Green Fortnight.
La conquista del mondo continua.
Nessuno mai aveva notato i suoi occhi, nascosti abilmente dietro spesse lenti.
Nessuno mai aveva notato il rossore sulle sue guance,
giustificandolo con il vento freddo.
Nessuno mai si era accorto di lei in particolare.
E a maggior ragione, nessuno mai si era accorto che dentro
di lei, il cuore pulsava con ferocia.
Terribilmente innamorato.
Hypocrite
La biblioteca era quasi sempre vuota a quell’ora del
giorno.
A dire il vero, negli ultimi tempi, erano davvero pochi
gli studenti che si avventuravano fra i polverosi scaffali di quel posto,
preferendo di gran lunga i dati web piuttosto che quelli dei libri.
Ormai la società in cui viveva aveva imparato a fare a
meno di inutili scartoffie, ma per lei quelle rilegature antiche e maleodoranti
– per gli altri – erano il patrimonio più importante e più prezioso rimasto sul
pianeta. Peccato che fosse solo lei a pensarla così.
Si guardò intorno rapida, come se cercasse qualcuno di
davvero importante, facendo sballottare la lunga coda di capelli rossicci sulle
spalle, scompigliandoli più di quanto già non fossero.
Legato a forza in quello stretto elastico, il lungo crine
sembrava la perfetta rappresentazione di rubini liquidi, ma le risultava
difficile vedere qualsiasi parte del suo corpo così preziosa o raffinata.
In effetti quei capelli potevano essere davvero splendenti
se solo lei si fosse curata meglio di loro, ma non se ne fece mai una colpa;
preferiva passare le sue giornate a studiare, a tradurre messaggi di chissà
quale lingua antica nella sua corrente.
Alzò gli occhi piccoli, a forma di mandorla, negati alla
vista degli altri perché coperti da profonde lenti da vista, sul pubblico
ristretto della biblioteca.
Una ragazza – che annotò subito col nome di Sakura Haruno,
studentessa del quarto anno e tennista professionista – pensava più a mandare
sguardi di fuoco al giovane seduto di fronte a lei – che ricambiava senza farsi
troppi problemi – più che a studiare il suo libro di chimica.
Un vero peccato, quel libro meritava molto, a suo parere.
Chiaramente lei lo aveva letto, studiato e sapeva ripetere
perfettamente a memoria il suo contenuto.
C’era chi pensava lei fosse una sottospecie di alieno
venuto da qualche pianeta lontano anni luce, o una pazza psicopatica, o una
malata di sapere, ma non riusciva ad arrabbiarsi per tali “soprannomi”.
Lei era semplicemente Shiho, e la scelta del
“semplicemente” accanto al suo nome, non è una scelta fatta a caso. In lei non
vedeva nulla di graziosamente complicato come le sue compagne, non spiccava per
la sua bellezza – inesistente, a detta di molti – né per la sua compagnia.
L’unica cosa di cui si poteva vantare – anche se non lo
faceva mai, a dire il vero – era l’intelligenza. E sapeva che esso era un dono
più che speciale, a lei regalato: era ciò che mancava a più della metà delle
sue compagne. E per un attimo, per un solo attimo, si sentì importante.
Importante anche perché lei, probabilmente, era una delle
poche a provare veri sentimenti.
“Questa sedia è occupata?”.
Shiho sussultò, deglutì a fatica e per poco non fece
cadere gli occhiali in precario equilibrio sul piccolo naso. Percepì
chiaramente i battiti del suo cuore rimbombare nelle orecchie, e per un istante
ebbe timore che quel muscolo si fosse spostato di sua spontanea volontà nelle
parti della testa, abbandonando il petto. Il che era problematico; le impediva
di pensare razionalmente come faceva sempre.
Si voltò e pensò di trovarsi in un film: andava tutto
troppo a rallentatore.
Gli occhi, timidi, incontrarono il vuoto totale; solo il
buio di un paio di occhiali da sole.
Shiho, è il momento di cedere la situazione alla mente e
tentare di far tacere il cuore.
Non è difficile, se passi tutto in mano a lei, la testa
saprà gestire meglio il tutto, evitando di farti fare delle assurde figuracce.
