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Autore: LittleDreamer90    15/12/2015    10 recensioni
Una giornata iniziata male può finire in due modi: peggio di come sia iniziata o riservare sorprese inaspettate. E talvolta, fare una buona azione ti ripaga con curiose e bizzarre occasioni di felicità.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Inuyasha, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Di ombrelli, pioggia, caffè e fermate del bus.


Sbuffo, contemplando pigramente il grigio cielo di Tokyo fuori dall’ampia finestra.
Questa giornata sembra non passare mai, accidenti!

La voce da gallina della mia superiore mi riscuote di botto: - Che diavolo stai facendo, ragazzina? Sei qui per lavorare, non per stare con la testa tra le nuvole! -.

Trattengo un sbuffo ed un’occhiataccia. Abi mi sta fissando arrabbiata, le mani sui fianchi. Fa quasi paura.
Solo perché lei è la segretaria del Signor Setsuna ed io una semplice stagista, si crede autorizzata a darmi ordini.

Mi mordo la lingua e chino il capo, in segno di pentimento: - Mi scusi, signorina -.

Lei mi incenerisce con lo sguardo: - Basta tergiversare, Signorina Higurashi! Riordini quei faldoni entro stasera – mi ordina, indicando la scrivania vuota di fronte alla mia.

Sbarro gli occhi. È una pila immensa! 

Lavorare, tsk! Questo non è lavoro, ma sfruttamento di una povera ragazza! Ed io che credevo  di essere stata fortunata, ad essere stata accettata allo studio legale del signor Setsuna, per fare praticantato!
Certo, come no! Sono una specie di tuttofare, e la strega mi obbliga a farle da schiavetta: Kagome, le fotocopie. Kagome, vai a prendere il caffè. Rispondi al telefono, chissenefrega se poi perdi il conto della somma della parcella che stai compilando. –compito che dovrebbe essere di Abi, quello di calcolare i compensi che i clienti devono all’avvocato, oltretutto!- Kagome, riordina questo, fai quello, pulisci il tavolo che è pieno di polvere! .. blablabla.. 

Basta! Non la reggo più!

Trattengo un nuovo sospiro. Che vita di merda!
No, ok. Avevo promesso al nonno che avrei smesso di imprecare. Sono una signorina per bene, giusto?

- Ah, Higurashi? – mi sento dire dalla strega – Il signor Setsuna vuole il suo caffè tra mezz’ora. Vai a prenderlo! – mi dice, prima di andarsene tutta baldanzosa – Ah, e un cappuccino scremato per me! -.

E ti pareva? Fosse solo un caffè, oltretutto. No! Lei vuole il latte scremato, e il capo beve solo il caffè di quel bar in centro che fa i caffè all’americana... caffè americano, a Tokyo. Bah! Per fortuna che quella catena di caffetterie ha aperto un negozio in fondo all’isolato!

Annuisco col capo e mi alzo. Meglio andare subito.
Prendo borsa e cappotto ed esco.

Giunta fuori dal palazzo che ospita lo studio legale, una goccia di pioggia mi cade sul naso. Accidenti! In effetti il cielo era piuttosto plumbeo.
Rovisto in borsa. Eccolo! Ho sempre un ombrellino, con me. Alla faccia della mia amica Sango che mi prende in giro per il fatto di girare con un bazar in borsa!
Lo apro e mi avvio con calma.


Circa venti minuti dopo, esco dalla caffetteria con in mano il vassoio contenente quanto mi è stato chiesto. Già che c’ero, mi sono fermata a bermi un tè e mangiare una fetta di torta. Visto la mole di quei faldoni, Abi mi farà sicuramente saltare la pausa pranzo.
Controllo l’ora al mio orologio da polso. Bene, sono in perfetto orario!
Con un piccolo sorriso soddisfatto ad ornarmi le labbra mi volto appena verso il portaombrelli accanto all’entrata. 

