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Autore: _Cthylla_    27/12/2015    3 recensioni
| Golden Age | Young Kozmotis Pitchiner (soprattutto nel primo capitolo) | AU | OCs
L'epoca in cui era la Casa Lunanoff a governare si è distinta per la prosperità presente in ogni parte del regno. La Golden Age è stata un florilegio di grandi eroi dorati e di Case nobiliari, note come "Costellazioni", i cui componenti erano nobili di sangue quanto di cuore.
Ciò è quanto è passato alla storia, quel che la maggioranza dei pochi superstiti è in grado di ricordare. Ma se quei ricordi riguardassero soltanto la parte conosciuta della storia in questione? Se ci fosse stata una parte oscura che quasi nessuno ha potuto o voluto vedere?
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Luna Dorata'
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ToGA

Salve!
Qualche piccola nota prima che iniziate a leggere.
La prima: questa raccolta AU è ambientata in piena Golden Age -che chi conosce solo il film de "Le 5 Leggende", non possiede i libri o non ha avuto modo di trovare qualche informazione in più, non ha idea di cosa sia- durante il periodo in cui regnava la famiglia Lunanoff, ossia quella cui appartiene il nostro Manny. Precisamente, durante gli anni in cui è ambientato il primo capitolo di questa raccolta, a regnare erano i nonni di Manny, mentre il principe Tsar Lunar Lunanoff XI che apparirà nei capitoli successivi è -canonicamente- il padre di Manny.
La seconda: escluso Kozmotis Pitchiner -ossia Pitch prima che diventasse Pitch, per chi non lo sapesse- e la breve citazione di cui sopra, il resto dei personaggi che compaiono in questo primo capitolo sono tutti miei OC.
La terza: vedrete dei bambini cresciuti forse troppo in fretta -non proprio come nel Trono di Spade, ma quanto ad età per poter iniziare, volendo, ad addestrarsi al combattimento o sposarsi più o meno siamo lì- con capacità acquisite che di norma sarebbe difficile trovare. Ma se -canonicamente- la figlia di Kozmotis Pitchiner sapeva utilizzare bene una piccola nave a sei anni, alla fine non c'è nulla di strano neppure in questi qua.
La quarta: ...se l'introduzione che avete letto è strana, bizzarra e confusa è perché non sapevo cosa accidenti scriverci, sinceramente :'D

E niente, buona lettura :)



= Tales of the Golden Age =

Piccoli nobili, piccoli supereroi, piccole battaglie.
Ma nemmeno tanto.




La guardia cadde a terra con un gemito e un tonfo sordo. Una volta svenuto, il povero ghoul del deserto venne trascinato in un punto nascosto, legato come un salame e imbavagliato.
Due figure, una più piccola dell’altra, si mossero rapidamente in direzione delle astronavi.

«presto, presto!...ma vuoi muoverti, Aladohar?!»

«lo sto facendo!!!»

Anche impegnandosi più che poteva, un bambino di nove anni difficilmente avrebbe potuto correre più velocemente di una di undici, e poco contava che fosse ben allenato, dal momento che anche sua sorella lo era.

«e allora fallo meglio! Se ci scoprono per colpa tua è l’ultima volta che ti porto dietro, quanto sono veri gli Dei!»

Quella non era certo la prima volta che la piccola Lady Nahema fuggiva di nascosto dal palazzo della sua famiglia su Aldebaran I: aveva iniziato a farlo quando aveva sette anni, a volte finendo con l’essere scoperta e altre no, e le punizioni ricevute le volte in cui era andata male non erano servite a farla desistere, se mai il contrario. Nahema tendeva a dare retta a sua madre solo quando capiva che poteva risultarle conveniente, altrimenti faceva di testa propria.

«non ci hanno mai beccati per colpa mia. L’altra volta è stato perché Nihil Ralonrin aveva fatto la spia con nostra madre!» protestò Aladohar, raggiungendo assieme alla sorella una nave di piccole dimensioni.

«perché tu, dopo esserti fatto sorprendere in corridoio, gli avevi detto quel che avremmo fatto» gli ricordò la sorella con un’occhiataccia, mentre apriva il portello della nave «stavolta hai verificato che dormisse come ti ho detto, vero?»