Pensa. Pensa. Pensa. Pen…
“certo, s-siediti pure è libera, l-liberissima!” esclamò dimenticandosi di tenere la voce bassa, strillando quasi fosse in pericolo di vita. Il giovane accanto a lei alzò un sopracciglio scuro, ed il suo viso assunse una strana espressione che Shiho non riuscì a decifrare a causa del collo alto della maglia che lui indossava. In ogni caso, andava bene così; avrebbe preferito evitare di guardare la sua reazione.
“Grazie.” Borbottò di tutta risposta il ragazzo, afferrando con la mano candida lo schienale e tirando indietro la sedia, sedendosi con tranquillità.
Appoggiò il libro che aveva scelto sul tavolo di legno massiccio, attento a non fare rumore, e lo aprì ad una pagina che a Shiho parve essere stata scelta a caso.
“Fi… figurati.” Riuscì a sibilare lei, distogliendo lo sguardo da quella figura imponente, ritornando a fissare senza vederla veramente la pagina del suo libro. Negli occhi però, risplendeva ancora quel corpo così coperto, che le impediva di vederlo bene in viso, costringendola ad immaginare ogni cosa.
Era da due mesi che l’osservava in silenzio, attenta a non farsi mai cogliere dall’interessato, attenta a regolare il rumore del suo cuore un po’ arrugginito, ma che batteva furiosamente dopo aver incrociato una volta, per sbaglio, quegli occhiali da sole puntati su di lei.
Deglutì una seconda volta, stringendo il labbro inferiore fra i denti.
Schiarendosi un poco la voce, si avvicinò silenziosamente al ragazzo, appoggiandosi sul tavolo.
“Shino, vero?” domandò misurando la voce, sperando di non averlo infastidito.
“Sì.” Bisbigliò lui, senza degnarla dell’attenzione che bramava segretamente.
“Cosa leggi? Se vuoi dirmelo, chiaramente.”
“enciclopedia sugli insetti. Animali che trovo straordinariamente affascinanti, ma che non interessano a nessuno. Anzi, disgustano.” Rispose Shino, e lei riuscì a cogliere una nota di fastidio in quella frase.
“Già. Come li comprendo…”.
Shino si voltò, finalmente, dalla sua parte e Shiho sperò che lui [non] la stesse guardando in quella maniera così profonda, che la mise quasi in soggezione.
“Non fingere per me. Shiho.”
La ragazza sussultò, tentando di mantenersi in equilibrio sulla sedia, e sentì le guance avvampare pericolosamente. Non avrebbe mai scommesso nulla sul fatto che lui conoscesse il suo nome…
“Non fingo. Gli i-insetti mi piacciono davvero. Sono agli altri che non piacciono, io quasi mi ritrovo in loro.” Confessò imbarazzata, abbassando di tutta fretta lo sguardo.
Sentì quello di Shino trapassarle la testa, ardere sui suoi capelli.
“Gli altri non capiscono niente, è evidente.”
Shiho schiuse le labbra, completamente rossa in viso.
Shino strinse la bocca, non permettendole di esprimere alcun altro giudizio.
Tornò a leggere l’enciclopedia sugli insetti e non fece nulla per allontanare quel piacevole calore che si era impossessato della sua parte destra del corpo, segno che un altro si era avvicinato così tanto al suo.
Nessuno mai aveva notato gli occhi che si cercavano, bramosi di specchiarsi gli uni negli altri.
Nessuno mai aveva notato le guance di entrambi arrossire – chi più e chi meno –.
Nessuno mai si era accorto di loro in particolare.
E del loro amore che, a dispetto di molti altri, perdurava
così tanto tempo.
ShinoShiho(L).
“Non sarà mai Canon? Chissenefrega.
Il nome è uno scioglilingua? E' uno dei motivi per cui insieme li amiamo.
Sono orribili? Non capite l'arte.
Io li ADORO profondamente.”
(© Tya – credo ShinoShiho.)
Uhm, volevo scrivere qualcosa
anche io di bello sullo ShinoShiho, ma le parole di Tya per me sono le
migliori. Perciò leggetele, e rimuginateci sopra miei prodi u.u
FanFic che dovete assolutamente leggere:
The world is tiny; the
heart’s enormous di Kokky.
Just to get high di Kaho_chan.
The Geek gets the Girl! Di Hipatya.
Capitano Coleottero Rors.