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Autore: MaryRigby    08/12/2015    2 recensioni
Harry non sa niente del ragazzo che incontra tutti i giorni alla fermata della metropolitana di Parigi, eppure è sicuro che non esista niente più bello di lui.
[Larry Stylinson][Photographer!Harry; Student!Louis][2.5k]
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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FOTOGRAFANDO PARIGI

When you were here befor
Couldn’t look you in the eyes
You’re just like an angel 
Your skin makes me cry
You float like a feather
In a beautiful whirl
I wish I was special
You’re so fucking special.

 






Harry ama Parigi. Quella città ha qualcosa di speciale, qualcosa di magico.
Lui è un ragazzo semplice, o almeno così considera se stesso. Veste sempre di nero, anche se il nero non gli piace. Il nero è anonimo, come lui. Non vuole essere notato, ma ama notare e osservare le cose. È quello che fa tutta la giornata, osservare, anche se in realtà è il suo lavoro. Lui vede le cose e, se gli piacciono, le fotografa. A volte anche se non gli piacciono, basta che lo incuriosiscano.
Parigi, quindi, è la città perfetta per lui: c'è così tanto da osservare, così tanto da scoprire.
Ultimamente però, quella città tanto meravigliosa non gli sembra così speciale; c'è un ragazzo. Esatto, c'è un ragazzo. Questo ragazzo è speciale per Harry almeno quanto la città in cui abita: è una di quelle cose che fotograferebbe ad ogni costo, una di quelle cose che vanno ricordate.
Ha i capelli castani, molto chiari. Il suo viso è così particolare che Harry crede di non averne mai visti di simili: il naso piccolo e all'insù, gli occhi stretti, chiari, magici. Forse più di Parigi. Sicuramente più di Parigi.
Lo incontra ogni giorno alla fermata della metropolitana, vanno in direzioni diverse e quindi il ragazzo è sempre di fronte a lui. A volte lo fotografa senza farsi vedere; anche se, quando riguarda le foto a casa sua, si sente male: quello che fa non è giusto, quindi le cancella. Poi però quel ragazzo è sempre troppo bello e lui, che ha il dovere di fotografare tutte le cose più belle, non può fare a meno di commettere sempre quell'errore. È più forte di lui.
E poi si incontrano. Quando Harry arriva alla stazione il ragazzo non c'è nella banchina di fronte alla sua. A volte succede. La cosa strana è quel ragazzo e sul suo binario e si avvicina proprio a lui, con espressione tesa e nervosa.
«Pourquoi moi photographes?» dice. Harry, ovviamente, non capisce.
«Cosa?» chiede quindi confuso.
«Perché mi fotografi?» domanda il ragazzo con un tono di voce severo dal marcato accento francese. Harry apre leggermente la bocca e osserva il ragazzo misterioso, in silenzio. È ancora più bello da vicino: è più basso di lui di circa dieci centimetri, e la sua voce leggermente femminile è magica. Come lui, del resto. Come Parigi.
«Perché?» ripete il ragazzo spazientito.
«Io, ecco, mi dispiace...» balbetta Harry in difficoltà. Non sa davvero cosa rispondere per non sembrare un pazzo.
«Io sono un fotografo.» Alla fine, è questa l'unica cosa che riesce a dire. Il ragazzo stringe gli occhi e continua ad osservarlo sospettoso.
“Forse è in dubbio se farmi altre domande, o chiamare direttamente la polizia” pensa Harry dondolando da un piede all'altro, impaziente.
«E allora?»
«Ascolta, sto facendo un book fotografico su tutte le facce di Parigi, e fotografo tutto ciò che ritengo bello» spiega Harry. Alla fine, ha deciso di dire la verità.
«Quindi mi trovi bello?» dice il ragazzo leggermente spaventato.
«Ho già risposto a questa domanda.» Il ragazzo lo osserva per un po' in silenzio, indeciso sul da farsi.
«Cancellerai tutte le foto che mi hai fatto, e se ne troverò anche solo traccia sul web ti denuncerò. Se continuerai a fotografarmi, andrò dalla polizia» afferma alla fine. Poi, si gira e cammina verso le scale per andare all'altro binario. Harry non è mai stato così affascinato da qualcuno come lo è in quel momento dal ragazzo misterioso.

