi tremendamente e gli venne quasi da urlare; perché Jonghyun non gli aveva chiesto di cercare il mostro di Lochness?
Forse sarebbe stato più facile.
Il ranocchio, intanto, continuava ad osservare gli altri senza riuscire a capire cosa stesse succedendo; aveva notato tutto: il finto incidente, l'occhiolino tra i due piccioncini, la faccia abbattuta del vocalist; che stava succedendo?
Il fatto che Kibum fosse stato da solo con Edward non lo faceva stare tranquillo; avrebbe tanto voluto sapere di cosa avevano parlato: non potevano aver passato tutto quel tempo a smacchiare la giacca; il suo sguardo cadde subito sul suo amico dinosauro; non sapeva perché ma qualcosa gli diceva che la causa scatenante di tutto era lui; stava per andare a parlargli quando i suoi occhi incontrarono quelli di Ed; fu quasi come se li avesse visti per la prima volta; non era il solito blu elettrico: erano quasi turchesi e scintillavano come due stelle; anche se erano belli, però, quello che lo colpì fu la grande tristezza che li avvolgevano; si ritrovò a pensare:
"Che ti è successo piccolo?"
L'altro, quasi come se lo avesse sentito, gli sorrise malinconico facendolo preoccupare ancora di più.
Nel bel mezzo di quel silenzioso trambusto, un'altra persona scrutava la scena aspettando il momento opportuno: il leader.
Da quando erano arrivati era sempre stato zitto, limitandosi a fare qualche commento di tanto in tanto.
Soprattutto, non aveva mai perso di vista la sua giacca; l'aveva tenuta sempre sotto braccio così da essere pronto per quando avrebbe dovuto parlare con lui.
Avrebbe tanto voluto parlare in un momento più allegro ma la situazione sembrava star degenerando e forse sarebbe andata sempre peggio.
Doveva parlare ora.
Si schiarí la voce per richiamare l'attenzione di tutti e, quando tutti gli occhi furono puntati tutti su di lui, disse:
"Sentite ragazzi...io dovrei dirvi una cosa..."
Gli altri cinque si guardarono confusi: non avevano mai visto Jinki così serio; gli fecero cenno di proseguire con un movimento del capo; Onew fece un grosso respiro e, tirando fuori una busta gialla da una tasca del giaccone, continuò:
"Da quando Ed ci ha detto della borsa di studio a Londra...beh...ho fatto alcune ricerche..."
Lo studente, sentendosi preso in causa, sgranò gli occhi; balbettò:
"R-Ricerche?"
L'altro annuì, passandogli la piccola cartellina che teneva in mano.
Il minore tentennò un attimo ma alla fine la prese e ne guardò il contenuto; dentro c'erano alcuni depliant e alcuni documenti scritti a parole molto piccole; chiese:
"Cosa sono?"
"Sono dei moduli d'iscrizione...non so se conosci la Seoul National University?"
"Si certo...é una scuola molto pre-... no aspetta un attimo..."
Inizió a sfogliare sconvolto i documenti che aveva in mano fino a quando non trovó quello che temeva: l'attestato di ammissione al primo anno.
Si sedette sulla poltrona che si trovava dietro di lui non riuscendo più a reggersi in piedi; non poteva crederci: lo avevano iscritto ad una delle scuole più prestigiose e, cosa più importante, costose di tutta la città senza neanche parlargliene prima; continuava a guardare quel foglio sperando di aver sbagliato a leggere, anche se sapeva che non era quello il caso.
Guardò Jinki allibito; chiese:
"Ma che significa?"
"So che avrei dovuto chiedere un tuo parere prima ma se lo avessi fatto non mi avresti permesso di fare niente...e io volevo tanto poterti dare un'alternativa..."
"Un'alternativa a cosa?"
"Al dover tornare a Londra..."
Buttó la testa all'indietro non sapendo più che dire; si sentiva come se lo avessero appena investito; non era arrabbiato, ma triste: studiare in Corea avrebbe voluto dire continuare a vedere Minho e la cosa a lungo andare lo avrebbe ucciso.
Si portò le mani al viso; era commosso dal fatto che l'altro si fosse prodigato così tanto per lui ma non poteva assolutamente accettare; però, allo stesso tempo, non poteva neanche dirgli di no in modo troppo brusco: Jinki non poteva sapere che, invece di aiutarlo, stava soltanto peggiorando le cose; guardò sorridendo l'amico e, cercando di non farlo star male, disse:
"Onew ascolta...sono molto lusingato ma non posso proprio accettare..."
