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Autore: Asia Dreamcatcher    24/12/2015    6 recensioni
Dal capitolo:
"Non servono parole per spiegarsi, per parlare di ciò che sta succedendo fra loro, se il corpo agisce in modo spontaneo incastrandosi perfettamente con l’altro e l’anima ha trovato pace nell’altra."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natasha Romanoff, Steve Rogers
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Natale BuonPomeriggio a tutti e Buona Vigilia! Come promesso ecco il mio regalo per voi, una oneshot senza pretese tutta Romanogers ambientata non-so-nemmeno-io-bene-quando, l'unica cosa che so dirvi è che è la sera della Vigilia e Cap si ritroverà a dare "asilo" ad una Rossa angelica ma letale!

Buona Lettura!
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“Il Natale, bambino mio, è l'amore in azione.

Ogni volta che amiamo, ogni volta che doniamo,

è Natale.”

~ Dale Evans

 

La neve scende lieve, calma come se non avesse nessuna fretta di ricoprire con il proprio freddo candore l’intera città.

Natasha la osserva muta, il suo sembra essere un religioso silenzio.

È la sera della Vigilia e la letale spia se ne sta placida difronte alla finestra serrata – perfino i cattivi se ne stanno buoni a Natale, riflette svogliata – il suo riflesso sbiadisce fra le variopinte luci che decorano la via dove si trova il suo appartamento.

La neve, a Natasha, piace, non tanto perché le ricorda il suo paese natio – e non ci tiene proprio molto a ricordarlo – ma perché le riporta alla mente spezzoni legati alla sua infanzia, quando i suoi genitori e i suoi fratelli erano ancora vivi, può ricordare le risate che si disperdono fra quegli infiniti cristalli d’acqua, gli innocenti giochi in quel morbido e freddo manto, il calore degli abiti che sua madre le faceva indossare…

Il sorriso si stende spontaneo su quelle labbra tanto carnose quanto screpolate, quello è il motivo per cui a Natasha piace la neve, perché è l’unico momento in cui sente un concreto legame con la sua famiglia.

Il Natale, invece, per lei non ha un grande significato – diciamo pure che per lei non ne ha proprio – non è credente, non ha parenti in vita con cui organizzare pranzi e cene di rito e le feste allo S.H.I.E.L.D. le evita come fossero la peggior calamità sulla faccia di questa terra.

Non ha nessun ricordo di Natali particolarmente speciali, non che alla Red Room si adoperassero per rimembrare a tutte loro che fosse il venticinque dicembre, o capodanno o qualsivoglia altra festa comandata. Forse è per quello – anzi sicuramente per quello – che il Natale per Natasha è qualcosa di inconsistente per non dire estraneo. La sua età dell’innocenza era stata immolata ad una causa più alta, lo spirito natalizio – che tanti adulti professano con un fervore che rasenta quasi il fanatismo – per lei non è che “un qualcosa” di incomprensibile, un concetto probabilmente basilare ma di cui lei rifugge il significato. È per questo che la sera della Vigilia se ne sta davanti alla finestra imbrattata di neve con un bicchiere di vodka fra le mani ad osservare l’esterno. Perché lei, puntualmente, in quel periodo dell’anno si sente diversa, - e non perché a differenza di più di tre quarti della popolazione mondiale, sa come uccidere un uomo in più di mille e un modi. – ma più semplicemente perché quel dannato spirito natalizio lei, non lo sente. È forse perché non ha più una famiglia? Forse è la sua mancanza di impegno? È il suo sentirsi inadeguata davanti ad una festività che coinvolge in modo totale gli affetti e la sfera emotiva a farle declinare ogni volta l’invito di Clint di passare il Natale con lui e la sua famiglia? Probabile. Natasha odia sentirsi inadeguata, è una sensazione che non tollera.

