~ …Perché alle volte,
dirsi “Ti amo” è piú difficile che vincere il
Mondiale.
-Uff...ci rinuncio, tanto non riusciró mai a capirci un emerito accidente in questa
lingua assurda.-
Fu lo svogliato
proclama di Tsubasa, mentre collassava sul
libro di testo.
-Ma vá,
non é poi cosí ostica come credi...é solo questione di prendere confidenza con la pronuncia e la
grammatica, niente di trascendentale, davvero.-
Fu l'incoraggiante risposta di Tarō il Martire, che per quella sera si era
improvvisato professore.
-Ah, come se fosse la cosa piú facile di questo mondo "prendere confidenza con la
pronuncia e la grammatica"...lo puoi dire tu, sono tre anni che vivi qui e
ormai mastichi il francese meglio del giapponese, ma di certo non io, ti pare?-
-E va bene, forse non hai tutti i
torti- ammise lui sospirando, mentre poggiava rassegnato la penna.
Il capitano condivideva la sua
camera d’albergo con Misugi e Matsuyama
che, per quella sera, avevano docilmente accettato di trasferirsi in quella del
Triangolo Toho per lasciarli alle loro ripetizioni,
che si stavano rivelando piuttosto infruttuose; da piú
di un'ora, infatti, erano fermi alla distinzione di genere dei sostantivi, con uno Tsubasa che ancora non dava
cenno di aver capito la differenza fra singolare e plurale e fra maschile e
femminile.
"Che
mi é saltato in testa di fargli da insegnante? La vedo dura." Pensó, passandosi una mano sul viso mentre osservava sconsolato
l'espressione di totale apatia stampata sul volto del suo presunto “allievo”.
Si era proposto per dargli qualche lezione allo scopo di facilitargli almeno un
minimo il soggiorno parigino durante il Campionato, ma ora se ne stava seriamente pentendo. Ad onor del vero, non era propriamente
quella la cosa che aveva in mente di fare ma, non sapendo come
affrontare l'argomento, se ne era uscito con quell'idea bislacca, e un po' si era odiato per la sua
indecisione.
Perché non riusciva ad esprimersi
liberamente con lui? Si erano rivisti dopo tre anni, dopo tre lunghi anni dove
non c'era stato un singolo giorno in cui non lo avesse pensato, e meno male che
esistevano le e-mail. Ah, le e-mail, croce e delizia. Per lui erano diventate quasi una droga, era capace di controllare
la sua casella di posta elettronica anche sei o sette volte nell'arco delle
ventiquattro ore, nella speranza di ricevere sue notizie. Che
gli arrivavano, questo sí, ma non con lo stesso zelo
con cui lui gli faceva arrivare le sue. Tsubasa
era sempre stato molto pigro per tutto ció che
concerneva l'informatica, mettersi davanti ad un computer non gli risultava per niente naturale e gli costava non poca fatica;
ragion per cui Tarō apprezzava ancor di piú le scarne mail di risposta alle sue, che al contrario
erano chilometriche, consapevole dello sforzo che l'amico doveva aver fatto per
scrivergli quelle due righe. "Amico"...bé, dopo quanto successo fra loro due teoricamente quello
non era più il termine appropriato.
Potevano vantare un'intesa
invidiabile che si rifletteva anche sui campi da gioco, non per niente erano
definiti la Golden Combi sin dagli albori del
loro esordio calcistico. E quei tre anni di lontananza non avevano affievolito
minimamente la loro sintonia, tutt’altro...stava
mentendo a sé stesso nel fingere di non sapere cosa fosse
ad impedirgli di confessargli che quella sera, anziché stare a perdere tempo
dietro all'inutile studio del francese, avvertiva un bisogno disperato di fare
l'amore con lui.
Ebbene sí, era
in astinenza, e paurosa anche. Doveva sentirlo vicino, voleva affondare
le mani nei suoi capelli e ricoprire di baci ogni
singolo centimetro del suo corpo, quel corpo che non toccava da tre anni e che
in quel lasso di tempo si era irrobustito ulteriormente, suscitandogli pensieri
tutt'altro che monacali. La parte istintiva di lui
avrebbe voluto prenderlo, sbatterlo a terra con veemenza e recuperare con gli
interessi tutti gli istanti perduti, ma l'altra parte di sé, quella razionale e
senza dubbio la piú sviluppata, stava
ancora aspettando che fosse l'altro a fare il primo passo.