Ma porca di quella..! non ci posso credere. MI HANNO RUBATO L’OMBRELLO! 
A Tokyo. Dove i commercianti espongono la merce fuori dal negozio, senza la paura di furti, dato che la percentuale è quasi nulla.
Qualcuno si è sgraffignato il mio ombrello. E piove a dirotto. Ed io devo farmi un isolato con in mano un caffè e un cappuccio con latte scremato. Possibilmente senza farli raffreddare, altrimenti chi la sente, l’arpia.

Fantastico, davvero fantastico.

Miracolosamente riesco a tornare davanti al palazzo che ospita lo studio senza bagnarmi troppo. Ce l’ho quasi fatta, devo solo attraversare la strada e…
Le ultime parole famose!

Una moto mi sfreccia davanti a velocità un po’ troppo sostenuta, centrando una pozzanghera.
Questo è troppo e non riesco a frenarmi. Al diavolo il nonno e il fatto di essere una ragazza per bene!

- Merda!!! – mi sfugge. “Ma chi cavolo è così intelligente da andarsene in giro in moto con una pioggia torrenziale? Dannazione!” penso tra me e me, fissando imbufalita i miei vestiti. 

Sono zuppa, con la giacca infangata e… - OH, no! Porca miseria! – impreco di nuovo, attirando su di me lo sguardo perplesso e contrariato dei pochi passanti. Quello stronzo mi ha inondato anche i caffè!!!

Esasperata e con i nervi a fior di pelle tento di pensare al da farsi. Sono bagnata da capo a piedi. Il caffè del capo è andato. Dovrei tornare indietro ma non ne ho il tempo! Abi aveva detto mezz’ora e…e ho freddo, sono in condizioni pietose! Dovrei tornare a casa a cambiarmi, non posso certo lavorare così! Sono solo le 11 ed io stacco alle 18! 

Sento le lacrime di frustrazione iniziare a far capolino e questo mi fa arrabbiare ancora di più. Detesto piangere! È più forte di me, quando mi arrabbio, mi si aprono i rubinetti. E più piango, più mi arrabbio perché reagisco piangendo, e piango ancor di più. È un dannato circolo vizioso!

Persa nei miei pensieri, mi accorgo in ritardo di non sentire più la pioggia scorrere su di me.
Confusa, alzo gli occhi verso l’alto, finendo per fissare la stoffa di un ampio ombrello colorato.

- Sta bene, Signorina? -  mi sento chiedere.

Girandomi leggermente indietro, mi perdo a fissare gli occhi più belli che io abbia mai visto.
Un bellissimo ragazzo mi sta riparando dalla pioggia con il suo ombrello.

- Sta bene? – ripete di nuovo, mentre io rimango imbambolata come una cretina.

- Emh.. ah, sì! Sì, sto bene, g-grazie – riesco finalmente a rispondergli.

Lui mi guarda serio e concentrato su qualcosa.
Kami, i suoi occhi neri sono così… così..

Lo vedo frugarsi in tasca e, dopo un istante, mi porge un fazzoletto di stoffa: - Tenga. Si asciughi quelle lacrime – mi dice, sorridendomi gentile.

Cavolo, che sorriso!

Non so che dire, accetto solo il suo fazzoletto, asciugandomi le guance. In quel preciso istante però, il mio telefono inizia a suonare. Sbuffo, alzando gli occhi al cielo, riconoscendo la suoneria personalizzata, associata al numero dello studio.
- Pronto – rispondo di malavoglia.
“dove diavolo sei finita, ragazzina? La mezz’ora è passata da ben cinque minuti! Il signor Setsuna sta aspettando il suo caffè!” tuona Abi, dall’altra parte del ricevitore.

Trasalisco. Porca miseria! E adesso? Come diamine me la cavo, adesso?

- Emh.. sì, sono sotto al palazzo, Signorina! Sto arrivando, devo solo attraversare la strada. Solo che.. emh.. ecco… - cincischio, osservando sconsolata i bicchieri.

La strega acida però non mi fa finire: “E allora che diavolo stai aspettando?! Torna subito qui, ragazzina!”. E mi chiude il telefono in faccia.

