Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: martyki    11/12/2015    3 recensioni
«Beh, una volta sterminati tutti i giganti non sarebbe affatto giusto se lei rimanesse da solo, Capitano», sussurrai. «Quindi quando arriverà quel momento… mi sposi!».
L’uomo alzò la testa e mi fissò con aria sorpresa ed incredula.
Arrossii fino alla punta dei piedi. Oh, bene. La mia lingua aveva deciso di staccarsi definitivamente dal cervello e fare di testa sua. Tanto valeva essere ancora più diretta e dire: «Capitano, sono innamorata di lei fin dal primo istante in cui l’ho vista!». Stupida, Petra! Stupida, stupida, stupida…!
«Cioè, quello che volevo dire è…», farfugliai grattandomi la testa nel tentativo di riparare il mio errore.
«Va bene», disse lui alzandosi in piedi.
“Eh?”.
«Quando arriverà quel momento sarò pronto a dirti di sì, ma solo ad una condizione». Si piegò in ginocchio di fronte a me e mi prese delicatamente la mano destra portandosela alle labbra.
«C-cioè?».
«Solo se tu non dimenticherai questa notte».

Piccola Rivetra ispirata ad una doushinji trovata online in questi giorni. E' la prima volta che mi cimento con questa coppia. Spero vi piaccia ^__^
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Petra, Ral
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo1

Voglio dedicare questa fanfiction a Jessica. Anche se non conosci il mondo di Shingeki no Kyojin, mentre la scrivevo pensavo a te e al tuo modo dolcissimo di trattare l’amore. Se mai dovessi leggerla spero ti emozioni quanto mi sono emozionata io a scriverla. Ti voglio bene, Tesoro.

Only if you don’t forget tonight

Capitolo 1

Non vedevo l’ora di finire il mio turno di pattuglia e di andare a stendermi sul mio letto. Era dalle sei del mattino che non mi fermavo: avevo preparato la colazione per tutti i membri dell'armata ricognitiva, pulito un intero piano del quartier generale, compresi gli spazi che non erano di mia competenza ma di Auruo (che era un vero e proprio portento nell’ammazzare i giganti, quasi più di me, ma che peccava decisamente in fatto di pulizie domestiche), mi ero allenata per più di quattro ore in vista della ricognizione che ci attendeva due giorno dopo, avevo scritto una lettera a mio padre tra un boccone e l’altro durante la cena ed in fine, ora, stavo svolgendo l’ultimo controllo pre-dormita.

Sospirai esausta scendendo le scale che portavano in una stanza vicino ai sotterranei che chiamavamo amichevolmente “la biblioteca”, utilizzata il più delle volte dal tenente Hanji per mettere in ordine i dati ottenuti dagli studi fatti sui giganti che usavamo come cavie.

Attraversai il lungo corridoio illuminato da poche torce e aprii la porta della stanza che cigolò in maniera quasi impercettibile. Per un instante rimasi sull’uscio, immobile. Proprio davanti a me, qualche metro più avanti, c’era il caporale maggiore Levi con la testa poggiata su un tomo enorme e dall’aria antica, profondamente addormentato.

Facendo attenzione a non svegliarlo, mi avvicinai: i capelli corvini erano stranamente disordinati, le sopracciglia corrugate nella sua classica espressione austera, gli occhi serrati e la bocca schiusa. Mi abbassai all’altezza del suo viso e gli scostai delicatamente un piccolo ciuffo ribelle che gli ricadeva sull’occhio destro.

“Dev’essere davvero stremato per addormentarsi in una posizione del genere”.

