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Autore: Eastling_Efp    08/12/2015    1 recensioni
[Rin/Archer - Soulmates!AU] [Traduzione di Class Of 13]
Alcune persone identificano le proprie anime gemelle dalle prime parole che si dicono l'un l'altro. Per altri, si tratta delle ultime parole. Rin Tohsaka non desidera alcuna parte di nessun tipo di amore, o così lei professa. Eppure, quando la tragedia e il pericolo entrano nella sua vita, Archer è lì ad assisterla.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Era seduta sui gradini di pietra che conducevano alla sua villa quando arrivò per la prima volta, e lo salutò con perfetta assurdità. «Sai, ho infranto i cuori di otto ragazzi, oggi, e di tre belle ragazze. Uno di loro ha piano, quando l'ho rifiutato».
Posò la sua valigia. «È così? Sei tanto un avversario formidabile quanto l'ereditiera della fortuna della famiglia Tohsaka, allora». Non sapeva se fosse in grado di cogliere il suo sarcasmo.
Sembrava che potesse, perché sollevò il mento e lo fulminò con lo sguardo per un momento prima di continuare. «Vedi», disse, «vedi, non posso essere la tua anima gemella, perché sono sicura che le parole sul  tuo corpo non potrebbero mai dire qualcosa di così brutale».
«Di così ridicolo, vorrai dire», controbatté.
«Nient'affatto», disse lei, lanciandogli un'altra occhiataccia. «Il mio nome è Rin, se non lo sapessi. Mi chiamerai Miss Tohsaka come un vero e proprio servitore».
«Molto bene», disse lui. «Lo prenderò in considerazione, Rin».
Il colore affiorò sulle sue guance. «Hai davvero intenzione  di essere così difficile?».
«Corretto», disse. «Puoi chiamarmi Archer, se vuoi».
«Forse ti chiamerò stupido», disse lei.
Sospirò. «Quanti anni hai, Rin?».
Lei sembrò non aver colto l'insulto, questa volta. «Ne ho compiuti diciotto il mese scorso», disse. «Avrei avuto una festa davvero incredibile, se la mia famiglia fosse stata ancora viva. Ma ero impegnata».
«Sai», disse prendendo la sua valigia e cominciando a salire i gradini, «c'era una falla nella tua logica sin dall'inizio».
«È impossibile», disse lei. «Sono un essere fatto di pura e stupefacente logica, perciò non può essere successo».
«Riguardo alle parole dell'anima gemella», disse. «Io sono un inverso».
«Oh», disse.
«Esatto», continuò. Sollevò il braccio sinistro e arrotolò la manica per studiare le parole scritte lì che solo lui poteva vedere. «Non saprò nulla su chi sia la mia anima gemella finché non mi diranno le loro ultime parole. Non le prime».
«Che indecente», disse lei.
«Oh, davvero condividi quei vecchi pregiudizi?», domandò. «Cresci, Rin». Fece una pausa. «Un'altra cosa».
«Non sono obbligata a sentire nient'altro da te, Archer», disse.
Lui continuò comunque. «Sai cosa significa quando fai piangere qualcuno?».
«Certo che lo so», rispose lei. «Significa che ho vinto».
Eppure l'aveva vista esitare soltanto per un secondo prima che rispondesse. Aveva visto quell'aria sperduta nei suoi occhi prima che parlasse.
 
***
 
La convocazione era giunta tre settimane prima presso l'ultima miniera a cui era stato assegnato. A quel tempo Archer aveva quasi dimenticato come fosse vivere sotto la luce del sole, attorno a persone che non lo odiavano, il supervisore che li obbligava a lavorare in condizioni mostruose.
L'avrebbe rifiutata. Era la sua vita, adesso, dopotutto. Ma portava il sigillo della famiglia Tohsaka, e quello valeva più della sua patetica vita. Lo possedevano, dopotutto.
Il patriarca della famiglia era morto in un incidente cosi come sua moglie; lui doveva occuparsi della loro giovane figlia e prendersi cura di ogni suo bisogno. In aggiunta a quello, doveva utilizzare le proprie abilità di mercenario per scoprire la verità. Era davvero stato un incidente quello che aveva portato la coppia alla morte, o il lavoro di una dinastia di pietre preziose concorrente?
Si era fatto l'idea, allora, di trovare delle babysitter mentre braccava i cattivi tra le strade di città distanti. Di sicuro non intendevano che dovesse ritornare a Fuyuki City, dove così tanto tempo fa era cresciuto, e rimanere lì per davvero, servendo il tè ad una giovane donna.
Ma lo avevano fatto.
***
 