Il giorno dopo è Harry a cambiare banchina. Sente di dover parlare ancora a quel ragazzo. Lo ha osservato per tanto tempo, e gli dispiace che adesso pensi che lui sia un maniaco.
Quindi si avvicina nuovamente anche se non sa cosa dirgli. Qualcosa gli verrà in mente o almeno lo spera. Quel giorno il ragazzo indossa un paio di skinny jeans bianchi, un maglione blu notte e delle Vans del medesimo colore. Si avvicina lentamente e, quando è abbastanza vicino, prende un respiro per parlare.
«Per favore, no. Non mi interessa quello che mi vuoi dire, non mi interessi tu. Spero per te che tu abbia cancellato le mie foto, e ti auguro di finire il tuo lavoro il più presto e il meglio possibile. Addio» dice seccamente il ragazzo interrompendolo. Harry abbassa lo sulle sue scarpe, a disagio.
«Mi dispiace. So che ti sei fatto un immagine orribile di me, e non posso certo biasimarti. Volevo solo dirti che ho cancellato quelle foto appena le ho fatte, e che, per quello che può valere, io faccio veramente il fotografo e tu sei la cosa più bella che io abbia mai fotografato» mormora a bassa voce. Poi si gira e ritorna su suoi passi, consolandosi con il pensiero che potrà sempre osservare quel meraviglioso ragazzo da lontano.
«Hai mai fotografato Notre-Dame de Paris?» Un sorriso sincero nasce sulle labbra di Harry quando riconosce la voce sottile che lo sta richiamando.
«Certo» risponde semplicemente girandosi.
«Allora non sono sicuramente la cosa più bella che tu abbia mai fotografato» dice il ragazzo guardandolo negli occhi. Qualcosa dentro Harry si riscalda per quello sguardo.
«Mi chiamo Harry Styles.» Non sa cosa fare e presentarsi sembra una soluzione migliore del silenzio. Il ragazzo non gli risponde, sorride solo. Poi, dopo cinque minuti, quando arriva il suo treno e prima di salirci, gli sorride di nuovo.
Harry è stato quattro volte a Notre-Dame de Paris, ma è sicuro che quel ragazzo misterioso sia molto più bello di essa.

Il giorno dopo, quando Harry arriva sui binari, c'è il ragazzo ad aspettarlo.
«Ho visto le tue foto su internet» sussurra con un timido sorriso. Gli occhi di Harry si illuminano.
«Sono bellissime» continua incrociando le braccia al petto e abbassando lo sguardo.
«Grazie» risponde semplicemente Harry.
«Comunque mi chiamo Louis Tomlinson.» Louis. È sicuramente più bello di tutti i nomi che aveva immaginato. Louis. Suona così bene che Harry potrebbe continuare a sussurrarlo per giorni.
Poi però, arriva il treno. Louis gli sorride per la terza volta e Parigi non è più tanto speciale.

Non si sa il perché, ma Harry e Louis dopo quel giorno, quando si incontrano alla stazione, parlano.
Parlano di cose futili, di argomenti stupidi, ma a loro non interessa.
Harry ama l'accento marcato di Louis, il rossore involontario che si diffonde sulle sue guance quando gli fa dei piccoli complimenti e i suoi maglioni sformati. Effettivamente, lui ama tutto di Louis.
Parlando con lui, ha scoperto un sacco di cose oltre il suo nome. Ha diciannove anni, (cinque anni di differenza, alla fine, non sono troppi); studia piano al conservatorio di Parigi; è innamorato della musica, di Ella Fitzgerald, di Debussy, e delle sue quattro sorelle maggiori. Non è fidanzato, lo è stato una volta, ma quando Harry ha cercato di continuare il discorso, Louis ha sviato. Harry non ha domandato più niente su quell'argomento e, sinceramente, non è che gli interessi più di tanto.
Anche Harry ha raccontato qualcosa di sé a Louis: gli ha parlato della sua famiglia, di quanto la ami, e di quanto sia perfetta; gli ha detto che ama i Muse, gli anfibi, e la Francia. Soprattutto la Francia, adesso più che mai. Insomma, più o meno, sono amici. Forse qualcosa di più speciale, di più singolare e importante.
Piove quando Harry trova il coraggio di chiedere a Louis se vuole venire con lui a pranzo in un bistrot. Louis ovviamente accetta. Quella volta, Harry decide di fotografare le strade di Parigi in cui c'è il conservatorio.