Ma brutta…! Come se fossi tanto più piccola di lei! Abbiamo solo 3 anni di differenza! Solo perché a 28 anni è diventata la preferita del Signor Setsuna si crede chissà chi! Quanto la detesto!

- Brutta faccenda – commenta l’uomo accanto a me, spostando lo sguardo verso i bicchieri di carta zuppi.

Lo guardo spaesata. Deve aver sentito tutto. Beh, era vicino, e quella là starnazzava talmente tanto che…
Nel momento stesso in cui lui torna a guardare me, abbasso istintivamente gli occhi. Sono in imbarazzo e nemmeno io so il perché.

- Tuttavia, credo che al momento la priorità sia che lei si asciughi, signorina. Sta tremando di freddo – nota, scostandomi una ciocca di capelli bagnati dal viso.

Le mie guance si arroventano all’istante. È stato solo un innocuo gesto cortese, ma il suo tocco mi ha scombussolata. La sua pelle è così calda!

- Il palazzo di fronte, ha detto? Venga, la accompagno – afferma.

Eh? Cosa!?

Non faccio in tempo ad aprire bocca che mi passa gentilmente un braccio intorno alle spalle, stringendomi meglio sotto l’ombrello, attraversando la strada.

Oh, mamma, che vergogna! Io… che diavolo mi sta succedendo? Mi sento così impacciata! Per un istante rabbrividisco ma non di freddo. Il suo profumo è così buono e il suo corpo a contatto col mio così caldo, nonostante gli strati di stoffa che ci avvolgono.

- Eccoci – sorride, fermandosi davanti al portone rimasto ancora socchiuso, proprio come io l’avevo lasciato mezz’ora prima.
- Questi li prendo io. Lei intanto salga, si sbrighi! Ha già preso abbastanza freddo – mi dice, appropriandosi dei bicchieri e lasciandomi lì.

- Ma.. ehi! – provo a fermarlo.

Lui si volta, incantandomi con un sorriso da mozzare il fiato:  - Salga, le ho detto. Ci penso io, non si preoccupi -.

Frastornata, faccio come dice. Che tipo strano! Troppo tardi mi accorgo però di non avergli restituito il fazzoletto. Accidenti!

Rientrata nello studio legale, mi appoggio alla porta di ingresso con la schiena, fissando ancora incredula la pozza d’acqua che si sta formando ai miei piedi.

- Higurashi! Che diavolo hai combinato? E i caffè? – tuona Abi – Oh, lascia perdere! Vai ad asciugarti! Stai allagando il pavimento, e tra poco dovrebbe arrivare un cliente – mi ordina.

Di solito l’avrei ricoperta mentalmente di insulti, ma ancora in trance, faccio come dice, dirigendomi verso il bagno.
Alzo al massimo il piccolo termosifone, appendendoci sopra cappotto e sciarpa.
Non appena mi specchio, mi scappa un gemito. Sembro un gatto affogato!
Capelli grondanti a parte, la camicetta bianca e la giacca sembrano essere salve dallo sporco della pozzanghera; bagnate sì, ma non sporche, nonostante tutto. La gonna è solo un po’ schizzata. Il cappotto deve aver fatto da scudo ai vestiti sottostanti.
Purtroppo non posso dire la stessa cosa delle calze e delle scarpe!
Cerco nella borsa le salviettine umidificate e pazientemente pulisco le scarpe inzaccherate. Dopo averle posizionate accanto al termosifone, mi sfilo i collant e li lavo.
Infine infilo il paio di ricambio che mi ero portata. Lo faccio sempre, quando indosso le gonne. Chissà perché, ho l’innata abilità di smagliare sempre le calze prima della fine della giornata.