«lo faceva, quando ho guardato in camera sua» le stanze di Aladohar e Ralonrin, di soli cinque anni, erano una vicina all’altra, e Aladohar aveva dato una breve occhiata all’interno mentre passava, senza vedere nulla di strano.

«bene. Sali, sbrigati!»

Il piccolo arciduca, non appena sua sorella si fu voltata, alzò gli occhi al cielo: Nahema aveva sempre la tendenza a dare ordini a tutti, e a volte era un po’difficile sopportarla, ma d’altra parte era un tratto che aveva in comune con la loro madre. Nonostante l’età, Aladohar sapeva benissimo che era Nihil Iyra Aldebaran a tenere le redini, mentre Kerasaas, il loro padre, giocava con intrugli e miscugli nel suo laboratorio da alchimista.

Quando entrambi furono saliti, acceso i motori ed ebbero allacciato le cinture, Nahema decollò rapidamente, e altrettanto rapidamente si lasciarono il pianeta Aldebaran I alle spalle.

«dove andiamo stavolta? Nei territori dei Taurus? Kitah mi è simpatico» disse Aladohar, riferendosi al figlio primogenito di quella Casa, coetaneo di Nahema «magari lo incontriamo in giro…»

«Kitah? Pensavo preferissi vedere Faeliria Orion» sogghignò Nahema «avete già cominciato a mandarvi fiori e pupazzi, se continuate così finiranno col farvi fidanzare di già, per davvero».

«perché, mamma diceva per scherzo?»

«no. In effetti diceva sul serio. Forse è meglio se lasciamo perdere questo discorso».

Aladohar non era l’unico di cui Iyra Aldebaran stesse decidendo il futuro. Nahema infatti era stata già informata sul fatto che più avanti, se tutto fosse andato bene -ma perché dubitarne?- si sarebbe fidanzata nientemeno che col principe Lunanoff, Tsar Lunar XI. La sua famiglia puntava alla corona, lo sapeva, e così facendo sarebbe stato tutto più semplice, ma non aveva ancora deciso se la cosa le piaceva o meno. Bisognava vedere quanto sarebbe stato d’ostacolo alla sua carriera militare.
L’obiettivo suo e della sua famiglia era il regno, ma lei puntava anche a diventare Lady High General of the Galaxies, il massimo grado nell’esercito. Se ce l’avesse fatta, sarebbe stata la prima donna in assoluto ad ottenere quel titolo.
Aveva preso quella decisione a sei anni, assistendo a una cerimonia in onore dell’High General attuale, e si era detta “un giorno io sarò lì al suo posto”. Per tale motivo aveva preteso e ottenuto di iniziare immediatamente l’addestramento che serviva -e lo stesso aveva fatto Aladohar, due anni dopo- e grazie a ciò avrebbe potuto entrare nell’accademia militare tra un anno, invece che due.
I suoi compagni di corso sarebbero stati più grandi di lei, ma ciò non le importava, e non la spaventava: già adesso Nahema andava a caccia del punto debole dell’avversario e colpiva duro, senza mostrare alcun accenno di pietà, e la cosa funzionava.
Non le importava neppure che l’allenamento avesse impedito la formazione di quei minimi accenni di forme femminili che alcune sue coetanee iniziavano a mostrare. Forse più avanti le cose sarebbero cambiate, ma non avrebbe fatto un dramma se così non fosse stato: in considerazione di quel che voleva fare, braccia forti e gambe in grado di sostenere lunghe corse sarebbero state più utili di un po’di seno e un po’di fianchi.

«quindi dove andiamo?»

«ma sei demente? Ho appena nominato Faeliria Orion, secondo te dove andiamo?»

«a casa sua?»

Stavolta toccò a Nahema alzare gli occhi al soffitto. Di norma suo fratello non era un cretino, nonostante la giovane età, ma in certi momenti le faceva venire voglia di mettersi a dare testate contro il muro. «perché secondo te ha senso fuggire di nascosto da casa nostra per andare a imbucarci in casa di un altro nobile che ci rispedirebbe subito da dove siamo venuti, vero?! Tieni» gli appioppò in mano un flacone «copriti la voglia, altrimenti ci riconoscono subito».

«sì infatti, giusto volevo chiederti il correttore».

«ora ce l’hai».

