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Autore: FrancyF    12/12/2015    2 recensioni
Era così arrabbiato, che avrebbe preferito morire. Si sarebbe stato meglio, così non sarebbe più ricascato in quella merda. Provocando solo casini: non c’è l’avrebbe fatta ad affrontare di nuovo lo sguardo compassionevole di sua madre, a confessare tutto a Lea. Non l’avrebbe di certo biasimata se, una volta saputo l’accaduto, avrebbe deciso di lasciarlo. Di andare via da lui. Ma senza di lei lui non era niente, tanto valeva affrontare la morte.
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Cosa sarebbe successo se Cory non fosse morto quel maledetto 13 luglio 2013?
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cory Monteith, Lea Michele, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Per Cory fu come ritornare a respirare.
Come se la sua vita avesse finalmente acquisito un senso. E come se la pace interiore, che aveva così disperatamente cercato per trentatré anni, si fosse finalmente realizzata.
In quel preciso istante Cory Monteith sapeva di essere un uomo felice. E, di sicuro, sapeva che non avrebbe mai più toccato una sola pasticca di eronia… era lui, erano loro la sua droga ora.
Suo figlio era nato in tarda mattinata, ma solamente verso sera lui e Lea erano riusciti a mandare fuori dalla stanza parenti e amici, soprattutto una singhiozzante Edith, per passare del tempo esclusivo con il loro bambino.
Ora il piccolo dormiva profondamente sul ventre di Lea, appoggiato al seno sentiva il battito del cuore della madre, mentre lei riposava sul letto d’ospedale. Cory era seduto accanto a loro, su una vecchia poltrona, e non la finiva di accarezzare il volto di Lea, come se volesse ringraziarla di avergli fatto un dono talmente meraviglioso.
-E’ identico a te- la brunetta sorrise, mentre si lasciva coccolare: il parto era stato un patimento per lei e aveva urlato dal dolore tutto il tempo, ma almeno aveva avuto il suo tanto decantato parto naturale.
-Dici?- Cory sorrise immediatamente – io invece credo quando dorme somiglia te-.
-Cor…-
-Si?- il canadese non riusciva a staccarli gli occhi di dosso: erano talmente belli.
-Dobbiamo trovargli un nome però. E’ nato già da sei ore e non possiamo continuare a chiamarlo “lui”-
-Ok- il ragazzo si grattò la nuca, riflettendo.
Non si erano ancora accordati sul nome da dare, e la lotta degli ultimi mesi aveva insegnato al ragazzo che le donne incinte erano davvero isteriche. Tuttavia adesso Lea gli pareva ritornata essere di nuovo la donna gentile e premurosa di un tempo. Così ritentò.
-A me piace Marc, come tuo padre. O Mason. Comunque sarebbe bello chiamarlo con la stessa lettera del cognome-.
Lea sospirò: era un no.
Cory riflettè: istintivamente si riformò nella sua mente il ricordo indelebile di quel maledetto 13 luglio… dell’overdose… e di Andrew.
Andrew.
-Andrew- sussurrò appena, sfiorando i capelli fini e scuri del neonato.
 Lea aveva sentito benissimo però. E non poteva che essere più d’accordo.  
Suo figlio avrebbe avuto il nome dell’uomo a cui Cory doveva la vita. Quale nome era più perfetto di quello?
Lo baciò dolcemente: non c’era nome più perfetto per loro figlio. Sapeva quanto Cory tenesse a Andrew Mcllory e viceversa, e sapeva anche che, forse senza tutto il supporto di quell’uomo straordinario, Cory non sarebbe stato lì con la sua famiglia adesso.
-Andrew è perfetto. Lo adoro-.
Il piccolo emise un debole vagito che fece sorridere entrambi i genitori. 
-Credo che sia d’accordo anche questo ometto qui- Lea lo prese delicatamente in braccio e mise Andrew fra le braccia paterne: immediatamente il piccolo stinse forte l’indice del padre, Cory era così enorme rispetto a lui.
-Voglio che come secondo nome abbia Happy, è un bel augurio-.
Lea non protestò.
-Tu hai tre nomi, vuoi che lo chiamiamo come te? A me farebbe piacere-.
Cory fece spallucce.
-Come vuoi tu, tanto credo lo chiameremo Andy e basta-.
Lea gli sorrise.
-Andy- sussurrò, soffocando uno sbadiglio. Era davvero esausta e non dormiva da ventiquattro ore, ma non riusciva a staccare gli occhi di dosso da tanta perfezione: Cory che teneva in braccio il loro primo figlio. Lo aveva sempre saputo, in fondo, sapeva che quel canadese alto e goffo sarebbe stato il padre dei suoi figli. E ora, lui e Andy erano talmente meravigliosi che lei non voleva cedere al sonno.
-Hai fatto un capolavoro, veramente amore. Non so come è successo, ma ci siamo riusciti- la baciò sulla fronte –adesso dormi però. Penso io a Testa d’Arachide, tranquilla-.
 