Ok, ci sono quasi. Peccato per i capelli. Tento di asciugarli un po' sotto il getto del soffione d'aria che si usa per le mani. Pazienza, li legherò in una coda, sperando di non prendere una broncopolmonite.
Mentre controllo il cappotto, mi ricordo del fazzoletto dello sconosciuto. Lo prendo dalla tasca e lo ripiego. Senza nemmeno rendermene conto, mi ritrovo ad annusarlo, alla ricerca di quel profumo così buono.

Ma che cavolo sto facendo?!?!?!

La voce di Abi mi riscuote, così esco dal bagno.

Poco dopo, sto finendo di asciugare le tracce d’acqua che ho lasciato sul pavimento quando il citofono suona.

- Oh, bene! Deve essere il cliente! Vado ad avvisare il Signor Setsuna. Tu spicciati ad asciugare e aprigli! – mi abbaia Abi. Kami, quanto la detesto!!!

Di malavoglia apro la porta e rimango basita. Non è possibile.

Lui mi sorride, porgendomi i caffè. Deve essere andato a ricomprarli.

Come un automa lo faccio passare, afferrando ciò che lui mi ha portato.
La voce della cornacchia mi fa sussultare: - Signor Taisho. Buongiorno. Si accomodi, prego – gli dice mielosa.
Subito però mi rivolge un’occhiataccia, notando i caffè: - Higurashi? E quei caffè? Bah, torna al lavoro. I fascicoli sono lì che aspettano. Questo lo porto io al Signor Setsuna. Kagome? Mi hai sentita? Ah, cielo, quanta pazienza ci vuole, con gli stagisti – afferma, tragica.

Vi prego, lasciatemela strozzare! Mi sta facendo fare una figuraccia solo per apparire lei stessa sotto una luce migliore!

Nonostante tutto, annuisco, trattenendo a fatica una smorfia che, per fortuna, non viene notata. Non da lei, almeno, perché una risatina trattenuta alle mie spalle mi fa voltare di scatto.

Lui, o meglio il Signor Taisho, mi sorride, sghembo e mi fa l’occhiolino?!?

O Kami! Credo di essere arrossita!

Mentre loro si chiudono nello studio del capo, io torno con gambe malferme alla mia postazione. O Dio! Il cuore mi batte all’impazzata, che diavolo sarà?

Accorgendomi di avere ancora il cappuccino di Abi in mano, ne prendo un sorso.
Bleah! Ma che schifo!
Pulendo le tracce del mio passaggio sul bicchiere, mi affretto a metterglielo sulla scrivania, prima che torni. Sono tremenda, lo so! Ma quando ci vuole, ci vuole.


È passata poco più di mezz’ora ed io non sono nemmeno a metà del primo faldone, quando lui esce dallo studio del capo.

- Non si preoccupi, Signor Taisho, il caso della sua prozia è in buone mani – gli dice il Signor Setsuna.

- Ho piena fiducia in lei, avvocato. Arrivederci – gli risponde, stringendogli la mano.

Nel momento esatto in cui passa davanti alla mia scrivania, alzo gli occhi verso il suo viso e lo trovo a sorridermi. Di nuovo.

- Arrivederci, signorina – dice ad Abi, per poi tornare a guardare me – Arrivederci… Kagome -.

Oddio, ora svengo.
Il mio nome pronunciato da lui è così… così… sexy! Lui, è così sexy. Ed io sono cotta e… oh no! Se n’è già andato ed io non l’ho nemmeno salutato! E cavolo, il fazzoletto! Me ne sono dimenticata di nuovo!!!




Uff, finalmente la giornata è finita! Stupidi faldoni! Per colpa loro ho dovuto lavorare un’ora in più. Sono le 19 passate!
Oh beh, non è solo colpa dei faldoni, in realtà. Continuavo a distrarmi, pensando a lui.
Aahh, Kagome, sei una cretina! Non sai nemmeno come si chiama! 

Oh cavolo, è tardissimo! Rischio di perdere il bus. Peccato che in studio ci sia ancora una cliente. Una vecchietta, per la precisione. Chi cavolo è che va dall’avvocato alle sette di sera?!? Le vecchine non dovrebbero essere già a letto a dormire, a quest’ora? Bah! Per fortuna il capo mi ha detto che posso andare a casa, ci penserà lui, a chiudere tutto.