Lo fissai ancora, incantata. Lo fissavo spesso in realtà, stando ben attenta a non farmi scoprire da nessuno, specialmente da lui. Era passato un anno da quando mi aveva scelta per far parte del suo gruppo d’elite e ne erano passati cinque da quando l’avevo incontrato la prima volta prendendomi un’irrimediabile cotta per lui. Era un sentimento che covavo in segreto, ma che allo stesso tempo cercavo di soffocare ogni giorno. Era una regola non scritta, ma tutti i soldati sapevano che era altamente sconsigliato innamorarsi di un proprio compagno ed in particolare tra membri del Corpo di Ricerca. La motivazione era piuttosto ovvia: le probabilità di morire in battaglia superavano il novanta per cento e chi perdeva la persona amata rischiava di impazzire mandando all’aria l’intera ricognizione mettendo il resto del gruppo in pericolo. Purtroppo era successo più di una volta. E io di chi mi ero infatuata? Ma della persona più inavvicinabile di tutte, naturalmente. L’ammazza giganti, l’uomo più forte del mondo. Il mio capitano. Fosse stato una persona affabile e gentile avrebbe potuto avere anche senso, ma lui era esattamente il contrario: scontroso, burbero, maniaco ossessivo compulsivo della pulizia e spesso arrogante e cinico. Un uomo di ghiaccio. Era praticamente impossibile sapere cosa si nascondesse dietro quegli impenetrabili occhi grigio-azzurri, nonostante questo io sentivo che c’era molto più di quello che dava a vedere; ero certa che quella fosse solamente una maschera che indossava ogni mattina per proteggere il suo cuore. Nonostante il suo sguardo freddo e il suo modo di fare apparentemente insensibile, lui…

«Cosa stai facendo, Ral?».

Sgranai gli occhi e scattai sull’attenti mettendo la mano destra sul cuore e la sinistra dietro la schiena nel classico gesto di saluto. «Nulla, Signore! I-io la stavo solo guardando dormire».

«E sei solita arrossire quando guardi qualcuno dormire?».

«No, Signore! Mi capita solo quando penso che il soggetto in questione abbia un’espressione particolarmente dolce».

Il caporal maggiore inarcò un sopracciglio. «Quando trovi che il soggetto abbia un’espressione… che accidenti stai blaterando?».

Ma si poteva essere più idioti? Mi maledissi mentalmente dandomi ripetutamente dell’imbecille.

«N-no… cioè, volevo dire…». Non riuscivo a smettere di balbettare. I suoi occhi mi stavano perforando da parte a parte. Mi serviva un diversivo per cercare di attenuare il mio maledetto rossore. «Comunque cosa ci fa qui a quest’ora, Capitano?», domandai alla fine non trovando nulla di meglio da dire. «Dopo una giornata stancante come quella di oggi dovrebbe andare a risposare nella sua stanza».

«È tutta colpa di quella rompi palle di Hanji», replicò lui alzandosi in piedi, passandosi una mano sulla fronte con aria stanca e annoiata. «Mi ha lasciato un sacco di scartoffie da leggere in merito alle sue ultime ricerche e come al solito è stata un’inutile perdita di tempo».

«Capisco». Mi piegai incuriosita verso il quaderno scritto nella grafia pulita, fitta e ordinata di Zoe. «Sicuro che non ci sia scritto niente di utile? Dalle parole elettrizzate di Hanji a cena mi era sembrato di capire che questa volta avesse trovato qualcosa di davvero…».

«Ral, ti capita spesso di portare l’equipaggiamento con te quando fai il bagno?».

Il mio cervello impiegò qualche secondo ad immagazzinare quella frase. Non avrei mai immaginato che potesse pormi una domanda del genere. E poi che senso aveva in quel momento?

Mi si riversò il sangue su tutta la faccia che andò subito a fuoco.

Calma. Era una domanda come un’altra, in fin dei conti.

«Oggi sì, Capitano», risposi. «Questa sera mi è stato affidato l’ultimo turno di pattuglia, quindi ho pensato che fosse meglio fare il bagno prima del solito. So che non avrei dovuto, ma sapendo che avrei finito molto tardi ho preferito farlo nell’unico momento libero che avevo. Le chiedo scusa».

Allungò una mano verso i miei capelli cominciando a giocare con una ciocca girandosela tra le dita. «Capisco», commentò. «Comunque non devi scusarti per una cosa del genere. Avrei fatto la stessa cosa».

