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Autore: Rision    27/12/2015    0 recensioni
Dopo aver giocato Yume Nikki mi trovai, spinto dalla curiosità, a cercarne la soundtrack su Youtube e mi imbattei per puro caso in un video tristissimo in cui la storia della povera Madotsuki viene raccontata in stile manga con una toccante musica di sottofondo. Beh, il tutto era così bello e allo stesso tempo malinconico che non potei trattenermi dal cercare di esprimerlo a parole... .
Genere: Drammatico, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Diario dei sogni
“Tenete duro, i nostri laboratori si stanno dedicando allo studio delle creature aliene giunte un mese fa. Cercheremo di fornirvi più informazioni possibili sulla condizione in cui versa il nostro popolo. Superstiti… dieci milioni… viveri in diminuzione… gli edifici sono…”. La voce del presidente si fece sempre più incrinata, il segnale saltò, la televisione di un negozio di elettrodomestici si fulminò generando uno scuro fumo che salì a grandi volute verso l’alto. Il cielo era violaceo mentre le nuvole cariche di veleno erano gonfie e pronte a scaricare il loro contenuto sulla rovina della città. I palazzi e i grattacieli erano integri, svettavano ancora in alto ma le loro pareti erano deformi, incurvate e sembravano sciogliersi lentamente, mutare la loro forma attraverso una lenta trasformazione proprio come accadeva a chi li abitava. Alte cupole simili ai cappelli dei funghi ancora chiusi, erano nate in mezzo alle strade e da esse fuoriuscivano miasmi tossici che deterioravano le carni e acceleravano il processo di trasformazione degli uomini. Piante rampicanti trovavano favorevole quel clima malsano e spinte dalla ricerca di luce crescevano a dismisura, si intrecciavano e ricoprivano ogni superficie. Le loro forme inoltre erano anomale: sembravano terribilmente simili ad arti umani e a creature da incubo difficilmente immaginabili dalla mente umana, così che era comune camminare o strisciare su una strada all’ombra di un braccio ciclopico ed incombente pronto a ghermire chiunque. Creature umanoidi con becchi di volatile al posto delle normali bocche si aggiravano per le strade con sguardi fissi, così come alti mostri dalla pelle bianca e cadente e dalle braccia penzolanti, essendo forniti solo di una bocca con denti acuminati vagavano silenziosi, a volte accompagnati da enormi e fluttuanti meduse arancioni. In mezzo ad una di queste strade si trovava una bambina. Doveva avere all’incirca una decina d’anni. Osservava incuriosita il cadavere di un uomo la cui colorazione era tendente all’azzurro e dalla cui schiena fuoriuscivano magnifiche ali di farfalla . All’improvviso giunse a tutta velocità un’auto che si fermò sgommando proprio davanti alla ragazza. “Come ti chiami?” chiese una voce gentile. La bambina si voltò e i suoi grandi occhi marroni si posarono su una donna di una ventina d’anni dai lunghi e fluenti capelli biondi. Il suo viso mostrava la stessa gentilezza delle sue parole. “Non toccare assolutamente quelle creature!” urlò una seconda voce. Poi un braccio respinse con forza la bambina. Un uomo di età indecifrabile era scattato fuori dall’auto appena si era accorto del pericolo. Indossava un paio di occhiali e anche se severo aveva un’aria molto paterna. Ciò che colpì la bambina però furono le tracce evidenti seppur leggere del “Cambiamento”. Lei però non ebbe il tempo di soffermarsi troppo ad osservarli. “Mi chiamo Madotsuki” rispose prendendo la mano fasciata che le era stata tesa dalla giovane. Riuscì a intravedere tra una garza e l’altra due occhi vitrei e sporgenti che la fissavano. “Piacere di conoscerti!” “Non c’è tempo per i convenevoli!” sbraitò l’uomo rivolto alla sua compagna. “Dobbiamo trovare un posto sicuro per lei!” Intanto Madotsuki fece un debole sorriso guardando i due e tenendo in modo composto la mano appena tesa nel palmo dell’altra. Non voleva darlo a vedere, ma era molto inquieta. L’auto sgommò di nuovo durante la partenza facendo traballare pericolosamente grosse scatole di cartone contenenti generi di prima necessità. “Ecco, qui sarai al sicuro!” esclamò l’uomo asciugandosi la fronte dopo aver trasportato tutto il necessario per il sostentamento di Madotsuki. Era stata accompagnata al quindicesimo piano di un immenso grattacielo. “ Perché non posso venire con voi?” “È troppo pericoloso; noi facciamo parte delle Squadre di Soccorso, un’associazione volontaria che aiuta gli indifesi in questa situazione di pericolo…” “Inoltre” l’uomo interruppe la ragazza che con un sorriso rivolto a Madotsuki fece un passo indietro “non ti sei accorta di quali pericolose creature ormai popolano il nostro mondo? Finiresti come loro senza nemmeno rendertene conto” “ Ma non è pericoloso anche per voi?” chiese ingenuamente la bambina “Noi