«Archer, avevi un padre?», gli chiese mentre girava la zuppa. Erano passate un paio di settimane da quando era arrivato e da allora aveva avuto tempo per apprendere gran parte degli affari della famiglia Tohsaka. Gran parte del suo tempo, comunque, era stato speso vegliando su Rin.
«No», disse. «Sono stato trovato sotto una foglia di cavolo. È una storia davvero triste».
«Non ci staresti in una foglia di cavolo», disse lei. «Sei un uomo alto».
«Questo potrebbe sorprenderti», le rispose, «ma ero più piccolo, da bambino. Che spezie vuoi nella zuppa, Rin?».
«Tu sei lo chef, tu decidi», disse.
«Non sono uno chef», controbatté, ma si allungò verso lo scaffale delle spezie.
«Mi domando», cominciò, «come sia crescere con un padre e una madre».
«I tuoi genitori hanno vissuto fino ai tuoi diciassette anni», disse.
«Questo è vero», fece notare, «ma non è che li abbia visti molto. Quando le nostre fortune hanno preso il volo io ero molto giovane e i miei genitori divennero così impegnati. Sono sicura che mio padre abbia fatto un lavoro straordinario nel gestire gli affari di famiglia, ma l'ho visto così poco. Mi sarebbe piaciuto che mi insegnasse qualcosa sulle nostre gemme».
«Non ti sarebbe piaciuto», disse Archer. La sua ricerca gli aveva mostrato che Tokiomi Tohsaka in realtà era stato un terribile uomo d'affari. Il clan Tohsaka possedeva numerose proprietà che erano diventate piuttosto di successo, ma al tempo in cui Tokiomi e sua moglie morirono, erano profondamente indebitati. Aveva cominciato a sospettare che le loro morti fossero state pianificate, perché qualcuno aveva pensato che sarebbe stato più facile reclamare denaro con solo una ragazzina di mezzo. Ma ciò che disse fu: «Gli affari che gestiva erano marci. L'industria delle pietre preziose commercia su immagini di amore e sul bisogno delle anime gemelle di scambiarsi gioielli luccicanti, ma si basa su sfruttamento e sofferenza».
«Sei crudele, Archer», disse. «Distruggere in quel modo l'immagine che una ragazza ha di suo padre! Sei veramente crudele. Cosa ti ha insegnato il tuo di padre, mi domando?».
«Perché non chiedere di mia madre, invece?». Posò il coperchio sulla pentola della zuppa, per il momento.
«Beh, che mi dici di tua madre, allora?». Lo guardò da sopra la tazza di the che le aveva servito precedentemente.
«Non la ricordo», disse. «Sono diventato orfano in un incendio e mio padre mi adottò successivamente. Era un grande rivoluzionario che aveva combattuto in numerose guerre, ma a quel punto si era ritirato dalla battaglia e non desiderava altro che una famiglia».
«Capisco», disse Rin, e improvvisamente si domandò se effettivamente lei l'avesse fatto. Sarebbe stato preoccupante.