Più continuava a giocare con la mia ciocca di capelli, più mi sentivo in imbarazzo. Non era un atteggiamento normale da parte sua. Non che fosse sgradito, anzi, ma il mio cervello si stava surriscaldando così come i miei ormoni e la mia immaginazione romantica e non andava affatto bene. Se avessi iniziato a dare spago ai miei pensieri avrei solamente finito per ferirmi. Il caporale non era quel tipo di uomo, non si interessava di certe cose. Dovevo mettere la giusta distanza tra noi e cercare di rimanere la Petra Ral di sempre anche se il mio cuore non era affatto d’accordo.

«Ad ogni modo», aggiunse lui dopo un po’ avvicinandosi di più lasciando scorrere la punta delle sue lunghe dita affusolate sul mio collo. «Hai davvero un buon profumo».

Inavvertitamente cominciai a tremare. Probabilmente sarei stata meno agitata se mi fossi trovata di fronte ad un branco di giganti classe quindici metri. Era strano. Troppo strano. Il cuore sembrava volesse schizzare fuori dalla cassa toracica. Era una situazione intima alla quale non ero abituata. Non potevo permettere che continuasse.

«Capitano, lei… lei non può fare questo», mormorai cercando di tenere la voce il più ferma possibile. «Dire queste frasi ad una donna può essere causa di fraintendimenti tanto che quest’ultima potrebbe pensare che nutriate dei sentimenti d’amore nei suoi confronti».

«Ah sì?», domandò allontanando immediatamente la mano dai miei capelli. «Quindi cosa ti aspettavi esattamente, Petra?».

Le mie guance s’imporporarono ancora di più, ma sostenni fieramente il suo sguardo rimanendo con le labbra serrate. Avevo parlato fin troppo. Maledetta boccaccia mia! Dovevo porre immediatamente rimedio al mio errore.

«Io la rispetto e l’ammiro moltissimo, Capitano», cominciai scandendo ogni singola parola. «Lei è un esempio da seguire, una persona che sacrifica sé stessa per la salvezza dell’umanità e dei suoi uomini, però…». Sentii gli occhi pizzicare. Mi maledissi per l’ennesima volta e ricacciai indietro le lacrime di frustrazione ed imbarazzo prima che potessero uscire, tradendomi. «Però non ho intenzione di cedere a questo genere di giochetti, perciò non risponderò alla sua domanda».

“Addio, amore mio. Questa è la volta buona di sotterrarti per l’eternità negli angoli più reconditi del mio cuore”.

Sospirò. «Proprio come immaginavo avrei dovuto porti la domanda in un altro modo. Colpa mia», osservò con la sua solita voce incolore richiudendo il quaderno degli appunti di Hanji.

Il caporale maggiore Levi che si scusava? Praticamente un miracolo! Il giorno dopo sarebbe sicuramente piovuto per un evento del genere.

Prese il quaderno ed altri documenti e li buttò malamente su una sedia.

«Capitano, perché ha spostato gli appunti di Hanji su…?».

Ma non mi diede il tempo di finire la frase. Senza quasi accorgermene mi ritrovai distesa sul tavolo. Torreggiava su di me, il suo viso incredibilmente vicino al mio come non lo era mai stato. Aveva posato una mano sulla mia coscia e l’altra sul tavolo per rimanere in equilibrio.

Se qualche minuto prima pensavo di sapere cosa volesse dire sentirsi in imbarazzo non era niente paragonato a quello che stavo provando in quel preciso momento.

«C-ca-capitano, cosa sta…?».

«Cercherò di essere più chiaro chiedendotelo in questo modo, allora», m’interruppe accostando maggiormente il suo viso al mio. «Mi permetterai di tenerti stretta a me? Lascerai che ti tocchi come un uomo desidera toccare una donna, oppure no?».