"M-ma perché?"
Ottima domanda.
Perché? Perché non poteva accettare?
Tutti e cinque gli SHINee lo stavano guardando con occhi imploranti; si vedeva che gli volevano bene e anche lui teneva a loro ma non ce l'avrebbe mai fatta a vivere così vicino al ragazzo che amava senza potergli dire ciò che provava; prese un grosso respiro per trovare la forza di parlare; nella sua mente stavano tornando tutti i più piccoli dettagli del loro primo incontro; si ricordò di quando imbucó la lettera per il college londinese e di come si sentiva piccolo e timido in un paese così grande.
Annuì a se stesso: ora sapeva cosa dire.
"La verità é che per tutto questo tempo ho fatto finta di essere un normalissimo cittadino coreano ma non lo sono...anche se ho la doppia cittadinanza continuo ad essere inglese ed é giusto che torni in Gran Bretagna dopo questa lunga vacanza...se si può chiamare così..."
A quelle parole, sugli occhi di tutti i cantanti iniziò a calare quel piccolo velo di tristezza che preannuncia il pianto; anche se avevano appena saputo della seconda alternativa, dovevano averci sperato con tutte le loro forze.
Ad un certo punto, Taemin si alzò in piedi e si mise davanti ad Ed; si piegò sulle ginocchia per poterlo guardare negli occhi e, con la voce incrinata per la tristezza, disse:
"Little Brother...noi rispettiamo la tua decisione...ma sappi che se mai cambierai idea...noi ti accoglieremo a braccia aperte..."
Subito dopo, strinse tra le braccia lo studente per poi essere abbracciato a sua volta da tutti gli altri.
Passarono altri venti minuti e, purtroppo, arrivò il fatidico momento dei saluti.
Nessuno di loro avrebbe voluto che quel momento arrivasse: sapevano perfettamente che stavolta era un addio definitivo.
Continuarono a salutarsi per non sapevano neanche loro quante volte; quello più difficile da salutare fu Kibum che non la smise neanche per un momento di ripetere ad Edward di scrivergli e di mandargli qualche cartolina; le prime quattro volte era stato anche carino ma dopo sette volte era diventato abbastanza snervante.
Minho, come aveva fatto per il resto della giornata, rimase in disparte aspettando che il più piccolo finisse il giro dei saluti; preferiva essere l'ultimo così da illudersi che non fosse veramente l'ultima volta che lo vedeva; continuava a guardarlo con lo sguardo perso, cercando di memorizzare ogni singolo dettaglio di quello che considerava un piccolo miracolo della natura; fissava le sue ciocche bionde e come il sole le facesse brillare; gli venne un tuffo al cuore: come avrebbe fatto a vivere senza di lui?
Vide Ed avvicinarsi e gli venne la tentazione di scappare; sapeva benissimo che se lo avesse abbracciato non lo avrebbe mai più lasciato andare.
Fu questione di pochi secondi e i due si ritrovarono faccia a faccia; non serví dire niente: gli bastò uno sguardo per dirsi tutto; si abbracciarono forte anche se forse non avrebbero dovuto: in questo modo non facevano altro che farsi del male; il primo a rompere il silenzio fu Minho che, avvicinandosi ad un orecchio dell'altro, sussurrò:
"Se mai avessi bisogno di aiuto...io ci sono...non ci metto niente a salire su un aereo e a raggiungerti..."
"Grazie Big Brother...mi mancherai tanto..."
"Anche tu..."
I ragazzi si separarono, sorridendosi un'ultima volta.
A quel punto, il rapper salì in macchina, prima di dire qualcosa di cui si sarebbe pentito; non era ancora riuscito a farsene una ragione; non lo trovava affatto giusto: perché non poteva essere felice come qualsiasi altra persona?
Non appena si sedette al suo posto, vide Jonghyun ammonirlo con lo sguardo; sospirò, girandosi da un'altra parte; si sentiva già uno schifo da solo; non serviva che l'altro glielo ricordasse.
L'automobile partì e Ed, esattamente come la prima volta, li salutò dalla strada, sbracciandosi per farsi notare; stavolta, però, il ranocchio non si voltò nemmemo una volta a guardarlo: se lo avesse fatto probabilmente sarebbe scoppiato a piangere; si limitò ad agitare una mano in aria, per poi portare il braccio sopra gli occhi, mentre faceva aderire completamente la schiena al sedile.