***
 
Dopo qualche mese le sue indagini cominciarono a dare frutti, e divenne pericoloso. Qualcuno là fuori sapeva che le morti di Tokiomi e Aoi Tohsaka erano sotto indagine e non gli importava di ciò.
Una notte i freni della sua moto smisero di funzionare in maniera sospetta, e solo la sua prontezza di spirito e il suo corpo ancora più vigile lo avevano salvato da una breve, rapida e sgradevole morte. Tuttavia, quando tornò alla residenza dei Tohsaka, quella notte, la sua testa era sanguinante, le sue mani graffiate.
«Sei in ritardo», gli disse Rin come prima cosa, e poi cambiò tono: «Sei ferito, anche. È inaccettabile; al mio Archer non è permesso finire col farsi male. Non ti ho dato il permesso di farlo».
Quando era passato dall'essere il suo domestico all'essere il suo Archer, si domandava? Disse: «Ho fatto delle avances ad una bella donna, e lei mi ha colpito duramente».
«Sapevo che fossi così terribile», disse Rin, sebbene nulla dei suoi occhi diceva che gli credesse. «Ma sono inetta senza qualcuno che faccia il the per me, perciò pulirò le tue ferite. Vieni con me».
Lo condusse al suo bagno personale, tutto adornato in marmo scintillante, e lo fece sedere mentre si prendeva cura delle sue ferite. Bruciava, ma la preoccupazione sul suo viso bruciava di più.
Mentre strofinava il suo volto, parlava di cose irrilevanti. «Sai, Archer, ti ho mentito... quel giorno in cui arrivasti per la prima volta».
«Rin Tohsaka che mente?Impossibile», disse.
«Erano solo due ragazzi e una ragazza, quelli che avevo respinto», disse lei, «e non so se ho spezzato i loro cuori. Sono sicura che troveranno comunque le loro anime gemelle. Ma io continuerò a rifiutare lo stesso. Continuerò ad essere scortese e crudele con tutti i miei spasimanti».
«Hai intenzione di dirmi il perché?», chiese.
«Non stanotte», disse. «Certo, probabilmente è solo perché sono una persona fredda. Sono tagliata per questo business corrotto, dopotutto». I suoi movimenti sul suo viso avevano cominciato a diventare gentili. Toccava i suoi tagli e i suoi lividi con estrema delicatezza. «Fa male, Archer?».
«Terribilmente», disse. Non faceva affatto male, non più. «Sei davvero crudele».
«Bene», rispose. «Il mio scopo è quello».
 
***

Qualche notte dopo condivise una bottiglia di vino con lei. Avrebbe declinato con un cenno, ma il suo entusiasmo era troppo grande per poter rifiutare.
«Lo stai sprecando con me», disse, ma bevve lo stesso.
«Lo so», disse lei. «Sono troppo giovane, perciò non conosco il valore di un vino costoso. Ne ho semplicemente preso uno con un'etichetta carina dalla cantina». Lo guardò bere.
«Non è nemmeno così carina», disse. Lei lo era di più, fu ciò che non disse.
Dopo che ebbe finito un bicchiere domandò: «Archer, non ti piace nulla della mia famiglia, nemmeno il nostro vino, perciò come sei finito con il servirli?».
Lui non disse niente. Lei riempì il suo bicchiere con altro vino. Infine disse:« Io non li servivo, loro mi possedevano. C'è una differenza».
«Ha l'aria di essere terribile», disse.
Bevve altro vino. «Beh, tutto ciò che riguarda la mia vita è terribile, perciò non è una sorpresa. Ero un grande eroe, sai? Ho combattuto in molte guerre al fianco della giustizia. Cercando di liberare le persone dall'oppressione... cercando di salvarle».
«Oh, chi lo sapeva che il mio Archer fosse un eroe», disse, gli occhi luminosi. Era il vino? Ne aveva bevuto almeno un po', lei?
«Lo sono stato», la corresse. Finì il suo corrente bicchiere di vino e si sentì molto accaldato. «Ma non è servito a nulla, alla fine. Qualcosa ha sempre corrotto il nuovo regime tanto quanto quello precedente. Mi sono reso conto di non star facendo altro che essere usato, e ho cominciato a diventare negligente. Qualcuno mi tradì riportandomi alle autorità, perciò stavano per giustiziarmi».
«Che cosa terribile», disse Rin mentre gli versava altro vino.
Bevve. Il controllo sulla sua lingua stava diventando instabile, tanto inaffidabile quanto il suo cuore, ma riuscì comunque a rimanere in guardia abbastanza da dire: « Volevo sopravvivere, perciò mi sono venduto alla tua famiglia in cambio della loro protezione». Si era venduto alla dinastia Tohsaka perché aveva pensato, a quei tempi, che una morte pulita fosse troppo buona per qualcuno come lui. Meglio servire proprio quelle forze contro cui aveva lottato. Quella sarebbe stata una punizione appropriata.
«Sono felice che tu sia sopravvissuto», disse Rin, «Archer». Lo guardò seria. «Hai bevuto molto vino...».
«Solo tre bicchieri», disse.
Gli rivolse un sorriso luminoso. «Chi sapeva che il mio Archer fosse una persona che regge così poco l'alcool?».
«Rin», disse mentre giungeva ad una realizzazione, «tu--».
Lei lo interruppe. «Dimenticati del tuo stupido passato! Sei qui con me, adesso. Mi bacerai?».
Lui sbatté gli occhi.
Il suo viso era luminoso per il rossore. «L'ho detto! Hai sentito? Mi bacerai?».
Il vino lo aveva reso lento, ma parlò comunque con autorità. «Penso di no, Rin». Ottimo; gli era rimasto sufficiente autocontrollo per respingerla, sebbene proprio in quel momento i suoi occhi  fossero meravigliosi. «Sono soltanto un inverso, dopotutto. Cosa penserebbero tutti?».

