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Autore: vennalyrion96    15/12/2015    3 recensioni
STORIA SOSPESA DEFINITIVAMENTE
Reincarnatosi in un corpo femminile a seguito del suo eroico sacrificio nel tentativo di salvare la donna che con il suo affetto e la sua premura è stata in grado di trasmettergli l’importanza del vero amore e del calore familiare, Akura-ou/Kirara conduce ora una vita serena e tranquilla assieme alla sua nuova famiglia nel mondo degli esseri umani. Ad accompagnarla in quest’entusiasmante cammino verso una felicità sempre più duratura continuano ad esserci altre sue care conoscenze, in particolare quella della vivace e coraggiosa ex dea della Terra Nanami Momozono, suo marito Tomoe (secolare amico di Akura-ou) e i loro due giovani figli. Tuttavia, dietro le quinte di questo scenario apparentemente idilliaco e felice, non tarderanno ad emergere nella vita dei nostri protagonisti nuovi ed oscuri segreti, uniti ad intrighi e complotti sapientemente orchestrati da potentissimi e loschi individui. Akura-ou/Kirara, la sua famiglia e i suoi amici dovranno fare di tutto per ricucire ferite ancora brucianti, risanare rapporti eccessivamente conflittuali, comprendere le ragioni dietro certi inquietanti eventi e soprattutto fare i conti con un passato i cui risvolti nel presente risulteranno più vivi e minacciosi che mai.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akura-ou/Kirihito Mori, Nanami Momozono, Nuovo personaggio, Tomoe
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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∞ La voce di un pesco in fiore ∞

Prologo: Hanami in dolce attesa

Il piacevole e stimolante canto delle cicale non era ancora cessato nel cuore di quella notte primaverile. Il solito silenzio era stato dolcemente rotto da quelle bizzarre creaturine saltellanti e gli abitanti della zona più cupa e solitaria della città di Kamakura non poterono che essere soddisfatti dal cambiamento apportato da cotanta melodia. A tal proposito, la maggior parte di essi non esitava, in quelle speciali occasioni, a trascorrere gran parte della nottata affacciati alle finestre delle loro case godendosi il profumo di una tazza di tè verde bollente o di un buon fiasco di vino o saké. Naturalmente erano soprattutto gli uomini a compiere parte di quel bizzarro rituale quotidiano, il quale aveva da sempre costituito un modo per suscitare, almeno una volta ogni tanto, un gradevole senso di serenità nei cuori di quelle persone. Ancora più fortunati erano sicuramente i residenti delle grandi ville poste in periferia o in luoghi particolarmente distanti dal flusso di persone che erano solite passeggiare per le vie o attraversare la strada con mezzi rumorosi quali le automobili o i bus. L’entusiasmo generale fu quindi merito dell’ausilio delle sorprese che la natura ebbe in serbo quella notte e ben presto le ore più buie si trasformarono in momenti di autentica estasi, tanto che la maggior parte dei residenti decise di uscire finalmente allo scoperto, rivelandosi ai più per andare a passeggio nei dintorni, cogliendo perfino l’occasione di andare a far visita ai vicini e di regalare qualcosa di interessante a coloro ai quali ci si sentiva maggiormente affezionati.