Sono appena uscita dal portone del palazzo, stringendomi la sciarpa al collo quando… il bus che avrei dovuto prendere mi sfreccia davanti al naso.

Perfetto. Quando si dice che una giornata inizia male e finisce ancora peggio.
Sconsolata, mi avvio alla fermata per controllare gli orari. Uff. Beh, poco male, prenderò la navetta delle 19 e 35 e.. un momento!  Oggi è mercoledì, e il bus delle 19.35 non effettua servizio, di mercoledì!

- Ma porca… - sto per imprecare, quando una voce gentile mi fa sobbalzare:
- C’è qualche problema, signorina? La vedo contrariata -.

Voltandomi, mi trovo davanti la vecchina che il Signor Setsuna aveva ricevuto prima che me ne andassi.

“Problema? Certo che ho un problema! È per colpa sua che ho fatto tardi! E in più oggi è stata davvero una giornata di merda! Beh, non proprio del tutto, in effetti” rifletto, ripensando per l’ennesima volta a quel bellissimo ragazzo gentile.
Evito però di dirlo, non è colpa della nonnina, e non ha senso che io mi metta ad inveire contro di lei, poverina.
- Emh.. no, solo che ho perso l’autobus e dovrò aspettare un’ora, prima che arrivi il successivo - le spiego, sedendomi sulla panca sotto la pensilina.

- Oh Cielo! Sul serio? Oh, no! Sono anche io nella tua stessa condizione, cara! – mi dice, allarmata – Pazienza, aspettiamo. Intanto potremmo fare due chiacchiere, no? –

Le rivolgo un sorriso di circostanza, non molto convinta. Ci mancava solo la vecchina chiacchierona!

- Su, cara, fammi un sorriso, un sorriso vero! Hai un bel viso, ed è un peccato che tu lo tenga così imbronciato! Sei la segretaria dell’avvocato, vero? Lavori per lui da molto?- mi domanda.

Oh Kami, non ho voglia di fare conversazione!
Così le rispondo a monosillabi, sperando di troncare il discorso, ma la nonnina deve essere dura di comprendonio, perché non demorde. Scopro così che si chiama Kaede e che si era recata dall’avvocato dopo essere stata raggirata.
- E, dopo essere riuscita ad arrivare da sola fino a qui, scopro che aveva già pensato a tutto il mio pronipote! È un bel ragazzo, sa? Ed io non vedo l’ora di vederlo felice con la ragazza giusta! – mi racconta – La ragazza con cui stava non mi è mai piaciuta, sa? Era così superficiale! Fortunatamente si sono lasciati -.

Oh, no, vita, morte e miracoli del nipote no! La prego, Signora, mi dia tregua! Eccheccavolo!
Ho scritto in fronte “prego, nonnine, venite pure a confidarvi con me! Ho la faccia della brava ragazza!”, forse?
Diavolo! Basta, quanto parla! Lasciami tranquilla, signora!
Voglio silenzio, così posso pensare in pace! Pensare a lui, perché no. È stata l’unica cosa bella della giornata. E che cosa bella!

- Oh, giusto! – sbotta all’improvviso, facendomi quasi spaventare.
- Che sciocca, sono! Potrei chiamare mio nipote per farmi venire a prendere! Si arrabbierà non poco, sapendomi in giro da sola, però pazienza! meglio una sua sfuriata, che dover aspettare qui al freddo -.

La vedo rovistare in borsa ed estrarre un’agendina – Oh diamine! Ho dimenticato ancora il telefono in casa! Hanno ragione i miei nipoti! Me lo hanno regalato, ma non lo so proprio usare e me lo dimentico – sospira dispiaciuta.

Chiudo per un attimo gli occhi, in bilico tra nervosismo e tenerezza. Vince la seconda, così tiro fuori il mio cellulare: - Tenga, signora. Le faccio fare una chiamata col mio. Basta che non mi consumi tutto il credito – ironizzo.

