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Autore: RaElle    23/12/2015    2 recensioni
"Mi date una mano, sì?"
Miyagi, che si stava aggiustando il cappellino da babbo Natale, pescato da uno scatolone, molto poco educatamente scoppiò a ridergli in faccia. Probabilmente l'avrebbe fatto anche Hanamichi se non fosse stato pure lui impegnato alla ricerca di quei dannati cappellini rossi, e Rukawa non era umano abbastanza da poter avere impulsi o sentimenti quali potevano essere la risata.
"Bel lavoro di squadra!" si ritrovò a borbottare Mitsui.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa, Ryota Miyagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Cosa?! Manco per sbaglio!"
"Stai scherzando, Akagi!"
"Aspetta un attimo, eh! Non puoi farlo!"
"No."
Akagi, che qualche secondo prima si era preventivamente tappato le orecchie, rivolse gli occhi al cielo, esasperato. Lo sapeva lui, lo sapeva il signor Anzai, lo sapeva l'intero universo che non avrebbero mai accettato, ma sperava che facessero un minuscolo tentativo e si sforzassero.
"Sentite," disse massaggiandosi le tempie, con un principio di emicrania già in azione. "Voi quattro starete qui, farete quanto vi è stato ordinato, senza ammazzarvi tra di voi possibilmente, e vi comporterete come persone civili, sono stato chiaro?!" sbottò, trattenuto malamente da Kogure. "Sgarrate una sola volta e siete fuori dalla squadra! Senza se e senza ma!" bloccò deciso la fiumana di parole che quei quattro gli stavano sicuramente per riversare addosso.
Ignorò volutamente le loro facce, che sembravano promettere fuoco e fiamme, e si legò al collo la sciarpa, per poi avviarsi verso l'uscita di quella che, per una volta ancora, sarebbe stata la loro prigione.
Arrivato al cancello, si girò verso di loro un'ultima volta: "Vedete di non far esplodere questo posto, o prenderete tante di quelle botte che non avrete più forza neanche per sollevare una piuma!" li salutò con la solita delicatezza che lo contraddistingueva.
Camminò a fatica nella neve, accompagnato dal suo vice, finché non sparì dalla loro vista.
Cosa stava succedendo?
Il finimondo!
Restarono lì, all'aperto, infreddoliti e increduli da quanto era appena successo.
"Mi sa che non stava scherzando." ruppe il silenzio Miyagi, dando voce ai pensieri dei compagni.
"Già. Gorilla schiavista!" lo insultò Mitsui.
Erano in trappola. Si guardarono di soppiatto, la mente che cercava freneticamente un modo sicuro per uccidere il loro capitano e far sparire il corpo senza essere scoperti, e poi, come se si fossero messi d'accordo, ognuno prese una direzione diversa, tutto in religioso silenzio.
In palestra, Rukawa si ficcò nelle orecchie le cuffie, deciso ad ignorare l'insopportabile presenza degli altri.
Scatoloni di tutte le dimensioni la occupavano almeno per metà, e nonostante fosse ancora pieno giorno, si ritrovò costretto ad accendere le luci.
Voleva dormire, ma prima finiva e prima tornava a casa.
Cominciò aprendo tutto e ammucchiando sul pavimento il loro contenuto, gettando da parte i cartoni ormai vuoti e separando noiosamente gli oggetti tra di loro.
Il parquet diventava, ogni minuto che passava, tinto ora di verde, rosso e oro, pieno di carte da regalo o palline colorate, foglie di abete sparse qua e là, e finti fiocchi di neve grandi quanto un pallone da basket.
Maneggiava distrattamente quella roba, e si era dovuto trattenere della voglia di gettare via buona parte di quelle cianfrusaglie, poco utili tanto quanto ingombranti.
Quel parquet era buono solo per giocare, e vederlo in quello stato, invaso da elementi così estranei a lui, gli stava facendo venire voglia di spaccare tutto.