In tali circostanze, molti bambini e adolescenti erano di solito i primi a cogliere la palla al balzo e ad approfittare dell’occasione per andare a giocare fuori e passare placidamente la serata a giocare alle ombre cinesi o a nascondino sotto lo sguardo vigile e attento dei genitori. I fanciulli, infatti, in maniera più indiretta e meno raramente plateale, avevano non poche volte espresso il loro malessere legato all’angoscia provocata dalla costante sensazione di non sentirsi al pari dei propri coetanei, di non riuscire a dedicare il giusto tempo per divertirsi o, peggio ancora, di non riuscire a portare a termine i propri doveri quotidiani. Ad eccezione dei periodi festivi, infatti, le uscite fuori casa erano di fatto previste per i giovani ragazzi di quartiere solo in mattinata per recarsi a scuola, o in alcuni casi anche nel pieno pomeriggio per incontrarsi con gli amici, per partecipare a uno dei numerosi club e corsi proposti dai vari istituti scolastici o per recarsi dai rispettivi insegnanti di ripetizione, quest’ultimi rivelatisi quasi sempre una validissima ancora di salvezza per tutti gli studenti meno diligenti e per coloro che faticavano a prendere bei voti (sebbene gli orari di studio e di ripasso presso queste persone risultavano essere estremamente massacranti). Di sera, invece, era abbastanza raro vedere numerose comitive o facoltose famiglie gironzolare liberamente per la città. Non che fosse impossibile vederle di tanto in tanto, anzi, più turisti e residenti si recavano verso il centro della città, maggiore risultava il loro entusiasmo nel constatare la sempre maggiore popolarità che Kamakura stava acquisendo nel corso del tempo. Tuttavia, trattandosi pur sempre di un luogo assai vasto e con una popolazione con esigenze sempre diverse e non sempre omogeneamente distribuita sul territorio, era innegabile che in certe zone tendessero a non essere viste masse tanto consistenti di persone camminare così allegramente per strada. C'erano moltissime ragioni del perché la gente tendeva a restare quasi sempre a casa in certe ore del giorno. La più evidente fra tutte era senza ombra di dubbio la stanchezza, accumulatasi nel corpo e nello spirito degli individui a seguito di dure e intense giornate lavorative, passate solitamente tra le mura di un azienda fuori città o di una fabbrica metallurgica distante centinaia di chilometri da Kamakura. Gli uomini, in particolar modo, erano generalmente così esausti che uscire con la famiglia o trascorrere la serata in compagnia dei figli e delle mogli diventava spesso una vera impresa. Certamente non si poteva quasi mai rinunciare a un bel pasto caldo, ad un buon bicchiere di saké e ad una piacevole chiacchierata in compagnia di tutta la famiglia. Ciononostante, risultava spesso essere troppo tardi andare oltre e quindi era opportuno che tutti rimboccassero al più presto le coperte e andassero a dormire per iniziare la giornata successiva senza ulteriori complicazioni.

La sola presa di consapevolezza secondo cui quella fatidica notte d’aprile si sarebbe dovuta necessariamente trascorrere in modo totalmente diverso dal solito non poteva che far gioire tutte quelle famiglie, le quali avevano peraltro constatato che a breve sarebbero sbocciati dei magnifici fiori di ciliegio sia nelle aree periferiche che nelle vie principali della città. A tal proposito, era inevitabile il fatto che oramai l’animo di quelle persone si fosse ravvivato non poco e che fosse necessario trasmettere una simile energia in tutti i cuori. Naturalmente ognuno continuava in un modo o nell’altro a discutere dentro di sé circa le proprie angosce esistenziali e a riflettere sulle persistenti e ingenti problematiche lavorative e private. Durante le passeggiate, per esempio, alcune coppie di fidanzati o coniugi tendevano non solo a godere del massimo grado di elevazione spirituale fornitagli dal dolce soffio del vento e dallo splendente bagliore emanato dalla luna piena e dalle stelle nel cielo, ma persisteva insistentemente dentro di loro, come una dilaniante spina nel fianco, una sorta di malinconia generale dalla quale pareva impossibile slegarsi. In poche parole, la mente si liberava sì delle superficiali tensioni quotidiane, ma era come se fosse pur sempre vincolata in qualche modo da un insopportabile timore per il futuro e da un profondo e irritante senso di smarrimento, che a sua volta partoriva sensazioni piuttosto spiacevoli quali frustrazione, insicurezza, amarezza.

Era come se nonostante tutto la piacevolezza della primavera fornisse un mezzo non esclusivamente tendente al distacco totale da quelli che dovrebbero essere le cruciali questioni vitali, bensì un aiuto (seppur funesto e straziante) per riportare a galla nella mente del soggetto un maggior motivo di riflessione su quanto fosse importante il proprio lato sensibile, così tanto trascurato e calpestato da ciò che oramai aveva imposto l’odierna società urbana e sviluppata.

Tutto questo, però, non demoralizzava certo i giovani padri intenti ad accompagnare i propri bimbi al parco o le madri mentre trascinavano dolcemente i passeggini dei figli più piccoli; anzi, per loro l’occasione di un’uscita serale fuori dal solito orario era molto più che imperdibile.

Come se non bastasse, il paesaggio risultava essere una vera gioia per gli occhi data la presenza sia dell’elemento naturale che dei lampioni e delle fioche luci delle lampade appese alle pareti delle case circostanti e che illuminavano gran parte dei volti intenti a esprimere i sentimenti più variegati e i sontuosi templi shintoisti nelle vicinanze.