Perché non era sicuro che anche lui lo
volesse.
Non ne avevano
piú parlato da quando era successo il
"fattaccio", che era poi coinciso con la sua partenza per la Francia.
Bel tempismo, si era detto.
Non aveva mai ricevuto conferma da
lui su quale fosse la reale situazione del loro
rapporto, e la lontananza non aveva di certo aiutato a chiarirlo. Qualche
accenno qua e lá nelle mail
c'era stato, ma solo da parte sua, Tsubasa non si era
mai scucito piú di tanto sulla questione continuando
a comportarsi come sempre. Non vi era ombra di dubbio che dovesse essere senz’altro
molto confuso a riguardo.
Ogni volta che aveva provato ad
affrontare il discorso, sia nelle mail che per
telefono, lui era sempre stato evasivo e quando non aveva risposto a
monosillabi aveva sviato prontamente la conversazione. Al che era inutile
insistere, l'ultima cosa che voleva era metterlo in imbarazzo. Imbarazzo...giá, era ció che presumibilmente
provava nei suoi confronti, magari era proprio il motivo per
cui non aveva mai voluto tornare sull'argomento.
Per lui non si era mai trattato soltanto
di una semplice amicizia. Era sempre stato piuttosto sicuro del fatto che Tsubasa fosse qualcosa di piú di
un buon amico, gli veniva spontaneo pensarlo, ed in questo non ci aveva mai
visto niente di strano.
Almeno finché non si era accorto
dei sentimenti che Sanae provava
verso il suo capitano, e non era stato l’unico a rendersene conto: pareva che
lo avessero notato tutti, tranne il diretto interessato. Cosí, si era ritrovato di punto in
bianco a dover fare brutalmente i conti con la realtà, realtà che contemplava
tranquillamente l’ipotesi che anche lui iniziasse a ricambiarla. Anzi,
sarebbe stata la cosa piú logica, forse.
Gli eventi peró
non si erano evoluti nella maniera catastrofica che aveva preventivato, e per
questo si riteneva davvero fortunato.
Sarebbe perfino stato disposto a vestire
in silenzio i panni dell'eterno amante segreto, e senza neanche troppo rammarico,
se ció gli avesse consentito di poter vivere in modo
completo quell’affinitá cosí
speciale che li legava sin da quando si erano conosciuti. Anche se, ovviamente,
non aveva ancora avuto modo di metterlo al corrente di
questa sua presa di coscienza.
Ma poi c’era stata la sua ultima mail, risalente a pochi giorni prima.
L’averla letta gli aveva
scombussolato i ritmi circadiani, portandolo
all’insonnia reiterata per tre notti
consecutive.
Tsubasa, nelle consuete due righe
stringate che gli aveva inviato, gli comunicava che avrebbero partecipato ai
Mondiali di Parigi e come postilla aveva aggiunto:
“Ti devo parlare, quando ci
vediamo.”
Così, a bruciapelo, senza specificare
nient’altro.
Con la
tachicardia imperante, l’aveva chiamato l’attimo dopo averla ricevuta, per
sentirsi dire che era qualcosa che preferiva riferirgli faccia a faccia, “ma
non ti preoccupare, intesi?”
Sí, come
no. Non gli era piaciuto il suo tono, era strano,
vagamente diverso dal solito. Se aveva sperato di stemperare la sua ansia riattaccando
con quella raccomandazione approssimativa aveva
proprio sbagliato i suoi conti, perché dopo la telefonata si era sentito piú impensierito che mai.
E le parole gli erano morte in
gola quando si erano incontrati sotto la Tour
Eiffel, incrociandosi casualmente mentre si
allenavano palla al piede per le vie parigine, tipico per due fanatici del
calcio come loro. Il calcio…la passione comune che li aveva fatti avvicinare e poi
allontare, ed entrambi erano
consapevoli che avrebbe continuato a farlo, in futuro.
