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Autore: Celtica    10/12/2015    26 recensioni
Grenoble è vestita a festa. C'è aria di Natale.
Solo che quest'anno potrebbe non essere bello come sempre...
Dalla storia:
Era buio come il cielo.
Rochelle restò immobile, il cuore in gola, aspettando che accadesse.

Prima classificata al Winter Contest indetto sul forum di Efp
Prima alla sfida di Natale del gruppo"EFP Famiglia: recensioni, consigli e discussioni"
Prima classificata al contest “Award for best one-shot” indetto da Nirvana_04 sul forum di Efp.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia di un Natale

Prima classificata al contest “Award for best one-shot” indetto da Nirvana_04 sul forum di Efp.
Prima classificata al Winter Contest e
prima alla sfida di Natale indetta dal gruppo facebook Efp famiglia: recensioni, consigli e discussioni.

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Storia di un Natale




Era buio come il cielo.

Rochelle restò immobile, il cuore in gola, aspettando che accadesse. Sentì la mano di sua nonna Lilian stringersi alla sua e vi si aggrappò forte. Il respiro grave di Philippe le arrivò dritto all'orecchio, ma lei riuscì a non muoversi. Era importante, aveva detto la mamma, era importante stare fermi, in silenzio, affinché accadesse la magia.

E poi successe.

L'albero prese a brillare di luci colorate, affrontò le tenebre dell'ombra e Rochelle lo vide illuminare di rosso il volto di sua madre. Gridò di gioia insieme a suo fratello e alla nonna, e si ritrovò a battere le mani.

«Accediamo la luce ora, va bene?» disse Lilian, lasciandola. «Prendete i cappotti. Usciamo.»
Philippe pose l'indice sulle labbra con aria confusa.
«E papà?»
«Quando torneremo sarà a casa, vedrai.»

Rochelle lasciò che sua madre Marguerite l'aiutasse a infilare il cappotto giallo. Restò a guardarla mentre si chinava per abbottonarglielo, per infilarle il berretto di lana, per baciarle la guancia.
«Fate i bravi» le sussurrò al secondo bacio. «Dai la mano a Philippe e non allontanarti dalla nonna.»

«Sì, mamma.»

Provò a infilarsi i guanti bianchi, ma ci riuscì solo quando intervenne la nonna. Sentì le sue dita ruvide sistemarle i boccoli dietro l'orecchio e storse il naso: le mani di sua madre erano calde, morbide e la facevano sorridere. Lilian invece aveva un modo di fare più nervoso, come se avesse sempre fretta.
Quando attraversavano la strada, era la nonna a tirarla per farla camminare più veloce, e Rochelle pensò che la stessa cosa si sarebbe ripetuta quella sera. Ma in fondo era colpa sua... era stata lei a implorare la mamma di portarla alle giostre.

"Vi porta la nonna, Elle... Intanto io preparo il cenone."

Lei aveva storto il naso a quella frase. Braccia conserte, piedi puntati e sguardo di ghiaccio, aveva esclamato: "Papà? Dov'è papà? Voglio andare con lui!"
"Elle, lo sai che torna tardi. Oggi è come gli altri giorni per lui."

«Sei pronta?» chiese la nonna davanti alla porta.
Era proprio sotto il vischio, che la mamma aveva sistemato con cura qualche giorno prima. Philippe corse da lei un po' incerto, l'orsetto di peluche stretto al braccio.

Rochelle si avviò guardandosi intorno, sapendo che per qualche ora sarebbe rimasta fuori casa. Lanciò un'ultima occhiata all'albero alto che papà aveva preparato insieme a loro, al presepe sistemato ai suoi piedi, alle luminarie che circondavano la portafinestra. Sollevò una mano per sfiorare il tavolo su cui trionfavano un cesto di arance, un bûche de Noël e un centrotavola pieno di cioccolatini.

«Posso?» chiese titubante a sua madre.

Lilian sbuffò e prese a tamburellare i piedi sul tappeto rosso, natalizio, che dall'entrata si spingeva fin quasi all'albero.
«Andiamo» insisté la nonna, la voce raschiante che non piaceva a Rochelle.

«Prenderete qualcosa fuori» disse con un sorriso sua madre, ma non appena Lilian si voltò, Rochelle la vide prendere un cioccolatino e infilarglielo nel cappotto.
Uscì guardando sua madre che le faceva l'occhiolino.

«Fate i bravi» ripeté Marguerite prima di chiudere la porta.

n

I monti innevati di Grenoble sembravano brillare di luce propria.
Lilian restò a guardarli mentre attraversava il ponte sull'Isère, soffiando fumo bianco dinanzi a sé. I bambini le camminavano davanti, fermandosi di tanto in tanto per sporgersi a guardare giù.

«Non si vede niente...» si lamentò Philippe.