non abbiamo più nulla da perdere…” rispose l’uomo con gli occhi rivolti al pavimento. In quel momento Madotsuki capì di aver sbagliato a fare una tale domanda. “Comunque” continuò “prendi queste pillole una volta al giorno e riguardati, torneremo tra una settimana, appena le tue scorte di cibo saranno finite, ok?” La bambina annuì, poi fu stretta dal caldo abbraccio del maglione di lana verde della donna:”Mi mancherai Mado” “Anche tu” le rispose chiudendo gli occhi, cercando di trattenere ogni attimo così piacevole. Era strano, loro si conoscevano già? I due uscirono mentre la bambina li salutava con la mano chiudendo poi la porta a chiave. Si voltò. L’ambiente in cui avrebbe dovuto vivere da quel momento in poi era formato da sole due camere: quella in cui si trovava, con una televisione, un tappeto, una scrivania, alcuni armadi e un letto mentre la seconda stanza era un semplice bagno dotato di vasca. Era piccola certo, ma accogliente in un mondo tanto inospitale. Madotsuki passò il resto della giornata a sistemare il cibo degli scatoloni e tutti gli oggetti utili che essi contenevano. In fondo ad una scatola per esempio trovò una decina di libri dalle copertine colorate. Ne prese uno, si sedette sul letto e cominciò a leggere, ma rapidamente, a causa delle fatiche della giornata, le palpebre le si fecero pesanti e cadde in un sonno profondo. L’indomani, alzatasi e facendo colazione con del latte e dei biscotti secchi decise di ispezionare l’unico luogo restante della casa: il balcone. Girò la maniglia lentamente e mise un piede fuori, poi un altro, infine allontanato ogni timore si appoggiò alla ringhiera. Guardando il sole nascente illuminare il tetro paesaggio, sorseggiava il latte che ancora teneva in mano. Ad un certo punto vide qualcosa che la stupì. Voltando la testa verso il grattacielo vicino si accorse che due ragazze la stavano salutando sorridendo verso di lei e facendo sventolare la bandiera delle Squadre di Soccorso. Anche loro come Madotsuki erano state salvate. Dovevano avere età diverse, una alta e snella con i capelli castani mentre l’altra nettamente più piccola aveva lunghi capelli neri raccolti in due codini. Entrambe sembravano felici anche in una tale situazione ed Madotsuki non voleva essere da meno. Le ricambiò con altrettanta cordialità, salutandole con la mano. Ora sapeva di non essere sola. L’unico problema era la distanza tra i due palazzi: nessuna parola sarebbe potuta giungere perché prima di arrivare sarebbe stata portata via dal vento. Tornò in casa con il cuore un po’ più sollevato. Passarono i giorni, monotoni, uno dopo l’altro, tutti uguali… La ragazzina non poteva fare altro che guardare dalla finestra o leggere e rileggere quei dieci libri che aveva trovato. Alla fine per non provare la noia poteva solo appigliarsi al sonno. Si sdraiava, chiudeva gli occhi e lentamente scivolava nelle tenebre costellate da sogni irreali, inquietanti, privi di alcun senso logico. La successione delle immagini che scorrevano nella sua mente erano indefinibili, in un primo momento Madotsuki poteva trovarsi a rincorrere una rana in una pineta per poi ritrovarsi l’attimo successivo in un mondo oscuro dal cui suolo nero pece fuoriuscivano arti umani e occhi che sembravano seguirla nel suo vagare senza meta. Ciò che pareva strano è che a volte alla bambina poteva capitare di ottenere qualche sorta di “premio” donatole dalle creature che popolavano quei sogni o che trovava in giro per puro caso. Mondi oscuri contenenti terribili figure simili a streghe dagli occhi rossi e fosforescenti la rincorrevano senza sosta, ghigliottine ghignanti attendevano il suo arrivo assetate di sangue, uomini che parlavano una lingua fatta di numeri, simboli maya ed aztechi presenti in ogni luogo, strane forme circolari che passeggiavano guardinghe, creature al neon che migravano in grandi branchi, lampioni, vagoni di treni, banchine, igloo, fogne, fantasmi privi di volto, macchie di sangue, letti , teste mozzate, candele… tutto era variabile e potenzialmente pericoloso. Madotsuki però non poteva fare altro che accettare questo suo strano destino: eppure anche se timorosa quei viaggi in mondi da incubo le sembravano in un certo senso come piacevoli avventure. Quegli strani “premi” che otteneva inoltre le permettevano mano a mano di proseguire nel suo inconscio sempre più in profondità. Proprio per questo andava fiera delle sue conquiste: l’ombrello , ottenuto in un corridoio orribilmente tetro e claustrofobico, il coltello ottenuto sfuggendo ad una creatura abnorme, rossa con un unico occhio in fronte e la bocca sul ventre, il lampione, il semaforo, il gatto, l’asciugamano, la bicicletta… ormai ne aveva quasi perso il conto. Quando infine si stancava di viaggiare attraverso strade e mondi infiniti , si dava un leggero pizzicotto alla guancia e si risvegliava. Trascorsero sette giorni. Madotsuki era sempre più ansiosa, in poche ore quella ragazza gentile e quel tipo così severo sarebbero venuti a farle visita! Prese un libro e tentò di leggere, ma la sua mente era altrove e le parole le scorrevano davanti agli occhi incomprensibili. Era mezzogiorno. La ragazza sentì bussare. Il volto le si illuminò, finalmente li avrebbe rivisti!  