C’era però da dire che erano proprio questi ultimi a costituire uno dei maggiori luoghi frequentati dalla popolazione locale nei giorni di festa (essendo adibiti al culto degli dèi e degli antenati) e quella notte non fu di certo un’eccezione vista l’inconsueta allegria di tutti.

Di tutti, ad eccezione di quella di un uomo, alto e barbuto, dai folti e lisci capelli oramai destinati a diventare completamente grigi e dal volto allungato e segnato da piccole rughe collocate in gran parte sia al di sopra dei suoi luminosi occhi di un intenso color marrone scuro, sia di fianco alla sua bocca piccola e stretta. Egli indossava un paio di comodi pantaloni beige e una semplice giacca dello stesso colore a collo sciallato al di sopra di una camicia bianca a quadri e dai sottili contorni blu. Ai suoi piedi portava un paio di scarpe scure, dalle cuciture parallele e poste obliquamente di fianco a dei lunghi lacci color marrone scuro, entrambi accuratamente stretti in un fiocco.

Egli si era inoltrato nel bel mezzo di uno dei viali più piccoli (nonché uno dei più affollati) del quartiere di residenza dopo essere giunto, a seguito di una faticosa giornata di lavoro nel suo solito ufficio in una piccola azienda di ingegneria civile a Yokohama, alla più vicina stazione dei bus. Il clima era mite e gradevole: il vento soffiava dolce e leggero, la luna e le stelle sembravano sorridere a tutti da quanto splendessero e il cielo era privo di nubi, rivelando a chiunque alzasse gli occhi su di esso il suo caratteristico e affascinante colore blu scuro.

L’aria era inoltre impregnata di numerosi profumi derivanti dalla cottura di tante deliziosissime pietanze locali, molte delle quali erano servite ancora ben calde e croccanti a una fila di passanti curiosi ai lati della strada, i quali, visibilmente presi dalla tentazione di gustare tutte quelle leccornie, si erano messi a bombardare letteralmente di nuove richieste i cuochi al di là dei banconi e delle friggitrici. I negozi e le botteghe di artigianato erano ancora tutti aperti e accoglievano i clienti in maniera più che appassionata. A risentire della vivace atmosfera serale di Kamakura erano inoltre le commesse e le titolari dei negozi di abbigliamento, di prodotti agricoli e di oggettistica artigianale più piccoli, le quali, spesso prese da un’evidente frustrazione per non essere riuscite a mandare avanti il loro lavoro con regolarità a causa delle scarse vendite, si sentivano ora molto più risollevate. A giudicare dai loro atteggiamenti gioiosi e dai loro volti sorridenti, si poteva notare chiaramente un certo barlume di speranza, quella di poter riacquistare sia un certo auge nell’ambito del turismo locale, sia di riuscire ad estinguere i propri debiti per garantire senza intoppi una vita serena e dignitosa alle loro famiglie. Oltretutto, trattandosi molto spesso di persone lavoranti in proprio, era indubbio che esse desiderassero con tutte se stesse che il frutto del loro lavoro, portato avanti con dedizione e volontà da generazioni, non risultasse vano e che non venisse magari dimenticato in futuro.

L’uomo, seppur esausto e più che mai desideroso di stendersi sull’amato futon della sua camera da letto, non poté evitare di lasciarsi travolgere dalle medesime sensazioni di gran parte delle persone che lo circondavano, tra cui anche di quelle radunate sotto i fiori di ciliegio a conversare del più e del meno e a pregare dinnanzi ai templi a bassa voce.

“E’ sempre bellissimo assistere all’arrivo della primavera” pensava lui mentre era intento a osservare intenerito un bambino la cui madre gli stava gentilmente porgendo un pacchetto di patatine color rosa confetto acquistato in un piccolo locale alla destra di una delle gelaterie più amate dai residenti di quell’area solitamente tanto quieta di Kamakura.

Recatosi poi nei pressi di un tempio altrettanto importante e celebre per chi abitava da quelle parti e cercando quanto più possibile di non arrecare il benché minimo disturbo ai fedeli, si avvicinò incuriosito ad una sua vicina di casa, una signora sessantacinquenne vedova e senza figli, di bassa statura e molto minuta e dal carattere bonario e affabile che aveva appena terminato la sua preghiera e le disse, poco dopo aver porto i propri saluti: -Mi auguro di cuore che questa stagione le sia di buon auspicio per gli anni a venire-.