Sospira – spera forse che quel gesto le porti via l’amarezza e perché no, un po’ di solitudine che si porta appresso – e sposta lo sguardo sul bicchiere, oramai vuoto, che si gira fra le mani con espressione assorta. Improvvisamente un pensiero le attraversa la mente. Sorride nuovamente Natasha, anche se stavolta il suo, è un sorriso malandrino. È un’idea azzardata ma forse esiste una persona che può spiegarle lo “spirito natalizio”.

 

Steve Rogers osserva con profondo sconforto i tre oggetti disposti ordinatamente sul basso tavolino in legno del suo appartamento, terribilmente indeciso sul da farsi.

È la sera della Vigilia, è riuscito – solo dio sa come! – a dribblare la festa natalizia allo S.H.I.E.L.D. – che poi, chi si immaginava che Fury sapesse cosa fosse il Natale e che riuscisse pure ad organizzare una festa! Si ritrova a pensare perplesso il capitano – ha consumato del cibo cinese preso alla rosticceria all’angolo – la cucina cinese è stata per lui una rivelazione – e ora è il momento di scegliere.

Sente il campanello suonare brevemente e dentro di sé prova sollievo, si allontana per andare a vedere di chi si tratta – sa che il momento della scelta è solo rimandato -.

Steve quasi non crede ai suoi occhi: Natasha è difronte a lui, larghi pantaloni in flanella (Natasha e la flanella!?) infilati in un paio di anfibi spuntano dal cappotto scuro che indossa, i capelli le ricadono in voluttuose onde scomposte sul viso e sulle spalle, ha l’espressione corrucciata, come se si stesse chiedendo il motivo di qualcosa, e tormenta con i denti candidi e perfetti il labbro inferiore vermiglio e pieno.

Il capitano trova quel gesto terribilmente tenero ma anche sensuale e per una millesima frazione di secondo pensa che vorrebbe fossero le sue, di labbra, ad essere torturate in quel modo; sente improvvisamente le gote andare a fuoco, segno inequivocabile che lo avverte di essere appena arrossito come un tredicenne, e si costringe a mettere fine a quei pensieri così destabilizzanti, così fuori luogo e così estranei al suo essere.

Non che Steve non ha o non provi quel genere di bisogni – è pur sempre un essere umano, perdio! – e sa riconoscere una bella donna quando ce l’ha davanti – e Natasha è una bellissima donna – ma è anche una sua collega, e quei pensieri lo prendono alla sprovvista un po’ troppo spesso negli ultimi tempi, e lui ha troppo rispetto per lei e fin troppo autocontrollo per abbandonarsi ad essi.

«Ehm… Steve?» lo richiama la rossa guardandolo con un sopracciglio levato pericolosamente verso l’alto, quasi si stesse chiedendo se il “rimanere incantato a fissarla” fosse uno dei sintomi tardivi da stress post-congelamento – anche se é quasi certa che non esista una sindrome da post-congelamento -.

«Uh. Ah! Ehi! Vuoi entrare?» dice infine e un po’ pateticamente conviene con sé stesso.

La russa annuisce lieve «Sì. Se non disturbo» ora che si trova lì con lui, Natasha sembra aver perso la sua consueta spavalderia.

«No! Affatto. Entra pure» risponde cercando di nascondere la sua sorpresa e spostandosi elegantemente per farla entrare. La donna si guarda incuriosita attorno, cercando di cogliere più particolari possibili per capire quanto di lui è riversato in quell’appartamento. Natasha non lo fa apposta, è una cosa che le viene spontanea, uno strascico del suo addestramento russo.

«E così hai “marinato” anche tu la festa dello S.H.I.E.L.D.?!» domanda con un sorriso sornione – ah! Ecco Natasha e la sua solita irriverenza! - «Non pensavo che ne fossi in grado, capitano!» continua con tono leggero, Steve sente la brusca risposta risalire lungo la gola ma poi si blocca notando il tono morbido e la scintilla di genuino divertimento che imbratta i suoi occhi smeraldini. Si limita perciò ad alzare le spalle mentre un piccolo sorriso si stira anche sulle sue di labbra «Non credo di essere tagliato per certi tipi di eventi» mormora lievemente imbarazzato.