Non aveva potuto far altro che
saltargli al collo, singhiozzando, sentendo l’ansia che l’aveva divorato nei
giorni precedenti dileguarsi di fronte al suo sorriso.
Salvo poi ripresentarsi per
attanagliargli il cuore in una morsa crudele quando lui, dopo essersi sciolti
dall’abbraccio, l’aveva guardato con gli occhi piú
seri che gli avesse mai visto, dicendogli a mezza voce che aveva preso una
decisione ma che non gliel’avrebbe comunicata lí, in mezzo a tutto quel viavai di persone.
-Dammi tempo, va bene?–
Tutto il tempo che vuoi, era stata
la prevedibile risposta della Pazienza Impersonificata,
mentre soffocava il groppone che gli annodava la gola. Poi Tsubasa
era tornato allegro e l’aveva abbracciato un altro po’, iniziando a
gozzovigliare del piú e del meno, e anche lui aveva
finito col lasciarsi andare, accantonando i pensieri nefasti che l’avevano
accompagnato in quei giorni.
Il suo capitano era
lí con lui, adesso, aveva sognato quel momento
per anni.
In quel frangente, l’unica cosa
che avesse davvero un senso era godersi l’attimo.
Tra una chiacchiera e l’altra, gli
aveva detto che era stato convocato per la Nazionale e che aveva deciso di
prendervi parte, iniziando gli allenamenti con loro a partire dall’indomani.
A quell’affermazione
erano seguite le congratulazioni di Tsubasa, che si
era detto entusiasta di poter giocare nuovamente in coppia con lui, e poi altre
ciarle, ciarle e ancora ciarle, ma di toccare il punto che piú
gli premeva se ne era ben guardato, perché non sapeva
come cominciare il discorso. Cosí, aveva finito per
uscirsene con quell’assurda proposta delle
ripetizioni, buttata lí mentre osservava divertito e
leggermente impietosito il capitano che, tra immani stenti, cercava invano di
leggere il menú della caffetteria in cui si erano
seduti, per continuare la conversazione davanti a qualche ghiotta specialitá parigina.
-Non é stata una
grande idea quella di offrirti volontario per insegnarmi un po' di francese. Ti vedo sai, che non ne puoi piú di me- esclamó ad un certo punto Tsubasa
con quella sua risata cristallina, lanciando un'occhiatina sghemba al numero
undici che si risveglió bruscamente dai suoi pensieri
e si affrettó a replicare, con eccessiva enfasi: -Ma
no, che vai a pensare? Capisco che non sia facile per te, e ti assicuro che per
me non é assolutamente un peso, sul serio!-
Con la testa appoggiata sul
tavolo, il numero dieci continuava a scrutarlo di sottecchi. -Non mi hai
convinto per niente. Si vede che sei stufo, ma nonostante questo non demordi e continui ad incaponirti nella speranza di farmi
entrare qualcosa nella crapa. E' piuttosto frustrante.-
Seguí il silenzio per qualche secondo,
poi aggiunse sospirando:
-E io che mi ero illuso...-
-Di cosa?- Trasalí Tarō annaspando per
la sorpresa, mentre il cuore gli balzava improvvisamente in gola.
-Che queste pseudo-ripetizioni
fossero solo un pretesto per stare un po' da soli, dopo
tre anni che non ci vediamo.- Gli rispose inaspettatamente l'altro senza troppi
preamboli, cogliendolo alla sprovvista. Non ci poteva credere, che finora
avesse realmente sprecato il suo tempo in sterili congetture? E da quando in
qua Tsubasa gli parlava di “quella questione” cosí fuori dai denti?
Era a corto di
parole, l’aveva
lasciato davvero basito.
-Che hai da fare quella faccia? Non mi
dirai che l’ho pensato solo io- sghignazzó il
capitano in tono non troppo convinto, grattandosi una tempia con fare perplesso.