E per un attimo, come fulminato, si chiese anche come potesse essere quel luogo senza la fastidiosa presenza degli altri ragazzi e senza le loro urla; spegnere la musica e togliersi le cuffie, poi, fu quasi un gesto naturale. Chiuse gli occhi, assaporando quella quiete e sentendo una strana calma avvolgergli i sensi.
Non stava giocando a basket, non era un pallone quello che aveva in mano al momento, ma si sentiva comunque in pace, e questa cosa quasi lo sorprese.
Scosse la testa e riprese il proprio lavoro, dandosi mentalmente dello scemo.
Dall'altra parte della struttura, però, qualcuno si stava veramente insultando, e pure ad alta voce, per quella che era, ovviamente, una stronzata.
"Fottuto tappo, ti avevo detto di addobbare l'altra ala della scuola, non questa!" sbraitò Hanamichi Sakuragi, con un colorito che a momenti faceva concorrenza ai suoi capelli. "Questa parte toccava a me!"
"Nei tuoi sogni forse!" rispose Miyagi, sputacchiando tra una parola e l'altra vista la foga con cui parlava. "Non sono scemo! Volevi startene qui, l'unica zona riscaldata della scuola, ma te lo puoi anche scordare!" Hanamichi lo trucidò con lo sguardo, ottenendo in risposta una risata dal compagno. "Io qua ho fatto. Vai a fare il tuo lavoro e non rompere le scatole, scimmia!"
"Scordatelo! Ci andrai tu! Toccava a te, nano!" ripeté Hanamichi, quasi oltraggiato. "Aspetta... mi hai chiamato scimmia?" chiese, rendendosi conto tardi della frase dell'amico. Osava anche prendersi gioco di lui?
"Sì!" ghignò Miyagi, non sapendo che stava rischiando seriamente la defenestrazione.
"Se ti prendo sei morto!" ululò Sakuragi, vedendo scappargli da sotto il naso quel maledetto nano. Certo che correva veloce!
Attraversarono metà scuola, sbattendo porte e urtando tavoli, entrando ora in un'aula e uscendo dopo da un bagno, l'uno ridendo di cuore e l'altro che gridava vendetta ai quattro muri, ferito nel profondo dell'animo da quell'oscena esternazione del compagno.
"Come ti sei permesso... di chiamarmi... scimmia!" esternò col fiato corto per la corsa, sentendo le gambe diventargli di gelatina. "Io! Il genio del basket... definito una scimmia! Quale disonore!"
Miyagi, al limite anche lui dopo quell'allenamento non previsto, appoggiò le mani alle ginocchia, ridendo tra un attacco di tosse e l'altro, cercando nel mentre di ritrovare i polmoni persi per strada.
"Ok... pace!" esalò, avvertendo la morte sempre più vicina quanto più Hanamichi gli si avvicinava.
"Genuflettiti sui carboni ardenti e invoca il perdono del Sommo Genio Hanamichi Sakuragi, e forse Ayako riuscirà anche a vedere il tuo amichetto ancora attaccato al suo posto!"
Miyagi si sentì prendere fuoco, e sbavando e balbettando frasi sconnesse su quanto la sua Ayakuccia fosse intoccabile e inavvicinabile, vide di sfuggita Sakuragi tendersi e trasformarsi nella sua brutta copia.
Si buttò d'istinto sul pavimento, e un secondo dopo una sedia gli sfrecciava a pochi centimetri dalla testa.
Il rumore di vetro infranto fu l'unica cosa che sentirono... prima dell'infarto congiunto che avvertirono quando un urlo disumano arrivò alle loro orecchie.
Rukawa, che già si stava chiedendo quale santo ringraziare per quel silenzio che da ore gli teneva compagnia, si ritrovò a sbirciare fuori dalla palestra: Mitsui stava imprecando a pieni polmoni, apparentemente, contro il nulla.
Scosse le spalle, a lui che di quel teppista gli fregava meno di niente, per poi rientrare nel suo nascondiglio: almeno lì non rischiava di congelarsi.
Ma non fece che pochi passi prima di sentire il portone aprirsi, e una folata di vento gelido penetrare in quell'area.