In questo modo avrebbe nascosto qualsiasi attacco di pianto: in quella posizione sembrava star dormendo.
Passarono venti minuti e i cantanti avevano già percorso metà della strada che li separava da Seoul; a Minho sembrò di morire: di solito ci volevano almeno due ore per arrivare a destinazione, invece, quel giorno, non c'era neanche una macchina.
All'improvviso, sentì il suo stomaco attorcigliarsi; temendo di sporcare i tappetini dell'auto, chiese:
"Jinki puoi fermarti un secondo, per favore? Non mi sento bene..."
"Oh si certo..."
Il leader accostò in una piazzola di servizio e lui corse fuori come un fulmine; si appoggiò ad un palo e spalancò la bocca, sentendo i conati di vomito farsi sempre più forti.
Gli altri, intanto, lo guardavano non capendo cosa gli stesse succedendo; si vedeva che non stava bene ma il problema era che non sapevano cosa avesse esattamente; erano rimasti a fissarlo mentre si contorceva senza poter fare nulla; il più sconvolto era Taemin che, con un filo di voce, chiese:
"Ma che cos'ha Minho-hyung? Dite che dovremmo fare qualcosa?"
Jonghyun si acciglió arrabbiato; sul serio quello era lo stesso ragazzo che, quando si trattava di una sfida, sembrava invincibile?
Si allontanò dal gruppo e raggiunse l'amico che era ancora piegato in due sul ciglio della strada; lo squadró dalla testa ai piedi e con tono di rimprovero, disse:
"É inutile che rimani qui a torturarti...tanto non é vomitando che ti libererai del tuo dolore..."
Il rapper alzò leggermente lo sguardo, rivelando i suoi occhi arrossati e ancora lucidi per il pianto; si passò una manica sul viso per asciugarseli e poi, tirando su un paio di volte con il naso, disse:
"L-lo so...ma non so cos'altro fare..."
"Non sai cosa fare?! Combatti, accidenti! Non ti sei mai arreso davanti a niente e cominci proprio ora?!"
"Ma Ed..."
"ED TI AMA, BRUTTO IMBECILLE! ED.TI.A.M.A...AMA!"
Glielo urlò in faccia, esasperato; non ne poteva più di quella situazione e voleva portarla a termine; all'inizio, aveva provato a rimanere in disparte ma, adesso, aveva capito che quei due non ce la potevano fare da soli.
Minho a quelle parole, sgranó gli occhi, rimettendosi subito dritto davanti al maggiore; era sconvolto; Edward ricambiava i suoi sentimenti?
Non riusciva a crederci.
Ma perché non glielo aveva detto?
Balbettó:
"M-ma perché..."
"Perché non te l'ha detto? Perché ha paura esattamente come te...anzi...forse ne ha più di te..."
A quelle parole, nella sua mente scattò qualcosa: quindi stava tornando a Londra perché aveva paura; non glielo avrebbe lasciato fare; non gli avrebbe permesso di andarsene; non avrebbe lasciato partire la persona che amava.
Iniziò a correre nella direzione in cui erano venuti; forse ci avrebbe messo ore a raggiungerlo ma non gli importava; doveva parlargli assolutamente.
All'improvviso, sentì Jonghyun urlargli:
"Ehi si può sapere dove stai andando?!"
Urlò:
"Vado a riprendermelo...e credimi...stavolta non mi arrenderó..."
Nel frattempo, Ed aveva smesso di salutare.
Si era seduto sul marciapiede, a pensare.
Pensava a tutte quelle sere che aveva passato sul divano a guardare i film dell'orrore insieme a loro.
Pensava alle centinaia di volte che aveva finto di ridere alle battute del fanatico del pollo.
E, soprattutto, a tutti i momenti che aveva passato tra le braccia di Minho.
Si alzò, senza mai smettere di guardare la strada; immaginava il camion dei traslochi arrivare davanti al condominio; gli scatoloni con tutte le sue cose stipate sul retro del veicolo; sorrise, malinconico: era proprio vero che la vita era diversa dai film; nella realtà il ragazzo che ami non arriva di corsa ad impedirti di partire.
Entrò nel condominio e salì le scale per tornare nel suo appartamento; doveva sistemare tutto lo scompiglio che avevano portato quei ragazzi; era sconvolgente la velocità con cui Taemin riusciva a mettere sotto sopra una stanza.
Non appena chiuse la porta, però, gli venne da urlare; sopra al tavolino del salotto c'era ancora la scatola che aveva preparato quella mattina; sbatté un pugno contro una parete.
Possibile che nessuno si fosse accorto di quel pacco?!
Afferrò un pezzo di carta dalla libreria e ci scrisse sopra in velocità:

"Risistemando casa ho trovato un paio di cose che avete dimenticato.
                                                                                                                      Baci, Ed"

Attaccò il biglietto sulla scatola sperando che fosse abbastanza leggibile: era talmente nervoso che la sua calligrafia sembrava deformata; afferrò una giacca dall'armadio e la infilò; doveva fare in fretta se voleva arrivare alle poste prima che chiudessero.
Stava per uscire quando qualcuno bussò alla porta; pensò:
"Di nuovo?! Se sono gli EXO rido..."
Rimise sul tavolo il pacco e andò ad aprire; sgranó gli occhi.
"M-Minho?!"
Rimase impietrito sulla porta a guardare il cantante che sembrava avere il fiatone; si schiarí la voce e un po' intimidito chiese:
"C-che ci fai qui?"
"Ho dimenticato una cosa..."
"W-what?"
"Te."
Senza dargli il tempo di ribattere, il rapper afferrò il suo viso e fece combaciare le loro labbra; sentì le gambe tremare; avrebbe tanto voluto fingere che non gli piacesse ma la verità era che gli piaceva; e anche tanto; a malincuore interruppe il bacio, spingendolo via; disse:
"Minho ma che fai?! Insomma...siamo due ragazzi...sei impa-"
Si sentì afferrare un'altra volta per le braccia e con un movimento velocissimo si ritrovò di nuovo a baciare il rapper; la sua testa andò completamente in tilt; non aveva mai provato un'emozione così forte in tutta la sua vita; il bacio ad un certo punto finì, stavolta però interrotto dal più grande che, facendo combaciare le loro fronti, disse:
"Ed...Jong mi ha detto tutto...perché non me lo hai detto?"
Lo studente, sentendolo, scoppiò a piangere; finalmente si sentiva sollevato: era come se si fosse tolto un enorme macigno dal cuore; nascose il viso nel petto dell'altro, imbarazzato; odiava farsi vedere così ma, in quel momento, non poteva farne a meno; provó a calmarsi un po' e, con un filo di voce, rispose:
"Perdonami...avevo tanto paura di perderti..."
"Ehi non piangere..."
Il maggiore gli fece sollevare il viso; sorrise: con gli occhi lucidi Edward era ancora più carino; gli accarezzó una guancia e, stringendolo forte, disse:
"Non mi avresti perso...anzi...forse a quest'ora saremmo stati entrambi a Seoul..."
Respiró profondamente per prendere coraggio.
Ora o mai più.
"Ti amo Edward Hearts...e se vuoi tornare a Londra prima dovrai vedertela con me..."
Lo studente, a quelle parole, rimase a bocca aperta; aveva paura che fosse solo un sogno; temeva di svegliarsi e capire che si era immaginato tutto; lo abbracciò forte, appoggiando il mento sulla sua spalla; non sapeva cosa dire, se non:
"Se stai scherzando giuro che ti uccido..."
"Pensi veramente che se fosse uno scherzo mi sarei fatto almeno cinque chilometri di corsa per venire da te?"
I due si staccarono, specchiandosi l'uno negli occhi dell'altro; era la prima volta dopo un sacco di tempo che si sentivano veramente felici.
Rimasero così per qualche secondo; anche se si erano detti tutto c'era ancora un certo imbarazzo: nessuno dei due aveva mai avuto una storia con un altro ragazzo; era tutto nuovo per loro; il tempo passava e non avevano idea di cosa dire; avevano bisogno di sciogliersi un po'; perciò Edward, anche se ancora teso, chiese:
"Ti va se ordiniamo una pizza? O devi tornare a casa subito?"
"No no...una pizza sarebbe l'ideale dopo tutta la strada che ho fatto..."
Chiamarono una pizzeria d'asporto e ordinarono due margherite; il cameriere con cui Minho aveva parlato disse che ci sarebbe voluta almeno un'ora di attesa, quindi decisero di guardare un film; così, cercarono tra i DVD del minore finché non ne trovarono uno d'azione; accesero la TV e si sistemarono sul divano.
Guardarono i primi dieci minuti e, subito, si pentirono di averlo scelto:; non era un thriller: era un film smielato che parlavano di un ragazzo che entra nell'esercito per cercare sua sorella; cercarono di tenere duro ma poi si arresero.
Il ranocchio, sbuffò.
"E questo lo chiamano thriller?! Persino io avrei potuto idearne uno migliore..."
"Sì é vero...fa abbastanza schifo...in camera dovrei averne uno decente...vado a cercarlo..."
"Ti do una mano..."
Misero in pausa il film e andarono in camera di Ed.
Iniziarono a rovistare tra i cassetti e negli scaffali, senza trovare quello che cercavano; alla fine, gettarono la spugna e pensarono di continuare a guardare il DVD di prima; stavano per uscire quando il minore inciampó, trascindando con sé l'altro.
Caddero sul letto in una posizione abbastanza equivoca: Minho era sopra di lui, esattamente in mezzo alle sue gambe; balbettó, nervoso:
"Sc-scusa...non l'ho fatto apposta..."
"Tranquillo...é c-colpa mia..."
Rimasero immobili come se avessero paura di innescare una bomba; le loro labbra erano a pochi centimetri: ci sarebbe voluto pochissimo ad unirle e a dare vita ad un bacio ricco di emozioni; il più grande si morse l'interno di una guancia per il nervosismo; avrebbe tanto voluto esprimergli tutto quello che provava ma temeva che l'altro potesse reagire nel modo sbagliato; disse:
"E-Ed...spingimi via...altrimenti non penso che mi sposteró..."
L'altro capì subito il senso del discorso e gli strinse i fianchi; anche lui desiderava andare oltre ma non lo aveva mai fatto; non sapeva neanche da che parte cominciare; spostò le mani dai fianchi alla schiena, per poi abbracciarlo forte; gli sussurrò:
"Minho io ti amo...ma io...non l'ho mai fatto..."
Il cantante ricambiò la stretta, dandogli un bacio sulla guancia; anche lui condivideva queste paure ma voleva sembrare sicuro per entrambi; lo guardò sorridendo, per infondergli un po' di coraggio.
Gli disse:
"Neanch'io l'ho mai fatto...ma se lo desideri...possiamo scoprirlo insieme..."