«Siamo in due, allora.» celia lei con un sorriso divertito dietro cui si nasconde della comprensione, poi l’occhio le cade sul tavolino del salotto «DVD?».

Il capitano sembra stranamente a disagio, Natasha piega il capo di lato come se così potesse osservarlo meglio «Sì. La mia intenzione era di guardarne… ehm almeno uno… solo che non ho idea di cosa… e poi-» non conclude la frase, non volendo ammettere una cosa tanto stupida; ma avrebbe dovuto prevederlo Nat capisce al volo il suo problema.

«Non sai usare il lettore dvd!» esclama come se avesse risposto in modo corretto ad un’inesistente domanda. Il capitano si morde la lingua ma infine annuisce sconfitto.

La risata leggera e cristallina della rossa si propaga come un eco musicale per tutto il soggiorno e Steve invece di prendersela, resta affascinato da quel suono tanto genuino quanto raro.

«È stato Clint a regalarmelo, io… io stavo per leggere il libretto di istruzioni!» borbotta a difesa, grattandosi la nuca al colmo dell’imbarazzo.

Natasha sente un’immensa tenerezza crescerle dentro nel vedere l’aitante e leggendario Captain America diviso fra l’imbarazzo e l’indispettito e il suo cuore inaspettatamente si stringe in una dolce morsa, decide allora di distogliere lo sguardo e di non infierire ulteriormente.

La spia gli propone di sistemargli il lettore e Steve, cavaliere come sempre, le dà una mano – o quanto meno ci prova, o forse cerca solamente di non starle troppo tra i piedi – mentre armeggia con cavi audio e prese varie, Natasha percepisce uno strano senso di familiarità, lì nella casa del capitano, alle prese con un piccolo problema domestico, la donna si sente molto più a casa di quanto non lo sia mai stata nel suo appartamento.

Le sembra di ritrovarsi in una quotidianità anomala per lei, fatta di gesti semplici e banali parole, di uno sfiorarsi lieve quasi accidentale e fugaci sguardi complici privi di malizia o di avvertimenti.

«Nat tutto okay?» domanda Steve non riuscendo a nascondere una nota di premura nella sua voce profonda e roca. La spia si volta sorpresa, facendo scontrare i suoi occhi smeraldini con quelli caldi e azzurrissimi dell’uomo. Sente la gola improvvisamente secca, si è appena resa conto dell’intensità celeste dei suoi occhi, le sembra quasi di guardarli per la prima volta: ricordano il cielo d’estate, limpido e privo di nuvole, con un bagliore malinconico a tratti celato che rende quell’azzurro incredibilmente liquido.

Si limita ad annuire, Natasha accennando ad un piccolo sorriso vacuo.

«Dimmi è così che passi i tuoi Natali? Senti una specie di richiamo e vai ad aiutare le persone con scarse capacità tecnologiche?» scherza il capitano, porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi dal tappeto, Natasha osserva le sue dita magre e sottili vagare sull’ampio palmo segnato da infinite linee, prima di percepire la presa ferrea ma gentile del supersoldato; è talmente concentrata sulle loro mani intrecciate che finisce per sbilanciarsi non appena si sente tirare in piedi, ma Steve prontamente l’afferra e la russa si ritrova a fissare intensamente i suoi pettorali sodi e fin troppo “aperti”.

«Scusami, credo di non aver dosato bene la forza.» mormora lui. Se Natasha fosse completamente lucida si accorgerebbe del respiro spezzato del capitano, di quanto averla così vicina – fra le sue braccia – lo mandi in confusione, senza contare le gote completamente rosse. Natasha l’avrebbe di certo notato non si trovasse nella stessa condizione di lui.