***
 
La mattina le preparò la colazione, sebbene la sua testa pulsasse per il dolore. Era stato un vino piuttosto dolce, cosa che rese la sbornia peggiore.
Rin sedette al tavolo, la testa chinata in basso per la vergogna. Infine disse: «Sono dispiaciuta per la scorsa notte, Archer».
«Dovresti esserlo», disse.
«Volevo davvero sapere», cominciò, «perché sei così come sei. Perché posso essere crudele nei tuoi confronti ma tu rimani al mio fianco. Tutti quelli con cui sono crudele se ne vanno come dovrebbero fare».
«Non posso andarmene», disse lui.
«Potresti», controbatté. «Non ho il potere per inseguire ogni bene della mia famiglia che mi sfugge tra le dita. Non so davvero niente sull'avere questo genere di potere e su come usarlo».
«Allora», disse, «dovrei provare ad insegnarti. Riguardo la politica e cose del genere. Ma Rin, sai già fulminare con lo sguardo come una regina».
«Sì, so fare quello, almeno», disse. «Ma non è abbastanza. Devo anche imparare ad essere giusta, perciò comincerò con te. Ti ho estorto delle risposte, la scorsa notte, perciò ti darò delle risposte in cambio questa mattina. È un'equazione, un' equivalenza».
«Oh, quindi sai usare la matematica», disse mentre strapazzava le uova. «Rin, rispondi a questo: sei un'inversa anche tu, vero?».
Lei lo fissò. «Come facevi a saperlo?».
«Beh, è così», disse. «Sei abbastanza disponibile a parlare con le persone la prima volta, ma le respingi ancora e ancora. Dici cose meschine finché non vanno via».
«Sì, quello è perché io sono sopra di loro», rispose, «e mi piace renderlo molto chiaro. Mi piace vincere, Archer».
«Anche quello», concordò lui, «ma non è nulla di tutto questo. Quali sono le parole della tua anima gemella, Rin?».
«Ti sbaglieresti, se te lo dicessi», affermò. «Fraintenderesti completamente».
«Ma sei un'inversa», disse.
«È vero», disse lei. «Sono piuttosto indecente come tale. Proprio come te. D'accordo, di dirò quali sono le parole».
Controllò le uova per assicurarsi che non stessero bruciando e posò la sua spatola. «Sì?».
«Sono "ti amo"», disse. «Non è terribile? È tremendo, perciò voglio che nessuno mai mi dica quelle parole».
«Capisco», disse lui. «Non preoccuparti, Rin». Sorrise. «Non ti dirò mai una cosa del genere».
«Idiota!». Arrossì, le guance che diventavano bollenti. «Non sono preoccupata per te! Sei un fastidio troppo grande per potermi mai lasciare. Non sono affatto preoccupata per te».
Spense i fornelli e cominciò a passare le uova dalla padella ai piatti. «Certo che non lo sei».
«Dimmi, quali sono le tue, Archer?». Si era calmata in fretta, come faceva sempre. Si scaldava troppo e diventava troppo fredda troppo facilmente, e adesso le sue emozioni erano ancora una volta nascoste dietro i suoi occhi brillanti. «Le parole della tua anima gemella».
«Temo che non te lo dirò», disse. «Ti ho dato abbastanza informazioni la notte scorsa, dopotutto. È uno scambio equo, adesso».
«Stupido», disse mentre lui si avvicinava con la colazione. «Non tutto è equo».
«Lo so», disse. «Credimi, lo so».
***
 