Specchiandosi su una superfice lucida, Nihil Aladohar coprì la strana voglia color vinaccia a forma di stella a otto punte che aveva sulla guancia destra, in basso. Era la caratteristica che rendeva gli Aldebaran immediatamente identificabili, ben più del colore nero/blu dei capelli o del verde dei loro occhi, benché anch'essi fossero tratti largamente diffusi nella loro famiglia. «stavo pensando: ma quando la guardia verrà liberata, non ci beccheranno ugualmente?»

«non ha visto chi è stato, l’abbiamo nascosta bene, e quando la troveranno, se lo faranno, saremo già tornati. Chi lo sa, magari qualcuno è entrato in casa nostra di nascosto chissà come e perché. Zero prove per chiunque voglia accusarci, è questo che conta».

Aladohar, seppur leggermente dubbioso, alla fine si limitò a scrollare le spalle. Se lo diceva lei, che era più grande di lui, magari aveva ragione per davvero…


***

«quindi tra quanto cominci?»

«un mese. Mi sa che non ci vedremo per un po’, eh Aleha?» disse, non riuscendo a mascherare un accenno di amarezza nella voce all'idea.
L’accademia l’avrebbe impegnato per dieci mesi all’anno, con uno solo di pausa tra un quinquemestre e l’altro. Stare lontano da casa non sarebbe stato facile, ne era consapevole, ma avrebbe tenuto duro. Doveva riuscirci. Voleva riuscirci.

«allora sei sempre convinto di voler fare, insomma, il militare?» gli chiese la ragazzina dai lunghi capelli scuri e gli occhi blu, sua dirimpettaia e sua amica praticamente da sempre, stringendosi nel vestito azzurro pallido e accostandoglisi di più sulla panchina che occupavano.
Da quando c'era una data precisa per la partenza, i due cercavano di passare insieme più tempo possibile, consci che avrebbero sentito vicendevolmente la mancanza l'uno dell'altra, e incuranti delle chiacchiere originate da quella frequentazione più che mai assidua. Erano amici, si volevano bene, e non contava nient'altro per nessuno dei due.

Kozmotis Pitchiner, tredici anni e una settimana, annuì con decisione. «sì. Ovvio. Seguirò le orme di mio padre e farò la mia parte per aiutare il regno. Lo volevo prima, e lo voglio ancor di più adesso che…adesso, ecco» concluse bruscamente, e strinse la mano dell'amica in una presa salda, come cercando un contatto che gli desse conforto.

La frase lasciata a metà era “adesso che è morto”, come Aleha ben sapeva. Tutti nel quartiere erano stati al funerale del tenente colonnello Pitchiner, caduto in battaglia appena due mesi prima. Era stato un brav’uomo, benvoluto da chiunque l’avesse conosciuto, dunque non avrebbe potuto essere altrimenti.
Kozmotis, da parte sua, sembrava aver imboccato la strada giusta per finire con l’essere altrettanto amato dalla sua gente. Non era un ragazzino disposto a concedere così facilmente la propria lealtà e la propria fiducia al primo che passasse, ma era un tipo onesto, pronto a dare una mano a chi ne aveva bisogno, e gentile…con chi non rompeva le scatole a lui e agli altri, almeno. Detestava i bulli arroganti -se ne trovava sempre qualcuno in giro-, chi se la prendeva con i più deboli, la falsità, le ipocrisie e le ingiustizie in genere. Diventando un guerriero come suo padre avrebbe potuto combattere tutto ciò, o così lui credeva fermamente.
Poi certo, c’era anche il sogno di diventare Lord High General of the Galaxies, che cullava sin da bambino. Di solito a ottenere quel titolo era qualche nobile delle Costellazioni -sempre per merito, per carità- ma se fosse diventato molto, molto, molto bravo non sarebbe stato un sogno impossibile, e suo padre, che sicuramente vegliava su di lui dal regno degli spiriti, ne sarebbe stato orgoglioso.

«ti capisco. Io non credo di avere le caratteristiche giuste per entrare nell’esercito, ma mi piacerebbe poter aiutare il regno come faceva tuo padre, e come faceva il mio».

