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Autore: Kiki S    09/12/2015    3 recensioni
"La volpe in gabbia chiude gli occhi, sperando che sia l'ultima volta. Ma verranno a prenderla."
Da una parte un sogno lontano, inafferrabile, dalle tinte verdi ormai dimenticate, che annebbia la mente di una volpe a cui la libertà della sua natura è stata negata; dall'altro, la cieca follia dell'uomo che distrugge sistematicamente tutto ciò che la stessa natura ha creato.
Un breve testo di protesta, volto a dar voce a coloro che già sanno, e volto ad ammonire chi ancora si sforza di non vedere.
Chi è la vera bestia?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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LA BESTIA 

La volpe in gabbia chiude gli occhi, sperando che sia l'ultima volta. Ma verranno a prenderla.
Il suo pelo si è fatto più folto: è stata esposta al gelo di proposito.
Ha una ferita profonda alla zampa, è visibile l'osso, e si sta infettando. Se l'è procurata da sola, a morsi, perché le sbarre che non vuole più vedere di fronte a sé l'hanno fatta impazzire. Aveva anche un cucciolo, ma l'ha divorato.
Rinchiusa in quella gabbia minuscola, non ricorda nemmeno più di essere una volpe.
Ha trascorso le prime settimane di prigionia nel terrore, che poi ha lasciato il posto alla rabbia e alla follia, nelle quali è sprofondata per mesi.
Ora, con l'arrivo dell'inverno, non esistono più neanche quelle emozioni.
E' solo un corpo che respira ancora, apatico e disilluso; è soltanto una vita già spenta.
E' solo pelo da vendere.
Non sa esattamente che cosa stia vedendo dietro le palpebre abbassate: il rosso è il colore dominante di quell'immagine, anche se lì, più in fondo, dove non ha la forza di arrivare, sembra esserci una leggera tonalità di verde.
E' un ricordo così lontano, la volpe non crede nemmeno che le appartenga.
Nelle orecchie sente le orribili grida a cui oramai è abituata. Sono le richieste d'aiuto degli altri, quelli che, a differenza sua, non si sono ancora rassegnati. Ode suoni di morsi, di pianti, e di zampe che grattano selvaggiamente le sbarre.
La volpe non sa se esistano davvero in quell'inferno, o se le stia immaginando, come se in lei si fossero radicate.
Le ha udite così tante volte, che ormai sembrano far parte della normalità.
Eppure c'è anche qualcos'altro che si insinua tra i suoi sensi: è come un fischio lontano, qualcosa di sconosciuto e inafferrabile, qualcosa che sembra stimolare i ricordi di un estraneo.
E' un suono dolce, ma proprio per questo è fastidioso. Fruscio di vento tra i rami degli alberi. E il verde nella sua mente si fa un po' più vicino.
La volpe sospira nel dormiveglia e abbassa le orecchie all'indietro, come di fronte a un pericolo.
Ora sente anche qualcos'altro. Cinguettio.
Crede di vedere le foglie, adesso. Il rosso sta sparendo.
Le sembra impossibile che il colore del sangue si dissolva; quello stesso sangue che ha versato e che ha fatto versare lei stessa.
Vorrebbe fermare quella visione, non vuole tornare nella foresta dove è stata libera. Dove è stata una volpe.
Vuole solo non dover più riaprire gli occhi, ma non riesce a trattenere quel richiamo che la spinge verso di sé; un richiamo che non credeva di saper ancora comprendere, e che sembrava dover appartenere ad altre creature.
La sua ferita alla zampa pulsa e brucia nel sonno che si fa strada, ma la volpe si sente alzarsi, e iniziare a camminare.
Sente odori, stimoli, e anche quell'altra sua fantastica prerogativa: l'istinto selvaggio. Difatti non sa perché abbia iniziato a correre, diretta senza pensieri verso il verde che le si sta facendo incontro, sa soltanto che non potrebbe fare altrimenti; anche con la zampa ferita.
Percepisce anche la paura, di nuovo, ma questa è così diversa da quella che si è abituata a sperimentare da quando è stata catturata. E' una paura che sa di libertà, di ignoto, e di vita così come la natura comanda.
La volpe corre, veloce e leggiadra come aveva fatto tante volte, nell'altra vita.
Via da quelle grida, via dall'orrore, lei è stata creata per un altro motivo.
E d'improvviso il verde le si dispiega intorno.
Ha mai visto davvero quella foresta con i suoi occhi? Non sa più concepirlo, eppure sente di conoscerla; anche un sogno ricorrente, però, può diventare familiare.
Poi sente la terra sotto le zampe e crede di impazzire di gioia.
Di fronte a lei, un cucciolo gioca con la sua stessa coda. L'odore è inconfondibile: è il suo. Quello che ha divorato in gabbia, perché non sopportava più i suoi continui lamenti. Quel cucciolo nato all'aperto, ma catturato insieme a lei quando aveva ancora poche settimane di vita.
Quello che sta vedendo adesso è l'ultimo, vero ricordo che ha di lui. Ciò che entrambi erano diventati in seguito non faceva più parte di loro.
Spinta dall'istinto gli si muove incontro, gli dà un colpetto con il muso per attirare la sua attenzione, poi lo lecca sulla schiena. Il piccolo si mette a sedere, avvolge la coda vaporosa e rossa intorno al proprio corpo e inclina la testa. Le orecchie dritte, pronte a captare qualunque suono interessante, che decreti una preda in avvicinamento o un pericolo.
Lui non è ancora in grado di cacciare, ma imparerà presto, perché è la natura che lo dispone.
Improvvisamente, però, avviene qualcosa che la volpe non aveva previsto: il suo cucciolo si dissolve davanti ai suoi occhi, senza lasciare traccia.
Non è lì che si trova. Nemmeno lei è in quella foresta.
Afflitta, alza lo sguardo ai rami degli alberi che frusciano al vento. Niente foglie, solo gigantesche piante morte che lanciano al cielo grigio i loro lamenti sconnessi. La volpe non comprende quella lingua, anche se nell'altra vita capiva gli alberi. E quel cielo è troppo grigio, perché possa essere coperto soltanto di nuvole.
La volpe respira a fondo un'ultima volta, prima che anche l'aria cambi e sia rispedita indietro.
Poi sente lo sferragliare.
Spalanca gli occhi di colpo. Di nuovo il terrore, quello che sa di marcio, e che la natura non prevede.
Si schiaccia contro l'angolo della gabbia, ma non può sfuggire a quella mano pronta a ghermirla.
L'ultima cosa che vede nella mente, prima che il dolore inizi, è il suo cucciolo che gioca con la propria coda, libero nella foresta.
Una visione che non esiste più, ormai cancellata dal sangue.
 