Ma sì. Il nonno dice sempre che bisogna essere comprensivi con gli anziani ed aiutarli. Oltretutto immagino che i parenti della donna siano piuttosto in ansia, visto che, senza cellulare, la signora Kaede risulta praticamente irrintracciabile.

L’anziana mi sorride, prendendomi le mani: - Grazie, cara! Sei un angelo! -.

Come è ovvio, sento la voce del nipote sgridare Kaede, ma lei sembra non farci caso: - Sì, lo so, tesoro! Sì, hai ragione! – gli risponde serafica – Davanti allo studio dell’avvocato sì. Alla pensilina del bus, Sì. No, non sono da sola, tranquillo. C’è una gentile signorina. Oh, andiamo, InuYasha! Come potevo sapere che stamattina tu… sì, va bene! Ora metto giù, altrimenti la signorina mi sgrida per la lunga telefonata. Sì, va bene, brontolone! Non mi muovo da qui! Tu vieni a prendermi, però! -.

Restituendomi il telefono, Kaede mi rivolge un timido sorriso di scuse: - perdonami, cara. Il mio bisnipote è un tesoro, sono la sua prozia e mi vuole bene, ma quando si arrabbia… - ridacchia.

Ricambio il sorriso, comprensiva. E, sentendomi un po’ in colpa, mi rendo conto che anche io, con mio nonno, non mi comporto poi tanto diversamente. Dovrò esercitarmi ad arrabbiarmi di meno, con lui, magari prendendo esempio da mia madre, che è sempre così calma. 

Sono le 19 e 45 passate, ormai. E la signora Kaede ancora non ha smesso di chiacchierare.
Esausta, mi appoggio allo schienale della panchina e chiudo gli occhi, stringendomi nel cappotto.
Il suono di un clacson mi fa però sobbalzare. Un’auto ha accostato accanto a noi, inserendo le quattro frecce.
Bene, deve essere il nipote.

Non faccio in tempo a pensarlo che una figura d’uomo scende di corsa dall’auto, sbottando alterata: - Zia! Insomma! Non sai che spavento hai fatto prendere a mamma! Uscire da sola col buio senza avvisare nessuno! Abbiamo provato a chiamarti a casa, al cellulare, ma niente! -.

Sussulto. Oddio. Quella voce… spalanco gli occhi, nel momento stesso in cui il mio cervello stanco mette insieme tutti i tasselli.

Nipote. Zia. È già venuto lui dal Signor Setsuna. Oggi. Anzi, no, stamattina
Credo di essere rimata a bocca spalancata, fissandolo.

Quella voce. Quegli occhi e quei capelli color della notte.
Non è possibile. Quanto può essere piccolo, il mondo?

- Oh, InuYasha! Sei arrivato! Te l’avevo detto che non ero sola, c’era questa gentile signorina, con me, visto? – lo rassicura Kaede, mentre lui sembra essere spiazzato tanto quanto me, da come è rimasto imbambolato a fissarmi.

Il ragazzo dell’ombrello. Il Signor Taisho. InuYasha. Si chiama InuYasha. Che bel nome. InuYasha.

Kaede ci fissa, confusa. Per forza! Siamo rimasti a fissarci a vicenda come due baccalà!
- Vi conoscevate già, per caso? – ci domanda perplessa.

Stranamente sono io la prima a riprendermi e a risponderle, benché il mio cuore stia battendo così forte da farmi credere di stare per avere un infarto: - Emh… sì, signora! Suo nipote è venuto da noi oggi, si ricorda? E poi – mi fermo, sentendo le guance imporporarsi – e poi, mi è stato di grande aiuto, stamattina, salvandomi da un guaio che mi avrebbe sicuramente fatto ricevere una bella ramanzina – riesco a dire, parlando a raffica e ridacchiando nervosa.
Kami, che vergogna!