Una strana inquietudine stava iniziando a farsi strada dentro di lui, che fosse stata una mossa azzardata? Una cosa era
certa, non se la sarebbe mai immaginata una reazione tanto tiepida da
parte sua. In quei tre anni Tarō aveva provato
molte volte a mettere in chiaro la loro storia, tentativi che lui aveva sempre
dribblato elegantemente pur di non dover ammettere a sé stesso qualcosa di cui
aveva quasi paura.
O meglio, di cui aveva avuto
quasi paura.
Raccolse il coraggio a due mani e glielo
annunció in un tono grave, che gli era uscito senza
volerlo perché non era esattamente quello che aveva pensato di usare.
-Misaki, ti devo parlare, e non so se ne
sarai felice.-
Ah ecco, bastone e carota. Prima
gli lasciava sottilmente intendere che magari potessero anche essere sulla stessa
lunghezza d’onda, ed ora esordiva con quella frase che dava adito
a ben poche speranze.
Ci aveva riflettuto su parecchio,
in tutto quel tempo in cui erano stati distanti, e non andava fiero della sua
decisione, neanche un po’. Quello era l’unico motivo che l’aveva spinto a rifuggire
la questione fino ad allora, e levó
una silenziosa preghiera al cielo affinché non gli venisse meno la
determinazione proprio adesso che aveva deciso di affrontarla una volta per
tutte.
Tarō non si meritava
questo, non meritava di essere preso in giro da una persona come lui. Si
era ripetuto questo monito all’infinito, e si era anche preparato un bel discorsino, che puntualmente si era dimenticato di colpo proprio
nel momento clou.
Aveva previsto che sarebbe stata
un’impresa ardua riuscire a dirglielo, ma non cosí
ardua.
Paragonato a quello, nemmeno
vincere i Mondiali sembrava tanto difficile.
Eppure, arrivati a quel punto, era un
suo preciso dovere farlo, in nome dell’onestá e della
reciproca fiducia che avevano sempre fatto da colonna portante alla loro
relazione. Doveva confessargli che aveva tirato le somme, e che la sua
conclusione consisteva nel…non poter scegliere fra lui e Sanae.
Questo era quanto. Non poteva
decidere con chi dei due preferisse stare, e non si
trattava di vigliaccheria o del semplice
gusto di tenere il piede in due staffe, figurarsi, non era proprio il tipo.
Tuttavia, alla fine era questo ció che stava facendo.
Sebbene con Sanae non fosse
successo ancora nulla di concreto, si sentiva sempre piú
attratto da lei e non era difficile immaginare che presto quel “qualcosa”
sarebbe accaduto; ma, allo stesso tempo, ció che
provava per Tarō non accennava minimamente a
diminuire d’intensitá.
Dopo innumerevoli elucubrazioni e
tentennamenti aveva dovuto accettarsi per quello che era,
prendendo seriamente atto della sua bisessualità. Non aveva nessun senso
continuare a negare l’evidenza.
Il rivederlo, poi, era stato un
mezzo shock.
Non era esagerato dire che gli era
venuta l’acquolina in bocca nell’indugiare lo sguardo sui suoi muscoli
scolpiti, e poi era anche diventato piú alto e, se
possibile, piú bello. Insomma, aveva dovuto farsi
violenza per evitare di saltargli addosso sotto lo sguardo atterrito dei
passanti.
Gli sfuggí un sospiro.
Si augurava con tutto il cuore che
Tarō potesse capire ció che provava, ma al contempo sapeva bene che stava per chiedergli di fare un
sacrificio non indifferente. Che diritto aveva lui di
domandargli una cosa del genere? E perché non poteva
fare lo stesso discorso con Sanae, perché non avanzava
a lei la richiesta di diventare la sua partner di scappatelle “extraconiugali”?
In fondo lo sapevano entrambi il
motivo.
Perché sarebbe stata la soluzione piú facile, per tutti e due.
Anzi, con lei non era neppure
sicuro di voler toccare la questione, forse non sarebbe mai stato pronto per
farlo.