La gentile signora gli rivolse fin da subito un caloroso sorriso, poi continuò dicendo: -Oh, caro signor Mori, auguro lo stesso di cuore anche a lei e alla sua famiglia! Comunque noto che quest’anno sembrano tutti più euforici del solito… Non penso sia una mia impressione, dato che mi reco da queste parti durante ogni solenne celebrazione e difficilmente mi capita di non far caso anche ai più minuziosi cambiamenti.-

Il signor Mori non poté che concordare con lei.

-In effetti è vero. E anch’io, vivendo a Kamakura da anni, posso dire di essermi reso conto sin da subito della situazione di stasera. Mai ho visto poi una simile luce nei cuori dei nostri vicini, ma d’altronde non posso che esserne contento.- affermò.

-Lo stesso vale per me. Io poi a vedere tutte queste famiglie e coppiette un po’ più serene e felici e meno passive del solito mi dà un’adrenalina tale da farmi tornare giovane almeno per qualche ora.- spiegò la signora Michiko in preda ai più gai ed euforici sentimenti.

Tutto d'un tratto, però, ella spalancò gli sbarazzini occhi scuri ed annunciò, con fare gioioso e trepidante:

-Oh! Signor Mori, ora che ci penso...-

L'uomo alzò ambedue le sopracciglia, cercando istantaneamente di capire quali fossero le intenzioni della signora e, incuriosito, ne fissò ogni singolo e consecutivo gesto.

-Mi pare di averlo messo qui...- disse lei, frugando rapidamente in ciascuna delle diverse tasche interne facenti parte della propria veste color rosa corallo e cercando evidentemente di estrarre qualcosa da una di esse. Tutto ciò non faceva altro che far leva sulla curiosità e sulla simpatia che l’uomo stava trasmettendo alla gioviale signora in quel momento e pochi istanti dopo, ella esclamò:

-Oh, eccolo qua!-

Improvvisamente spuntò tra le sue mani un bellissimo ramoscello composto sulla sua ruvida superficie da minuscoli steli di bellissimi fiori di ciliegio, i cui delicati petali si piegavano ad ogni lieve soffio del vento.

Gentilmente, la donna glielo porse allungando leggermente il braccio sinistro.

-Per lei, signor Mori!-

Egli rimase pressoché meravigliato da quel gesto così generoso e afflitto da un imbarazzo senza precedenti esclamò: -Oh, signora, lei è sempre così gentile! Mi rincresce di non avere fatto in tempo a fare prima un regalo a lei che se lo merita per davvero! Non posso accettare.-.

La donna gli diede una leggera pacca sulla spalla e divertita ribadì: -Macché! Non si faccia troppi problemi, signor Mori! In fondo il più bel regalo che possa avermi fatto questa sera è proprio quello di esservi rivolto a me in un momento di così grande fervore. Comunque la prego, accetti questo mio dono anche in nome di suo figlio Kirihito, che sfortunatamente non è qui con noi per festeggiare l’inizio della primavera e omaggiare gli dèi per la vitalità di stas...-.

La donna interruppe improvvisamente il proprio discorso, resasi quasi immediatamente conto dell'effetto precario e doloroso che quella frase detta così impulsivamente avrebbe provocato nell'animo del gentile uomo di fronte a lei.

"Oh, no, cosa stavo per dire! Quanto sono idiota! Povero signor Mori!" pensò, stringendo i denti e tentando di scusarsi con tutte le sue forze, nonostante il senso di vergogna che oramai era iniziato a divampare con grande impeto dentro di lei le stesse impedendo di proferire ulteriori parole.

A quel punto il signor Mori, sebbene si stesse assicurando di cercare in tutti i modi di scacciare i cattivi pensieri dalla propria mente e di non farsi travolgere perennemente dalla tristezza dovuta a certi malsani ricordi riguardo la scomparsa di suo figlio, si lasciò comunque intenerire dalla bontà di quella donna così gentile ed educata e con slancio tese il braccio verso quei bei fiori bianchi appena sbocciati e li prese in mano. Poi sorrise abbassando lo sguardo e affermò (essendosi nel frattempo accorto del notevole stato di imbarazzo nel quale si era trovata catapultata la signora Michiko):

-Non si preoccupi, signora. Non è successo niente, anzi... Io la ringrazio infinitamente per il pensiero; mia moglie ne sarà davvero entusiasta. Sappia però che ciò non ci impedirà di ricambiare la sua benevolenza in qualche modo.-.