Pranzano insieme altre quattro volte, e cenano altre tre volte prima Louis abbia il coraggio di baciare Harry. Esatto, è Louis a baciare Harry.
Stanno passeggiando lungo la Senna, ormai è quasi notte. Louis si ferma un attimo per guardare le luci di Parigi, ed Harry si ferma per guardare Louis.
Ad un certo punto, il francesino si gira e guarda il viso di Harry per un breve momento. Poi lo bacia. Harry non è di certo stupito: se non l'avesse fatto Louis, l'avrebbe fatto lui.
«Posso baciarti ancora?» gli domanda Louis quando si sono separati, con il suo accento francese.
«Puoi baciarmi tutte le volte che vuoi, mon petit.». E lo fa. Si baciano tutta la notte seduti su una fredda panchina che affaccia sulla Senna.
Ogni tanto Harry interrompe i baci per fotografare Louis, e, questa volta, lo fa senza nascondersi.
Parigi diventa sempre più insignificante.

Si incontrano sempre più frequentemente, e si conoscono sempre più a fondo. Dopo tre mesi Louis racconta ad Harry che il padre era inglese, ma e morto di cancro quando lui aveva appena cinque anni. C'è stato un periodo in cui lui, le sue sorelle, ma soprattutto sua madre sono caduti in depressione. È stato difficile rialzarsi, ma ce l'hanno fatta. Poi gli racconta di Eugène, il suo ex-fidanzato.
«Non so se lo amassi veramente o se quello che provavo fosse solo un profondo affetto perché avevamo vissuto un sacco di esperienze insieme, ma mi spezzai quando scoprii che mi tradiva da mesi con una ragazza. Cercò di ricontattarmi dopo, ma non accettai nemmeno la sua proposta di rimanere amici. Come puoi essere amico di una persona che ti ha fatto così male?» gli dice con lo sguardo puntato su un punto lontano. Harry gli prende la mano e gli sorride. «Non ti farei mai male», significa quel piccolo sorriso. Louis, che è molto saggio, non gli crede. O almeno non del tutto.
Harry gli racconta della sua famiglia e di quanto sia perfetta; dei suoi genitori che si amano e che lo amano. Si sente in colpa nel dover dire tutte quelle cose belle a Louis, ma il francese lo rassicura: gli piace sapere che lui è felice.
«E tu sei felice Louis?» gli domanda a quel punto Harry accarezzandogli gli zigomi sporgenti.
Louis chiude un attimo gli occhi, poi li riapre e osserva silenziosamente Harry per qualche attimo.
«Sì» mormora posando la testa sulla spalla dell'inglese.
«Sì, lo sono.» Poi ritorna a guardare il tramonto. Harry fotografa entrambi.

Passa un altro mese prima che Harry inviti Louis nel suo piccolo appartamento che ha preso in affitto per i sei mesi che sarebbe stato lì.
Ci sono macchine fotografiche di ogni genere sui mobili e foto attaccate al muro, ma a Louis non importa. Quel posto gli piace. In ogni caso, non ha il tempo di analizzare molto prima che Harry lo spinga rudemente contro il muro e lo baci dolcemente. Finiscono in camera da letto presto, ed Harry prende Louis delicatamente, tra le lenzuola che profumano di lavanda e tra l'odore della carta delle fotografie sparso per tutta la stanza. Fanno l'amore tre, quattro volte quella notte, Harry non lo sa.
Sa solo che, in quel momento, Parigi non esiste più.

Succede tutto troppo in fretta. Sei mesi passano velocemente. Harry deve fare un servizio fotografico a Mosca, ma lui è innamorato di Parigi, non può andarsene.
Lui e Louis sono nella sua camera da letto; Harry ha la testa poggiata sul grembo del francese, e quest'ultimo gli accarezza i capelli ricci.
«Mon petite?» dice Harry chiudendo gli occhi. Ormai lo chiama sempre così, tranne quando fanno l'amore. In quei momenti dice il suo nome. Louis mugugna qualcosa per fargli capire che ha sentito e continua ad accarezzargli i capelli. Harry prende un respiro profondo.
«Fra una settimana parto, vado a Mosca.» I movimenti di Louis si fermano per qualche istante, poi però riprendono.
«Ti amo» gli dice solo. Harry chiude gli occhi stanchi. Non lo sa perché, ma non riesce a rispondere.
Si addormenta, sul grembo morbido del francesino.
Parigi è piena di luci quella notte, ma nel buio della sua stanza, mentre Harry dorme, Louis piange.