"Quei due... se li prendo sono morti! Oh sì, molto mort- porca che calduccio che c'è qui! Ah, Rukawa!" esordì Mitsui vedendolo, per poi cambiare completamente espressione. "Ooooh, ma come sei carino!" ghignò sadicamente, usando quelle vocine stupide che si usano con i bambini piccoli, arrivandogli a due passi. Allungò la mano ad accarezzare la testa del compagno, costretta in un buffo cappellino rosso di Babbo Natale, per poi ritirarla velocemente per non rischiare che venisse sbranata. Rukawa sapeva essere molto brutale, quando voleva.
L'ala piccola non lo degnò di risposta, si avvicinò ad uno scatolone e, sorprendendolo, gli tirò con stizza un cappellino simile al suo. Mitsui se lo ficcò in testa, mantenendo la stessa espressione spavalda, per poi raggiungerlo e mettersi al suo fianco.
"Fuori si gela." disse semplicemente.
Rukawa gli gettò un'occhiata distratta, notando come le guance avessero assunto un colorito rossastro e come le mani risultassero rigide. "Metti i guanti." gli suggerì in un impeto di altruismo.
"Non ce li ho." rise l'altro, guardandosi attorno. "Ma che bravo! Hai separato proprio tutto!" fece prendendo una pallina. Se la rigirò tra le mani, per poi appoggiarla e appropriarsi delle luci natalizie.
"Queste mi serviranno."
"Perché urlavi?" gli chiese Rukawa prima che l'altro se ne andasse.
"E me lo chiedi?" fece Mitsui, ora adirato. "Quei due deficienti hanno tirato una sedia dal primo piano, rompendo la finestra, e per poco non mi prendeva in pieno!"
"E sono ancora vivi?" chiese saggiamente Rukawa, conoscendo il carattere impulsivo della guardia.
"Ancora per poco!" promise tetro l'altro. "Ma..." e sorrise, strofinandosi teatralmente le mani "Abbiamo buone probabilità che il Gori li faccia fuori dalla squadra."
Rukawa annuì, mentre Mitsui si soffiava sulle dita, desideroso solo di rimanere lì; l'idea di dover tornare fuori, con la neve e il freddo a penetrargli nelle ossa, gli sembrava ora un'ingiustizia.
Decise di perdere tempo e tardare il più possibile il suo ritorno all'esterno, e solo a quel punto notò, nell'angolo più lontano della palestra, un piccolo alberello di Natale.
Rimase a fissarlo affascinato, chiedendosi come avesse fatto Rukawa ad addobbarlo e a renderlo allo stesso tempo accogliente e caldo.
Gli espresse i suoi dubbi e l'altro, di risposta, si limitò a scuotere le spalle, indifferente a tutto.
Restarono in silenzio, finché non furono raggiunti da alcuni schiamazzi.
Due secondi dopo facevano la loro comparsa Hanamichi e Miyagi, incerottati e pieni di lividi, e con un espressione che non prometteva nulla di buono.
"Hisa, non hai ancora finito l'albero. Guarda che ha ripreso a nevicare." gli disse Miyagi. "Una bufera in piena regola!"
Mitsui sbiancò, sentendo le forze abbandonarlo.
"Si può sapere che hai fatto?" gli chiese Hanamichi, ridacchiando e indicando i cappellini rossi che entrambi avevano addosso. "Abbiamo qui scemo 1 più scemo 2." continuò, insultandolo allegramente e mettendo di mezzo pure Rukawa.
Mitsui ignorò quelle prese in giro e si avviò con passo lento al suo destino: nell'attimo in cui mise il naso fuori dalla palestra venne investito dalla neve e dal vento che la faceva volare in tutte le direzioni. Imprecò a bassa voce, e assunse la sua migliore espressione da cucciolo bastonato.
Si voltò verso i compagni, e li travolse con due occhioni supplicanti aiuto, e fu solo perché non aveva più nulla da perdere che si ritrovò a congiungere le mani a preghiera, guardandoli uno ad uno, per poi sorridere angelicamente.
"Mi date una mano, sì?"