-Ma le pare! Tra amici è giusto che vada così, o sbaglio?-  disse lei, sforzandosi in tutto e per tutto di scordare quello che era stato appena detto nella speranza di non far sbiadire il placido sorriso del capofamiglia di casa Mori.

 

***

 

Dopo aver chiacchierato ancora per un po’, il signor Mori salutò cordialmente la signora Michiko, si allontanò e decise di proseguire il suo cammino verso casa, non molto distante dal clima di festa che si era formato in occasione della fioritura dei ciliegi e che aveva garantito un immenso quanto gradevole sentimento di armonia dovuto all’imminente arrivo della piena stagione primaverile.

Dopo qualche minuto, il suo volto si presentò di fronte alla porta d’ingresso dell’abitazione e con gran gioia una figura femminile apparve poco dopo per farlo entrare e per porgergli le mani.

-Ryouichi, finalmente sei tornato! Sono così felice!- esclamò lei, abbracciandolo subito dopo con affetto.

Il lungo kimono le ricopriva interamente il corpo snello e i tratti delicati le conferivano, nonostante la veneranda età di cinquantun anni, un aspetto gioviale e fresco come quello di un’adolescente alle prese con le classiche prime esperienze. Il suo carattere amabile e affettuoso faceva rallegrare perfino i parenti più burberi, i quali erano soliti venirli a visitare in certi importanti periodi dell’anno. Inoltre, i capelli castani raccolti in un delicato chignon mettevano in risalto l’ampia e pallida fronte, le lunghe sopracciglia e i grandi occhi magenta.

Lui la osservò rallegrato e con delicatezza la prese per la spalle e le sussurrò: -Anch’io cara, sapessi quanto! Però stai molto attenta la prossima volta, Ako. Sai, il bambino…-

A quel punto, lei abbassò lo sguardo e dispiaciuta arrossì, notando peraltro la particolare attenzione del marito nei confronti di un punto particolare del suo corpo.

Egli quindi percorse amorevolmente la mano lungo il ventre della donna, rigonfio per via della sua gravidanza ormai perdurata da sette lunghi mesi.

A quel tocco gentile, Ako non esitò a ricomporsi e disse: -Hai ragione. Comunque sia ora sto molto bene, caro. Ormai le doglie sono passate.-

-Sì, ma... Ciò non toglie che tu debba cercare di evitare movimenti bruschi. Sai cosa ha detto il dottore. Agendo così, può essere rischioso per nostro figlio.- disse lui, abbracciandola ancora di più e cercando di fare il più possibile per garantire l’incolumità della salute di sua moglie.

Tuttavia egli si accorse, guardandola attentamente negli occhi, che sebbene la donna stesse tentando non apparire per nulla preoccupata, nascondeva in realtà il suo grande dispiacere nell’aver agito così impulsivamente dalla felicità.

In fin dei conti, puntualizzavano sempre sia lui che i loro parenti più stretti, era sempre stata proprio lei a essere così attaccata ai figli da cercare di non avere la benché minima difficoltà ad affrontare qualsiasi sacrificio per il loro bene. Ecco anche la ragione per cui ogni gesto sbagliato da parte sua costituiva da sempre il prerequisito per farla cadere nella più cupa disperazione e nel più grande senso di colpa.

Oltretutto, nonostante fossero ormai passati dieci anni dalla morte del primogenito Kirihito e fosse ormai noto il fatto che stesse per ripresentarsi una gran felicità nella sua vita per via della presenza del nascituro, la signora Mori non era mai comunque riuscita a smettere di accusare se stessa di ogni danno che era capitato nella sua famiglia prima e dopo la scomparsa del ragazzo.

Anzi, negare del tutto questo fatto era praticamente un controsenso dato che il suo carattere ipersensibile l’aveva fin dal principio fatta precipitare nel grande abisso del dolore e a sua volta l’aveva fatta inesorabilmente ricadere in un circolo vizioso fatto di improvvise e inaspettate sensazioni di “cuore in gola”, quali il terrore di poter perdere da un momento all’altro altre persone a lei care o di non riuscire a superare il dilaniante senso di colpa che le impediva di portare almeno un fiore nella tomba di Kirihito.