La sua voce che pronuncia il mio nome mi dà il colpo di grazia.
- Kagome? La ringrazio per essersi presa cura di mia zia. Posso… posso riaccompagnarla a casa, per sdebitarmi almeno un po’? – mi domanda, titubante.

- Oh, ma no, non si disturbi! Dopo quello che ha fatto stamattina per me, direi che siamo pari! – gli rispondo, agitata – E poi tra una decina di minuti dovrebbe arrivare l’autobus. Non si preoccupi – ribatto con un sorriso.

Il sorriso però si spegne nel notare la sua espressione… delusa?
E, all’improvviso mi sento delusa anche io, vorrei potermi rimangiare le mie stesse parole.

Lo vedo annuire e invitare la zia a sedersi in macchina. La aiuta a sistemarsi sul sedile del passeggero mentre io, inspiegabilmente nervosa e rattristata, mi torturo le mani una con l’altra.
InuYasha chiude la portiera del passeggero e fa il giro della macchina per mettersi al volante.

Allarmata, cerco disperatamente qualcosa da dire, per farlo restare ancora un po’. Non voglio che se ne vada. Non ancora

Prima di salire in auto, alza lo sguardo verso di me, come per salutarmi.

La mia bocca non emette suono. Perché? Perché rimango ferma, seduta, senza sapere che fare? Stupida, stupida!
- A-aspetta! – riesco a dire. Grazie, Kami!

Il mio corpo si muove da solo e mi alzo dalla panchina, facendo un passo verso di lui che rimane fermo, in attesa.
Ok. L’ho fermato. E adesso? Che gli dico, adesso?

- i-io – balbetto. Oh santo cielo! Kagome, svegliati.
Poi, il lampo di genio.
- Io ho ancora il tuo fazzoletto. Vorrei… vorrei ridartelo, ma dovrei lavarlo, prima. Ecco, i-io – tergiverso – Oh santo cielo! Che imbarazzo, i-io non so che mi prende, scusa! I-io – balbetto, rossissima, nascondendo il viso tra le mani. Senza pensarci, gli ho pure dato del tu. Mi prenderà per una maleducata!
E ci mancava solo la zia a guardare questo mio teatrino! Perfetto, sono un disastro!

Sento una portiera sbattere. Fantastico, avrà pensato che io sia pazza e se ne starà andando. Non lo biasimerei affatto, se lo facesse davvero.

- Puoi anche tenerlo. Però, se proprio insisti per ridarmelo, allora… - mi sussurra, vicinissimo.
Alzo lo sguardo e lo trovo fermo davanti a me, a pochissimi centimetri.
- Potremmo prenderci un caffè, domani, se ti va – mi propone.
Sembra impacciato e… è arrossito?!? No, impossibile! Deve essere la luce del lampione a mandare strani bagliori.
- Anche nella pausa pranzo, se devi lavorare, ovviamente! – continua – Sempre se ne hai voglia! Perché se – balbetta, a disagio – Kami, che sto dicendo! Magari sei fidanzata! Ma certo, come può una ragazza bella come te non essere fidanzata – borbotta, sorprendendomi.

Sorrido e lo interrompo: - No! No, che non sono fidanzata! E.. Sì, mi piacerebbe prendere un caffè con te. O un té. Mi piacerebbe… molto – bisbiglio, sperando che mi abbia sentito.

- Oh, bene! – esala lui, con un tono strano, come se avesse trattenuto il respiro fino a quel momento – Bene, cioè, no, non intendevo bene perché non sei fidanzata! Io… - blatera.

Come è tenero!

Lo sento sospirare ed infine ridere di gusto: - Che figura da idiota sto facendo, vero? Beh, quello che volevo dire è: perfetto! Sono felice che tu voglia vedermi per un caffè. Anche se, detta così, non suona poi tanto meglio, come frase – riprova, facendo ridere anche me.
-  A proposito, come avrai già capito, mi chiamo InuYasha. – mi sorride, presentandosi – E… Sono davvero felice di averti incontrato ancora, questa sera, Kagome. A-allora – dice, euforico, facendomi imbarazzare e distogliere lo sguardo per il modo in cui mi sta guardando – Beh, dato che mia zia ha usato il tuo cellulare per chiamarmi, il mio numero di telefono ce l’hai, giusto? -.