I due iniziarono a baciarsi, un po' titubanti; credevano fosse una cosa che veniva naturale ma per loro a quanto pare non lo era; non si sentivano ancora del tutto a loro agio; il ranocchio provó ad alzare la maglietta di Edward, ma la cosa sembró peggiorare; ad un certo punto, si staccarono, ancora più tesi, sedendosi alle estremità opposte del letto.
Il più piccolo si guardò i piedi, sconfitto; si sentiva in colpa: sapeva perfettamente che era lui il problema.
"Little Brother...c'é forse qualcosa che non mi hai detto?"
Si girò verso l'altro e notò il modo in cui lo guardava: era uno sguardo deluso e allo stesso tempo preoccupato; strinse i pugni, istintivamente; forse era giunto il momento di vuotare il sacco e di fare quella domanda che lo tormentava da settimane; parlò a voce bassa, scandendo ogni singola parola:
"Minho cosa succederà domani?"
"Che vuoi dire?"
Sospirò, alzandosi dal letto e iniziando a camminare verso la finestra; continuò:
"Da quando ve ne siete andati...io ho sempre avuto paura...di svegliarmi un giorno e scoprire che mi avete dimenticato..."
Minho lo guardò stupefatto.
É per questo, allora, che si era distaccato.
Si alzò anche lui e corse a stringerlo tra le braccia; gli diede qualche bacio tra i capelli; non pensava che potesse sentirsi così; gli disse all'orecchio:
"Tesoro, ascolta...io ti amo, capito? E gli altri ti vogliono un mondo di bene...tu non rimarrai mai solo...sarei disposto perfino a rinunciare alla mia carriera per te..."
"Ma io non voglio che tu rinunci alla tua vita...mi basterebbe solo sapere come faremo a stare insieme senza metterti nei guai..."
"Key e Jonghyun ce l'hanno fatta...perché noi non dovremmo riuscirci?"
Si baciarono un'altra volta ma stavolta fu diverso; non fu un contatto veloce e goffo: fu una vera e propria dichiarazione di amore assoluto; Edward lentamente spinse il suo ragazzo verso il materasso fino a farlo distendere sopra; il rapper rise.
"A quanto pare qualcuno qui é più sereno, eh?"
"Senti chi parla..."
Da lì in poi divenne tutto estremamente semplice.
Continuarono a farsi le coccole fino a quando non sentirono di essere pronti a proseguire; a quel punto, iniziarono a spogliarsi, partendo dalle felpe fino ad arrivare ai pantaloni; lo studente arrossì: il ranocchio era a petto nudo e poteva finalmente contemplarlo in tutto il suo splendore; era bellissimo: aveva un fisico definito e la pelle di seta.
Si sentiva un po' in imbarazzo; ancora non capiva come un ragazzo così perfetto potesse essersi innamorato di lui; non pensava di essere bello; e nemmeno interessante; quindi non sapeva cosa pensare; a togliergli ogni dubbio fu lo stesso rapper che con ogni suo singolo gesto gli dimostrò tutto il suo amore.
Alla fine arrivò il momento ed entrambi iniziarono ad essere agitati: stavano per diventare una cosa sola; da quel momento tutto sarebbe cambiato; in meglio però.
Il maggiore fu il più dolce possibile; non voleva che la loro prima volta fosse legata ad un ricordo negativo, così fece tutto con la massima calma, stando attento a preparare bene Ed; quando sentì che il minore era pronto, si prese il tempo necessario e poi, con un filo di voce, chiese:
"Te la senti ancora? Non voglio che tu ti senta obbliga-"
L'altro gli mise un dito sulle labbra per farlo tacere.
Lo abbracciò forte e, baciandogli la nuca, sussurrò:
"Mi fido di te Minho...non vorrei essere in nessun altro posto..."
A quelle parole, sentì tutti i suoi muscoli distendersi e il respiro diventare più regolare; sorrise; neanche lui avrebbe voluto essere in nessun altro posto; tutto ció che desiderava era stare insieme a lui per il resto della sua vita.
Si posizionó meglio e, trattenendo il respiro, affondó nel corpo del suo ragazzo; un centinaio di brividi percorsero la sua pelle: non aveva mai provato un piacere così intenso; anche se si sentiva al settimo cielo, non espresse subito il suo benessere; era troppo preoccupato per il più piccolo.
Continuava a chiedersi:
"Perché non dice nulla? Perché non parla? Che gli abbia fatto male?"
Gli sfiorò una guancia, agitato; disse:
"Piccolo ti prego...dimmi qualcosa..."
L'altro rise.
"Sta' tranquillo Minho sto bene...stavo solo cercando di rilassarmi..."
Il ranocchio buttó fuori tutta l'aria che aveva in corpo.
Ma gli sembrava il momento di fargli prendere uno spavento del genere?
Scosse il capo e dandogli un bacio sulle labbra riprese quella che ormai sembrava una danza fatta di carezze e di gemiti.
Ogni spinta era una scarica di adrenalina.
Ogni bacio, una dichiarazione di amore reciproco.
Intorno a loro non c'era più nulla; nessun rumore; nessun cielo; nessun clacson; c'erano solo loro due e le loro mani intrecciate.
Il ritmo aumentava ad ogni secondo che passava; il sudore imperlava le loro fronti e la saliva tracciava dei fili d'argento sui loro menti; ad un certo punto, sentirono un brivido più forte degli altri e si strinsero più forte tra loro; vennero entrambi nel giro di pochi istanti, ormai stremati.
Il maggiore si stese accanto a lui e lo prese tra le sue braccia; iniziò ad accarezzargli la schiena, sperando di scaldarlo un po'; dopo tutto quel movimento erano tutti e due completamente sudati e non voleva che Ed si ammalasse; rimasero in silenzio per un po', ma poi, il più piccolo disse:
"Ehi hyung...grazie..."
"Di cosa?"
"Per essere tornato a prendermi..."
Il cantante sorrise e si avvicinò per baciarlo; in quel momento, però, qualcuno suonò alla porta, rovinando l'atmosfera; sbuffò:
"I fattorini da quando si ha memoria non sono mai stati in orario...proprio oggi devono iniziare?!"
Little Brother, ai lamenti dell'altro, rise stringendosi ancora più forte a lui; gli disse:
"Dai amore alziamoci...altrimenti se ne va e addio pizze..."
 
