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Autore: KH4    11/12/2015    1 recensioni
L’aria puzzava d’umidità chiusa. L’odore tipico di un luogo non esposto alla luce, riluttante alla freschezza dell’ossigeno, dove le ombre covavano putridume maleodorante. A un certo punto l'olfatto vi si abituava, più per rassegnazione che per accettazione. Il buio diveniva parte integrante del proprio essere e si scordava quanto piacevole fosse il calore della pelle a contatto con il sole, per non parlare della brezza primaverile in mezzo ai capelli o il corpo libero di muoversi con solo i suoi limiti a fargli da freno. Lo smarrimento diveniva lucidità priva di increspature e il tempo si elasticizzava per abbracciare tutte le consapevolezze annidatesi nell’animo con la cattura forzata. Se il suo attaccamento all’esterno fosse stato intimo a tal punto, forse avrebbe pianto con più rammarico tutte le piccole forme di libertà di cui aveva inconsapevolmente goduto, ma accovacciato su un giaciglio di paglia dai fili asciutti, accatastati sopra quelli umidi e con le punte degli arti molli a sfiorare il metallo delle sbarre, Rasiel pensò soltanto che sarebbe dovuto succedere prima o poi.
Spin Off di Hell's Road.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I Santi Oscuri.'
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Chimera. paura

ChImErA.

00 / FeAr.

                           

Controllo. Una minuscola parola celante una sicurezza di grandezza pari al desiderio della sua realizzazione. Confini di sicura malleabilità, invisibili e percepibili al tamburellare della parole sulla scia dell’ossessione. Controllo. Più volte, l'attenzione di Pierre si era soffermata sul suo potenziale, sviscerandone il significato sino ad arrivare alla conclusione che non poteva esserci argilla migliore per plasmare una freddezza consona alle scelte del suo carattere taciturno, un limite universale da rispettare ritrovatosi improvvisamente ad anelare nel cuore della notte nera. Raramente il sonno fluiva tranquillo come il lento scivolare dell’acqua su una superficie perfettamente piana, tuttalpiù se i fulmini frastagliavano il cielo stellato. La sensibilità di incubi mai ammansiti rispondeva al loro fragore soltanto quando più gli aggradava, a volte risalendogli in gola anche nella placidità soporifera dell'inverno, dove la guardia si abbassava incosciamente per la provata routine e il fisico si crogiolava fra le morbidezze del piumone. Non vi era debolezza più ignobile di quella parte di sé inestirpabile, il panico rabbioso che subentrava alla lucidità e il corrompersi di quel briciolo di integrità morale preziosamente custodito nell'angolo più recondito della propria personalità, mentre fulgide reminiscenze lo imprigionavano nel passato solo per il piacere di torturarlo. Scattava, esattamente come se dietro la nuca avesse avuto un interruttore e una volta premuto non si arrestava, cresceva, più di una marea che, lenta, si preparava a inghiottire la terra. Le mani fremevano, i polmoni si accartocciavano quasi a volerlo soffocare e al tendere le braccia verso la luce, la sua coscienza si annullava in un blackout automatico. Il dispiegarsi dell'intero meccanismo rasentava una precisione di tale finità che le sue memorie avrebbero dovuto quanto meno conservarne una minima generalità, ma nonostante non serbasse alcunchè di quei buchi che succedevano a tanta agonia, nulla gli aveva mai impedito di immaginarsi artefice di distruzioni insaziabili o di percepire fra i suoi palmi la sublime sensazione di potere, la più indescrivibile e inebriante fra le soddisfazioni esistenti a cui, ancora, non sapeva conferire un nome dissociato dal piacere. Solamente l'ultimo barlume di lucidità, una magra conquista dei suoi forsennati allenamenti, lo induceva ad andare lì sotto prima della definitiva rottura, a colpire la pietra irrobustita con le nocche sbucciate per scaricare il panico centuplicato da ricordi maligni.
“E’ merce preziosa.”
La durezza del sotterraneo ne assecondava l’assetato bisogno di espellere il marcio accumulato e ripristinare l’autonomia, concedendogli la libertà che ai piani superiori avrebbe stracciato le spesse mura come fosse carta scadente. La triste realtà era che a tanto veleno non poteva esserci antido migliore se non quel luogo umido e dal profumo ferroso, almeno fino a quando il pulsare delle cicatrici non avrebbe trovato nelle sofferenze inferte la forza per lenire la necrotica volubilità. La pietra irrobustita gemette scricchiolante, sotto le sue nocche insanguinate. Non doveva temere rischi inutili o conseguenze spiacevoli; lì, le dita rosee potevano abbandonarsi al panico centuplicato dai ricordi maligni, ma dietro all'esile apparenza Pierre rimaneva un combattente e soccombere all'offuscarsi dei sensi ne istigava l'istinto di sopravvivenza, l'ergersi con le sue sole energie prima che l’alba facesse capolino sui tetti della Rosa Nera.
“Ricordo ancora la tua amata sorella maggiore: contrariamente da quanto leggo nei tuoi occhi, lei era così delicata da far trasparire la totale mancanza di quelle qualità che invece tu possiedi in abbondanza. Immagino che sarei dovuto essere più comprensivo, allora, ma mi si è rotta fra le mani senza che me ne accorgessi.”
C’erano centinaia, forse migliaia, di quelle incrinature che si perdevano nella loro stessa numerosità senza che lui fosse consapevole della loro esistenza, stelle anonime sanate per puro caso, ma Giselle non era e mai sarebbe stata fra queste. Il vigore impresso dal suo nome, un dolore angosciante che colava rovente lungo le sue ossa, creava l'illusione che dalla pietra rafforzata dall’Alchimia potessero originarsi interi fiotti di venature nere. Un periodo infausto aveva benedetto la nascita della primogenita, segnata da una costituzione debole per la loro eredità e un carattere inadatto a prendere ferme decisioni per le intemperie della loro vita di fuggitivi. Tuttavia, il suo sorriso era stato il solo balsamo capace di sopire il grigiore delle giornate, prendendosi cura di lui con carezze profumate del loro legame di sangue, che, in lei, ricordava fiammeggiare teneramente nonostante la paura ne condizionasse il tono di voce e i gesti. Era stata quella, la paura, a farla rimanere indietro, quel giorno. Terrorizzata dalla sua stessa fragilità e al medesimo tempo consapevole nell’essere un peso alla loro sopravvivenza.
“So che con te sarà diverso, ci vorrà più tempo…Ma sarò paziente. Gentile.”
La figura magra e vitrea della sorella gli apparve adagiata fra le lenzuola di raso bianco che per lui avevano quasi significato l’esilio eterno dalla morte, se allora qualcosa fosse andato diversamente. Colpì a vuoto, un mano lanciata per schiaffeggiare l’aria risuonante di quella voce, la sua, entratagli nelle viscere accaldate dal respiro accelerato.
“Saprò come addomesticarti.”
Eccola, di nuovo, così vicina al suo orecchio da riempire la fredda umidità del sotterraneo con l’orrida immagine del suo sorriso, di sembianze disgustosamente realistiche, un corpo vivo delle sue più pure emozioni, tenute nascoste per l’essere troppo spaventose da affrontare.
“Lascia che conosca i tuoi segreti.”
La porta era chiusa, le catene fissate, le sbarre d’acciaio schiacciate contro i cardini e i sigilli di contenimento attivi. Le rudimentali fattezze dei piani inferiori nascondevano a qualunque comune occhio umano la sua essenza di scatola magica, impossibilitata a lasciar uscire il benché minimo alito rancoroso, tuttavia non bastava e mai sarebbe bastato d’innanzi all’impressione di Pierre, agitata e contaminata dal terrore che tutto, lì attorno, fosse incredibilmente fragile e facile da rompere. Il groviglio di simboli alchemici fiammeggiò sulla sua pelle inondando di luce purpurea l’intero sotterraneo e nel crepitare fra urla sciolte d’ogni inibizioni, gli incubi lo inghiottirono, la coscienza rapita contro la sua volontà da un passato che regolarmente tentava di mettere da parte mentre tutto attorno diveniva incolore e senza peso.