**
La donna di mezza età è fiera della sua nuova pelliccia di volpe. Era tempo che la desiderava, ma il  marito è riuscito a regalargliela soltanto adesso.
Ed era ora.
Ora sì che verrà notata, ora sì che verrà invidiata.
Ora sì, che sente di valere qualcosa.
Può darsi delle arie, ora, può atteggiarsi come una persona importante.
In fondo che cosa conta d'altro?
Rami d'alberi morti la sovrastano mentre lei cammina impettita e orgogliosa, sentendosi addosso gli occhi di tutti.
E' compiaciuta dagli sguardi, dai commenti sommessi. Lo è anche perché c'è chi mostra disappunto: è normale, è solo invidia.
Ma sopra di lei, anche i rami morti la scrutano, inorriditi dallo scempio che si porta addosso, e che sfoggia come segno inequivocabile di superiorità.
La donna di mezza età non sente foglie che frusciano al vento nemmeno nei ricordi. L'unico suono tangibile è quello dei tacchi delle sue scarpe che violentano l'asfalto sotto di loro. E' un passo deciso il suo, sicuro.
Lei sente di aver capito come va il mondo.
Quel mondo ha un centro, e quel centro è soltanto lei.
E' lei che vive, lei che agisce, è persino lei quella che in chiesa prega per gli altri.
Non vede il sangue che cola dal meraviglioso pelo rosso che indossa, non può sentirlo scorrerle addosso come un fiume d'orrore.
Quella donna non ha occhi per vedere, né orecchie per sentire. Né naso per fiutare.
Lei non saprebbe che farsene di un sogno che mostra una foresta, il suono delle foglie mosse dal vento, il cinguettio degli uccelli, o la visione di un cucciolo di volpe che gioca con la sua stessa coda.
Meglio pensare al Natale che è alle porte, alla sua vita insulsa che le si srotola davanti, che per lei è così importante.
Si copre meglio il petto con il pelo di volpe. Se lo tiene proprio sotto il naso, ma non percepisce l'odore di morte che ne scaturisce.
La donna cammina senza preoccuparsi di nulla, sentendosi padrona di un mondo che non esiste.
Non sa che la Terra la ripudia, che quando verrà il momento, non si prodigherà certo per salvarla.
Ma a lei non importa, non le interesserebbe comunque.
Quel che conta, per lei, è possedere finalmente la sua pelliccia di volpe.
Ora sì che tutto ha un senso.
Gli alberi morti la scrutano ancora, imponenti. Lei ne è ignara.
 
**
Un'altra volpe  in gabbia chiude gli occhi, sperando che sia l'ultima volta.
Ma verranno a prenderla.
   
 
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