Lei smise subito di ascoltarli e tornò con la mente a giorni passati, giorni che erano i suoi, giorni felici. Non la infastidivano i bambini in quegli anni, anzi, era stato proprio a Natale che aveva scoperto di essere incinta.
Finché suo marito era vivo, sorrideva ogni volta che ci pensava. Ma ora, ora era diverso. Ora si sentiva perduta, come se fossero ormai finiti i suoi giorni più belli.
Ma non era forse così?
Non avrebbe più avuto modo di rifarsi una vita. Ora, quei momenti felici toccavano ai suoi nipoti, a sua figlia Marguerite, a suo genero.

«Nonna!» gridò Philippe saltellando davanti a lei.

Era piccolo, tanto piccolo, eppure sul suo viso Lilian scorse le fattezze di Jean-Claude. Erano cresciuti insieme e, se chiudeva gli occhi, lo rivedeva bambino, con quel naso rotondo e gli occhi sporgenti.
Philippe era come lui.

Forse fu questo a spingerla a sorridergli. Li raggiunse con la sua camminata sghemba e Rochelle la guardò male. Quella bambina era incredibile: certe volte sembrava disdegnarla.
Lilian era certa di non averle fatto nulla, proprio non capiva...

Avrà preso da me, pensò. Anche io avevo sempre il broncio. Jean-Claude mi prendeva sempre in giro per questo...

«Nonna, hai capito?»
Philippe la guardò in modo ambiguo, una mano ai fianchi e l'altra puntata contro il cielo nero. Lilian decise di non pensare più, di mettere da parte i ricordi.

«Dimmi, Philippe.»

Rochelle storse il naso, abbassò il capo per guardarla male e alcuni boccoli biondi le finirono davanti al viso. Marguerite aveva impiegato mezz'ora per farglieli così belli...
«Elle ha detto che il monte Vercors ferma il vento» spiegò il bambino, le guance arrossate dal freddo. «È vero?»
Lilian indirizzò un momento lo sguardo sulla nipotina più grande. Dove le sentiva certe cose?
«Sì, Philippe. Grenoble è ben protetta.»

Fu solo un istante, ma Rochelle esibì un sorriso così bello, così trionfante, che Lilian tornò con la mente ai suoi ricordi. Marguerite aveva lo stesso modo di essere felice. Le aveva visto tante volte quello stesso sorriso da bambina. Succedeva ogni volta che scopriva di avere ragione, ogni volta che vinceva a qualche gioco, ogni volta che Jean-Claude la lanciava in aria.

Giorni lontani... giorni finiti.

«Andiamo adesso, il Marché de Nöel ci aspetta.»
Avevano ancora un po' di strada da fare prima di raggiungere piazza Victor Hugo. Lilian sentiva le gambe stanche, avrebbe preferito essere accompagnata in macchina, ma Marguerite non poteva uscire, doveva aspettare suo marito per "parlare".
Cos'avrebbero detto i bambini?

Marguerite voleva andarsene, voleva lasciarlo, voleva portargli via i figli.

Lilian glielo aveva detto: "non hai scelto il giorno migliore per dirglielo."
"Cosa cambia, oggi o fra una settimana?" aveva risposto lei.

Poteva anche essere vero, ma Lilian comunque non capiva. Non aveva mai desiderato lasciare Jean-Claude, nemmeno un giorno della sua vita. Anche ora che lui era mancato non faceva altro che voler stare con lui, ovunque fosse...

"Ho bisogno che non ci siano i bambini; per favore, mamma, ti prego, portali fuori. Solo oggi. Non voglio che sentano."

Nemmeno Lilian voleva che sentissero, eppure... eppure prima o poi avrebbero dovuto saperlo, prima o poi si sarebbero trovati costretti a stare senza il padre.

«Che razza di mondo...» borbottò mentre prendeva per mano Rochelle per aiutarla ad attraversare.

«Che cosa?»
Lilian vide la bambina che la guardava, i grandi occhi verdi che riflettevano le luci della città. Era Natale, stelle luminose brillavano ovunque, ma lei le vide negli occhi di Rochelle.

«Non fidatevi del mondo» proseguì Lilian sentendo un fastidio alla gola. «Prima o poi vi deluderà. Non aspettatevi niente e non resterete delusi.»
Rochelle e Philippe rimasero fermi a studiarla senza capire.
Una signora la superò sul marciapiede e si voltò per guardarla male. Non erano cose da dire a dei bambini, sembravano dire i suoi occhi.

Lilian la ignorò, come ignorò il traffico lieve che scorreva in Rue du Docteur Mazet. La gente doveva essere in giro a piedi a godersi il mercatino, a mangiare torta di noci, a portare i bambini nello chalet di Babbo Natale.
Le cose che avrebbe dovuto fare lei...