- Tre anni dopo -
ED POV
 
Accidenti che noia!
Sono seduto sul divano a guardare la TV completamente da solo.
Minho é agli allenamenti di basket, Onew dal medico, Key sta facendo le prove di un nuovo musical, Jonghyun in sala d'incisione.
E Taemin? Taemin sta uscendo con una ragazza; non mi ha detto molto su di lei: solo che mangia il gelato a colazione e come lui perde un sacco di mp3; per adesso é tutto quello che so ma appena ne avrò la possibilità indagheró.
Chiudo la televisione e mi alzo sbuffando; non che mi aspettassi una parata ma dopo aver passato tre settimane a Londra speravo almeno in un 'ciao'; é forse chiedere troppo?
Anche se può sembrare che io mi stia lamentando, sono felice della mia nuova vita; mi sono laureato con qualche anno di anticipo; ho trovato un buon lavoro in un atelier del centro come fashion designer; ho un sacco di amici, anche se più della metà sono artisti della SM Entertainment e quindi non ne posso far parola con nessuno.
E soprattutto, sono innamorato pazzo di quella rana gigante che mi ha sconvolto l'esistenza.
Vado nella camera degli ospiti, che in realtà sarebbe la mia, e mi siedo davanti alla scrivania; afferro un paio di fogli e inizio a fare dei bozzetti per prendermi avanti con il lavoro; guardo l'ora, triste; penso:
"Amore, ma dove sei? Mi manchi..."
 