Girò la maniglia, spalancò la porta ma… davanti a lei si parò una figura gigantesca formata da tentacoli rossi e occhi neri circondati di un bianco cupo. Il sorriso le si gelò sul volto. Aveva gli occhi ancora luminosi per la gioia quando richiuse la porta. Indietreggiò lentamente, prese un coltello dal letto, guardò dietro di sé, si avvicinò alla maniglia fremente, la girò. “Aaaah!” urlò con tutta la voce che aveva in gola. I suoi occhi lacrimavano, la sua mente era vuota, l’unico pensiero che le rimbombava in testa era salvarsi, uccidere quel mostro, sopravvivere, da sola…  ma sarebbe riuscita a farcela? Il sangue nero scorreva sulle sue mani, il coltello gocciolava al suo fianco, i suoi vestiti erano impregnati delle terribili secrezioni della creatura. Madotsuki era seduta sul pavimento, guardava le sue mani, era terrorizzata da sé stessa, il coltello giaceva al suo fianco sopra ad un maglione verde stracciato e coperto di sangue…  Passavano i giorni; non riusciva più a dormire, borse pesanti e scure le si erano formate sotto gli occhi. Guardava dalla finestra: il mondo intorno a lei era cambiato, tutto gli  si mostrava terribilmente sfigurato. Palazzi che prima mantenevano una seppur ridotta umanità ora erano masse informi, costellate di volti scarni dagli occhi vuoti, pupille nere osservavano dall’alto le creature mutate dal ”Cambiamento”. Mostri dai mille incavi oculari ma privi di vista, altissime strutture con cinque gambe dai lunghi tentacoli multiformi, creature dal corpo massiccio e rossastro con una testa di scheletro, forme ancora umane ma trasfigurate poiché dai loro corpi in via di sconvolgimento si erano generati arti in numero superiore alla natura, vagavano tristemente per le strade gettando ombre lunghe al tramonto violaceo. Madotsuki rimaneva giorni interi coricata sul proprio letto, immobile e guardava con occhi vuoti il soffitto, a volte sentiva rimbombare nella testa il rantolo di agonia del mostro che si era accasciato al suolo sibilando un impercettibile “grazie”, ma più ci pensava più credeva fosse uno scherzo della sua immaginazione. A volte si alzava, passava accanto al barattolo di pillole ormai terminato, con il coltello alla mano, apriva la porta del balcone e controllava che nessun mostro tentasse di avvicinarsi, soprattutto quelli dei palazzi più vicini. Guardò alla sua destra. Vicino alla bandiera delle Squadre di Soccorso lacerata ma ancora svolazzante la fissavano un grande volto ghignante completamente bianco, dai lineamenti terribili, enorme nelle dimensioni ma ancora familiare e una bambina il cui volto era ormai disciolto in un’espressione di orribile pianto che salutava con le sue cinque braccia. Madotsuki sorrise, tornò in casa, provò di nuovo a dormire. Finalmente fu presa dal sonno. Quanto gli era mancato il mondo dei sogni! Cominciò a passeggiare di luogo in luogo finché giunta di fronte ad una mano con un occhio sul palmo, non ottenne l’ultimo premio. Fu obbligata a svegliarsi. Si strofinò il viso assonnato. C’era qualcosa di strano. Aprì i pugni. Su ognuno dei suoi palmi era comparso un occhio dalla pupilla rossa. Sentì bussare alla finestra: deformi ombre sorridenti la osservavano invitandola ad uscire. Fece un passo verso il vetro , girò la maniglia. Le creature cominciarono a danzare intorno a lei. Si strappò la felpa: sul suo petto erano comparsi occhi a forma di rombo dai bulbi scuri. Raccolse alcuni scatoloni, ne fece una scala, poi salì lentamente. Sorrideva: non aveva alcuna paura. Era una di loro adesso, perché non raggiungerli?. Posò un piede sulla ringhiera, fece un altro passo. Il suo corpo precipitava sferzato dal vento. Madotsuki teneva gli occhi chiusi. Aprì le palpebre a stento, sentiva il sangue scorrergli dalla testa fracassata. Allora mise a fuoco. Davanti a lei sorridenti c’erano Monoko, la bambina con i codini, Mafurako la ragazzina con i capelli a caschetto, Masada il suo insegnante di pianoforte, Shitai l’uomo che a prima vista sembrava così severo ma che in realtà è solo iperprotettivo, Monoe la sua gentilissima moglie, Poniko la ragazza dai capelli castani migliora amica di Madotsuki. Finalmete ricordava tutto. Sentì una mano stringersi intorno alla sua. Guardò di chi fosse con le ultime forze rimaste. Era Madotsuki che sorrideva insieme a tutti i suoi amici. Ora non li avrebbe più abbandonati.
 
   
 
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