«Ascoltatemi, Rochelle e Philippe» riprese prima di dare un colpo di tosse. «Ascoltatemi perché lo dirò una volta sola: la vita è dura. La gente non si sopporta, litiga e pensa di meritare sempre di più. E quando due passano tanti anni ad amare i vizi dell'altro, ecco che accade di peggio. È la vita a separarli.
«Datemi retta, bambini, prima lo imparate e meglio è. Nessuno merita di più, nessuno può vivere sempre felice. Bisogna accontentarsi, lasciar correre.»

Rochelle fece una faccia schifata e Philippe sembrò sul punto di piangere.
«Dici così perché sai che Babbo Natale non mi porterà il trenino, vero?» singhiozzò Philippe.
Ma fu sua sorella a dare una risposta più interessante.

«Nonna, tu sei come il fiume, come l'Isère. Io no.»

Lilian restò un momento in silenzio.

«La roccia resiste, nonna. Io sono come il Vercors che non lascia arrivare il vento.»

Rochelle puntò le mani ai fianchi, in segno di sfida. Sembrava dire "non mi rovinerai il Natale."
Ma era inutile... Era tutto inutile. Sarebbero stati i suoi genitori a rovinarglielo, sarebbero stati loro a trasformare quella festa, ma soprattutto quelle future, in qualcosa di spiacevole.

Lei aveva solo cercato di aprir loro gli occhi, di avvertirli perché non restassero delusi.

«Quest'anno potrebbe arrivare anche il vento, Elle...»

Ma forse Rochelle sarebbe stata forte. Forse sarebbe stata davvero come la roccia, come il suo nome sembrava imporle. Magari non avrebbe capito, ma lo avrebbe accettato comunque e, chissà, magari con gli anni avrebbe apprezzato anche le parole di sua nonna.

«Voglio prendere il vin brulé» disse infine Rochelle.
«Il vin brulé?»
«Sì» Rochelle annuì con vigore. «Papà lo adora.»

Lilian scosse la testa mentre riprendevano a camminare. Quell'anno suo padre avrebbe avuto ben poco da adorare...

«Oh, sì!» esclamò Philippe con entusiasmo. Lo stesso entusiasmo di Jean-Claude... «Papà dice che non c'è niente come il vin brulé. È sempre contento quando lo beve...»
Rochelle fece un salto trascinando in avanti suo fratello.
«Sì, sì!» gridò la bambina, voltandosi per guardarla. «Canta e ride, e gioca tanto... Ma la mamma si arrabbia.»
Philippe sembrò rattristarsi.
«Sì, la mamma si arrabbia sempre quando papà è contento.»
Lilian li divise prendendo la mano di entrambi.

«Su, su, niente facce tristi. È Natale.»

Perché sì, la vita era dura da digerire, ti portava via gli amori e la giovinezza, ma Rochelle aveva ragione: bisognava essere come la roccia e non lasciar passare il vento.
Forse Marguerite avrebbe cambiato idea, forse no, ma non c'era da preoccuparsi. Comunque fossero andate le cose, l'Isère non avrebbe mai raggiunto il Vercors, la vita sarebbe andata avanti, ma loro erano forti e avrebbero sopportato, combattuto, cacciato via ogni alito di vento cattivo.

In ogni caso gli restava sempre il vin brulé.

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I primi fiocchi di neve erano ben visibili dalla finestra.

Marguerite tirò un sospiro di sollievo quando vide rientrare sua madre con i bambini.
«Meno male» disse, chinandosi per baciarli. «Temevo foste ancora fuori.»
«Papà!» gridò Rochelle sparendo in cucina.
Philippe la inseguì, lasciandosi dietro una scia di fango. Fu quando udì la porta chiudersi che Marguerite trovò il coraggio di sollevare gli occhi sulla madre.

Lo sguardo di Lilian era fisso nel suo.
«Allora?»

Lei si strinse nelle spalle, sentì le guance imporporarsi e restò in silenzio mentre, dalla cucina, giungevano le voci di suo marito e dei suoi figli.
«Non ce l'ho fatta» confessò, sfuggendo allo sguardo di sua madre. «Mi è venuto in mente papà, non so perché... Ho pensato che voi ce l'avete fatta. Capitava anche a voi di litigare, capitava anche a voi di avere qualche crisi a Natale; eppure siete rimasti insieme, sono cresciuta con il vostro esempio.»
Lilian si sfilò l'impermeabile, lo appese dietro la porta, e si lasciò cadere sul divano.

Sembrava stanca.

«E ho pensato ai bambini. Voglio che crescano come sono cresciuta io. Voglio che mi vedano come io vedo te.»
Sedette di fronte a sua madre, mentre Rochelle tornava di corsa nella stanza, fiondandosi tra le sue braccia. Le accarezzò i capelli.
«Rochelle,» chiamò Lilian, battendosi le mani sulle ginocchia. «vieni qui.»
La bambina la guardò male e si aggrappò con più forza alla madre.

«Volevo solo dirti che avevi ragione. Il Vercors è forte, i venti non passano.»

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