Da qualche parte dentro di sé
sentiva che non lo avrebbe capito, e l’ultima cosa che voleva era perderla o
farla soffrire. E poi di certo lei non avrebbe mai
accettato di “dividerlo” con Tarō, una cosa del
genere non stava né in cielo né in terra. Perché Sanae era una ragazza normale e di sani principi.
Normale…quante volte si era
interrogato sul reale significato di quella parola, in quegli anni?
Cos’era la normalitá?
Lungi da lui il voler fare della filosofia spicciola, non vi era proprio
portato, ma dalla sua esperienza personale poteva dire che la normalitá era solo un valore inculcato a forza dalla
societá. Qualcosa che stava bene
alla collettivitá, che non urtava le coscienze, che
obbediva ai precetti di una sana educazione decisa da non-si-sa-chi-non-si-sa-quando. Per la
maggior parte della gente, tutto ció che non era
riconducibile a questi dogmi era da
condannare e biasimare.
Bah. Trovava assurdo che altre
persone si arrogassero il diritto di scegliere al posto suo cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato, soprattutto per quanto
riguardava una sfera tanto intima.
Gli sembrava tutto cosí ridicolo. Anzi, trovava ridicolo che gli altri ragazzi
non sentissero la sua stessa attrazione nei confronti di quell’angelo
di Tarō. Per lui era cosí
ovvio.
Certo, ci aveva messo un po’ a
capirlo, diciamo che all’inizio l’aveva scambiata per
amicizia, e poi erano poco piú che bambini. Ma adesso gli appariva cosí
lampante che si chiedeva come cavolo avesse fatto a non accorgersene molto
prima di quel giorno di tre anni fa.
Doveva parlargli chiaro. Era
giunto il momento di farlo.
Tsubasa tossicchió nervosamente per rompere il pesante silenzio che
era calato su di loro e si grattó la nuca, come
faceva sempre quando era imbarazzato. Si stava per addentrare in un terreno rischioso, e lui
non era affatto bravo in quelle cose.
“E non mi
guardare con quegli occhi, cazzarola” si disse mentre
incrociava lo sguardo di Tarō che, aspettandosi
la mazzata su cui rimuginava da giorni, lo fissava con aria supplichevole.
“Dio, quest’attesa
è snervante. Non ce la faccio piú, muoviti a dirmi
che mi vuoi piantare” pensava intanto l’altro,
sentendosi prossimo al tracollo.
-Vedi, riguardo a quanto ti ho accennato nella mail…- Si decise infine, tormentandosi le
unghie. Non si ricordava di essere mai stato cosí teso,
neanche ad una finale di Campionato.
Pausa.
Tarō trattenne il fiato e si preparó ad incassare il colpo.
-…Ho scoperto che mi piace Sanae.-
Ecco, la prima stoccata era
arrivata. Gli si era posizionata all’incirca nel
costato, era stata dolorosa, sí, ma non mortale.
E comunque
era certo che la prossima gli avrebbe semplicemente spezzato il cuore.
-…Ci ho pensato a lungo. Forse mi
odierai per quello che ti sto per dire…-
L’unico sottofondo in quel momento
erano le risate ovattate che si udivano appena provenire dalla stanza di fianco
alla loro, dovute alla bisboccia di Ishizaki e dei gemelli.
“Ironica, come colonna sonora” pensó Tarō, mentre le labbra
gli si increspavano in un mezzo sorriso amaro.
-Che c’è
da ridere?- Gli chiese spontaneamente Tsubasa non avendo fatto caso a quegli sghignazzi, un po’ interdetto dalla sua reazione.
-Niente…vá
avanti, per favore- “…e facciamola finita in fretta” aggiunse mentalmente.
-Come vuoi.
Dicevo, sono attratto da Sanae.
Penso che presto mi dichiareró.-
“Ma che cazzo sto dicendo…” pensó fra sé
e sé, rendendosi conto che non solo aveva scordato tutto il discorso che si era
meticolosamente pianificato, ma che quello che stava goffamente cercando di
imbastire stava prendendo una pericolosa piega non desiderata.
-Che bello.- Furono le uniche
parole per niente sentite che riuscì a pronunciare, stupendosi
lui per primo del suo tono inacidito, e dovette trattenersi dal fargli pure un
piccolo plauso sarcastico, a sottolineare quanto si stesse dimostrando
insensibile.