MINHO POV
 
Sono davanti alla porta d'ingresso e sono agitato.
Ho passato tutto il pomeriggio ad allenarmi sui tiri liberi nel tentativo di rilassarmi ma non é servito a niente; odio nascondere delle cose ad Edward; allo stesso tempo, però, sapevo che se gliel'avessi detto mi avrebbe impedito di farlo.
Faccio un respiro profondo ed apro la porta.
"Ehi amore sono tornato..."
Vado in salotto pensando di trovarlo; e, invece, no; ma dove si sarà nascosto?
Vado a vedere nella sua camera; ancora non mi va giù l'idea che dormiamo separati; ogni tanto durante la notte sgattaiolo da lui e passo la notte insieme a lui ma non é la stessa cosa.
É terribile essere famosi: non posso neanche godermi il mio fidanzato per paura che qualche paparazzo ci veda.
Arrivo davanti alla stanza e lo vedo seduti alla scrivania a disegnare; mi avvicino di soppiatto e lo abbraccio da dietro.
"Ciao amore...."
 
ED POV
 
Sento due braccia avvolgermi da dietro e sobbalzo; giro la testa e capisco che é Minho; sorrido dolcemente e, facendo combaciare le nostre labbra, sussurro:
"Bentornato..."
"Ti sono mancato?"
Annuisco con la testa per poi ricominciare a baciarlo.
 
MINHO POV
 
Mi lascio coinvolgere dai tuoi gesti e senza nemmeno pensarci lo sollevo e mi siedo al posto suo facendolo accomodare sulle mie gambe; so che dovrei parlargli ma mi piace così tanto fargli le coccole; lo abbraccio ancora più forte, accarezzandogli la schiena dall'alto verso il basso; sto provando con tutte le mie forze a rimanere concentrato ma é quasi impossibile.
Ma come fanno Jong e Key a non saltarsi sempre addosso?
Io potrei passare un'intera giornata così e non me ne pentirei assolutamente.
Mi stacco a malincuore da te e, riprendendo fiato, dico:
"Ehi piccolo...se ti chiedessi di seguirmi ma senza farmi domande...lo faresti?"
 
ED POV
 

Continuo a baciarlo mentre lui mi muove come se fossi una bambola di pezza.
Adoro questi momenti in cui possiamo comportarci da fidanzati; a volte ho quasi paura ad abbracciarlo; so quanti problemi gli creerebbe un mio passo falso davanti ad un giornalista; ricordo ancora quando sono entrato per la prima volta alla SM Entertainment: c'é mancato poco che mi linciassero; per fortuna, c'era lui a proteggermi.
Lui pone fine al nostro bacio, facendomi ritornare alla realtà.
La sua domanda mi disorienta.
"Posso almeno sapere se dobbiamo uscire dal paese?"
"Non usciremo nemmeno dal condominio..."
Sospiro per poi annuire con il capo.
Chissà cos'ha combinato?
 
MINHO POV
 
Lui accetta e io senza perdere tempo lo faccio alzare per poi prenderlo per mano e guidarlo verso la porta; afferro le chiavi in velocità e usciamo di casa; lo spingo verso le rampe di scale e lì gli indico quella che va al piano superiore.
Sono talmente emozionato!
Lui, intanto, continua a fissarmi con aria spaventata e io ci rimango un po' male; si, certo, lo sto spintonando in giro per il condominio senza dirgli dove stiamo andando; ma non per questo é autorizzato a guardarmi come se fossi uno stalker; ormai dovrebbe saperlo che lo amo più della mia stessa vita.
Lo metto davanti alla porta che ormai conosco a memoria; é ancora molto confuso ma cerca di non darlo troppo a vedere; adoro quando fa così; continuo a pensare:
"Il mio soldatino coraggioso...vedrai il regalo che ti ho fatto..."
 
 
ED POV
 
Sono passato dall'essere confuso all'essere spaventato: non lo avevo mai visto comportarsi in questo modo; sembra quasi un cagnolino che insegue una palla.
Mi spinge su per le scale e poi mi fa fermare di colpo davanti alla porta di un appartamento.
Lo guardo sempre più disorientato; che ci facciamo qui?
Facciamo amicizia con i vicini?
Mi hai sempre detto che non dobbiamo far sapere che ci conosciamo; forse mi sono perso un passaggio o semplicemente il signor Choi Jin ha cambiato idea.
Continuo a chiedermi:
"Ma che...?"
 
