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Autore: Querthe    21/12/2015    0 recensioni
Storia ispirata dai Blackmore’s Night, Album “Under a Violet Moon”, canzone “Fools Gold”. Il testo è nella storia, indicato in grassetto.
Severus a Nocturn Alley si domanda chi tra lui e Minus è migliore, se lui che nasconde sé stesso a tutti o l’altro, che ha saputo sfruttare la sua mediocrità alla luce del sole.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Storie da una canzone o canzoni in una storia?'
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Attenzione: La storia si basa sul testo della canzone, da me tradotto in italiano e che potere comunque trovare tranquillamente in giro per internet.
L’idea di base è quella di inserire il testo (in parte o totalmente) all’interno di una normale fanfiction, godibile quindi sia che si conosca la canzone sia che non la si conosca. I pezzi del testo sono stati messi in evidenza in grassetto.
Scritta per la Severus House Cup 2014 – Sfida di Febbraio “A Ritmo di musica” del sito “Il calderone di Severus”

Da qualche parte nella piazza del mercato che è Nocturn Alley la pavimentazione ancora brilla per l'acqua raccoltasi in pozzanghere. Severus si avvolge strettamente nel mantello nero, calando l'ampio cappuccio sul volto, quasi coprendolo interamente sul lato sinistro.
L’uomo oltrepassava il confine raramente, odiava farlo, ma la necessità di alcuni ingredienti altrimenti estremamente difficili, se non impossibili da reperire, lo avevano costretto ad entrare a Nocturn Alley, quella volta decisamente controvoglia. Il tempo è nuvoloso, residuo di alcuni giorni di pioggia battente, e il sole non accenna a mostrarsi se non per pochi, veloci secondi, debole e malaticcio, come febbricitante.
Si muove lungo la via, osservando, senza realmente vederle, le vetrine addobbate di mercanzie, aspettando il momento giusto per entrare nel negozio che gli interessa. Vede, riconosce immediatamente alcuni suoi compagni, come odia quella parola così amichevole per quanto in realtà nasconda al contrario una filosofia che non è per nulla sua, Mangiamorte arrivare sul lato opposto della via, diretti verso di lui sebbene loro sembrino non averlo scorto, decisamente troppo impegnati a pavoneggiarsi nelle loro rispettive identità pubbliche, fragili armature di foglia dorata improntate totalmente a nascondere l’orrore del loro vero io. Si volta verso la vitrea lamina trasparente del negozio, simulando perfettamente di essere interessato a ciò che vi è all'interno, così da rendersi ancora più invisibile di quello che è attualmente, un essere anonimo in un anonimo mantello mentre fa cose anonime e senza interesse per nessuno, o così spera di apparire. Lo sguardo si sofferma per un secondo sulla figura ingobbita dalla stanchezza e dal tempo di un uomo seduto ad un tavolo ingombro di bottiglie e di bicchieri sporchi di liquido giallastro. Occhi appannati restituiscono lo sguardo attraverso l'ennesimo calice di vino... Un ubriacone, sicuramente, come se ne vedono tanti da quelle parti, e non solo, da quando era chiaro che l'Oscuro Signore era tornato. Come se fuggire dalla realtà con l'alcol fosse un modo sicuro per salvarsi. Certamente per molti era sembrato il modo migliore, e molti ogni giorno lo adottavano.
La smorfia di disgusto che Severus non può frenare è presa dal suo quasi inconscio spettatore come un sorriso, restituendolo sotto forma di un riso sguaiato, mentre trangugia il liquido giallo paglierino, un vinaccio fermo degno forse solo della bettola che lo vende, in un solo sorso.
La porta della locanda si apre, permettendo ad uno dei tanti avventori di uscire, e, nel piccolo lasso di tempo durante il quale la stessa si richiude, le orecchie del pozionista possono sentire come al pari di una reazione a catena, la risata dell'ubriaco ha fatto ridere, probabilmente per empatia tra anime simili, anche gli altri dentro il locale.
Improvvisamente, proprio quando sta per voltarsi e lasciare quel piccolo mondo di derelitti alla loro falsa sicurezza da sbornia, un vecchio orbo entra nella sua visuale, oltre il vetro. Sembra avvezzo alle acrobazie e alle movenze che si potevano riscontrare solo nei clown, e infatti sembra comportarsi da tale.
Il giullare senza un occhio salta e gira e si fa strada tra la folla del locale, mentre gli avventori della taverna tentano di non ridere troppo forte.
Severus scuote la testa, guardando nel frattempo dove si trovano i Mangiamorte da cui non vuole farsi riconoscere. Sembrano essersi fermati poco lontano, senza apparentemente essersi accorti di lui.
Il giullare fa un'altra piroetta, quindi cade a terra. Mani si levano e applaudono, si sente un corto “Hurrah!” e varie richieste di continuare, con un volume tale da essere udibile anche in strada .
L'uomo decide, vedendo che il gruppo che voleva evitare ha finalmente voltato in una traversa, di allontanarsi da quello spettacolo che ritiene indegno per ogni tipo di essere umano, sia che fosse spettatore, sia che fosse attore dello stesso.
Eppure, mentre si avvia nuovamente lungo la strada, si rende conto che da molto, troppo tempo non ride. Quella scena non lo ha toccato minimamente, o meglio, lo ha schifato, ma di certo non gli ha dato sensazioni tali da spingerlo a ridere, o sorridere, o anche solo fare una smorfia.