Note di fine capitolo:
E...Rieccomi qua! Sorpresi, vero? Ebbene, ho deciso, nel pieno della mia follia, di cominciare questa breve storia, collegata a un personaggio della mia fic Hell's Road (che prometto di aggiornare prima della fine dei miei giorni): chi è, il personaggio in questione, altri non è che Pierre, già comparso nei primi capitoli, ma essendo stato poco valorizzato (salvo il fatto che assomiglia una femmina e Amèlie, maniaca, si diverte ad addobbarlo con gonne e pizzi) ho voluto approdondire la sua personalità regalandogli uno spazietto tutto suo onde evitare che la storia principale mi si gonfi troppo e risulti ingombrante.La pubblicazione non sarà regolare, ci tengo ad avvisare fin da ora, ma farò del mio meglio per non lasciar passare troppo tempo (stessa cosa che dissi per Hell's Road e premetto che ci sto lavorando, quindi abbiate fiducia in me!) e, come avrete notato, la lunghezza non è eccessiva. Ciò non deriva da una mancanza di ispirazione; semplicemente il primo è venuto così e anche le bozze degli altri si aggirano intorno a questa misura, salvo poi imprevisti. Dei personaggi del manga non vi sarà presenza, voglio già dirvelo, ma a me farebbe ugualmente piacere se questo piccolo spin off venisse apprezzato; è un modo per conoscere un retroscena della mia storia principale, quindi sarei felicissima di ricevere le vostre opinioni al riguardo. Ammetto che avrei voluto inserire una frase d'effetto, ma dopo tanto lavorarci su ho deciso di lasciare così il capitolo. Sperando che non ci siano errori, auguro a tutti voi un buon Dicembre e tante belle feste! A presto e buona lettura! 
  
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