La guerra contro Dream Pirates, Fearlings e gli altri nemici del regno non si era portata via solo il padre di Kozmotis, ma anche quello di Aleha, ormai tre anni prima. Se la madre di Kozmotis non si era lasciata abbattere, la situazione in casa di Aleha era ben più complicata. Sua madre trascorreva tutto il giorno a languire sotto le coperte, e ormai era sua sorella maggiore, Spear, a fare di tutto per tenere a galla quel che restava della famiglia, dibattendosi tra gli studi e la specializzazione in medicina, e lavori di ogni genere: il vitalizio dato alle vedove di guerra non bastava per tre persone, specialmente non nei quartieri alti come quello. Avrebbero potuto vendere la casa e trasferirsi, ma Spear non ne aveva la minima intenzione, non la casa costruita dai loro bisnonni, e le aveva imposto di non dire nulla a nessuno della loro situazione. Aleha, incapace di ribattere, si era limitata a chinare la testa e obbedire. Che altro fare, se no?

«il capitano Sinetenebris era un grand’uomo, e sono sicuro che troverai il modo di aiutare anche senza entrare nell’esercito, vedrai!» sorrise Kozmotis «il regno non ha bisogno di soli soldati».

«lo so. A dirtela tutta lo sai, stavo pensando che forse potrei studiare da infermiera. Mia sorella un giorno diventerà un dottore, e io…»

«penso che potresti essere molto brava, ma non devi farti condizionare troppo da tua sorella. Con tutto il rispetto».

Aveva avuto a che fare con Spear solo indirettamente, in quanto sorella di Aleha, ma non poteva dire che gli piacesse molto. Troppo fredda, troppo dura, anche prima della morte del padre, per non parlare del modo in cui l’aveva sempre guardato dall’alto in basso -in virtù di cosa, poi?-.

«non mi faccio condizionare!» ribatté la ragazzina «ma penso che potrebbe essere una buona idea!»

«ma sì, sì! Non guardarmi in quel modo» borbottò Kozmotis «quand’è che ti ho dato torto? Ti ho anche detto che potresti essere molto brava…quanto sei permalosa, certe volte…»

L’ attenzione di entrambi venne attirata da un bambino con una busta della spesa in mano, che passò loro davanti con aria abbattuta, tirando su col naso. Aleha, naturalmente portata ad aiutare il prossimo -e forse anche un po’ficcanaso- gli si fece immediatamente vicina. «aspetta…tu sei il figlio degli Starr, giusto? Cos’hai?»

Il bambino sollevò gli occhi azzurri arrossati su Aleha, indeciso se raccontarle o meno quel che era accaduto poco prima, ma alla fine si lasciò persuadere. Conosceva quella ragazzina, una volta lo aveva aiutato quando si era sbucciato un ginocchio, e anche la sua mamma la conosceva, e ne aveva sempre parlato bene. «ero andato a fare la spesa per la mamma. Mentre tornavo giocavo con la mia pallina magica…quella che diventa un pesciolino volante…»

«ne ho una collezione, di quelle» Kozmotis si avvicinò, facendogli un breve sorriso. Anche lui e quel bambino si conoscevano, abitava a tre case di distanza sulla stessa via. «e poi? Cos’è successo?»

«un bambino più grande di me mi ha detto che era bella, poi mi ha detto di dargliela, e quando ho risposto di no me l’ha presa, e non me l’ha ridata».

Kozmotis sbuffò, irritato. «li detesto i tipi così. Senti, se vuoi possiamo tornare indietro e convincere quel bulletto a restituirti il maltolto».

Il bambino sorrise speranzoso, ma Aleha era tentennante. «Kozmotis, non vorrei che finissi col metterti nei guai…»

«si tratta di recuperare una pallina magica da un bambino, non vedo come potrei mettermi nei guai. Non finirà mica in rissa! Dai, andiamo, e vediamo se il bulletto è ancora lì».

Aleha si passò una mano sul volto e sistemò il vestito, rassegnandosi a seguirli. Kozmotis doveva sempre fare l’eroe della situazione, altrimenti non era contento! Di solito era un tratto di lui che amava e ammirava molto, ma era anche una caratteristica che purtroppo a volte l’aveva trascinato in qualche scontro, e non conveniva, non ora che mancava un mese alla sua entrata in accademia.

«eccolo, è lui!»

