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Autore: Ink_    25/12/2015    0 recensioni
Incastrato nel ruolo del Profeta, Chuck Shurley tenta di dirottare le sorti dell'umanità verso un finale definitivo diviso tra il desiderio di mettere un punto fermo ad una storia vecchia quanto il mondo e i propri demoni.
I fratelli Winchester potrebbero - per una volta - non opporsi al volere divino.
"Per quanto ne sapeva avrebbe potuto essere anche pieno giorno e le ombre che si rincorrevano lungo le pareti filtrando attraverso le persiane sbilenche avrebbero potuto essere minacciose nubi temporalesche smosse da un forte vento;
piacevole illusione considerando che le ombre che sfumavano i simboli di protezione frettolosamente scarabocchiati sulla carta da parati erano il via vai burrascoso di mille demoni – incazzati, tra l’altro, cosa a cui Dean non riusciva a dare un senso visto che parevano divertirsi come bambini allo zoo – che si agitavano nel cielo come un’unica enorme – incazzata – nuvola nera [...]"
Genere: Angst, Horror, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chuck Shurley, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Quinta stagione
Capitoli:
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Winchester Chronicles
Capitolo Venitreesimo
Swan Song
 
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[…] Sam si aggirava nervosamente per la stanza facendo tintinnare l’argenteria sotto i suoi piedi, premendosi una mano sullo stomaco nel tentativo di alleviare almeno un po’ il dolore. Se non fosse stato per il fastidioso mal di pancia che si era manifestato negli ultimi quaranta minuti, si sarebbe stupito di come, per la prima volta da quando aveva fatto indigestione di dolcetti nel lontano Halloween del millenovecentottantuno, non si fosse mai ritrovato in quella posizione se non per ricacciarsi dentro le viscere dopo l’attacco di un licantropo o per fermare un’emorragia con un lembo della sua camicia.

«Dev’essere stata l’acqua, ne sono certo» gemette rivolto al fratello.

Circa un’ora prima aveva tentato di bere dal lavandino – in sostituzione alla birra che solitamente costituiva il settanta percento circa dei loro liquidi.
Aveva trovato un bicchiere di vetro appannato ma ancora intatto tra i cocci e le schegge delle stoviglie e aveva aperto il rubinetto della cucina, solo per vederlo tossire come un malato di tubercolosi prima che un denso rivolo di putridume colasse nello scarico. Stizzito aveva chiuso immediatamente l’acqua agitando le braccia per disperdere quel tanfo nauseante.

«Tieni» Dean era giunto dal piccolo bagno tenendo in mano il bicchiere portaspazzolini ricolmo d’acqua «In bagno funziona ancora».

Aveva tracannato l’intero bicchiere in un sol sorso mentre Dean aveva scostato forchette e coltelli e si era accasciato ai piedi del letto, dov’era rimasto per i successivi sessanta minuti mentre Sam si agitava per la stanza come una fiera in gabbia.

Dapprima aveva vagato con lo sguardo sulle pareti catalogando i simboli che lui e Sam avevano frettolosamente disegnato, poi si era messo a contare i vassoi d’argento (trentatré) che ingombravano il pavimento e infine aveva posato lo sguardo sul quadro della vecchia, dov’era rimasto finché Sam non si era inginocchiato accanto a lui.

«Non credi sia ora Dean? Ci terrei tanto a morire prima di avere un attacco di diarrea».
 

Il cacciatore ridacchiò quasi divertito: «Non è diarrea Sammy».

Sam continuò a brontolare del saporaccio amaro dell’acqua; forse non l’aveva sentito.

«Dean? Ci sei?» la sua mano sulla spalla lo fece trasalire più delle sue parole; non si era nemmeno reso conto che aveva finalmente smesso di lamentarsi.

«Cosa c’è Sammy?» chiese guardandolo finalmente in faccia.

Il volto pallido doveva essere uno specchio del suo, spesse occhiaie violacee gli incorniciavano gli occhi come lividi mentre le labbra secche e tirate in più punti avevano ripreso a sanguinare all’angolo, lì dove si erano spaccate nel loro ultimo scontro.

Sam aveva un aspetto davvero orribile ma Dean non doveva essere tanto meglio date le nuvole di preoccupazione che oscuravano gli occhi del fratello.

«Basta così Dean».

Sam sorrise dolcemente come se stesse parlando ad un bambino, come se gli stesse spiegando perché papà non sarebbe tornato per Natale e perché loro sarebbero dovuti restare in quella stanza d’hotel, come se Dean non sapesse.

