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Autore: Anonimadelirante    16/12/2015    2 recensioni
“Vorrebbe poterle dire che non è colpa sua, che l'avrebbe fatto anche se non fosse stata d'accordo che tutt'al più gli ha spezzato un po' il cuore, coi suoi occhi azzurri tremanti di decisione e induriti dalla disperazione, quando gli ha detto che poteva (doveva) andare.”
[Missing moment 2x15 | Bellamy!centric | Bellarke]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing/Characters: Bellarke. Sullo sfondo ci sono pure Japer, Monty e Maya, d'accordo, e menzionati Octavia, Finn e Raven e Lincoln, ma il succo è tutto Bellarke.
Warnings: Missing Moment compreso in quella manciata di minuti che intercorre fra la 2x15 e la 2x16. Quindi, spoiler!2x15
Word Count: 712
Disclaimer: Bellamy non mi appartiene (questa cosa mi ucciderà prima o poi, sul serio), e, come lui, non mi appartengono gli altri personaggi o l'ambientazione o qualunque altra cosa c'entri con The100. A parte questa fic, che sì, ho scritto io, e di cui sì, rivendico i natali.
N/A: ed eccomi ad approdare su questi nuovi lidi con una fic che è un pianto greco – come al solito, più o meno. E c'era anche da aspettarselo, perché insomma, quel finale è stato tanto bello e devastante che per un paio d'ore mi sono anche convinta che fosse l'ultimo episodio della stagione – e quasi quasi avrei preferito, uhm.
— Il titolo è un trionfo di originalità, sì, lo so.

 

 

 

 

Avrà i suoi occhi

Verrà la morte
e avrà i tuoi occhi
(Cesare Pavese)

 

C'è questa manciata di secondi, in cui tutti i suoni sembrano d'improvviso muti e ci sono solo immagini sfocate e qualcosa che gli mozza il respiro – Maya che piange sul cadavere di suo padre, le lacrime di sua mamma quando hanno scoperto Octavia, Monty che distoglie lo sguardo, le gabbie vuote, il loro piano sfumato, ogni possibilità d'andarsene da lì sparita – c'è questo pugno di istanti, in cui Bellamy abbassa le palpebre e si dice che in fondo lo sapeva (lo sapeva già) che sarebbe finita più o meno così, e non è che sia andato a ficcarsi in quel maledetto casino senza pensare – ci ha pensato fin troppo, tutta la notte, lo sguardo fisso su una chioma bionda e il viso nascosto, le viscere strette in una morsa d'acciaio fuso e rovente – eppure l'ha fatto comunque. Ma il problema è che lui la conosce, dio, non sa neppure come e perché la conosca così bene, sono troppo simili, fa quasi paura. E sa, lo sa perché si sentirebbe così anche lui, a ruoli invertiti, che Clarke non si perdonerà mai di averlo mandato a morire.
(Farà male?)
Vorrebbe poterle dire che non è colpa sua, che l'avrebbe fatto anche se non fosse stata d'accordo – è che sono la sua famiglia, quelle persone, prima ancora che il suo popolo (non che in queste circostanze cambi molto) – che tutt'al più gli ha spezzato un po' il cuore (nulla di grave, nulla di nuovo), coi suoi occhi azzurri tremanti di decisione e induriti dalla disperazione, quando gli ha detto che poteva (doveva) andare. Che va bene, davvero, perché lei è molto più che una principessina indifesa, ed è lei che li salverà, alla fine.
Vorrebbe avere ancora il collegamento radio e dirglielo, o comunque ascoltare il suo respiro spezzato un'ultima volta – o qualunque altra cosa che gli indichi che non è vero (ti prego ti prego ti prego fa che non sia così) che quel“non posso perdere anche te” era dettato dal momento, dal dolore troppo acuto che la soffocava. Non posso-
Vorrebbe dirle che sì, ecco – quella era decisamente una ragione migliore, ma che comunque non è così che funziona perché sono gli altri – è il mondo intero – che non possono perdere lei. (È lui.)
Clarke non può permettersi di crollare: Octavia ha bisogno di un'amica, ed un capo e qualcuno che non le faccia fare troppe cazzate – Raven merita di avere il tempo di odiarla e perdonarla e dire addio a Finn nei suoi occhi feriti. E lei, lei, lei deve vivere e darsi la possibilità di stare meglio (di essere felice).
Vorrebbe dirle un sacco d'altre cose – o magari no, chi lo sa, magari basterebbe stringersela contro ancora un istante – ma soprattutto, vorrebbe dirle che la ama. E che amarla è la cosa più bella e dolorosa e terribile che gli sia mai capitata, ma non importa (sul serio, non fa niente) perché farebbe altri cento viaggi sulla Terra, per poterla amare ancora. Non ne sa poi molto, dell'amore, ma sa che continuerà ad amarla, nella stessa, unica, dolorosa maniera che conosce finché potrà. Non ha mai avuto la possibilità di credere nei ‘per sempre’, ma se l'amore finisce nell'istante in cui il cuore smette di battere, allora – allora – l'ultima cosa che amerà vedrà vorrà sono i suoi occhi color cielo, crudeli e dolcissimi come la prima volta che li ha visti davvero.
E se l'amore e la morte sono qualcosa di reale, allora sono i suoi occhi dalle ferite inguaribili, che lo hanno fissato finché non è sparito nella foresta con Lincoln. Se la morte esiste, ed èqualcosa, ed è il suo sguardo, allora va bene: farà male – malissimo, come il battito impazzito del suo cuore quando le sue labbra sono ad un respiro di distanza – ma non sarà nulla di nuovo, in fondo, nulla di inaccettabile. Sarà quasi... bello.

Poi, Jasper lo strattona per una manica e trema, e Bellamy trattiene il respiro, giusto un attimo prima di scuotere la testa e spingerlo verso il tunnel che è la loro unica – piccolissima – possibilità di sopravvivere (e rivedere gli occhi di Clarke ridere come il primo giorno sulla terra).

  
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