Kozmotis lo avrebbe identificato anche se il figlio degli Starr non gliel’avesse indicato: era quel bambino con i capelli nero-blu, ben vestito, seduto su un vecchio tubo all’interno del parco abbandonato, che giocava con aria arrogante e indolente con la pallina rubata, lanciando ogni tanto qualche occhiata al negozio di dolci lì davanti. Aveva qualche anno meno di Kozmotis, si capiva dai tratti del viso, ma a giudicare dalla lunghezza delle gambe non c’era tanta differenza d’altezza tra loro.

«ehi».

Aladohar, intuendo che stessero dicendo a lui, si voltò a osservare il gruppetto. «ehi».

“il bambinetto ha portato i rinforzi” pensò. La ragazzina mora con le meches ramate non lo impensieriva affatto, ma non poteva dire lo stesso del tizio con i capelli neri e quel naso che probabilmente mamma Iyra avrebbe definito “notevole”. Era alto quanto Nahema, e a guardargli braccia e gambe neppure lui sembrava nuovo a corse e allenamenti vari. Se le cose si fossero messe male forse avrebbe potuto sfruttare il fatto di essere un po’più piccolo e quindi forse più agile, ma nel dubbio sperava che sua sorella uscisse presto dal negozio di dolci in cui era -malvolentieri e dopo una tremenda sequela di rimproveri- entrata per accontentarlo, quando le aveva detto di avere fame.

«quel giocattolo non è tuo, ma di questo bambino, e tu gliel’hai rubato. Restituisciglielo subito» gli ordinò seccamente Kozmotis.

«suo? Macché. È mio. Non devo restituire proprio niente a nessuno».

«bugiardo! È mio, lo sai che è il mio! Ridammelo!!!» gridò il bambino.

Kozmotis non conosceva il nome di quel tipo, ma già lo detestava. «quanto si deve essere vigliacchi per rubare un giocattolo a un bambino più piccolo, e poi negare quello che hai fatto in modo tanto sfacciato? I bulli non mi piacciono, e mi piace ancora meno che se la prendano con i bambini del mio quartiere, per cui-»

«bla, bla, bla!» lo interruppe Aladohar con una smorfia «che importa a me di quello che non ti piace?»

Quante seccature per una stupida pallina magica. Forse avrebbe potuto evitare di prenderla a quel bambino, ma gli era piaciuta, e lui in casa aveva diversi tipi di giochi ma non quello, per cui cosa c’era di strano nell’essersene appropriato? Se quel bambino gliel’avesse ceduta appena gliel’aveva chiesta, non avrebbe dovuto togliergliela di mano.

Aleha lanciò un’occhiata preoccupata a Kozmotis. Di quel passo avrebbe dato in escandescenze da un momento all’altro, e non era proprio il caso. «Kozmotis, forse è meglio se lasciamo perdere, lo ricompro io il giocattolo a-»

«ma nossignora! Non esiste proprio, Aleha! Sentimi bene» si avvicinò minacciosamente ad Aladohar «ora tu restituisci immediatamente quel giocattolo, sennò io-»

«“sennò” che? Non mi faccio minacciare da uno come te, anche se sei più grande non mi fai paura, e non mi faccio dire da te quello che devo fare. Se vuoi questa stupida palla me la dovrai strappare dalle mani, ma è meglio per te se ne vai via: sei noioso».

Strappargli la palla dalle mani? Kozmotis non chiedeva di meglio, e ignorando le proteste di Aleha agì di conseguenza, avventandosi addosso a quel piccolo arrogante.
Appena gli ebbe stretto il polso, però, qualcuno lo afferrò da dietro facendogli perdere l’equilibrio e lo scaraventò a terra con forza. Kozmotis per fortuna riuscì a cadere bene, e appena toccata terra era già pronto a rialzarsi, con gli occhi puntati sulla sua nuova avversaria, una ragazzina alta quanto lui -e a giudicare dalla mossa che aveva appena fatto anche altrettanto forte- che lo stava fulminando con lo sguardo.

«non so chi sei e cosa vuoi, ma se tocchi mio fratello io poi “tocco” te».

