Prima classificata al contest
“Award for best one-shot” indetto da Nirvana_04 sul
forum di Efp.
Prima
classificata al Winter Contest e
prima alla sfida di Natale indetta dal gruppo facebook Efp famiglia:
recensioni, consigli e discussioni.
Storia
di un Natale
Era
buio come il cielo.
Rochelle
restò immobile, il cuore in gola, aspettando che accadesse.
Sentì la mano di
sua nonna Lilian stringersi alla sua e vi si aggrappò forte.
Il respiro grave
di Philippe le arrivò dritto all'orecchio, ma lei
riuscì a non muoversi. Era
importante, aveva detto la mamma, era importante stare fermi, in
silenzio,
affinché accadesse la magia.
E
poi successe.
L'albero
prese a brillare di luci colorate, affrontò le tenebre
dell'ombra e Rochelle lo
vide illuminare di rosso il volto di sua madre. Gridò di
gioia insieme a suo
fratello e alla nonna, e si ritrovò a battere le mani.
«Accediamo
la luce ora, va bene?» disse Lilian, lasciandola.
«Prendete i cappotti.
Usciamo.»
Philippe
pose l'indice sulle labbra con aria confusa.
«E
papà?»
«Quando
torneremo sarà a casa, vedrai.»
Rochelle
lasciò che sua madre Marguerite l'aiutasse a infilare il
cappotto giallo. Restò
a guardarla mentre si chinava per abbottonarglielo, per infilarle il
berretto
di lana, per baciarle la guancia.
«Fate
i bravi» le sussurrò al secondo bacio.
«Dai la mano a Philippe e non
allontanarti dalla nonna.»
«Sì,
mamma.»
Provò
a infilarsi i guanti bianchi, ma ci riuscì solo quando
intervenne la nonna.
Sentì le sue dita ruvide sistemarle i boccoli dietro
l'orecchio e storse il
naso: le mani di sua madre erano calde, morbide e la facevano
sorridere. Lilian
invece aveva un modo di fare più nervoso, come se avesse
sempre fretta.
Quando
attraversavano la strada, era la nonna a tirarla per farla camminare
più
veloce, e Rochelle pensò che la stessa cosa si sarebbe
ripetuta quella sera. Ma
in fondo era colpa sua... era stata lei a implorare la mamma di
portarla alle
giostre.
"Vi porta la
nonna, Elle... Intanto io preparo il cenone."
Lei
aveva storto il naso a quella frase. Braccia conserte, piedi puntati e
sguardo
di ghiaccio, aveva esclamato: "Papà?
Dov'è papà? Voglio andare con lui!"
"Elle,
lo sai che
torna tardi. Oggi è come gli altri giorni per lui."
«Sei
pronta?» chiese la nonna davanti alla porta.
Era
proprio sotto il vischio, che la mamma aveva sistemato con cura qualche
giorno
prima. Philippe corse da lei un po' incerto, l'orsetto di peluche
stretto al
braccio.
Rochelle
si avviò guardandosi intorno, sapendo che per qualche ora
sarebbe rimasta fuori
casa. Lanciò un'ultima occhiata all'albero alto che
papà aveva preparato
insieme a loro, al presepe sistemato ai suoi piedi, alle luminarie che
circondavano la portafinestra. Sollevò una mano per sfiorare
il tavolo su cui
trionfavano un cesto di arance, un bûche de Noël
e un centrotavola pieno di
cioccolatini.
«Posso?»
chiese titubante a sua madre.
Lilian
sbuffò e prese a tamburellare i piedi sul tappeto rosso,
natalizio, che
dall'entrata si spingeva fin quasi all'albero.
«Andiamo»
insisté la nonna, la voce raschiante che non piaceva a
Rochelle.
«Prenderete
qualcosa fuori» disse con un sorriso sua madre, ma non appena
Lilian si voltò,
Rochelle la vide prendere un cioccolatino e infilarglielo nel cappotto.
Uscì
guardando sua madre che le faceva l'occhiolino.
«Fate
i bravi» ripeté Marguerite prima di chiudere la
porta.
I
monti innevati di Grenoble sembravano brillare di luce propria.
Lilian
restò a guardarli mentre attraversava il ponte
sull'Isère, soffiando fumo
bianco dinanzi a sé. I bambini le camminavano davanti,
fermandosi di tanto in
tanto per sporgersi a guardare giù.
«Non
si vede niente...» si lamentò Philippe.
Lei
smise subito di ascoltarli e tornò con la mente a giorni
passati, giorni che
erano i suoi, giorni felici. Non la infastidivano i bambini in quegli
anni,
anzi, era stato proprio a Natale che aveva scoperto di essere incinta.
Finché
suo marito era vivo, sorrideva ogni volta che ci pensava. Ma ora, ora
era
diverso. Ora si sentiva perduta, come se fossero ormai finiti i suoi
giorni più
belli.
Ma
non era forse così?