Miyagi, che si stava aggiustando il cappellino da babbo Natale, pescato da uno scatolone, molto poco educatamente scoppiò a ridergli in faccia. Probabilmente l'avrebbe fatto anche Hanamichi se non fosse stato anche lui impegnato alla ricerca di quei dannati cappellini rossi, e Rukawa non era umano abbastanza da poter avere impulsi o sentimenti quali potevano essere la risata.
"Bel lavoro di squadra!" si ritrovò a borbottare Mitsui, prima di tuffarsi in quella che stava diventando una giornata infernale.
Raggiunse faticosamente l'albero, la vista messa a dura prova dalle forti raffiche e i passi resi lenti e goffi dalla neve; i piccoli fiocchi gli cadevano sul viso arrossato sciogliendosi subito al contatto, e quelli che finivano sui suoi abiti venivano prontamente spazzati via. Nonostante questo, dopo pochi minuti cominciò a sentire gli abiti diventare umidi sulla sua pelle.
Non c'era che dire, stava nevicando alla grande!
Mitsui si fermò un attimo ad ammirare il panorama: neve ovunque, bianco il cielo e bianca la terra, ma se non si fosse sbrigato, sarebbe calato il buio senza che lui avesse terminato il proprio lavoro.
Sentì il naso pizzicargli, e dopo averlo strizzato un paio di volte, riprese ad attorcigliare e stendere quelle luci al neon che avrebbero illuminato quell'albero a giorno.
Spazzava via la neve dai rami che gli interessavano, stando attento a dove metteva i piedi. Nonostante le precauzioni, si ritrovò a perdere l'equilibrio e cadere dalla scala che era appoggiata alla meno peggio all'albero.
Cadde con un tonfo, attutito dalla corposa quanto fredda presenza della neve. Sentì un attimo la testa girargli, e incapace di alzarsi si guardò attorno per vedere quelli che erano suoi compagni di squadra: tutti e tre erano mollemente appoggiati ai portoni della palestra, coperti dalla neve sotto la tettoia, cappellini rossi in testa e un espressione divertita in faccia.
Mitsui stava per sbuffare dalla frustrazione, quando la sentì: un secondo, due, e partì uno starnuto che anche Akagi, da casa sua, avrebbe potuto sentire.
Si tastò il naso, sentendolo prudere ancora, e subito dopo il primo, seguì un altro starnuto, e un altro ancora.
Miyagi, da poco lontano, scosse la testa, l'ombra di un sorriso sulle labbra. Si staccò dal muro, camminando a fatica in quella coltre bianca e ancora soffice, fino a raggiungere quello che stava per diventare il cadavere di un amico.
Mitsui se ne stava a terra, braccia e labbra spalancate a respirare quanta più aria possibile.
Quando aprì gli occhi, non mostrò meraviglia né sorpresa nel vedere al proprio fianco il compagno: Miyagi gli stava a pochi centimetri, piegato sulle ginocchia, una mano sulla sua fronte a sentirgli il calore e una presunta febbre.
"Vediamo di darci una mossa, eh?" gli disse soltanto.
Gli tese la mano, prima di tirarlo in piedi: avevano un albero da addobbare e una bufera di neve che sembrava divertirsi a metterli in difficoltà.
Srotolarono e legarono, piegarono e modellarono come meglio riuscirono a fare con le dita intorpidite dal freddo, i nasi rossi che per poco non si confondevano coi cappelli che indossavano, i piedi che urlavano pietà visto che era praticamente due ghiaccioli.
"Ci servirebbero le palline, non credi?" chiese un freddoloso Miyagi.
"Forse." concordò Mitsui, guardando quanto avevano fatto.
Mancava qualcosa, e quel qualcosa erano le palline colorate.
"Hey Hana!" urlò Miyagi continuando a trafficare vicino all'albero. "Ci servono le palline, prendetele e rendetevi utili voi due, idioti!"
"Anche subito." ghignò Hanamichi guardando di striscio quella statua che gli stava a fianco. Neanche il freddo sembrava smuovere Rukawa, accidenti a lui!