Se il bambino bullo non gli piaceva, quella ragazzina -la sorella, a quanto pareva- per qualche motivo gli piaceva ancora meno. Gli trasmetteva una brutta sensazione, così a pelle, al di là del fatto che l’avesse appena scaraventato al suolo. Kozmotis era un cavaliere, non aveva mai alzato un dito su una donna, eppure quella lì l’avrebbe presa a pugni volentieri. «tuo fratello è un vigliacco, un ladro e un bugiardo che ha rubato un giocattolo a un bambino più piccolo e ha pure la faccia tosta di negare l’evidenza!» esclamò, rialzandosi.

Nahema lo squadrò da capo a piedi. «cosa saresti, il supereroe del quartiere? Ma per piacere! E tu» rivolse lo sguardo ad Aladohar, che parve rimpiccolire «che bisogno avevi di prendergli quel giocattolo? Dammelo» gli intimò bruscamente.

“chiunque sia è abituata a dare ordini, e si vede” pensò Aleha. Pur avendo intuìto ciò, però, non riusciva a capire quanti anni avesse quella ragazzina. La sua curiosa pettinatura -una moltitudine di treccine sottili, raccolte in una coda di cavallo- non l’aiutava.

«mi piaceva…» borbottò Aladohar, affrettandosi a consegnare il giocattolo alla sorella appena questa tese la mano.

«è l’ultima volta che ti porto con me, puoi starne sicuro. Ma guarda se devo discutere con certa gente per colpa di un cretino» con “certa gente” ovviamente intendeva il ragazzino che, se mai un giorno avesse voluto davvero diventare il supereroe del quartiere, non avrebbe potuto farsi conoscere in altro modo se non “Super Naso”. Non le era ancora del tutto antipatico, ma di sicuro le dava l’idea di un povero idiota. «eccoti la palla magica» disse al bambino, porgendogliela con una certa grazia «e con questo direi che il caso è chiuso. Andiamo, Al».

«no invece!» sbottò Kozmotis, parandosi davanti a Nahema «non mi è parso che tuo fratello si sia scusato per quel che ha fatto, quindi il caso non è chiuso per niente!»

D’accordo. Aveva capito. Super Naso cercava rogne. «sì che lo è, ah…come ti chiami?»

«sono Kozmotis Pitchiner, figlio del tenente colonnello Pitchiner, e se dico che una faccenda non è chiusa, allora vuol dire che non è chiusa!» disse il ragazzino, con decisione.

“e io sono l’arciduchessa Nihil Nahema della Casa Aldebaran, per cui il tuo essere figlio di un tenente colonnello mi importa meno di zero, ma se non altro adesso conosco la vera identità di Super Naso” pensò Nahema. «e se io dico che fai meglio a toglierti di torno immediatamente, allora vuol dire che fai meglio a toglierti di torno immediatamente. Il bambino ha riavuto il suo giocattolo, tu ti sei divertito a fare il supereroe per farti sbavare dietro dalla tua amica» Aleha, nel sentirsi nominare in quel contesto, trasalì «direi che basti».

«non riferirti ad Aleha in quel modo» disse piano Kozmotis, irrigidendo i pugni «lasciala in pace».

Ormai si erano avvicinati talmente tanto l'uno all'altra che i loro nasi quasi si sfioravano, e nessuno dei due sembrava intenzionato ad abbassare lo sguardo.

«a me non importa nulla né di lei né di te» disse freddamente Nahema «togliti di torno, Super Naso».

Della serie “la goccia che fa traboccare il vaso”.
L’istante dopo Nihil Nahema e Kozmotis si saltarono addosso contemporaneamente, entrambi con l’intento di spaccare la faccia all’avversario. Finirono però col bloccarsi a vicenda le mani, fronteggiandosi senza dire una parola in una prova di forza in cui nessuno dei due sembrava prevalere. Nahema fu la prima a lasciare la presa, e si abbassò velocemente per assestare a Kozmotis un calcio dritto allo stomaco che egli, tuttavia, riuscì a parare efficacemente.

«Kozmotis! Me lo sentivo che sarebbe finita male, me lo sentivo!...» Aleha si mordicchiava le unghie, avrebbe voluto fermarli, ma come farlo senza finire a farsi colpire a sua volta?