«Io… non festeggio il Natale di solito.» parla mantenendo un tono di voce basso, in modo da controllarlo e tenendo gli occhi ben puntati sui loro piedi – niente contatto visivo, niente imbarazzo - «Me ne sto rinchiusa in casa fino al ventisei, insieme ad una bottiglia vodka.» continua sincera, non sa il perché ma di fronte al capitano la sua baldanza e le sue bugie muoiono, lasciando che a parlare sia la cruda verità. Si decide ad alzare appena lo sguardo, ha paura. Ha paura di trovare un’insostenibile pietà in quegli occhi così puri, di riuscire a vedere quanto la sua vita sia misera e vuota ma resta sorpresa, niente del genere è riflesso nel suo sguardo, anzi le sembra di scorgere della comprensione e il suo cuore di nuovo le gioca quello scherzetto, la presa su di esso è talmente dolce da essere insopportabile.

«Almeno tu puoi ubriacarti, io nemmeno quello.» cerca di smorzare il tono duro e malinconico con un sorrisetto a cui la spia risponde con una smorfia divertita.

È passato del tempo dal suo scongelamento e Steve per la prima volta percepisce un senso di comunanza, di familiarità. Comprende che anche se Natasha fa parte di quel secolo, la realtà in cui è nata e vissuta era diversa, estranea da quella in cui vive oggi. Due persone che non solo lottano per proteggere altre vite, ma anche la propria, che combattono per non disgregarsi, per tenere insieme frammenti di vita così differenti fra loro.

«E io che pensavo che potessi trasmettermi un po’ di spirito natalizio!» sospira teatralmente la rossa con un piccolo sorriso sornione, spostando la conversazione su note più leggere, ironiche. Il capitano ridacchia, grato.

«Per questo ci sono i film!» risponde Steve spostandosi verso i dvd sparsi sul tavolino. Entrambi non riescono a trattenere un brivido, il gelo li ha avvolti non appena si sono separati da quell’abbraccio, che non sapevano di agognare ma a cui si stanno fin troppo velocemente abituando.

«Allora…» dice il supersoldato mostrandoli alla compagna «Suggerimenti?». Natasha legge i titoli – che le dicono poco o niente, non è una grande esperta di film natalizi – finché uno, cattura la sua attenzione e lo indica con sicurezza.

«Nightmare before Christmas?» esclama perplesso Steve, che fra tutti è proprio quello che meno lo convince, leva lo sguardo su di lei pronto a protestare ma alla vista dei suoi occhi accesi – per non dire speranzosi – si arrende silenziosamente e acconsente paziente – come un adulto indulgente – in cambio Natasha gli regala un inaspettato e candido sorriso luminoso, ammutolisce colpito e dolorosamente comprende che per vedere nuovamente quel sorriso sarebbe disposto a fare qualsiasi cosa. Qualsiasi.

 

Il film è iniziato e Steve è presissimo, certo è parecchio confuso ed inquietato e non sa decidersi se è più adatto ad Halloween o a Natale, ma in definitiva gli piace. Con la coda dell’occhio lancia uno sguardo in direzione di Natasha, semidistesa sul divano a pochissimi centimetri da lui, – per alcuni versi sono troppi, per altri versi, troppo pochi – che ha gli occhi fissi sullo schermo e le labbra rossissime tese spontaneamente verso l’alto. Gli sembra di capire che il film le piaccia e pure molto.

E mentre in sottofondo il protagonista tutto ossa canta in piena rivelazione “What’s this?” Steve si perde nella visione di una Natasha rilassata e sorridente, e la guarda come se la vedesse per la prima volta… ed è bella, bella per davvero.

 

E brilla ogni finestra o non so che cosa sia

quel piccolo calore mai provato in vita mia.

 

I capelli rossi, come il cielo infiammato dal sole morente, scendono in onde sinuose su un’unica spalla, il profilo del suo viso niveo, delicato e piacevole; con gli occhi percorre le labbra rubre, piene e tumide – si sente quasi soffocare al pensiero di poterle sfiorare con le sue – lo sguardo non si ferma, malgrado il suo proprietario lo vorrebbe, e scende sul petto, dove il seno pieno e sodo si alza ed abbassa al ritmo del suo respiro. Bruscamente Steve distoglie lo sguardo e si obbliga a seguire il film e dentro di sé mentre cresce la consapevolezza, spera anche con ogni fibra del suo super corpo, che la russa non si sia accorta di nulla.