-Pesa tre chili e trecento grammi ed è lungo cinquantatrè centimetri mamma-.
Ci vollero circa tre secondi ad Ann per impossessarsi del suo nuovo nipotino.  
-Oh è bellissimo, meraviglioso! – cinguettò la donna, asciugandosi le lacrime, mentre stringeva a se’ il neonato –non è meraviglioso?-.
-Si mamma, lo è- Cory non potè fare a meno di sorridere, mentre Edith e Marc lo stringevano in un abbraccio.
Gli sembrava tutto così perfetto. Troppo perfetto per essere vero. Per una dannata volta sentiva di essere veramente felice.
-E’ perfetto davvero ragazzi, avete fatto un bambino bellissimo- Edith sottrasse Andrew dalle braccia di Ann.
-Lea sta bene?- Marc stava filmando tutto con estrema cura.
-Sta dormendo, ma appena si sveglia vuole vedervi- il canadese sorrise.
 
Lea aprì lentamente un occhio, poi l’altro e la luce del sole la accecò.
-Buongiorno bellissima!- Cory era seduto sulla poltrona accanto al letto, con Andrew stretto al petto, e li sorrideva.
Erano tornati a casa nel pomeriggio ed erano stati invasi dai parenti fino a tarda notte, quando Lea era crollata addormentata.
-Sono riuscito a mandare via tutti-  il canadese si alzò e la baciò sulla fronte. Era più bella di prima adesso che era diventata la madre di suo figlio.
Lea prese delicatamente Andrew fra le braccia.
-Credi… credi che saremo bravi con lui?-.
Cory si sedete sul bordo del letto, accanto a loro, e aggrottò la fronte. Quella domanda l’aveva sorpreso. Di solito era lui quello paranoico fra i due, era lui che doveva sempre essere rassicurato, era lui quello che aveva avuto più dubbi sulla sua paternità.
-Che intendi dire?-
-E’ così piccolo- Lea sfiorò i capelli del figlio, che si rannicchiò sul suo petto –lo amo più della mia stessa vita e voglio dagli tutto. Dovremmo essere dei buoni genitori ok? Dovremmo sgridarlo quando tornerà a casa da scuola dopo avere preso un brutto voto o quando litigherà con i suoi fratelli. E dovremmo farlo sentire amato ogni secondo della sua vita-.
Cory non resistette e li baciò entrambi: la droga non li faceva più paura, sapeva che c’erano loro a tenerlo sobrio. Dio, li amava così tanto. 
-Lo prometto, lo sgrideremo. Però dovrà giocare a hockey o almeno provarci-.
La brunetta scosse la testa, divertita. Era il solito Cory.
-Ci proverà ma dovrà imparare ad amare Broadway allora-.
I due ragazzi si persero nuovamente a contemplare il loro piccolo: era così perfetto. Aveva una manina stretta alla madre, il petto si alzava e si abbassava ritmicamente.
-E ti avverto Mr. Monteith che ne voglio almeno altri tre. Due maschi e due femmine-.
Cory rise di gusto, immaginandosi la scena: li amava così tanto.
Come era possibile? Innamorarsi di una creatura così piccola in una frazione di secondo? No… aspetta, aveva fatto la stessa cosa con la madre di suo figlio la prima volta che l’aveva vista nel lontano duemilaotto.
-Starei bene ok Andy? Si cucciolo, sarò il migliore papà del mondo per te. Lo prometto. E se farò qualche errore be’ tua nonna e tuo zio mi sgrideranno così tanto che mi faranno tornare sulla retta via credimi-.
Il piccolo emise un vagito.
-Oh ok. Sono contento che tu sia d’accordo-.
Lo sguardo del canadese era fisso sul figlio.
-Mi somigli tanto, mamma ha ragione- continuò Cory, con un punta d’orgoglio nella voce –nonna Ann dice che hai le mani da pianista, ma papà ti farà imparare la batteria-.
Per la prima volta in vita sua sentiva davvero di essere felice, loro erano la sua felicità.
Cory Allan Michael Monteith era una persona completa adesso.
Era un alto, goffo, canadese, attore, batterista, una persona. Ma soprattutto era un marito e un padre.
E, per quel che valeva, ora sapeva chi era, aveva dato un senso alla sua vita: Andrew e Lea erano il suo mondo.
E non li avrebbe mai lasciati.
In quel momento Cory aveva un'unica certezza: finchè sarebbe stato con loro avrebbe avuto una vita straordinaria. Loro era la sua vittoria più bella, la sua luce in una vita passata piena di dolore e sconfitte.
Erano il suo universo. 


Ed è finita.
Voglio davvero ringraziarvi uno per uno. Grazie a chi ha seguito la storia, a chi ha recensito, a chi l'ha aggiunta tra i preferiti e le seguite.
Per un po' adesso non scriverò più perchè sono sotto esame all'università. Forse riinizierò questa estate.
Grazie ancora a tutti.
Il link per questo ultimo capitolo è "Faithfully", la canzone simbolo dei nostri Monchele. 
FrancyF
   
 
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