Sparì dentro la palestra, stando ben attento a sporcare quanto più poteva, lasciandosi così dietro una scia bagnata di neve e sporcizia. Sorrise nell'immaginarsi la reazione di colui che avrebbe dovuto pulire... d'altronde la palestra era toccata al suo peggior nemico. Non si sentì minimamente in colpa.
Scatolone tra le mani, tornò fuori e, prendendosi un attimo, guardò senza essere visto quell'angolo lontano del cortile, dove le ombre di due amici stavano cercando di dare vita ad un albero che più smorto non poteva essere. Li guardò attraverso la neve, attraverso il tempo, attraverso i ricordi, belli, buoni e di botte. Strano.
Si grattò il mento, pensieroso.
Con ognuno dei suoi compagni aveva fatto a botte, e che ricordasse, non aveva mai chiesto scusa. Era giunto il tempo di rimediare...
Kaede Rukawa, se fosse stato qualcun altro, in qualche altro universo e in una qualche epoca differente, avrebbe probabilmente riso.
"Idiota." borbottò senza essere sentito, ficcandosi a sua volta sotto la neve, intenzionato a dare una mano a quell'idiota che aveva per compagno.
"Hey Ryo!" urlò a squarciagola Hanamichi. "Ecco le palline."
"Meno male." disse Miyagi, facendo per dirigersi verso il compagno. Un tir. Questo fu l'unico pensiero di Miyagi quando si sentì preso in pieno volto da una palla di neve: uno scontro con un tir avrebbe sortito lo stesso effetto.
Respirò affannosamente, cercando di togliersi di dosso quella brutta sensazione di rigidità che gli aveva provocato quella pallonata, senza notare l'altra palla in arrivo.
"Beccato." soffiò tranquillamente Rukawa, vedendo il playmaker in evidente difficoltà.
Mitsui se la stava ridendo alla faccia di Miyagi, ma si sa, ride bene chi ride ultimo... fu il bersaglio perfetto, preso nello stesso istante da due palle di neve lanciate dalle due ali.
Sakuragi esultò, come solo lui sapeva esultare, ridendo grossolanamente e autoproclamandosi ora anche "Re delle palle di neve"
"Già. Perché oltre alle palle nostre, tu sfracelli anche quelle di neve!" lo insultò un incazzoso Mitsui, mentre cercava quasi senza successo di rendere compatta un po' di neve al fine di ottenerne un qualcosa che assomigliasse anche solo vagamente ad una palla o una sfera.
"Cosa!?" Borbottò l'interpellato surriscaldandosi, non prevedendo attacchi dagli altri fronti: una lo prese in pieno volto, l'altra sulla nuca: Rukawa e Miyagi.
"Come vi siete permessi!" sbraitò scrollandosi la neve da quel carro armato che aveva al posto del cranio. Fortuna che portava quel ridicolo cappellino, almeno gli teneva al caldo le orecchie!
Raccolse la neve e tirò alla cieca, infuriato, mancando vergognosamente Rukawa di qualche metro.
Il numero 11 inarcò un sopracciglio, guardandolo pieno di disgusto.
"E quello cos'era?" gli chiese con calma, con in sottofondo le risate piene di burla della guardia e del play.
"Re delle palle di neve... coooome no!" lo presero per i fondelli, ridendo di cuore tanto da avere le lacrime agli occhi. Che tiro imbarazzante!
"Non osate!" cercò di rimediare Hanamichi, rosso dalla vergogna dai capelli fino alle dita dei piedi. Certo che poteva pure prendere la mira prima di lanciare!
Raccolse altra neve, formò altre palle e tirò, mirando ora a Rukawa, tentando dopo di sfuggire agli attacchi di Mitsui, nascondendosi dietro l'albero e correndo insieme a Ryota in giro per quello spiazzo pieno solo di neve.