Cos’è, si
aspettava le sue congratulazioni?
Perché rigirava il coltello nella piaga
in quel modo?
Dopo il suo
caustico commento, Tsubasa tentó
di correggere il tiro, e si affrettó a rimediare all’errore
commesso.
-Non mi sto esprimendo come
vorrei, scusami. Avrei fatto meglio a dire che ho scoperto che mi piace anche
Sanae.-
Tarō alzó lo sguardo verso di lui, fissandolo con le iridi
castane che a quella frase erano state come attraversate da un guizzo di luce. Certo, non era il massimo ció che aveva ammesso, ma forse, forse, c’era ancora
un filino di speranza.
-Tarō, io ti amo.-
Farfalle nello stomaco. Vista
annebbiata. Cervello in black-out per un istante interminabile…
L’aveva chiamato per nome. Mai
successo, da quando lo conosceva.
E gli aveva detto che lo amava.
Una scarica di adrenalina,
e la consapevolezza che se anche fosse dovuto morire in quel momento, almeno
sarebbe morto felice.
-Anche io, e lo sai.-
Il cuore che aumenta i battiti, la
pressione sanguigna che sale, la salivazione che si azzera.
Non se lo erano mai detti prima di
allora.
E adesso quelle parole gli erano
sembrate semplicemente innate, tanto da portarli a chiedersi come mai ci
avessero messo tutto quel tempo per riuscire ad esprimere un concetto cosí lapalissiano.
Sforzandosi di ridarsi un
contegno, Tsubasa continuó:
-Quello che volevo dirti è che non
posso decidere fra voi due. So che ti sembrerá
assurdo che io non riesca a fare una scelta, ma è cosí.-
-Non mi sembra assurdo. Ti
capisco.-
Aveva pronunciato quella frase con
naturalezza, era ció che pensava davvero, e
nell’udirla Tsubasa non poté reprimere il moto
d’affetto che lo portó ad
abbracciarlo con slancio.
Stentava a crederlo. Era stato
galvanizzato, redento, in un certo senso, da quelle parole, quelle semplici due
parole, quel suo “ti capisco”. Si sentiva le testa
leggera, all’improvviso i suoi mille pensieri si erano diradati come
nuvole in un cielo da cui fa capolino il sole dopo una lunga tempesta.
-Grazie. E perdonami se ti faccio
soffrire.- Gli mormoró col
volto affondato nella sua spalla, mentre Tarō
ricambiava l’abbraccio, stringendolo ancor piú forte.
-Ti amo da sempre, Tsubasa. Sono pronto anche ad essere una seconda scelta, se
è l’unico modo per poter stare con te. Tutto il resto non conta.-
Inaspettatamente, il capitano si divincoló dall’abbraccio e gli piantó addosso uno sguardo indignato.
-Non dire cretinate, seconda
scelta ‘sto cazzo. Per me siete sullo stesso piano. Anche se ammetto che mi sono accorto di provare qualcosa per
te molto prima di accorgermi dell’attrazione che ho per Sanae…quindi,
se dovessi usare i tuoi stessi termini, potrei dire che sei tu, la mia prima
scelta.-
Touché. Tarō
ridacchió, scuotendo la testa, e lo scherní dicendo:
-Messa cosí,
suona anche plausibile. Te la sei studiata per bene eh, la tattica per
circuirmi!-
Lo amava troppo, poco ma sicuro.
Non c’era altra spiegazione se aveva accettato di vivere in quella posizione
scomoda pur di potergli restare accanto e di averlo per sé, nei pochi momenti
di riavvicinamento permessi dal calcio. Tsubasa ne
era conscio, cosí come era conscio del fatto che non
intendesse assolutamente perderlo.
Si avvicinó
al suo viso e sussurró, a pochi centimetri dalle sue
labbra:
-Grazie anche per avermi aspettato
tutto questo tempo.-
-A proposito di questo, se proprio
vuoi ringraziarmi come si deve, devi dimostrarmelo in
altri modi- rispose quello con una risatina, in una chiara provocazione per il
capitano che non tardó a reagire e lo attiró a sé, afferrandolo per il bavero.