 

È qui! È qui il posto dove io vorrei restare per magia.

Vorrei scaldarmi il cuore e ridere e vivere, adesso voglio vivere!

 

A quanto pare i due Avengers sembrano regrediti a ragazzini di tredici anni in balia del primo amore. Perché qualche minuto più tardi, anche Natasha lancia un’occhiata al bel capitano che vorrebbe essere fugace ma che diventa inevitabilmente quasi famelica.

Sospira Natasha, osserva quel profilo distinto, i tratti marcati, la braccia muscolose e protettive abbandonate sul divano, le labbra ben disegnate in quel momento socchiuse e immagina di mordicchiare quel labbro inferiore più carnoso, si chiede che gusto abbiano le labbra di Steve.

Guarda quell’uomo che nel profondo desidera e non solo in modo carnale; alla fine abbassa lo sguardo, lascia che i capelli le scivolino leggeri davanti al volto, creando così una separazione netta da quel soldato gentile e valoroso che sa, non potrà mai avere.

 

i miei pensieri son per lui

ma non si accorge dell’emozione

che accende in me

chissà se capirà,

se il fato lo vorrà!

 

Eppure non sa perché, quella sera non riesce a darsi per vinta, sente le dolci e tristi parole di Sally* scivolare sulle note di una malinconica melodia e qualcosa si scioglie in lei.

Percepisce il suo cuore espandersi fino a farle male, se il Natale è davvero la festa della condivisione, del non sentirsi soli e abbandonati, dello spendersi per gli altri, dei caldi sorrisi… Natasha capisce che per lei il Natale non è una festa… ma una persona, e quella persona è Steve.

Il suo partner, con cui condivide pericolose missioni ma anche piccole verità, che resta con lei alla fine di tutto, che non l’abbandonerebbe nemmeno a discapito della propria vita, che provoca a morte fino a poi agognare il suo perdono, dissimile ma al tempo stesso affine a lei, senza più radici, in una realtà che non è più quella a cui erano abituati.

Natasha vorrebbe condividere la propria vera sofferenza con quell’uomo leggendario e al tempo stesso alleviare la sua, anche solo di poco e invece si limita, lentamente quasi timidamente, a far scivolare la sua mano magra e pallida in quella ruvida e grande del capitano. Se Babbo Natale esistesse, Natasha gli chiederebbe solamente che Steve ricambi la sua stretta.

E il capitano, il cuore in tumulto nel percepire quella piccola mano accanto alla sua, dopo un attimo di incertezza e timidezza – in cui Nat pensa di aver compiuto la più grande cazzata di tutta la sua esistenza – le prende la mano, la stringe. Nulla più, eppure ad entrambi basta.

 

Il film è terminato e Steve ha stampato in faccia un sorriso ebete, cerca bene di non farsi vedere dalla causa diretta di quel sorriso, ma ben presto scopre che è inutile. Natasha dorme rilassata contro il fianco del capitano, i capelli hanno praticamente invaso metà del suo corpo.

Delicatamente la solleva e la conduce fra le braccia nella sua camera personale, è tardi e lui non ha cuore – diciamo la verità, non ha nessuna intenzione – di svegliarla; la deposita fra le lenzuola, afferra uno dei cuscini con tutta l’intenzione di andarsene a dormire sul divano, la cavalleria non è morta e Steve Rogers è un gentiluomo fino al midollo, ma qualcosa lo trattiene.

La mano di Natasha è stretta sul suo polso, gli occhi verdi liquidi ed impiastricciati di sonno lo fissano imperscrutabili:

«Resta con me.»

Un ordine? Una richiesta? Non importa, Steve non riesce a protestare, o meglio non vuole, in cuor suo lo desiderava disperatamente ma il suo rigido e controllato animo da capitano glielo impediva.