Kozmotis cercò di assestare un pugno dritto in volto a Nahema, ma invece fu lei a picchiarlo con forza ad uno zigomo, facendogli vedere per un attimo un sacco di scintille bianche. Lui comunque incassò, non desistette, e mettendo da parte il dolore scattò, riuscendo a colpirla dritta all’addome. A quel punto, vedendola piegarsi in una posa semi accovacciata, ne approfittò per darle un colpo in testa, illudendosi di terminare così la lotta; per un attimo, vedendo che aveva ferito la sua avversaria, temette persino di aver esagerato.
Comprese che sbagliava appena Nahema strinse il suo avambraccio destro in una morsa e, dopo averlo tirato giù in avanti, gli scagliò un pugno dritto sotto al mento che lo fece cadere all’indietro. Non contenta di ciò, la ragazzina si lasciò cadere in ginocchio sul suo ventre, iniziando a prendere a pugni ogni centimetro quadrato del suo corpo che riuscisse a raggiungere, e quando sentì il “crack” del naso di Kozmotis, che si incrinò, tutto pensò meno che di aver esagerato. Le regole erano sempre le stesse: colpire duro e colpire senza pietà.

«e vai così!» esultò Aladohar.

Aleha a quel punto non riuscì più a rimanere ferma a guardare, e cercò di spingere via Nahema. «basta, smettila!»

«ma scansati!…» fu Aladohar, invece, a spingere via Aleha, che riuscì a reggersi in piedi solo per miracolo. «è tutta colpa del tuo amico, gliel’avevamo detto di farla finita!»

Vedere la sua amica bistrattata, tuttavia, diede a Kozmotis la forza necessaria a bloccare le mani di Nahema, e a colpirla in volto con una solenne testata. Stavolta fu lei a vedere le scintille bianche, prima di cadere all’indietro.

Aleha prese tra le braccia il figlio degli Starr, allontanandolo ulteriormente dallo scontro. «torna a casa. Corri dalla tua mamma. Sono stata stupida a non avertelo detto prima. Vai!»

«ma il tuo amico-»

«Kozmotis se la cava. Vai!» ripeté Aleha, e dopo un’ultima esitazione in bambino le obbedì.

«vi ho detto di lasciarla in pace!!!» gridò Kozmotis, avvicinandosi pericolosamente ad Aladohar.

«vi avremmo lasciati in pace tutti e due se vi foste fatti gli affari vostri. Non cercavamo guai, noi!» ribatté Aladohar, senza indietreggiare di un passo. Il motivo era semplice: Nahema si era appena rialzata, e fu lesta ad assalire l’avversario alle spalle, bloccandogli il collo in una morsa che se prolungata avrebbe potuto tranquillamente farlo svenire.

«Aladohar…fai una bella cosa…stai zitto!» sbottò Nahema, la voce spezzata per lo sforzo. Quel tizio era forte quanto lei, non sarebbe riuscita a trattenerlo ancora per molto, e tantomeno a farlo svenire. Urgeva mollare la presa ed escogitare qualcos’altro.

«…Kozmotis!»

Una voce poco distante, femminile e decisamente adulta. Va’ a vedere che il bambino della pallina magica aveva chiamato i rinforzi di nuovo. Poco male, forse così facendo le aveva offerto una nuova scappatoia.
Kozmotis non aveva sentito la voce chiamarlo, ma sentì Nahema lasciare la presa sul suo collo, e non esitò ad approfittarne, volgendosi verso l’avversaria, che aveva le braccia lungo i fianchi e il mento sollevato. Il ragazzino la vide come un’occasione d’oro e, senza esitare, afferrò il collo della sua sfidante, e la sollevò persino da terra. «hai finito di giocare, eh?!» le ringhiò contro con rabbia «tu e tuo fratello non-»

Gli aveva sorriso?...perché?

«Kozmotis Pitchiner, che diamine stai facendo?!!»

Le dita del ragazzino si aprirono di scatto, lasciando che Nahema ricadesse a terra. Deglutì, e si volse lentamente a guardare indietro. «ehm. Mamma…è una lunga faccenda…»

Kozmotis Pitchiner temeva poche cose, ma sua madre era senz’altro tra queste, più che altro per tutti gli inseguimenti e le botte col battipanni sul sedere ogni volta che tornava a casa dopo aver fatto a botte. Sua madre non voleva che andasse a litigare in giro, non le importavano i perché e i percome, e Kozmotis doveva ancora capire per quale miracolo divino avesse più o meno accettato l’idea che lui volesse entrare in accademia.
Era suo padre a comprenderlo -seppure non approvasse la sua eccessiva impulsività in certe cose- e lui ormai non c’era più.

