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Autore: Promisen    09/12/2015    2 recensioni
"Da quando ci fu quell'incidente, Philip non riuscì più a guardare il mondo con gli stessi occhi: le
ombre, i sussurri e le allucinazioni erano aumentate. Ebbe ogni notte incubi terribili dei quali protagonista era sempre l'essere misterioso. Non riuscì più a condurre neanche la vita disorganizzata di sempre."
Genere: Horror, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una comunissima giornata autunnale. Era da poco l'alba e Philip si trovava in macchina, a rientro da lavoro, stanco morto dopo aver passato un'altra notte a ripulire da solo intere stanze e uffici. L'unica cosa che desiderava in quel momento era ficcarsi sotto le coperte calde del suo letto, spegnere la sua sveglia a forma di coccodrillo e dormire tutto il tempo che voleva. Avrebbe dimenticato la malinconia del vivere da solo, di non avere un lavoro che apprezzava, e soprattutto, avrebbe dimenticato le orribili visioni che nell'ultimo periodo lo stavano tormentando. Vedeva strane ombre spiarlo, oggetti la cui immagine si deformava sotto i suoi occhi e, cosa che odiava più di tutte, persone sconosciute lo guardavano sempre più spesso con sguardo spregevole e colmo di disprezzo.
Philip non era superstizioso, e attribuì quelle strane visioni alla stanchezza della vita che conduceva. Per lui in effetti non poteva esserci altra spiegazione, non riusciva a seguire una routine, mangiava agli orari più improbabili e a volte non dormiva per giorni. Una parte di sé gli diceva spesso che una vita simile non valeva la pena di essere vissuta, ma ogniqualvolta lo pensava, subito riaffiorava il ricordo di sua madre che una volta gli disse:”Ognuno di noi in questo mondo ha un compito.”
Così, Philip continuava a lavorare, e lo faceva davvero molto bene, nonostante non lo amasse per niente. Da quando aveva iniziato quel lavoro, quattro anni prima, ebbe l'impressione di essere molto portato. Teneva tutto impeccabilmente ordinato e pulito, seppure nessuna delle due cose facesse realmente parte della sua persona.
Era quasi vicino a casa, quando successe qualcosa di inaspettato.
Un'ombra scattò improvvisamente davanti l'auto, e Philip non fece in tempo a frenare, prendendola in pieno. Si fermò bruscamente una decina di metri dopo, scese in fretta dalla macchina e corse verso quello che aveva appena investito.
Inizialmente pensò che fosse un animale, forse un cervo, visto che erano circondati da un bosco. Era anche molto presto, quindi non sarebbe stato improbabile la presenza di qualche animale per strada. Ma avvicinandosi, Philip si rese conto che quella figura non era simile a nulla di quello che aveva visto fino a quel momento. Era un essere oblungo e completamente nero, aveva struttura simile a quella umana: due gambe e due braccia, un torso molto stretto e qualcosa che sarebbe dovuta essere una testa, ma non aveva né occhi né naso, soltanto una bocca, che in quel momento era come digrignata, nonostante quell'essere non si muovesse.
Philip indietreggiò, era spaventato, ma lo confortava il fatto che fosse quella creatura ad essere morta e non lui. Una voce nella sua testa però gli urlava di investirla di nuovo, ma aveva troppa paura che potesse non essere davvero deceduta.
Allora tornò velocemente in macchina e guidò di corsa fino a casa.
Da quando ci fu quell'incidente, Philip non riuscì più a guardare il mondo con gli stessi occhi: le
ombre, i sussurri e le allucinazioni erano aumentate. Ebbe ogni notte incubi terribili dei quali protagonista era sempre l'essere misterioso. Non riuscì più a condurre neanche la vita disorganizzata di sempre.
Dopo una settimana arrivò una chiamata, era Jessica, una sua collega. Gli chiese se fosse in malattia e perché non l'avesse ancora riferito. Gli consigliò di farlo al più presto altrimenti avrebbe rischiato di perdere il lavoro. L'uomo rimase in silenzio in un primo momento, ma poi apprese di avere un irrefrenabile desiderio di confessare tutto quello che lo stava affliggendo nell'ultimo periodo. Non voleva farlo, ma non riuscì a contenersi: aveva bisogno di dire tutto. Non conosceva molto bene Jessica e non si fidava di lei, ma era un altro, un qualcuno con cui forse condividere quel peso diventato ormai insopportabile. E così rivelò tutto.
Non riuscì a spiegare il modo in cui si sentì dopo quella chiamata. Jessica gli consigliò di riposare e darsi malato al lavoro, dopo essersi inventato una buona scusa per non averlo detto sette giorni prima. Sembrava molto preoccupata, e ben presto Philip avrebbe scoperto quanto lo era davvero.
Passò un'altra settimana dove ebbe incubi anche a occhi aperti, e la confessione fatta a Jessica non fece altro che rendere più reali tutte quelle illusioni, come se gli avesse permesso di entrare nella sua vita. Ormai non c'era un momento nel quale l'uomo non aveva visioni o non udiva voci terribili ovunque fosse, la sua stessa vita si era trasformata in un incubo. Non mangiava neanche più, non aveva volontà di resistere. Da giorni restava semplicemente immobile nel suo letto, aspettando la morte. Un giorno, dalla porta entrarono quattro di quei mostri, simili in tutto e per tutto a quello che Philip aveva investito sulla strada due settimane prima. Appena li vide si irrigidì, cerco di urlare e di strattonarsi, ma era così debole che nulla poté fare per salvarsi dalla morsa di quegli esseri.
Lo fecero sedere sul divano e lo osservarono, lo studiarono mentre parlavano tra di loro e sembravano rivolgersi a lui con delle domande, emettendo versi terribili e inumani. Philip non capiva, e quando ebbe la forza per poter parlare, urlò loro tutto l'orrore che provava e quanto odio sentiva nei confronti di quelle bestie orripilanti e impietose.
I quattro mostri si guardarono ancora e si dissero qualcos'altro, dopodiché uno di loro tirò fuori una siringa e la conficcò nel braccio dell'uomo. Lui urlò con terrore, ignaro di quale orribile sostanza gli stessero iniettando, ma ben presto le forze lo abbandonarono di nuovo e con loro, anche i sensi.