Le insegnò la politica, l'arte del capire cosa le persone realmente intendessero quando parlavano per incantare e come usare le loro parole contro di esse. Non era mai stato particolarmente bravo in quello, ma capiva come funzionasse. Lei l' aveva colta meglio di quanto lui avesse mai fatto.
Le insegnò la storia, l'arte delle ere del mondo e come imparare da questa. Ne conosceva così tanta a memoria e lo aveva reso stanco ripetere tutte quelle cose amare e tristi, ma lei la capì fino in fondo.
«Ho il potere di rendere le cose migliori nel futuro, vero?», gli chiese.
«Forse», disse con fare in qualche modo dubbioso. Non pensava che qualcuno avesse quel potere, ma lei sembrava così seria e sincera che non poté semplicemente dirle di no. E allora ancora, forse qualcuno come lei aveva davvero una tale abilità.
«Non so», disse. «Dovrei portare avanti il potere della casata Tohsaka. Dovrei mantenere il nostro controllo sulle masse. Non posso davvero farlo se cerco di sistemare il mondo».
«È una tua scelta», disse.
«Mio padre...», si interruppe, lo sguardo perso in lontananza. «Mi ha affidato il nostro futuro. Con ogni cosa che ha costruito».
«E se ti dicessi che tuo padre era un pazzo?».
«Camminerei sulla tua testa», spiegò con calma. «Indosso tacchi bassi, ma farebbe comunque male».
Lui sorrise. «Come mi raggiungeresti?».
«Prima ti ordinerei di chinarti», disse.
 
Ritornarono alla loro lezione.
 
Per ultima cosa, dopo che tutto quello era stato esaurito, si offrì di insegnarle come lottare, l'arte di difendere se stessa. Non le disse perché ne avrebbe dovuto aver bisogno, ma era sempre più convinto che i nemici di suo padre le avrebbero dato la caccia presto. Non era stato in grado di rintracciare i responsabili delle morti dei signori Tohsaka, ma sapeva che erano là fuori ad osservare e aspettare, guardando Rin diventare più potente e consapevole.
Ma qui lei lo sorprese. «Oh, non ne ho bisogno», disse. «Ho preso lezioni di autodifesa per diversi anni, e posso fare cose più cattive con i miei pugni che con le mie parole».
«Stai scherzando, Rin?». Normalmente non aveva bisogno di chiedere, ma questa volta era insolita.
Scosse la testa. «Qualche volta un ragazzo ha tentato di farmi del male perché l'ho respinto o deriso. L'ho sempre picchiato fino a farlo piangere. Vedi?». Il suo sorriso era luminoso e solare. «Te l'ho detto che le lacrime significano che vinco io».
«Dovresti far pratica», disse. «Potresti aver bisogno di usare nuovamente quelle abilità, in futuro».
Lo guardò seriamente, il suo sorriso che svaniva. «Le cose si stanno facendo pericolose, vero? Con la mia famiglia... e tutto ciò che significa. Stavi provando a tenermelo nascosto, perché sei terribile e sei un idiota, ma lo so».
Chinò un po' la testa in segno di ammissione. «Sì».
«Archer», disse lei, «come combatti?».
«Con delle lame», disse. «Ero solito lottare con le spade, ma quelle sono difficili da reperire in questi tempi e in quest'epoca, e più difficili da trasportare apertamente in una città. Dei coltelli vanno bene, adesso».
«Lo pensi davvero?», chiese. «Penso che appariresti davvero bello brandendo delle spade. Non che tu abbia bisogno di essere bello».
«Certo che no», disse.
Annuì. «Devi solo essere in grado di pulire le cose per me, perciò non ha importanza. Anche se è buffo», aggiunse. «Ti chiami Archer, ma usi le spade?».
«Non è davvero il mio nome», disse. «È iniziato per scherzo. Proprio perché usavo delle spade».
«Non ha alcun senso», disse Rin.
«È quello il punto», disse. «Stavamo combattendo in delle guerre. Sapevamo che nulla aveva senso. Perciò mi chiamarono Archer».
Lei fece un piccolo suono di irritazione. «Che cosa stupida», disse. «Proprio come te. Andresti a prepararmi del tè, adesso, Archer? Mi piacerebbe averne un po'».
«Certamente», rispose. Era abbastanza felice di terminare quella conversazione.
***
 