Natasha gli ricorda quasi una tenera bambina capricciosa a volte, lo osserva seria mentre si stende a fianco a lei e tira le coperte, il suo sguardo chiede – pretende – qualcosa, le si fa più vicino e Steve automaticamente alza il braccio, lei con una smorfia divertita e compiaciuta si sistema sul suo petto.

Non servono parole per spiegarsi, per parlare di ciò che sta succedendo fra loro, se il corpo agisce in modo spontaneo incastrandosi perfettamente con l’altro e l’anima ha trovato pace accanto nell’altra.

 

Natasha distende il palmo della mano per proteggere i suoi occhi feriti dalla luce del mezzodì. Si stiracchia senza fretta, distende i muscoli e li rilassa prima di riprendere il contatto con la realtà. Una realtà che in quel momento le fa paura, forse ha semplicemente sognato, forse in verità si è ubriacata di vodka fino a stordirsi e ha immaginato di essere circondata dalle braccia di Steve Rogers.

E difatti si sveglia ed è sola. Una sorda amarezza l’assale, prima di stemperarsi nell’incertezza, perché quella non è la sua stanza; proprio no.

Si guarda attorno e sospira, si trova nella stanza di Steve, fra le sue lenzuola che portano il suo odore mischiato stavolta, al suo. I nervi di Natasha si distendono, non sa perché ma si sente in pace, sente di non essere sola, non più.

Si volta e l’occhio cade sul comodino alla sua destra e sbatte ripetutamente le palpebre sorpresa.

In un candido foglio rettangolare, leggero e delicato al tocco, tanto che ha davvero paura che possa strapparsi fra le sue dita tremanti, vi è lei. La sua copia in matita e pastello dorme profondamente, la bocca rilassata e dischiusa, i capelli sparsi che paiono lingue di fuoco sullo sfondo latteo, le chiare palpebre trapuntate da folte ciglia arcuate celano gli occhi, una mano abbandonata sopra la testa e l’altra accanto alle labbra.

Avrebbe voglia di piangere come una bambina, Natasha, può quasi sentire le lacrime pungerle gli occhi, troppo estasiata, troppo sopraffatta per dire alcunché, si gira con un piccolo sorriso ad increspare le labbra verso l’autore della Natasha dormiente. Lo trova e si bea della sua sola presenza.

Steve si gratta la nuca imbarazzato ed evita il contatto con i suoi occhi.

«Steve…» dice infine la donna alzandosi e andandogli incontro con passo leggero.

«Buon Natale» sussurra semplicemente lui con le labbra sulla sua fronte, non si fida ancora di guardarla in volto.

«Ma io non ti ho fatto nulla.» celia la russa osservandolo con il capo inclinato e pensierosa, il capitano scuote il capo per dissentire:

«Sei qui.» è quello il suo regalo. Natasha è lì con lui, non desidera altro. La spia è spiazzata, chiude gli occhi commossa ma poi li riapre, il suo sguardo è sicuro e luminoso.

«Buon Natale, Capitano» mormora mentre si alza sulle punte per depositare su quelle labbra ben disegnate un casto e dolce bacio. Steve arrossisce, mentre lei ridacchia sinceramente divertita ed intenerita.

«Ehm, hai fame?» domanda lui cercando di recuperare un briciolo di contegno, la donna per tutta risposta lo prende per mano e lo trascina in cucina ridendo.

«Oggi a che film tocca?».

The End

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Eccoci qui! Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuta, è dolce e senza pretese... insomma natalizia ;) (almeno spero!)
Le frasi in corsivo sono rispettivamente di "What's this?" e "Sally's song" del film "Nightmare before Christmas", film che io amo alla follia e che mi ha aiutato a scrivere questa ff! Non so ma credo che a Natasha possa davvero piacere come film! ;) Non so, che ne pensate? 
Beh a questo punto io vi ringrazio e vi auguro Buone Feste e ci rivediamo a Gennaio!

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Un bacione

Asia

   
 
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