Non
avrebbe più avuto modo di rifarsi una vita. Ora, quei
momenti felici toccavano
ai suoi nipoti, a sua figlia Marguerite, a suo genero.
«Nonna!»
gridò Philippe saltellando davanti a lei.
Era
piccolo, tanto piccolo, eppure sul suo viso Lilian scorse le fattezze
di
Jean-Claude. Erano cresciuti insieme e, se chiudeva gli occhi, lo
rivedeva
bambino, con quel naso rotondo e gli occhi sporgenti.
Philippe
era come lui.
Forse
fu questo a spingerla a sorridergli. Li raggiunse con la sua camminata
sghemba
e Rochelle la guardò male. Quella bambina era incredibile:
certe volte sembrava
disdegnarla.
Lilian
era certa di non averle fatto nulla, proprio non capiva...
Avrà preso da me,
pensò. Anche io avevo sempre il
broncio.
Jean-Claude mi prendeva sempre in giro per questo...
«Nonna,
hai capito?»
Philippe
la guardò in modo ambiguo, una mano ai fianchi e l'altra
puntata contro il
cielo nero. Lilian decise di non pensare più, di mettere da
parte i ricordi.
«Dimmi,
Philippe.»
Rochelle
storse il naso, abbassò il capo per guardarla male e alcuni
boccoli biondi le
finirono davanti al viso. Marguerite aveva impiegato mezz'ora per
farglieli
così belli...
«Elle
ha detto che il monte Vercors ferma il vento»
spiegò il bambino, le guance
arrossate dal freddo. «È vero?»
Lilian
indirizzò un momento lo sguardo sulla nipotina
più grande. Dove le sentiva
certe cose?
«Sì,
Philippe. Grenoble è ben protetta.»
Fu
solo un istante, ma Rochelle esibì un sorriso
così bello, così trionfante,
che Lilian tornò con la
mente ai suoi ricordi. Marguerite aveva lo stesso modo di essere
felice. Le
aveva visto tante volte quello stesso sorriso da bambina. Succedeva
ogni volta
che scopriva di avere ragione, ogni volta che vinceva a qualche gioco,
ogni
volta che Jean-Claude la lanciava in aria.
Giorni
lontani... giorni finiti.
«Andiamo
adesso, il Marché de Nöel ci aspetta.»
Avevano
ancora un po' di strada da fare prima di raggiungere piazza Victor
Hugo. Lilian
sentiva le gambe stanche, avrebbe preferito essere accompagnata in
macchina, ma
Marguerite non poteva uscire, doveva aspettare suo marito per
"parlare".
Cos'avrebbero
detto i bambini?
Marguerite
voleva andarsene, voleva lasciarlo, voleva portargli via i figli.
Lilian
glielo aveva detto: "non hai scelto
il giorno migliore per dirglielo."
"Cosa
cambia, oggi
o fra una settimana?"
aveva risposto lei.
Poteva
anche essere vero, ma Lilian comunque non capiva. Non aveva mai
desiderato
lasciare Jean-Claude, nemmeno un giorno della sua vita. Anche ora che
lui era
mancato non faceva altro che voler stare con lui, ovunque fosse...
"Ho bisogno che
non ci siano i bambini; per favore, mamma, ti prego, portali fuori.
Solo oggi.
Non voglio che sentano."
Nemmeno
Lilian voleva che sentissero, eppure... eppure prima o poi avrebbero
dovuto
saperlo, prima o poi si sarebbero trovati costretti a stare senza il
padre.
«Che
razza di mondo...» borbottò mentre prendeva per
mano Rochelle per aiutarla ad
attraversare.
«Che
cosa?»
Lilian
vide la bambina che la guardava, i grandi occhi verdi che riflettevano
le luci della
città. Era Natale, stelle luminose brillavano ovunque, ma
lei le vide negli
occhi di Rochelle.
«Non
fidatevi del mondo» proseguì Lilian sentendo un
fastidio alla gola. «Prima o
poi vi deluderà. Non aspettatevi niente e non resterete
delusi.»
Rochelle
e Philippe rimasero fermi a studiarla senza capire.
Una
signora la superò sul marciapiede e si voltò per
guardarla male. Non erano cose
da dire a dei bambini, sembravano dire i suoi occhi.
Lilian
la ignorò, come ignorò il traffico lieve che
scorreva in Rue du Docteur Mazet.
La gente doveva essere in giro a piedi a godersi il mercatino, a
mangiare torta
di noci, a portare i bambini nello chalet di Babbo Natale.
Le
cose che avrebbe dovuto fare lei...
«Ascoltatemi,
Rochelle e Philippe» riprese prima di dare un colpo di tosse.
«Ascoltatemi
perché lo dirò una volta sola: la vita
è dura. La gente non si sopporta, litiga
e pensa di meritare sempre di più. E quando due passano
tanti anni ad amare i
vizi dell'altro, ecco che accade di peggio. È la vita a
separarli.