«Abbiamo combattuto le nostre battaglie, adesso basta … ci meritiamo un epilogo».

«Ci meritavamo tante cose Sam e non ne abbiamo mai ottenuta nessuna» fece un ampio gesto con la mano come a voler abbracciare l’intera stanza «A cominciare da una vita normale. Guardaci: due soldati senza una battaglia».

Dean sospirò abbassando il capo, lasciando cadere le palpebre e chiudendo gli occhi.

«Dovrebbero esserci stelle per guerre grandi come le nostre» mormorò Sam.

«Però. Non sapevo fossi anche un poeta» commentò Dean rivolto al pavimento.

Sam si grattò nervosamente la testa, grato che il fratello non potesse vederlo arrossire «Sì beh… Non l’ho scritta io, è di Sandra Cisneros».

«Dovevo aspettarmelo da un nerd come te» rise Dean, la risata di Sam si unì alla sua, ma presto si spense in un gemito mentre il cacciatore si stringeva convulsamente la maglia all’altezza dello stomaco.

Dean scattò in piedi e aiutò il fratello ad alzarsi scortandolo sul letto dove Sam si rannicchiò in posizione fetale in preda ai crampi.

«Ma che diavolo c’era in quell’acqua» gemette.

Dean si sedette sul materasso, le spalle rivolte a Sam, nell’incavo delle sue ginocchia. Forse non avrebbe dovuto dirglielo, forse non avrebbe dovuto prendere la boccetta della tasca della giacca, forse avrebbe dovuto lasciare che Sam se ne andasse così, senza sapere.

Forse, forse, forse.

Ma forse non avrebbe dovuto farlo in primo luogo.

«Dean?».

Sam si girò a fatica nello spazio ristretto del letto quando il fratello non diede segno di averlo sentito.

«Tra poco i crampi passeranno Sammy, non preoccuparti» mormorò senza voltarsi e al giovane Winchester parve che quelle parole fossero rivolte più a Dean stesso che a lui «Sono qui, non ti lascio».

Dean si decise finalmente a voltarsi verso di lui, il volto pallido portava il debole segno di lacrime scacciate via velocemente «Non ti lascio».

Certi cacciatori mormoravano che a lungo andare il “lavoro che svolgono per la comunità” li faccesse perdere il senno, li trasformasse in bestie assetate di sangue e poco più, mostri irrazionali devoti al sangue e alla propria arma; vero. Forse.

Quello di cui era certo Sam era che la caccia ti affinava i sensi e ciò ti costringeva a dormire con un occhio aperto e l’altro pure, ma almeno potevi fiutare il pericolo ad un chilometro di distanza e in questo momento, proprio come una preda braccata Sam sentì quel tanfo farsi sempre più forte, come una grande nuvola tempestosa in avvicinamento e quella famigliare ma spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco.

  «Che cos’hai fatto Dean?» chiese cautamente alzandosi sui gomiti; i crampi andavano affievolendosi e ormai non rimaneva altro che un ritmico pulsare come di un cuore intrappolato nel suo addome.

Il cacciatore tirò su sgraziatamente con il naso rifiutandosi di versare altre lacrime pregne di ipocrisia «Non potevo farti questo, lo capisci Sam? Non potevo …».

«Dean ... che cosa mi hai fatto?».

Sam si alzò lentamente, i dolori allo stomaco solo un lontano ricordo mentre si avvicinava al fratello temendo la risposta.

Dean sedeva con le gambe aperte e i gomiti puntellati sulle cosce, la testa tra le mani e qualcosa stretto nel pugno destro, la presa così ferrea che le nocche gli si erano sbiancate per l’assenza di circolazione.

Sam si inginocchiò su una gamba davanti a lui e ripeté la domanda lentamente, con delicatezza come se stesse parlando con un pericoloso squilibrato. Forse non aveva tutti i torti.

Dean cercò di dargli una risposta, ci provò veramente ma le parole non erano mai state il suo forte, se la cavava meglio con le azioni: una pacca sulla spalla, un sorriso, un occhiolino, prendersi una pallottola al posto di Sam e lasciare al suo fratellino il compito di leggere tra le righe.

Sam era sveglio, riusciva sempre a leggere tra la fitte rete di righe che Dean tesseva continuamente.