Tre settimane dopo le trovò sul suo letto: un paio di spade, una bianca e una nera. Le testò nelle sue mani e le trovò perfettamente bilanciate. Era da sorpreso da quanto fossero semplici, eccetto alcuni semplici motivi sulle lame. Le else non presentavano gemme.
Dopotutto aveva detto a Rin che non gli importava dei gioielli.
Archer si sedette pesantemente sul letto, il suo cuore vuoto improvvisamente pieno di rimorso. «Perché?», mormorò. Non stava ponendo la domanda ovvia: perché aveva fatto un gesto così inopportuno per lui? Conosceva la risposta a quella. La sapeva da un po' di tempo, ormai.
No, quello che si chiedeva della stanza attorno a lui era solo questo: perché Rin Tohsaka si era innamorata di uno come lui?
Sollevò il braccio per guardare le parole scritte lì, l'ultima cosa che la sua anima gemella gli avrebbe mai detto.
Hai infranto la tua promessa.
Lo avevano perseguitato sin da che riuscisse a ricordare. Quando si risvegliò dopo l'incendio che aveva ucciso la sua famiglia furono la prima cosa che vide. Era furioso, e fu deciso per così lungo tempo ad essere qualcuno che non infrangeva mai alcuna promessa. Aveva tentato di mantenerle tutte. Aveva persino promesso a suo padre morente di riuscire lì dove lui non ce l'aveva fatta e cambiare il mondo.
Nel tempo, però, aveva compreso la verità: era un uomo che aveva infranto ogni promessa che avesse mai fatto. Era inaffidabile, indegno di fiducia, inamabile.
Lei lo amava comunque.
Aveva paura per lei.
***
 