«Vieni con me.» Sono passati due giorni da quella notte. Louis piange ancora quando non c'è Harry, o quando sta dormendo.
Sua sorella più grande, Charlotte, gli ha detto di lasciar perdere quell'uomo, e che non vuole che suo fratello stia male per lui, ma lei non capisce. Ormai ama Harry più del suo pianoforte e di Debussy. È troppo tardi. Comunque, quando Louis sente quella domanda fa un sorriso malinconico e accarezza una guancia ad Harry che lo guarda in modo strano. Non lo sa decifrare quello sguardo. Lo bacia; poi lo bacia di nuovo. E piange, per la prima volta davanti ad Harry mentre quest'ultimo lo abbraccia e lascia che Louis singhiozzi più forte sul suo petto.
Parigi non è più la città gioiosa che lui amava e visitava come turista pochi mesi fa. Adesso quella città è diventata la sua città. Ma non può rinunciare alla fotografia. Nonostante sappia che lui ami più Louis di essa, non può abbandonarla.
«Ti amo, ti amo, ti amo» ripete come una litania baciando i capelli del suo ragazzo misterioso. Poi, piange insieme a lui. Fanno l'amore piangendo quella notte e Louis non riesce a smettere di aggrapparsi ad Harry, di abbracciarlo e a baciarlo continuamente. Non vuole che vada via, o vorrebbe poter andare via con lui. Ma non può.

L'ultima notte insieme arriva troppo presto per entrambi. Sono stesi sul letto uno di fronte all'altro e si guardano, si accarezzano.
«Ti scriverò» dice ad certo punto Harry facendo stendere Louis sul suo petto liscio e caldo. Louis si lascia manovrare in silenzio e quando si è accomodato su di Harry, disegna figure immaginarie sul suo addome.
«No» sussurra baciandogli un capezzolo roseo. Poi si stende di nuovo e si ferma per ascoltare il cuore di Harry battere.
«Io t-ti prego, non farlo» continua con voce insicura e tremolante. Harry aggrotta le sopracciglia confuso, ma inizia ad accarezzare la spina dorsale di Louis che sospira.
«Perché?» domanda solamente.
«Non riuscirei ad andare avanti. Io non riuscirò mai a dimenticarti Harry, e so di essere egoista, ma non mi basta vederti per pochi mesi ogni due anni, scriverti come sto e cosa ho fatto, perché ho bisogno di averti vicino» bisbiglia. Harry non gli dice niente, perché capisce. Lui capisce sempre tutto se si tratta di Louis.
Fanno l'amore per l'ultima volta quella notte ed è quasi come la prima. Lento, dolce. Non vogliono perdersi nemmeno un momento nei loro pensieri, e non lo fanno. Si amano come nei libri.
Ed Harry finalmente capisce: Parigi non è niente in confronto a Louis.

Passano alcuni mesi, e il treno continua a passare a Parigi. Louis va in conservatorio tutte le mattine e sente che piano piano, la sua vita sta ritornando normale come prima. Non felice, ma normale.
Poi un giorno, aprendo la cassetta della posta, trova una lettera. Su di essa c'è scritto il suo nome e il suo indirizzo, nient'altro. Louis la apre incuriosito. All'interno c'è solo una cosa, una foto. Louis piange quando la vede: è bellissima; raffigura l'aurora in un luogo sperduto e ghiacciato. Non ha mai visto un paesaggio più bello di quello. Poi però gira la foto.
Non fotograferò mai niente più bello di te.” C'è scritto.

Dall'altra parte del mondo, mentre Harry scriveva quelle parole guardando l'aurora boreale sorrideva.
Non troverà mai niente più bello di Louis.
Non esiste niente più bello di Louis.







Note
Allora, inizio col dirvi che la canzone che sta all'inizio della storia è Creep, dei Radiohead.
È un capolavoro, vi consiglio di ascoltarla.
E niente, spero che la mia storia vi sia piaciuta e, casomai voleste dirmi cosa ne pensate, mi farebbe piacere.
Ringrazio anche solo chi legge.
Alla prossima

Mary

 

   
 
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