In particolare, il pensiero più ricorrente che oramai da molto tempo tormentava il suo animo più di qualunque altra cosa era: “Cosa sarebbe mai accaduto se io non avessi litigato con te, figlio mio? Sicuramente saresti ancora qui con me e con tuo padre e avresti l’opportunità di conoscere la tua nuova famiglia. Miei dèi, quanto mi manca il tuo sorriso! Riconosco di essere una madre iperprotettiva e di averti quasi soffocato il più delle volte, ma credimi, Kirihito: se solo avessi la possibilità di tornare indietro, non ripeterei l’errore che commisi quel giorno per nulla al mondo. Sono stata una pessima persona e per questo motivo merito di pagare a caro prezzo le mie colpe.”.

Una piccola lacrima le scese tutto ad un tratto lungo le candide guance e ricordandosi della promessa fatta anni addietro al marito riguardo la decisione di essergli sempre fedele e di raccontargli tutto ciò che le passava per la testa, Ako si scusò per averlo fatto tanto preoccupare.

-Perdonami caro, hai perfettamente ragione, solo che…-

Lui, sempre più preoccupato e scosso per quanto stava accadendo la interruppe.

-Dimmi Ako... non temere, sfogati con me e raccontami tutto ciò a cui stai pensando.-

-Beh, ultimamente non riesco a combinarne una giusta e riconosco che in questo periodo dovrei mettere l’impulsività in secondo piano per far sì che non accada nulla a questo bambino. Solo che ora ho così tanta paura…-

A quelle parole, il signor Mori non esitò a riabbracciarla di nuovo e a domandarle costantemente le motivazioni del perché fosse così agitata, oltre che a cercare di confortarla e di infonderle quel gran senso di serenità che tanto le mancava.

-E di cosa, tesoro? Presto saremo di nuovo una famiglia, te ne rendi conto? E questo bimbo non è che il frutto della nostra unione. Siamo benedetti dagli dèi e nonostante tutte le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare, saremo di nuovo felici tutti insieme!-

-Lo so, caro, lo so bene… Ma tutta questa mia sbadataggine mi fa salire quasi sempre il cuore in gola. Temo costantemente di poter perdere da un momento all'altro la creatura che porto in grembo e di compiere i medesimi errori del passato.-

L'uomo comprese in un batter d'occhio i riferimenti impliciti della moglie a una persona assai speciale, la cui memoria era stata e sarebbe per sempre rimasta impressa nei cuori dei due coniugi e che per le sue contagiose risate e per la sua inaudita dolcezza sarebbe stato sempre ricordato dagli altri parenti e amici della famiglia Mori.

Lei tuttavia continuò a parlare, rattristata.

-Continuo per giunta a pensare di essere la principale responsabile della…-

Ryouichi, già consapevole di quale piega avrebbe preso il discorso auto-colpevolizzante della moglie, sentì di voler intervenire tempestivamente, anche a costo di interromperla.

-Ne abbiamo già parlato tempo fa, Ako! Sai bene che non è stata colpa tua, né di nessun’altro! Tutti in verità lo sappiamo, ma cosa avremmo potuto fare? La causa della sua morte è stata solo ed esclusivamente quella maledetta valanga…-

Era evidente che l’uomo continuasse inesorabilmente a soffrire per la mancanza del giovane, ma ciò non gli impediva di analizzare razionalmente su quanto fosse accaduto realmente quel maledetto giorno, ovvero che si fosse trattata di una mera disgrazia che nessuno avrebbe potuto prevedere e che a prescindere da come fossero andate le cose, nulla avrebbe impedito a quel mastodontico ammasso di neve di staccarsi dalla parete montuosa e di scendere a grande velocità giù da essa, precipitare di sotto e sotterrando con veemenza il corpo magrolino del ragazzo, allora arrabbiato e tremendamente amareggiato dopo un tremendo litigio avvenuto poco tempo prima con la madre. 

-Posso capire, marito mio, però…-

-Niente “però”. Tu non hai fatto nulla di male e mettiti bene in testa che una madre e una moglie migliore di te non potrebbe sostituirla nessuno per nulla al mondo. Poi, voglio dire… Hai fatto sempre tanto per la tua famiglia e per le persone che ami. Di cosa dovresti essere biasimata, se posso saperlo?-

La donna, nell'udire l'ultima retorica domanda pronunciata dal marito, abbassò lo sguardo con evidente turbamento e si affacciò alla finestra del salone.