«Datemi
retta, bambini, prima lo imparate e meglio è. Nessuno merita
di più, nessuno
può vivere sempre felice. Bisogna accontentarsi, lasciar
correre.»
Rochelle
fece una faccia schifata e Philippe sembrò sul punto di
piangere.
«Dici
così perché sai che Babbo Natale non mi
porterà il trenino, vero?» singhiozzò
Philippe.
Ma
fu sua sorella a dare una risposta più interessante.
«Nonna,
tu sei come il fiume, come l'Isère. Io no.»
Lilian
restò un momento in silenzio.
«La
roccia resiste, nonna. Io sono come il Vercors che non lascia arrivare
il
vento.»
Rochelle
puntò le mani ai fianchi, in segno di sfida. Sembrava dire "non mi rovinerai il Natale."
Ma
era inutile... Era tutto inutile. Sarebbero stati i suoi genitori a
rovinarglielo, sarebbero stati loro a trasformare quella festa, ma
soprattutto
quelle future, in qualcosa di spiacevole.
Lei
aveva solo cercato di aprir loro gli occhi, di avvertirli
perché non restassero
delusi.
«Quest'anno
potrebbe arrivare anche il vento, Elle...»
Ma
forse Rochelle sarebbe stata forte. Forse sarebbe stata davvero come la
roccia,
come il suo nome sembrava imporle. Magari non avrebbe capito, ma lo
avrebbe
accettato comunque e, chissà, magari con gli anni avrebbe
apprezzato anche le
parole di sua nonna.
«Voglio
prendere il vin brulé» disse infine Rochelle.
«Il
vin brulé?»
«Sì»
Rochelle annuì con vigore. «Papà lo
adora.»
Lilian
scosse la testa mentre riprendevano a camminare. Quell'anno suo padre
avrebbe
avuto ben poco da adorare...
«Oh,
sì!» esclamò Philippe con entusiasmo.
Lo stesso entusiasmo di Jean-Claude...
«Papà dice che non c'è niente come il
vin brulé. È sempre contento quando lo
beve...»
Rochelle
fece un salto trascinando in avanti suo fratello.
«Sì,
sì!» gridò la bambina, voltandosi per
guardarla. «Canta e ride, e gioca
tanto... Ma la mamma si arrabbia.»
Philippe
sembrò rattristarsi.
«Sì,
la mamma si arrabbia sempre quando papà è
contento.»
Lilian
li divise prendendo la mano di entrambi.
«Su,
su, niente facce tristi. È Natale.»
Perché
sì, la vita era dura da digerire, ti portava via gli amori e
la giovinezza, ma
Rochelle aveva ragione: bisognava essere come la roccia e non lasciar
passare
il vento.
Forse
Marguerite avrebbe cambiato idea, forse no, ma non c'era da
preoccuparsi.
Comunque fossero andate le cose, l'Isère non avrebbe mai
raggiunto il Vercors, la
vita sarebbe andata avanti, ma loro erano forti e avrebbero sopportato,
combattuto, cacciato via ogni alito di vento cattivo.
In
ogni caso gli restava sempre il vin brulé.
I
primi fiocchi di neve erano ben visibili dalla finestra.
Marguerite
tirò un sospiro di sollievo quando vide rientrare sua madre
con i bambini.
«Meno
male» disse, chinandosi per baciarli. «Temevo foste
ancora fuori.»
«Papà!»
gridò Rochelle sparendo in cucina.
Philippe
la inseguì, lasciandosi dietro una scia di fango. Fu quando
udì la porta
chiudersi che Marguerite trovò il coraggio di sollevare gli
occhi sulla madre.
Lo
sguardo di Lilian era fisso nel suo.
«Allora?»
Lei
si strinse nelle spalle, sentì le guance imporporarsi e
restò in silenzio
mentre, dalla cucina, giungevano le voci di suo marito e dei suoi figli.
«Non
ce l'ho fatta» confessò, sfuggendo allo sguardo di
sua madre. «Mi è venuto in
mente papà, non so perché... Ho pensato che voi
ce l'avete fatta. Capitava
anche a voi di litigare, capitava anche a voi di avere qualche crisi a
Natale;
eppure siete rimasti insieme, sono cresciuta con il vostro
esempio.»
Lilian
si sfilò l'impermeabile, lo appese dietro la porta, e si
lasciò cadere sul
divano.
Sembrava
stanca.
«E
ho pensato ai bambini. Voglio che crescano come sono cresciuta io.
Voglio che
mi vedano come io vedo te.»
Sedette
di fronte a sua madre, mentre Rochelle tornava di corsa nella stanza,
fiondandosi tra le sue braccia. Le accarezzò i capelli.
«Rochelle,»
chiamò Lilian, battendosi le mani sulle ginocchia.
«vieni qui.»
La
bambina la guardò male e si aggrappò con
più forza alla madre.
«Volevo solo dirti che avevi ragione. Il Vercors è forte, i venti non passano.»