Quel pomeriggio, in quel cortile che per decenni aveva contenuto ragazzi e ragazze di blu vestiti, davanti a quella scuola che aveva assistito ad anni e anni di scenate o storie, leggende o fatti reali, personaggi che erano arrivati e dignitosamente o meno se ne erano andati, a geni, cestisti e judoka incalliti, in quello zoo dove studiavano gorilla, scimmie e volpi, in quella scuola che aveva la nomea di attirare solo gli attaccabrighe, ecco... ora, davanti a quella stessa scuola, da quattro di quegli stessi teppisti che la frequentavano, si udivano innalzarsi verso il cielo, a spezzare quel silenzio soffocante, insulti e risate, mentre come bambini si rincorrevano tirandosi palle di neve, formando ora alleanze e tradendole due secondi dopo, quando trovavano in un avversario un degno compagno di battaglie di palle di neve.

***

"Chiama il manicomio."
Kogure per poco non fece cadere la cornetta. Eh?
"Che hanno combinato stavolta?" chiese senza nascondere la propria frustrazione. "Hanno rapinato una vecchietta che passava di lì, fatto saltare per aria l'ufficio dei professori, o bombardato l'intero edificio?" chiese con gelido sarcasmo.
Takenori Akagi sospirò, vedendo l'aria condensarsi davanti ai propri occhi. "No, nulla di simile."
Kogure rimase in attesa, incapace di formulare ipotesi sensate.
"Sono davanti alla scuola..." riprese allora Akagi atono, attirando nuovamente l'attenzione del suo vice.
"E? Akagi parla chiaro, che hanno fatto?!" sbottò Kogure perdendo la calma.
"Il manicomio è per me." rispose, facendo perdere dieci anni di vita al povero Kogure. "Questi..." prese tempo, incapace di trovare una definizione adatta per quei quattro idioti che aveva in squadra. "... uff, queste palle al piede che mi ritrovo in squadra stanno giocando a palle di neve." concluse tranquillamente.
"Stanno giocando a palle di neve." ripeté Kogure, come se fosse di uso e consumo dei propri compagni fare qualcosa di simile, insieme.
"Già."
Kogure rimase sovrappensiero qualche secondo, prima di ritrovare la ragione. "Chiamo il manicomio e prenoto per due."
"Già." borbottò nuovamente Akagi, riattaccando dopo aver salutato l'amico.
Guardò oltre il cancello.
Quel giorno dovevano scontare la loro punizione perché non facevano mai gioco di squadra: il coach Anzai aveva pensato bene di affidare a loro quattro il compito di addobbare e decorare la scuola in vista delle feste. Questo almeno lo avrebbero fatto insieme, aveva decretato.
E ora eccoli, tutti e quattro che indossavano degli imbarazzantissimi cappellini di Babbo Natale, rossi e bordati di bianco, e incuranti della neve che continuava a cadere, si rincorrevano e se le tiravano addosso di santa ragione.
Da non credersi.

***

"Rukawa, non mi dirai che sei stanco!" lo provocò Mitsui, vedendolo allontanarsi dal campo di battaglia.
"No che non è stanco!" rispose per lui Hanamichi, tirandogli dietro l'ennesima palla di neve. "È solo che ha capito di non avere speranza contro di me!"
"Ma va, che le hai prese di brutto!" lo zittì quella lingua lunga di Miyagi.
Rukawa ignorò come al solito il loro cianciare senza senso, desideroso solo di lasciarsi dietro quel freddo e immergersi nel calduccio della palestra, quando si sentì puntare sinistramente. Si girò in tempo per assistere ad un triplo attacco ai suoi danni. Cercò senza successo di schivare la neve, provocando le risate di quei tre che tutto sembravano tranne che teppisti temuti in lungo e in largo.
Sospirò, salutando momentaneamente il calore che di sicuro c'era oltre la porta che gli stava ormai a pochi passi, seguendo l'orgoglio che non voleva saperne di rinunciare ad una sfida così diretta.
Fece dietrofront, facendo finta di non vedere le espressioni soddisfatte dei tre idioti che gli stavano davanti.
"Facciamo le squadre." esordì allora.