Gli assassini giunsero di notte, prevedibilmente. Non possedevano né l'arte né la capacità per andare contro il loro ruolo, a differenza della giovane donna che erano venuti ad uccidere.
Archer stava guardando le stelle attraverso la finestra a quel tempo, pensando a come la loro luce fosse inadeguata al confronto con quella degli occhi di Rin, e fu così che si trovò a vedere le loro ombre attraversare il balcone.
Aveva appeso le spade, pensando di usarle come una mera decorazione per ricordarsi quanto i suoi ideali che esse rappresentavano fossero inutili, ma in quel momento le tirò giù e inseguì gli assalitori di Rin.
Uno di loro riuscì ad entrare nella stanza di Rin; la sentì combatterlo, muovendosi troppo velocemente e a distanza troppo ravvicinata perché lui potesse avere qualche possibilità. Ma ce n'erano molti altri che lui doveva respingere, e avevano tutti pistole e coltelli.
Li combatté tutti balenando le lame. Erano troppo sorpresi per abbatterlo, all'inizio, e, fino al momento in cui avevano raccolto abbastanza coraggio da tirar fuori le loro pistole, li aveva valutati troppo bene. Tagliò e accoltellò prima che potessero sparare.
Rin giunse alla finestra nella sua camicia da notte, i capelli tutti scompigliati dalla sua battaglia, e lo fissò con occhi brillanti mentre lottava. «Archer!».
Continuò la battaglia. Tuttavia altri uomini stavano giungendo. Uno di loro riuscì a sparare un colpo prima che lo potesse fermare, e sentì la fitta di dolore mentre una pallottola si faceva strada nel suo fianco. La distrazione fu sufficiente per ottenere un coltello nella sua spalla.
«Archer! Vieni qui dentro!». C'era un'autorità troppo forte nella sua voce. Si ritirò verso la porta all'interno dal balcone, la oltrepassò e la chiuse sbattendo.
Lui e Rin cominciarono ad impilare mobili contro la porta, una barricata che avrebbe tenuto gli assassini a bada per un po'. Le ferite gli facevano male, ma cercò di nascondergliele. Lasciarle credere che il sangue appartenesse tutto ai loro nemici.
«Odio farlo», disse infine Rin, «ma dobbiamo fuggire. Continueranno ad arrivare, altrimenti. Solo per il momento--».
«Solo per il momento», concordò lui.
«Verrai con me, Archer?».
«Sono il tuo servitore», disse.
«Giusto, verrai con me perché io ho detto così», disse lei. «Ecco tutto».
Raccolse nuovamente le sue spade. L'emorragia lo aveva frastornato, ma continuò a rimanere in piedi. Non poteva mostrarle di essersi ferito. «Sono sul retro, perciò suppongo che dobbiamo uscire dal davanti», disse.
«È troppo semplice, ma non possiamo farci nulla», concordò. «Andiamo».
Si fecero strada lungo il pavimento di marmo del corridoio. Perdeva sangue sulle mattonelle bianche. Se ne sarebbe accorta. Le mise fretta, perciò non lo fece». Raggiunsero le scale. Incespicò su di esse. Sicuramente se ne sarebbe accorta, ma continuò a muoversi, perciò non lo fece.
Si fermarono al pianerottolo.
La porta principale era spalancata verso la notte fresca. Archer poté vedere una debole striscia di stelle nel cielo al di là di essa. Nel salone vi erano tutti gli assassini che avevano lasciato indietro sul balcone, e altri, oltretutto. Tutti avevano coltelli e pistole.
Rin camminò velocemente dietro una colonna, il viso bianco per la paura. «No».
«Rin», cominciò.
«Non farlo», disse.
«Non fare cosa?».
«Qualunque cosa tu stia per fare», disse lei. «Non farla. Sei ferito. Il mio Archer è ferito. Non ho davvero dato il permesso perché accadesse, questa volta. Revoco qualsiasi cosa possa essere stata interpretata come un permesso! Non lo permetterò!».
«Stai balbettando», disse. «Non c'è tempo. Devi tornare su per le scale e usare una delle uscite laterali. Sono sicuro che puoi arrivare senza problemi al piano inferiore. Cerca aiuto. Le autorità non sono degne di fiducia, ma ormai avrai imparato come usarle a tuo vantaggio, vero?».
«L'ho fatto», disse, «ma--». Indicò dietro di lei, ai piedi delle scale. La mano le tremò; lui voleva che fosse salda, ma tremava. «Non posso seminarli tutti».
«No», disse. «Non preoccuparti, Rin». Le sorrise apertamente. «Li terrò occupati io».
«Vedi, è esattamente ciò che ti ho detto di non fare», disse Rin, il colore che affiorava sulle sue guance pallide. «Te lo proibisco, Archer! Ti proibisco di morire qui!».
Si sentiva stordito. L'emorragia si stava davvero facendo sentire. «Chi ha mai detto nulla sul morire? Li sopraffarò tutti e ti raggiungerò».
«Stupido, stupido, idiota», disse. «Ti odio, Archer! Ti odio davvero!».
«Che peccato, Rin», disse. Stava ancora sorridendo. Non riusciva a pensare lucidamente, perciò continuò a parlare. «Io ti amo».
Divenne ancora più pallida. «No! Come ti permetti! Non avresti-- non avresti mai dovuto dirlo». Le lacrime fuoriuscirono, gocciolando irregolarmente lungo il suo viso. Aveva vinto? Questo non le pareva un premio.
«Dovresti sorridere, invece», disse. «Ti si addice di più. Comunque-- Ti amo». Si voltò per raffrontare ciò che lo attendeva giù, aspettando solo il suono dei suoi passi fuggire nella direzione opposta.
Per un lungo momento non fece nulla del genere. Sussurrò invece: «Mio stupido Archer... hai infranto la tua promessa». Solo allora cominciò a risalire correndo le scale.
Quando se ne fu andata cominciò a scendere la scalinata. Eppure era strano. Si sentiva di aver infranto una promessa meno di quanto avesse fatto da molto tempo.


 
Note della Traduttrice

Tutturu!
Qualcosa mi dice che nessuno di voi si aspettava un mio ritorno sulle scene (?) con una traduzione, ma non fatevi troppe illusioni, perché l' università è una giungla e questa traduzione l'avevo pronta da un bel po', ma ho potuto pubblicarla solo ora per via della risposta di Eastling che è arrivata tardi.
Ovviamente questa storia non mi appartiene in alcun modo, io l'ho semplicemente tradotta su autorizzazione dell'autore ma mi premurerò di tradurre e mandare tutte le vostre recensioni, se sarete tanto carini da lasciarne una (perché, diciamocelo chiaramente, questa storia merita :3). Se notate errori o avete suggerimenti per migliorare la traduzione sarò più che lieta di ascoltarvi, perché è la mia prima traduzione e ho sicuramente un mondo di cose da imparare xD

Alla prossima! La traduttrice,
                                                        Class Of 13


P.S: potete trovare la storia originale qui: http://archiveofourown.org/works/3702405
 
   
 
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