-Beh, ecco io… A volte penso che con il mio carattere possa essere una calamità per chi mi circonda.-

-Ma Ako… la smetti di dire scemenze?- la rimproverò lui amorevolmente e abbracciandola teneramente da dietro.

A quel punto ella ricambiò il gesto sfiorando le braccia del marito (tenute sempre più saldamente strette attorno al suo petto) con le proprie, tornando poi a contemplare il loro magnifico giardino, sempre pronto a rinvigorire, a cambiare colore a ogni cambio di stagione e a trasformarsi in un’area di sublime raffinatezza da cui era sempre difficile distogliere lo sguardo.

Di fianco alla coppia di sposi c'era inoltre un bellissimo mobiletto di legno d’acero intagliato. Sopra di esso era posata la fotografia di Kirihito all’età di tredici anni, allora già un grazioso ragazzo sempre lieto, pieno di vita e sempre pronto a tuffarsi in nuove sfide, tra cui quella che purtroppo gli aveva fatto rimettere la vita.

Ako rivolse perciò lo sguardo sul volto del figlio e con un quieto movimento accarezzò i bordi della foto, facendo in particolar modo pressione sulla semplice cornice di plastica argentata che la ricopriva.

Un limpido e malinconico sorriso si dipinse sul suo volto e poi mormorò: -Scusami tanto caro, il fatto è che… Lui mi manca così tanto.-.

Anche Ryouichi aveva rivolto la sua attenzione all’oggetto da lei tenuto in mano e, senza mollare la presa sul suo fragile corpo, tracciò perfettamente il contorno delle guance di Kirihito con l’indice sinistro.

-Anche a me. Ora che ci penso vorrei però confessarti una cosa, mia cara.- ammise lui puntando stavolta gli occhi verso le sfavillanti e meravigliose stelle nel cielo.

-Ti ascolto.- disse lei facendo illuminare gli occhi per la curiosità e cercando di tenere stretti a sé sia il braccio del marito che la foto.

-Se ci pensi bene, è pur vero che ciò che gli è accaduto è stato assolutamente imprevedibile e che quindi non poteva essere coinvolto nessuno direttamente, ma in un certo senso mi sento anch’io abbastanza in colpa delle volte, sai? Voglio dire, alla fine sono sempre così distante da casa e costantemente stanco per via del lavoro che molto probabilmente nostro figlio avrà sentito pure la mia mancanza, a tal punto da sentirsi bisognoso di trovare dei mezzi per distrarsi. Non bastava che ci fossi solo tu…-

A quel punto, Ako sentì il bisogno di intervenire in difesa del marito e il suo volto assunse un'espressione sconcertata.

-Ma, amore mio... Non è affatto vero ciò che dici!-

-Cosa te lo fa pensare, Ako?-

-Tesoro, il nostro Kirihito era orgoglioso di te più di qualunque altra persona al mondo. E’ solo che… Beh, lui non praticava lo snowboard soltanto per passione, ma lo reputava una sana valvola di sfogo ogni qualvolta io e lui avevamo qualcosa di cui rimproverarci a vicenda. Capisci perché ritengo di essere io la principale colpevole di quanto gli è successo?-

Ryouichi era rimasto momentaneamente in silenzio per ascoltare con attenzione Ako durante le sue umili argomentazioni, poi proseguì con le sue difese nei confronti della donna e con le sue ipotesi.

-Ako, come ho già detto… Basta gettare tutte le colpe su di te, ti prego. E’ innegabile che parte della responsabilità sia anche mia. Sento infatti che in fondo lui abbia voluto anche ricevere il mio affetto, che sfortunatamente ho dato in minima parte visti gli impegni che sono sempre stato costretto a portare a termine. Ecco perché non riesco davvero a capire come mai continui a far ricadere delle colpe infondate sulla tua persona su cui nessuno avrebbe nulla da ridire, dato il tuo animo buono e gentile. D’altronde non sei forse la madre migliore che si possa avere?-

Ryouichi concluse il suo discorso stringendo ancora di più la moglie contro il suo petto e accarezzandole delicatamente le spalle minute.

Lei ricambiò quel gesto affettuoso e successivamente gli toccò una guancia con dolcezza con le lacrime agli occhi.