Ma che fine aveva fatto il capitano freddo e distaccato che conoscevo? Chi era l’uomo che si trovava ad una spanna dalle mie labbra e mi parlava con quella voce roca e dannatamente sexy? Di chi erano quegli occhi color temporale che mi stavano inchiodando lasciandomi senza fiato annebbiandomi la mente? Che cosa significavano quelle parole?

«Questo modo di domandare non è corretto», soffiai talmente piano da riuscirmi a sentire a malapena io. «Lei è un idiota, Capit…».

Ancora una volta non mi diede possibilità di replica. Mi bloccò delicatamente il polso destro con una mano e abbracciò le mie labbra con le sue.

Il mio cervello andò completamente in tilt. Fuso da quel contatto inaspettatamente dolce.

Mi assaporò lentamente, gustando ogni angolo della mia bocca. Non impiegò troppo tempo a fare schiudere le mie labbra con la lingua cercando immediatamente la mia. Non riuscivo a credere che lui volesse me, ma soprattutto che mi volesse in quel modo. Era surreale. Forse un sogno.

Il caporale approfondì il bacio. Lo lasciai fare abbandonandomi a lui. Le nostre lingue giocavano insieme in maniera dolcissima, accarezzandosi l’un l’altra.

La mano che m’immobilizzava il polso si spostò sul collo scendendo poi velocemente all’altezza del seno, sui bottoni della mia camicia. Li sfiorò per qualche istante, senza abbandonare mai le mie labbra, e con un gesto rapido sbottonò il primo.

«Capitano, che sta facendo? Non avrà intenzione di fare certe cose qui, vero?!», gridai schiaffeggiandogli la mano coprendomi il più possibile con la giacca della divisa. «Voglio dire, se qualcuno scendesse potrebbe…».

«Eri l’unica di pattuglia questa sera quindi se non fai chiasso non verrà nessuno, perciò calmati», ribatté guardandomi serio.

«Sì, però…».

Mi sbottonò il bottone subito sopra il seno lasciando in bella mostra il mio bustino. Mi fissò per qualche instante con occhi ammaliati e ardenti, poi, come un leone sulla preda, scese giù, andando a baciare e marchiare con piccoli morsi la parte di pelle non coperta.

Sapevo che avrei dovuto respingerlo non sapendo quali fossero i suoi veri sentimenti per me, se non una forte attrazione fisica a quanto pareva, e che lasciandolo fare avrei solo alimentato delle fantasie sbagliate che era bene distruggere sul nascere, però, allo stesso tempo, era bello ed eccitante stare tra le sue braccia, sentire la sua bocca su di me ed essere desiderata da lui.

Dopo troppo poco tempo mi afferrò nuovamente per il polso tirandomi a sedere. Chiuse i due bottoni aperti e mi sistemò la giacca lisciando le pieghe con la mano.

Era già tutto finito? Che mi avesse letto nel pensiero e avesse deciso di non andare oltre? Non ci capivo più niente. E in cuor mio non potei che sentirmi delusa.

«Petra».

«Sì, Capitano?», squittii con voce acuta.

«Quando avrai finito il tuo giro vieni nella mia stanza». Spostò lo sguardo di lato e per un secondo mi sembrò di vederlo addirittura arrossire un po’. Impossibile. Il caporale maggiore Levi non arrossiva. «Tuttavia questo non è un ordine, perciò decidi tu cosa credi sia meglio fare. La mia è solo una proposta, ma sappi che se deciderai di venire da me…», proseguì guardandomi nuovamente e poggiando un dito sul seno, in corrispondenza del punto in cui mi aveva baciata, «continueremo ciò che abbiamo iniziato poco fa».

Spalancai gli occhi rimanendo a bocca aperta, senza parole.

Mi lanciò un’ultima lunga occhiata per poi prendere gli appunti di Hanji e uscire dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.

Rimasi con lo sguardo perso nel vuoto per diversi secondi. Abbassai la testa mettendomi le mani nei capelli emettendo un suono tra un ringhio e una risata. Ragionare. Avevo bisogno di ragionare ed analizzare bene la situazione. Ero brava in questo.