MINHO POV
 
Lui continua a chiedermi spiegazioni con lo sguardo e io, senza rompere il silenzio che ci circonda, indico la targhetta attaccata sopra al campanello; ci vuole solo un secondo prima che lui cambi espressione; la sua bocca inizia ad assomigliare ad una 'o' e io inizio a ridere sotto i baffi; cerco di rimanere serio ma non ci riesco e scoppio a ridere, stringendoti forte; ti sussurro ad un orecchio:
"Scusami piccolo...so che non avrei dovuto farlo...ma non ce la facevo più a vederti in quella stanzetta per gli ospiti tutto solo..."
Senza aggiungere altro, lo lascio andare e apro la porta, invitandolo ad entrare.
Lui ancora non ha capito bene quello che sta succedendo ma fa comunque qualche passo dentro all'appartamento.
 
ED POV
 
Dalle sue parole inizio a capirci qualcosa ma il quadro non mi é del tutto chiaro.
Lui apre la porta e io curioso entro guardandomi attorno; mi viene quasi da piangere: ci sono tutti i miei vecchi mobili; guardo un po' meglio e sulla parete di fondo vedo delle nostre foto appese alla parete; sento centinaia di lacrime rigarmi le guance; non sono lacrime di tristezza ma di gioia; mi giro verso di lui con voce rotta dal pianto, chiedo:
"Questo appartamento..."
"Sì, Ed...é il nostro appartamento...un giorno avevo sbagliato piano e l'ho visto...così ho pensato che poteva essere un'idea carina avere una casa tutta nostra..."
Mi asciugo gli occhi, raccogliendo le idee; non so nemmeno cosa dire; nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me.
Corro ad abbracciarlo senza nemmeno pensarci; mi sembra di toccare il cielo con un dito; ad un certo punto, purtroppo, il mio lato razionale si riaccende e con tono preoccupato, dico:
"Ma Minho...me lo posso permettere? É costoso? Devo parlare con l'amministratore del palazzo?"
 
MINHO POV
 
"Ehi piano piano...si te lo puoi permettere, soprattutto visto che ci abiteremo insieme e quindi pagheremo le bollette insieme...non é molto costoso anche se lo sembra...e si forse dovresti parlarci..."
Gli scompiglio i capelli giocosamente e, ricambiando la sua stretta, continuo:
"La verità é che non mi interessa quando problemi incontreremo o quante volte faremo i salti mortali per riuscire a pagare l'affitto...io voglio vivere con te, voglio aprire gli occhi la mattina e vederti al mio fianco, voglio svegliarmi nel cuore della notte infreddolito perché mi hai rubato tutte le coperte, voglio..."
Mi fermo un attimo per guardarlo negli occhi.
"Voglio amarti per il resto della mia vita...in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia...."
 
ED POV
 
"Oh Minho...tu si che sai come fare una dichiarazione in piena regola."
Tiro su con il naso non curandomi di quanto possano essere gonfi i miei occhi; mi sento così fortunato a poterlo definire 'il mio ragazzo'; non riesco più ad immaginare la mia vita senza di lui.
Questi ultimi tre anni sono stati meravigliosi e per questo devo ringraziare solo lui.
Lo guardo con occhi trasognati, sorridendo; chissà se un giorno si stancherai di me?
Lo bacio sulle labbra e, commosso, dico:
"Minho...amore mio...io non posso prometterti che la nostra vita sarà perfetta...ma ti posso promettere che farò di tutto per farti felice...dovessi smuovere cielo e terra..."
Faccio una piccola pausa per raccogliere un po' di lucidità, anche se in realtà quello che gli voglio dire lo potrei ripetere anche tra singhiozzi e lacrime.
                                                      
                   
        "Saranghae Minho!"
                                       "I love you Ed!"
 
BANNER BONUS
(fatti dai miei angeli custodi <3)
















Nei miei panni

 
*si commuove*
Non ci posso credere che questa storia sia finita *^*
Non ho nemmeno le parole per dirvi quanto sono felice e grato che voi abbiate letto la mia storia :)
All'inizio non pensavo che sarebbe piaciuta; immaginavo che a lungo andare sarebbe finita nel dimenticatoio; invece ho avuto un sacco di visualizzazioni e ottime recensioni ^^
A questo proposito, voglio ringraziare quelle che ormai considero mie grandi amiche: KuraiShitsuji, Lagartischa, HikariKamishi e BonesCia ;)
Grazie ragazze! Non so cosa avrei fatto senza di voi <3
Ancora grazie a tutte e se non vi dispiace vorrei presentarvi una persona...
 
Ciao a tutti!
Il mio nome é Chris e sono lo scrittore di 'Fratellino'...
Avete la sensazione di dejá vu?
Perfetto! Infatti io sono il personaggio della nuova ff di Wyatt e ho il compito di interpretarlo ;)
Di cosa parla la storia? Leggetela e lo saprete ^^
Vi aspetto a "Love Between the Lines"! Ciaooooo!
*saluta insieme a Wyatt che non riesce a smettere di piangere*
  
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