-Sei sempre tanto dolce a consolarmi, Ryouichi.-

Detto ciò, Ako avvolse le braccia attorno ai fianchi di lui, finendo con l’inzuppare la sua giacca con le sue lacrime copiose.

-Sapessi quanto ti amo, amore mio…- mormorò con il volto ancora incollato al petto del marito.

Lui la lasciò fare intenerito e senza un attimo di esitazione ricambiò il suo intenso abbraccio.

-Anch’io cara. Da morire.- si limitò a dire lui vicino all’orecchio di lei.

Dopo essere rimasti in quella posizione per alcuni interminabili istanti ed Ako ebbe smesso di piangere, i due coniugi si separarono e si guardarono per qualche istante restando in silenzio.

Un sorriso malinconico si dipinse sui loro volti ormai dominati dai segni del tempo e, più innamorati che mai, si presero per mano e si voltarono per tornare a guardare il magnifico panorama che si presentava di fronte alla loro casa.

Fu allora che lui ebbe un lampo di genio e si ricordò repentinamente del ramoscello di fiori di ciliegio regalatogli dalla signora Michiko e della nuova arrivata nella loro famiglia, la quale non era solita farsi vedere da sguardi indiscreti.

-Ako, a proposito! Come sta la nostra giovanotta dai capelli rossi? E’ da tanto che non la vedo…-.

La donna lanciò una rapida occhiata alla stanza da letto vicina, che un tempo apparteneva al suo primogenito e rispose: -Sta bene, per fortuna. E’ sempre tanto esuberante e testarda e delle volte non torna a casa nemmeno se la implorassi. Sembra che nonostante tutto non cessi mai ad ostentare il proprio stile di vita basato in tutto e per tutto sulla libertà e sul decidere di voler fare ciò che si desidera senza richiedere il consenso di nessuno. Però di una cosa sono certa: non mi pentirò mai di aver deciso di accoglierla in casa con noi, perché in fondo so bene che è sempre stato cresciuta dominata da un grandissimo senso di solitudine. Ritengo quindi che meriti il meglio, sebbene in passato si sia appropriata del corpo di nostro figlio e abbia vissuto sotto le sue mentite spoglie nel tentativo di riottenere ciò che voleva.-

-Le vuoi bene come una figlia, non è vero?- domandò il signor Mori, sempre più orgoglioso della benevolenza e del buon cuore della sua compagna.

-Sì, io amo Kirara sopra ogni altra cosa e penso che se Kirihito fosse vivo, sarebbe felice di sapere che ora più che mai la nostra famiglia si è allargata e che ben presto arriverà qualcuno di speciale.-

Detto ciò, la coppia richiuse la finestra e istantaneamente, Ako avvertì qualcosa impigliarsi tra i suoi capelli castani.

-Ehi! Cos'è?- domandò, toccandosi il punto preciso della testa sul quale era stato collocato quel "qualcosa" e sollevando le pupille nella medesima direzione.

-Guarda tu stessa- si limitò a esortare lui, dirigendo delicatamente la moglie davanti ad uno specchio.

Ako notò quindi con immensa sorpresa che quel particolare oggetto sulla sua capigliatura altri non era che un piccolo ramo preso da uno dei tanti alberi su cui sbocciavano ogni anno dei fiori di ciliegio profumatissimi.

Non fece neppure in tempo a raggiungere l'apice dello stupore che il marito le disse: -E’ da parte della signora Michiko. Ho pensato a te quando me lo ha dato e quindi ho deciso di trasformarlo nel mio regalo da dedicarti per questa magnifica stagione.-.

Inutile dire quanto grande fosse la meraviglia che si poteva decifrare specchiandosi nei grandi occhi della donna, la quale non esitò a dare al gentile marito un sonoro bacio sulla guancia e a ringraziarlo per tutte le attenzioni che le stava dedicando nonostante fosse sempre così poco presente in casa con lei. All’uomo era per giunta passata da poco la stanchezza che si era portato dietro per tutto il viaggio di ritorno a Kamakura e fu così che la coppia si spostò dal luogo in cui si trovava fino a quel momento per dirigersi placidamente verso la porta d’ingresso e raggiungere a sua volta il tempio più vicino per condividere la propria gioia con il resto del vicinato e di passare una serata della quale difficilmente si sarebbero dimenticati.

  
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