Avevano rimandato quel momento fin
troppo a lungo, ma per questo fu ancora piú piacevole quando si
lasciarono finalmente andare al bacio su cui avevano fantasticato dal primo
momento in cui si erano rivisti.
Da lí in
poi era stato tutto molto istintivo, avevano semplicemente seguito gli stessi
impulsi che li avevano guidati la prima volta che avevano fatto l’amore. Con la
differenza che avevano circa tre anni di arretrati, ed
entrambi si sentivano pervasi da un’irruenza che dubitavano di riuscire, o di voler,
controllare.
-Quella camicia mi serviva ancora…-borbottó Tarō a metá tra il serio ed
il faceto, dopo che Tsubasa, nella foga di
spogliarlo, gli aveva fatto saltare un paio di bottoni.
-Sai che mi frega, della tua
camicia- replicó l’altro chiudendogli la bocca con un
bacio, a cui il numero undici rispose con trasporto.
All’improvviso questi captó
un rumore anomalo, che lo mise un attimino sul chi-va-lá.
-…Hai sentito?-
-Mmmhcosa?- Mugugnó
infastidito Tsubasa al suo orecchio, senza smettere
di tormentargli un lobo con la lingua,
mentre la sua mano iniziava la discesa verso altri invitanti lidi.
-Qualcosa di strano…sssh, fermati un secondo!- Dovette far appello a tutto il
suo self-control per bloccare la mano del compagno, respingendolo
delicatamente e mettendosi in ascolto. Delicatamente poi mica tanto,
l’aveva dovuto spintonare via di peso, al che Tsubasa era rimasto piuttosto contrariato.
-Ragazzi siamo
noi, ci siete?- Sentirono provenire da fuori.
-Occazzo- trasecolarono i due quasi
all’unisono scattando in piedi, iniziando a raccattare freneticamente i vestiti
sparsi sul pavimento. E grazie al cielo non avevano
ancora cominciato a fare sul serio.
-Muoviti, hanno la chiave, se non
apriamo entreranno comunque- esclamó sottovoce Tsubasa, che si era rivestito in
un nanosecondo. Tarō, invece, non sapeva come
richiudere la camicia dopo essersi accorto che le mancavano ben piú di due bottoni.
-Chissene, lasciala cosí,
figurati se ci arrivano- replicó lui facendo
spallucce di fronte al suo sguardo interrogativo, giá
con la mano sulla maniglia della porta.
-Ehm…fossi in te mi preoccuperei
anche di un altro problema- gli bisbiglió
Tarō arrossendo da dietro la scrivania dove si era
tempestivamente sistemato, indicandogli con un cenno del mento il vistoso alzabandiera
che aveva nei pantaloni.
-Merda…- sibiló
quello fra i denti, e con uno scatto felino giró la
chiave nella toppa gridando il via libera, catapultandosi subito dopo a sedere di
fianco a Tarō nel tentativo di camuffare l’imbarazzante
condizione in cui versava.
In teoria, i due polli non avrebbero dovuto accorgersi di niente, e per loro fortuna, cosí fu.
Un attimo dopo la porta venne spalancata, e Matsuyama, nel
trovarli tutti intenti a “ripassare” la lezione di francese, esclamó sorpreso: -Alla buon’ora,
si puó sapere perché ci avete messo tanto?-
-Eravamo cosí
presi dallo studio che non vi abbiamo sentito subito- rispose Tarō, sfoderando la ben nota faccetta da bravo ragazzo
a cui nessuno poteva resistere. Vedendola, e nell’udire la
sua scusa accampata, Tsubasa per poco non si strozzó deglutendo, nel tentativo di soffocare una risata.
-Attenti a non sforzarvi troppo
eh, che poi vi scoppia la testa- frecció Jun, iniziando a rovistare nella sua borsa, alla ricerca di
non si sa cosa.