"Concordo!" fece Miyagi. Se rimase sorpreso dalla richiesta dell'ala piccola, non lo diede a vedere.
"Allora sto io in squadra con te." si fece avanti Mitsui.
"No." lo frenò Rukawa sul posto, ghiacciandolo. "Tu ti stanchi in fretta." frecciò, facendo schiattare dalle risate Hanamichi e Miyagi.
"Questa me la lego al dito!" borbottò offeso Hisashi Mitsui. "Vedremo chi è che si stanca in fretta!"
Ripresero a giocare, incuranti del tempo che passava, alternando attacchi e difesa, condendo il tutto con un pizzico di allegria e quantità enormi di stronzaggine.
"Ma che..."
La risata tonante di Hanamichi troncò le parole confuse di Rukawa.
Lo stesso Rukawa che ora se ne stava involontariamente spiaccicato sulla neve, mentre tentava inutilmente di rialzarsi. Ci pensava quella piaga di Sakuragi a trattenerlo quanto più possibile in quel freddo giaciglio.
"Vuoi farlo morire assiderato?" chiese Miyagi, vedendo l'uno seduto sulla schiena dell'altro.
"L'idea è quella." rispose Hanamichi guardandosi con noia le unghie.
"Faresti un favore alla squadra!..." se ne venne fuori Mitsui, ancora avvelenato dalla frecciatina di poco prima. Il numero 10 gli rivolse un sorriso radioso, per poi trucidarlo con lo sguardo un attimo dopo aver continuato la sua frase. "Via Rukawa, e anche tu fuori dalle palle con l'accusa di omicidio. Non chiederei nulla di meglio!" concluse la guardia.
" 'Sto stronzo." farfugliò Hanamichi, prima di ritrovarsi catapultato altrove da quell'essere su cui era comodamente seduto.
Rukawa si rialzò e scosse i propri abiti per togliersi di dosso la neve, tremando dal freddo.
La faccia solitamente così pallida, ora risultava rossa dal contatto prolungato con la neve, e come notarono gli altri, faceva persino fatica a tastarsi senza che le mani non fossero pervase da tremiti convulsi.
"Cos'è che detesta Rukawa?" domandò Mitsui dal nulla, sorridendo angelicamente.
"Che vorresti dire?" chiese un confuso Miyagi.
Mitsui indicò Rukawa con un gesto annoiato della testa. "Quali sono le cose che meno sopporta Rukawa?"
"La scuola?" rispose ancora il compagno, sempre più confuso da quei discorsi senza senso.
"No. Ritenta."
"Vivere?"
"Hanamichi, no!" sbottò Mitsui, rivolgendo un'occhiata stizzita al compagno.
"Le ragazze che gli sbavano dietro?" tentò ancora Miyagi.
"Nì. Più nello specifico." aggiunse Mitsui.
Rukawa intanto seguiva inerme quello scambio di battute, chiedendosi se non avesse preso un po' troppo a pallonate quel deficiente di Mitsui a tal punto da farlo vaneggiare in quel modo.
"Ahm... nello specifico..." farfugliava Miyagi sottovoce, prima della scoperta. "Le persone!" esultò con gli occhi che brillavano.
"Esattamente!" ghignò Mitsui, guardando con feroce allegria l'ala piccola. "Quindi..."
Miyagi sogghignò, capendo alla perfezione le intenzioni dietro a quella serie di domande, e si avvicinò lentamente al moro che ancora se ne stava al proprio posto, tremante dal freddo.
"... quindi detesta il contatto umano."
"Vedo che mi capisci, tappo!" Mitsui si sfregò con energia le manine, guardando a Rukawa come un leone che ha messo in un angolino la propria preda.
"Voi state male." fece allora Rukawa, non intuendo minimamente quanto stava per succedere.
Mitsui fece un salto da Guinness, arrivandogli a un palmo dal naso, e stupendolo, gli gettò le braccia al collo, strofinando poi le braccia dietro alla schiena ormai più che rigida di Rukawa.
"Che cazz..." fece per dire, zittendosi di colpo quando anche Miyagi gli si attaccò alla schiena come un polipo.