Si guarda in giro, e vede che il sorriso è sulla bocca di molti, ma gli occhi non mostrano ciò che sembra così palese con le labbra. Essi sono lo specchio dell'anima, forse è per quello che i suoi sono così neri, ma nessun occhio che può osservare ride come la bocca che spesso si piega in quella fastidiosa smorfia.
“Apparentemente, ripensandoci, anche il poverino da un occhio solo non rideva molto, ma faceva più che altro ridere. Indossava una maschera, forse per spillare una burrobirra gratis. Già. Sembra che sia molto facile mettersi a ridere quando non sei nei panni del giullare. E io non rido quasi mai. Forse sono anche io un giullare, un clown che si muove al suono di una stupida e perversa musica suonata da altri?”
Il pozionista si mette a ripensare a ciò che aveva fatto negli anni. Si è costruito una nomea, e un ruolo, che assolutamente non gli appartengono nell'anima, ma apparentemente anche la sua anima è così sommersa da bugie e macchinazioni, falsità e cattive azioni fatte a fin di bene che fatica molto anche solo a ricordare chi sia davvero, cosa gli importi davvero e cosa possa perdere.
“Poco o nulla. Forse perchè quando hai solo bugie, falsità e trucchi, alcuni direbbero oro dei folli, non hai altro da perdere...
Eppure erano davvero molti, troppi anni che guidato da mani invisibili, da ben due allucinanti e a suo parere assurdi piani orditi ognuno da un potente mago contro l'altro, l'uomo faceva credere a ognuno dei due di essere una spia nell'organizzazione dell'altro.
“Ma a chi va la mia fedeltà?” si domanda ricominciando a camminare verso il negozio che gli interessa.
Si ricorda, osservando il suo riflesso come sbiadito in una vetrina alla sua destra, della solerzia con cui si era presentato al Signore Oscuro quando lo aveva chiamato, ogni volta che lo aveva chiamato. Seduto su quella poltrona, verso il fuoco, la testa di Nagini appoggiata sulla sua coscia mentre lui la accarezzava lentamente con quelle mani più viscide della sua compagna rettile, ogni tanto gli faceva balenare nella mente un'immagine che aveva visto una volta su un libro di fiabe di sua madre, e la voce di lei che con il sorriso sulle labbra leggeva il testo sotto il disegno, dai toni cupi e quasi tenebrosi.
Il re siede sul suo trono, il peso del mondo sulle sue spalle. ” borbotta, continuando a camminare.
Si ferma, osservandosi nell'ennesima vetrina, il collo torto per meglio vedere da sotto il cappuccio scuro. Scuote a testa potendo vedere anche nel riflesso semitrasparente le pesanti occhiaie da sonno.
Quando la mente inizia a correre a piede libero non hai tempo per riposare, ma dovrai farlo Severus, dovrai farlo per il bene di tutti quelli che si fidano di te, che hanno bisogno di te. Già, avere bisogno di me. Lui aveva bisogno di me, sia lui che Silente, ma lui aveva bisogno anche di gente che strisciasse per lui. Minus, Minus era davvero il peggio di ciò che può essere un sicofante. Credo che probabilmente lui lo avrà anche chiamato solo per divertirsi nell'insultarlo, in un raro momento in cui voleva ridere non per il dolore che infliggeva o faceva infliggere.”
Il pozionista si immagina di nuovo Lord Voldemort come un re sul trono, una cupa corona a forma di serpente sulla sua testa, che alzandosi lentamente, lascia vedere in penombra le labbra sottili e inesistenti sibilare la domanda che nasconde un imperioso ordine.
Dov'è il mio pagliaccio? L'ho bisogno ora, per distrarmi dai miei problemi...
E l'arlecchino che è Minus entra e inizia il suo lavoro per la giornata.
Ma quando il volto del giullare vestito con una giubba colorata viene illuminato dalla tenue luce che entra dalle finestre, nella mente di Severus non è il viscido sicofante il pagliaccio, ma lui, con un viso bianco e deformato in un ghigno spettrale che tanto gli ricorda la tipica rappresentazione della Morte.
L'uomo scuote la testa velocemente, costringendosi a fissare l'interno della vetrina per cancellare quell'immagine, ma può solo relegarla in un angolo ed evitare di pensarci.
Si riprende, solo un leggerissimo tremito nelle spalle come a scacciare un'improvvisa sensazione di freddo, quindi arriva velocemente a destinazione, fermandosi davanti alla porta di legno nero, ridipinta di recente ma che già mostra piccole zone in cui la vernice si era scrostata lasciando intravedere il legno rossiccio.
La mano si allunga verso la maniglia, ma si ferma a mezz'aria.
“E se il vero pagliaccio fossi davvero io? Minus sa chi è, una nullità, ma lo sa e non teme di farlo vedere ogni giorno al mondo. E io, io chi sono? Un insegnante, un pozionista, una spia, un doppiogiochista, uno stupido amante di una donna che non mi ha mai voluto, un amico così fedele da uccidere chi gli ha permesso un secondo inizio. Quanti colori per un solo volto, quante pezze colorate nel mio costume da arlecchino che è la mia vera identità. E sotto, sotto questa variopinta maschera che non mi levo mai, chi sono?”
Mentre da qualche parte nella piazza del mercato che è Nocturn Alley la pavimentazione ancora brilla per l'acqua raccoltasi in pozzanghere, Severus entra nel negozio, lasciandosi alle spalle la domanda non volendole dare una risposta.
   
 
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