Trovo il coraggio di tornare a guardarlo negli occhi e rimango abbacinata dal sollievo e dalla contentezza che vi leggo dentro.


- Ah, certo, sì! – rispondo, frastornata dagli eventi – Solo che – inizio, sotto il suo sguardo interrogativo – Solo che non so se e quando quella tiranna di Abi mi concederà di fare una pausa. È alle 12 e 30, di solito, ma mi capita spesso di saltarla e… -.

inuYasha sorride, divertito: - Beh, potrei sempre rapirti con una scusa – afferma beffardo, spiazzandomi.

- O-ok. Però io… non ti ho detto che detesto il caffè! Va bene anche il tè, eh? – mi affretto ad aggiungere, pervasa dal timore che lui possa fraintendere e pensare che ci abbia ripensato – O un bicchiere d’acqua, una fetta di torta o.. – continuo, sempre più agitata. Dannazione, che pasticcio.

Lui però mi guarda dolcemente, comprensivo, quasi ironico: - Ho capito, non ti preoccupare! -

Sta per aggiungere altro quando l’irritante suono di un clacson ci distoglie da quello strano momento tutto nostro.

È il pullman che dovrei prendere io e l’autista, giustamente, sta facendo segno ad InuYasha di spostare la macchina, ferma in sosta vietata nello spazio del bus.
Lui fa un cenno di scuse all’autista, affrettandosi a salire in auto, non prima di avermi rivolto un'ultima occhiata ammirata e felice, accompagnata da un luminoso sorriso e un – allora, a domani, Kagome -.

Percepisco a malapena il saluto della signora Kaede, arricchito di una battutina che suscita le proteste del nipote: - Ciao, cara, e grazie! Ah, tratta bene il mio nipote adorato, mi raccomando! Hai la mia benedizione! – per poi aggiungere, sorniona, rivolta all’uomo: - Ti ha stregato, eh? Non ti avevo mai visto così preso da una donna da invitarla subito ad uscire, dopo nemmeno 24 ore! -.

Rimango imbambolata a osservare la macchina allontanarsi mentre un brivido ancora mi scuote nel ripensare al modo in cui lui ha pronunciato il mio nome, con voce vellutata come una carezza.

Non sapendo neppure come, salgo sull’autobus, sotto lo sguardo curioso dell’autista, ma non me ne curo.

Prendo posto e, istintivamente, la mia mano va alla tasca dove ho riposto il suo fazzoletto. Rido, al settimo cielo, portandomi la stoffa davanti alle labbra.

Posso tenerlo, ha detto? Mhh, chissà! Forse potrei accidentalmente dimenticarmi di lavarlo, o dimenticare di prenderlo con me, domani, così da poterglielo dare non domani, ma la volta dopo. O quella dopo ancora.

Oh mamma! Come è possibile che mi sia già ridotta così? Non lo conosco nemmeno!

No, non è propriamente vero.

So che si chiama InuYasha. Taisho. E che è gentile. E buono. Un uomo bellissimo e affascinante che ama la sua famiglia, altrimenti non sarebbe corso subito a recuperare la prozia. 

So che ne sono dannatamente invaghita.
So che il destino è strano, che le coincidenze sono ovunque.

E poi so… che ne sono irrimediabilmente cotta.

Ridacchio di nuovo, sentendo le guance calde e, contenta ed euforica, mi rilasso contro il sedile.

Non vedo l’ora che sia domani.




Saaalve ^^ e niente XD una cosa folle nata ieri sera a seguito di una normalissima conversazione.
La dedico a serin88 , sperando di strapparle un sorriso ^^ 
Non disperare, la terza volta con le vecchine strane alla fermata del bus, potrebbe darsi che sia quella buona, quella in cui arriva un bel nipote ;)
   
 
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