Aprì il pugno e la boccetta di vetro cadde sul pavimento tintinnando contro l’argenteria. Rimase immobile, senza respirare mentre Sam la raccoglieva e ne annusava il contenuto.

Era una semplice bottiglietta, appariva minuscola nel suo grande palmo e il cacciatore ne svitò cautamente il tappo di sughero. Sentì la bile acida salirgli dallo stomaco ancor prima che l’odore di mandorle amare gli colpisse le narici.

«Mi dispiace Sammy» sussurrò Dean.

Sam scattò in piedi scagliando la boccetta contro il muro, proprio sotto il quadro con il bambino, frantumandola in piccoli cristalli di vetro.

«Ti dispiace?! Ti dispiace Dean?! Come hai potuto? Come hai potuto ti ho chiesto!».

Urlava con quanto fiato aveva in corpo, la voce spezzata e roca ma Dean rimase in silenzio, senza muovere un muscolo lasciando che le parole del fratello lo investissero come una marea in tempesta, che bruciassero come sale sulle ferite ma sapeva di meritarselo. Quelle parole, il bruciore, le ferite. Tutto quanto.

Sam lo afferrò per le spalle scrollandolo con violenza e Dean fu certo che vi avrebbe trovato dei lividi dove Sam aveva affondato le dita se mai fosse arrivato fino a “domani” per verificare.

Si lasciò mettere in piedi, gli permise persino di colpirlo dritto sul viso e il labbro si spaccò a lato, proprio come quello di Sam (Stessa guerra, stesse ferite non è vero Sammy?).

Alla fine cacciatore si diede per vinto, accasciandosi contro il muro dove aveva rotto la boccetta: «Allora è vero che gli amici ti pugnalano sempre di fronte» sputò non senza ironia.

Dean sorrise «Oscar Wilde, eh?».

«Cristo Dean devi dimostrarmi di avere una cultura letteraria proprio mentre sono in punto di morte?».

Dean Winchester si irrigidì evidentemente a quell’affermazione velenosa, stringendo i pugni per contenere la rabbia.

«Non fare quella faccia. Sei stato tu ad avvelenarmi, stronzo» ringhiò Sam spostando lo sguardo verso la finestra.

«Era nell’acqua vero?».

Dean annuì.

«Ma certo» commentò Sam.

«Quanto mi resta?».

Dean guardò l’orologio che portava al polso, il vetro era così incrinato da sembrare una ragnatela ma funzionava ancora «Una decina di minuti».

«Ma come sei stato generoso! E dimmi, dove l’hai trovato un veleno che mi uccidesse in un ora senza causarmi la diarrea?!» urlò Sam alzandosi nuovamente in piedi, marciò verso di lui, calpestando e calciando pezzi d’argento al suo passaggio.

Tutto quel sarcasmo caustico stava diventando insopportabile; Dean si levò dal letto andando incontro al fratello con i palmi alzati, glieli premette sul petto spingendolo all’indietro e causandogli di rovinare sulle stoviglie sparse per il pavimento.

Dal basso Sam gli rivolse uno sguardo iroso «Cosa vuoi?» abbaiò rimettendosi in piedi «Non credi di aver già fatto abbastanza?! Dovevamo farlo insieme Dean! Avevi detto di sentirti pronto! Cosa c’è? Hai cambiato idea adesso?!».

«STA’ ZITTO!» grido Dean mettendo finalmente fine alla valanga di accuse che stavano fuoriuscendo dalla bocca di Sam.

«Non lo capisci vero? Proprio non lo vedi?» gli veniva quasi da ridere. «Io sono pronto a morire, sono pronto a togliere il caricatore alla pistola e a non infilarcelo mai più, sono pronto a smettere di combattere, Dio non aspetto altro da chissà quanto tempo!
Ma non posso farti questo Sam, non di nuovo».

«Farmi cosa!?» esclamò il più giovane dei Winchester al limite della sopportazione.

Dean si sentì come se tutte le energie lo avessero abbandonato: l’adrenalina che lo aveva spinto un momento prima si era consumata lasciandolo privo di forze.

Trasse un lungo sospiro sedendosi sul letto, Sam immobile di fronte a lui: «Non posso permetterti di guardarmi morire. Non di nuovo».

Sam tacque, ammutolito, per circa un quarto di secondo prima di esplodere «Non posso crederci! Siamo ad un passo dalla fine e tu ancora non riesci a pensare a te stesso? Non esiste più “Prenditi cura di Sammy”… c’è solo la fine Dean».