“Ma non quando si tratta di quello che provi per il capitano Levi”, mi stuzzicò la mia coscienza con fare malizioso.

Ah, dannazione! In realtà c’era ben poco da ragionare. Era così ovvio: probabilmente quella sera il caporale doveva avere gli ormoni impazziti per chissà quale motivo, in fin dei conti anche lui era un uomo, il più forte del mondo certo, ma pur sempre un uomo, perciò era normale che ogni tanto venisse assalito da quegli impulsi e desideri e in quel momento, dato che la sottoscritta era stata la prima donna che gli era capitata a tiro, aveva deciso di sfogarli con me.

“Se vai da lui darai vita ai tuoi sogni passando probabilmente la notte più bella e passionale della tua vita, non sei contenta?”, continuò a punzecchiarmi la mia coscienza. “Non è quello che hai sempre desiderato?”.

Desideravo che mi amasse, non diventare un oggetto con il quale passare qualche ora di sesso fine a sé stesso.

“Ma tanto alla fine ci andrai perché tu gli hai donato tutta te stessa quando ti ha scelta come membro del suo gruppo, non è forse così?”.

Se mio padre avesse saputo cosa stava passando nella testa della sua adorata, dolce, piccola, ingenua Petra… che razza di idiota ero! Stupida, Petra! Stupida, stupida, stupida, stupida!

“Sì, sono proprio una stupida”. Mi alzai dal tavolo sul quale ero seduta e uscii dalla biblioteca per completare i miei ultimi compiti e poi sarei andata da lui. In realtà l’avevo deciso nel momento in cui me l’aveva chiesto.

Continua...

Note dell’autrice

Ciao a tutti! Sono un po’ emozionata perché è tantissimo che non pubblico su EFP e ancora di più perché questa è la mia prima fanfiction su “L’attacco dei giganti”.

Da quando ho visto l’anime mi sono follemente innamorata del paring Rivetra (o Levetra. Vah beh, penso che nonostante tutti i post letti in merito rimarrò sempre con il dilemma sul qual è il vero nome, e pronuncia, del mio tanto amato caporale maggiore).

Forse qualcuno se ne sarà accorto, ma questa fanfiction, nonostante sia scritta davvero con il cuore, non è una mia idea, ma è tratta da una dolcissima doushinji che ho trovato online della quale mi sono perdutamente innamorata (mi è piaciuta talmente tanto che l’ho scaricata sull’ipad... spero che nessuno guardi mai quella cartella o si potrebbe pensare che sono un po’ pervertita! xD). Ho provato a calarmi più che mai nei panni di questa Petra cercando di mantenerla il più possibile IC con l’originale del manga di Isayama e lo stesso ho provato a fare con Levi anche se ho qualche serio dubbio di esserci riuscita. Non sono una traduttrice, anzi, oserei dire tutt’altro, ma con il mio piccolo bagaglio d’inglese, l’ausilio del vocabolario e qualche licenza personale spero di aver trasmesso il più fedelmente possibile l’idea e le emozioni di chi ha disegnato questa doushinji e magari anche qualcosina in più.

Sarà una storia molto breve, infatti il prossimo capitolo sarà l’ultimo. Non mi sembra di aver letto in rete altre fanfiction simili a questa, ma se dovessero esserci mi scuso in anticipo. Non era mia intenzione copiare qualcuno. :)

Detto questo spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e che leggerete anche quello conclusivo che pubblicherò la prossima settimana. Mi vorrei anche scusare in anticipo se dovessero esserci degli errori; l’ho riletta più volte, ma si sa che i maledetti infami si nascondono e a volte, a furia di correggere, non si trovano. Ringrazio in anticipo chiunque lascerà un commentino per farmi sapere che cosa ne pensa. Per me significa davvero tanto.

Un bacio e al prossimo capitolo.

Marty

   
 
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