Fu così che Philip si svegliò in quella che diventò la sua prigione per molti mesi, un luogo nel quale si trovavano solo mostri, alcuni rinchiusi come lui, e molti altri liberi. Più volte al giorno sottoponevano l'uomo a una specie di interrogatorio al quale lui non rispondeva mai, perché le uniche cose che udiva erano i loro versi immondi che non assomigliavano a nessuna lingua esistente.
Le loro bocche digrignate in un sorriso sadico ogni volta che gli iniettavano o facevano digerire sostanze sconosciute era quello che odiava di più. Avrebbe fatto di tutto pur di strappargli quel ghigno, ma ogni volta quelle medicine gli toglievano la forza, e tornava a essere impotente e passivo a tutto quello a cui lo sottoponevano. Un giorno uno dei mostri tenuti in cella sembrò impazzire, urlò più del solito e questo fece allertare un gran numero di esseri che così interruppero la loro routine. Philip non fu costretto a prendere la medicina quel giorno e riuscì persino ad alzarsi dal proprio letto. Dopo qualche ora, finalmente giunse uno di quei mostri per costringerlo a ingerire la medicina, ma l'uomo si fece trovare pronto. Balzò dal letto e prese di sorpresa l'essere, riuscendo a spingergli la testa contro il pavimento e a schiacciarla più volte sotto il piede, fin quando dalla testa ferita del mostro non scorse del liquido bluastro. Philip si fermò un secondo, poi riprese a colpirlo. Si sentiva bene, era una sensazione fantastica uccidere il proprio nemico, non si era mai sentito così vivo e così lieto. Pensava che non si sarebbe più sentito una preda, era capace di ucciderli, poteva essere lui il cacciatore. Li avrebbe uccisi, tutti, avrebbe provato di nuovo quella sensazione fantastica che stava provando in quel momento. Ma durò poco. Allertati dal rumore, arrivarono altri di quegli esseri e dopo aver visto l'orribile scena, saltarono addosso all'uomo e lo bloccarono. Ogni resistenza fu inutile e dopo pochi secondi riuscirono a iniettargli qualcosa nel collo e addormentarlo.

Il giorno dopo arrivò una chiamata al cellulare di Jessica.
“Pronto?”
“Jessica King?”
“Sì, sono io, chi mi vuole?”
“E' stata lei a segnalare Philip Walker?”
“Sì...come sta? Ho saputo che è stato portato all'ospedale psichiatrico.”
“Il signor Walker ha ucciso uno dei membri del personale, è mentalmente instabile ed è pericoloso. Forse lei non lo sa, ma ha probabilmente salvato molte vite.”

   
 
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