«Non esiste nessun Dean Winchester senza “Prenditi cura di Sammy”» mormorò il cacciatore ma Sam ignorò quell’ultimo commento: «Avevi detto che mi avresti aperto la strada»
«Ti guarderò le spalle, come sempre».

«Dean …» Sam sedette esausto accanto al fratello «Basta, ti prego basta. Hai ragione, tu sei morto e io ti ho riportato indietro, guarda poi a che prezzo e tu hai fatto lo stesso a Cold Oak  ma-».

Quanto stava per aggiungere venne soffocato da un violento colpo di tosse. Dean gli poggiò una mano sullo sterno massaggiandolo delicatamente mentre Sam teneva la mano sinistra davanti alle labbra che fermare i colpi; il sapore metallico del sangue gli invase la bocca e le narici mentre continuava a tossire.

Ritirò la mano solo quando i colpi parvero placarsi già sapendo che l’avrebbe trovata macchiata di rosso.

Proprio fino alla fine. Non c’è modo per andarsene se non con le mani sporche di sangue per noi.

«Vuoi stenderti?» chiese Dean sorridendo appena.

Mentre un’altra violenza scossa gli attraversava la trachea Sam pensò che Dean non poteva davvero essere biasimato, Dio! condividevano lo stesso punto debole e la stessa paura: non morire, quanto più dover vivere l’uno senza l’altro. E nonostante questo Dean si era offerto ancora una volta di sacrificarsi per lui.

Sam sentiva la gola chiudersi sempre di più, inondata da un misto rugginoso di sangue, acqua e saliva. Sentiva i polmoni come schiacciati da un macigno quando l’unica cosa che gli premeva sul petto era la mano di Dean, Dean che stava bisbigliando qualcosa (Sono qui Sammy non ti lascio ti guardo le spalle Sammy va tutto bene non ti lascio respira no non puoi cazzo scusa va tutto bene resta calmo è quasi finita non ti lascio) ma il sangue gli scorreva nelle orecchie come un fiume in piena e i patetici tentativi dei suoi polmoni per incanalare un po’ di ossigeno sfumavano in colpi di tosse troppo rumorosi.

Cercò di afferrargli la mano mentre lo stomaco gli si contraeva spasmodicamente, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua. Dean la afferrò immediatamente senza smettere di massaggiargli il petto nel tentativo di allietare l’inevitabile; gli strinse la mano con tutte le sue forze cercando di mettere a fuoco il volto del fratello che andava sfuocandosi e sdoppiandosi come se visto attraverso un caleidoscopio. 

«D-Dean» sussurrò.

Dean non mollò la presa e non smise di sorridere anche se gli occhi gli bruciavano per le lacrime e la rabbia trattenute, nemmeno quando le labbra di Sam si tinsero di rosso e dense bolle di saliva con gli colarono dalla bocca come schiuma.

Pochi minuti e Sam smise di tossire e agitarsi e Dean lasciò che si accasciasse sul materasso; gli sollevò il braccio destro e glielo adagiò sullo stomaco nella stessa posizione che era solito assumere quando si addormentava.

Dopotutto la morte non era così lontana dal sonno se non si considerava la staticità del petto di Sam e il miscuglio di saliva, sangue e succhi gastrici che macchiava le lenzuola e le mani di Dean.

Si convesse un momento per accasciarsi sul letto e respirare, respirare soltanto per qualche secondo prima di aprire il cassetto del comodino e prendere la pistola.

Un colpo solo, dopotutto non gliene servivano altri: non avrebbe sbagliato.

La stanza era placidamente silenziosa e anche là fuori sembrava tutto troppo calmo, la quiete prima della tempesta anche se per Dean la tempesta si era esaurita da un mezzo. L’unico pensiero che gli attraversò la mente prima che fosse il bossolo a farlo fu che era quasi finita.
 

 
 
Dean Winchester riaprì gli occhi dopo quelli che parevano pochi istanti e per un momento non vide altro che buio pesto e un silenzio assordante, ma quando udì i fuochi d’artificio in lontananza e vide il cielo illuminarsi di stelle cadenti rosse, bianche e blu e il boato delle esplosioni accompagnate dalla risata eccitata di un ragazzino, ebbe la certezza che fosse finita davvero.
 
 
 
 
 
 
***
Buon Natale a tutti e grazie per l'infinita pazienza dimostrata!!!

 
 
 
 
   
 
 
 
   
 
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