"Shhh." gracchiò Miyagi carezzandogli la testa, tentando senza successo di fargli passare quello stato di ansia in cui si ritrovava al momento.
"Ti stiamo facendo un favore!" sorrise teneramente Mitsui - oh sì, ora Rukawa lo ammazzava sul serio! - stringendoglisi addosso. "Tu hai freddo..."
"... e noi ti riscaldiamo!" terminò per lui Miyagi.
"Aha, lavoro di squadra." disse Mitsui, convinto delle proprie parole.
"Già, Akagi sarà orgoglioso di noi!"
"Assolutamente! Tappo, batti cinque!"
Miyagi fece quanto chiesto, passando il braccio sopra alla muraglia umana che era diventato Rukawa, visto che faceva da divisoria tra i due.
"Vedi, dovresti ringraziarci."
"Ora non tremi neanche più!" ghignò Miyagi.
"E voi due state per morire." disse una voce che non apparteneva a Rukawa.
Nell'attimo stesso in cui Hanamichi pronunciò quelle parole, Rukawa mandò quasi a quel paese le due sanguisughe, ficcando un pugno a ciascuno. Dall'alto del suo 1.87 fissò con disgusto quei due che si tenevano piagnucolanti il nuovo bernoccolo, e trattenendosi, li mandò con le chiappe per terra con un calcio, per poi avviarsi con stizza verso la palestra.
Che manica di imbecilli!
"Stavamo cercando di fare gioco di squadra, uomo dei ghiacci!" gli urlò dietro Mitsui, contento di averlo messo in una situazione a lui sgradita.
"Già, incompetente!" aggiunse Miyagi, trattenendo a stento le risate.
Rukawa, ormai sotto i portoni della palestra, si girò e piazzò loro in faccia il dito medio, per poi entrare definitivamente e chiudersi con forza alle spalle quelle porte scorrevoli.
Come spezzato l'incantesimo, Hanamichi, Ryota e Hisashi si guardarono, prima di tornare nuovamente ognuno ai propri impegni.
Quel giorno, il cielo virò piano al grigio, per poi scurirsi del tutto e lasciare spazio ai lampioni, che si accesero donando una tenue luce giallastra all'area sottostante; il tempo sembrava essersi fermato per qualcuno.
O meglio, sembrava essere tornato indietro di una decina d'anni. Nonostante l'aria fredda, il vento che faceva lacrimare gli occhi, e la neve che ancora cadeva in soffici fiocchi ricoprendo tutto ciò su cui si poggiava, presto o tardi si riunirono, e l'atmosfera attorno a loro a assunse forme e colori caldi; stare insieme ora non era più una costrizione.
Erano liberi di prendersi a pallonate in faccia senza essere ripresi dal capitano, potevano insultarsi e menarsi quanto e come volevano. La neve era una valida sostituta della ruvida palla che erano soliti maneggiare sul parquet, e come la sfera arancione, anche quella piaceva a tutti loro.
La neve era riuscita laddove un capitano, un coach e uno sport che tutti amavano non erano arrivati: farli giocare, insieme, proprio come una squadra.
Si stavano divertendo, e nessuno dei quattro l'avrebbe ammesso.
Perché erano loro, con il loro modo infantile di comportarsi, con le frecciatine e i gesti, con le parole e coi fatti; erano quei ragazzi che in campo e fuori se le sarebbero date di santa ragione, senza sentirsi in colpa e mai sazi.
Si erano conosciuti, in un modo o nell'altro, menandosi.
Ed è solo menandosi che sarebbero riusciti a tener vivo quella sottospecie di rapporto.
Che fosse con un pallone, un pugno, un calcio o con la neve, non faceva differenza.
Perché ridere, rincorrersi e tirare fino a sentire le dita gelarsi dal freddo, incorniciati dalle luci colorate che ora illuminavano l'albero su cui avevano faticosamente lavorato, era un quadro talmente perfetto da sembrare surreale.
Era forse un miracolo che si era avverato, quello di tenerli finalmente uniti.

   
 
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