Matsuyama invece entró
in bagno e vi si chiuse dentro, sentenziando che necessitava
di un attimo di “raccoglimento” per espletare certe funzioni fisiologiche
impellenti.
-Che hai fatto
alla camicia?- Chiese l’attento Misugi a cui non
sfuggiva mai nulla. Tarō si strinse nelle spalle
e buttó lí con disinvoltura
che gli erano saltati dei bottoni mentre cercava di aprirsela perché aveva
caldo, evidentemente non era di buona fattura.
-Starete qui per molto?- Biascicó allora Tsubasa cercando
di nascondere l’irritazione, con scarsi risultati. Erano dentro da neanche due
minuti ma giá non li sopportava piú.
-Wow, a quanto pare la lezione di francese è davvero interessante, a giudicare dalla voglia
che avevate di vederci- scherzó Jun,
aggiungendo subito dopo –giusto il tempo di cambiarmi e aspettare che Matsuyama termini la sua opera e poi ci eclisseremo, non
temete. Anche perché abbiamo pensato di andarcene un po’ in giro per Parigi con
gli altri, siete dei nostri?-
I due si scambiarono un’occhiata
complice.
Non speravano in una simile
fortuna. Con i compagni fuori dalle palle avrebbero
avuto tutto il tempo per riprendere il discorso esattamente da dove
l’avevano interrotto.
Fu Tarō
l’Attore a rispondergli, atteggiandosi a professore e utilizzando un tono
compito.
-Uhm, è meglio di no…sai, vogliamo
arrivare almeno alla fine del capitolo. Questa lezione è davvero molto
interessante, perfino Tsubasa sta capendo un sacco di
cose.-
Jun annuí e
non indagó oltre, evidentemente quella spiegazione
gli era piú che sufficiente.
Dopo aver ravanato
nella sua borsa per un altro paio di minuti, finalmente trovó
ció che cercava ed inizió a
cambiarsi, non badando piú a loro che nel frattempo
finsero di immergersi nuovamente nello studio.
-E cosí perfino
io starei capendo un sacco di cose, eh?- Gli bisbiglió il capitano, lievemente stizzito.
-Certo, perché lo sanno tutti che
non sei esattamente una cima. Probabilmente il tuo
caro amico pallone ti ha traviato, in tutti questi anni di
devota amicizia.- Gli rispose l’altro, con la massima nonchalance.
-Ma senti questo…lo sai che dopo te la faró pagare, vero?- Il suo
tono era fortemente allusivo, e Tarō si voltó a guardarlo, con un lampo malizioso negli occhi.
Se era quello l'effetto che gli sortivano le sue frecciatine, allora
era pronto a dirgliene quante ne voleva.
-Non aspetto altro.-
Era solo questione di tempo ormai,
era inevitabile che scrivessi la mia prima shōnen-ai ♪♫
Maledette, mi avete convertito, é
stato piú forte di me…LOL chissà se questa storia un
minimo sta in piedi, non picchiatemi, vi prego ^^;
Comunque, amo ‘sti
due insieme, é cosí che me li sono sempre immaginati,
perché nella mia mente perversa Tsuby è bigamo e pure bisex, sissí.
Mi è parso di capire che questa non sia esattamente la coppia piú amata del fandom, peccato, perché sono taaaanto carucci…poco male, ci penso io a rendergli un po’ di giustizia, o almeno ci provo xD Credo che Tarō,
con la vocetta da donna che gli hanno
affibbiato nella prima serie dell’anime, abbia seriamente turbato la mia
infanzia O__o Uhm. Mi piacerebbe scrivere anche un piccolo sequel a questa shot, staremo a vedere cosa mi sussurreranno i miei due neuroni nei prossimi giorni. QUI ci sono un paio di disegnuzzi che ho fatto ispirandomi a ció
che ho scritto. Non escludo che potrei farne altri, nel caso li troverete sul mio sito^^ Ringrazio la cara Pucchyko Girl che mi ha chiarito le idee su
alcuni punti a me oscuri nella collocazione
spazio-temporale dello Shin. Alle volte sono
troppo pigra per mettere mano ai volumetti
e andarmi a spulciare per bene la storia xD