«non devi andare a fare a botte in giro, te l’ho detto miliardi di volte, e adesso il discorso è ancora più valido! Ti sei dimenticato dov’è che andrai tra un mese?!» la signora Pitchiner era molto più bassa del figlio e decisamente paffuta, ma altrettanto energica «se continui così finirai a metterti in qualche guaio serio, e allora potrai dimenticarti l’esercito, perché di combinaguai nell’accademia militare non ne vogliono!»

Il figlio degli Starr, sentendosi in colpa per la predica ricevuta da Kozmotis, scappò via. Quando Aleha gli aveva detto di andarsene, e aveva incontrato per caso la mamma di Kozmotis, aveva pensato fosse una buona idea dirle che stava succedendo qualcosa di spiacevole, nella speranza che facesse finire tutto. Era stato così in effetti, ma l’umiliazione per quel rimprovero pubblico si rifletteva sulle gote rosso fuoco del povero Kozmotis, che trovava il tutto alquanto ingiusto.

«picchiare una ragazzina, poi! Si può sapere cosa ti è saltato in testa?!»

«ma lo vedi come sono ridotto?!» gridò Kozmotis, inascoltato.

«signora Pitchiner, Kozmotis ha solo-» provò a dire Aleha, ma venne interrotta bruscamente dalla signora con un gesto della mano.

«tu non fai testo, Aleha, sei una brava ragazza e so quanto vuoi bene a Kozmotis, per cui so anche quanto sei pronta a coprirgli le spalle» disse, e si avvicinò a Nahema, che era rimasta seduta a terra «qualunque cosa sia successa con mio figlio mi dispiace, è un bravo ragazzo ma è tremendamente impulsivo, e il modo in cui si è comportato è assolutamente-oh miei Dei».

Per un istante Nahema la guardò perplessa, poi notò che la signora stava fissando il lato in basso a destra del suo volto, quello dov’era la voglia. Probabilmente nella lotta il trucco era andato via in qualche modo, rendendola visibile.

Aleha, in quell’atmosfera di sbigottimento generale, notò il fratello della ragazzina pulirsi la guancia in basso a destra, scoprendo una specie di voglia che fino a un attimo prima non si vedeva. Significava di certo qualcosa, ma al momento non riusciva a capire di preciso cosa.

«oh miei Dei» ripeté la signora Pitchiner, pallida e incredibilmente impaurita «milady, sono costernata, io non avevo…non pensavo…» balbettò, prodigandosi nell’aiutare Nahema a rialzarsi «Kozmotis, scusati immediatamente» gli intimò la madre, sempre più allarmata «lo sapevo che un giorno…te l’avevo detto che non si va in giro a litigare, quante volte te l’ho detto?!»

Kozmotis ora era decisamente confuso, e l’agitazione della madre iniziava a contagiare anche lui. Non l’aveva mai vista così preoccupata, e l’aveva vista altrettanto pallida solo due mesi prima, quando aveva ricevuto la notizia della morte del marito. «mamma, ma che succede? Io non capisco…»

«signora, non dovete preoccuparvi» disse Nahema, con aria conciliante «è stato solo un piccolo equivoco. Mio fratello minore» indicò Aladohar con un cenno del capo «non si è comportato troppo bene, sia io che vostro figlio a quanto pare siamo un po’impulsivi, una cosa tira l’altra e…» fece spallucce «sono i rischi che si corrono quando si esce di casa senza farsi riconoscere. In un certo senso siamo noi che ce la siamo cercata».

Kozmotis era allibito quanto profondamente indignato sia per quel cambio d’atteggiamento della sua avversaria, sia per il comportamento di sua madre, sia per aver capito che quella lì si era lasciata afferrare il collo di proposito, perché sua madre vedesse lui in atteggiamenti compromettenti! «non “in un certo senso”, siete stati proprio voi a-»

«milady, no, non è assolutamente colpa vostra e di vostro fratello, non ditelo neppure! E tu, Kozmotis, taci! Per gli Dei» si passò una mano sul viso «sono mortificata, credetemi…Kozmotis, inginocchiati e scusati come si conviene per aver alzato le mani su di lei».

«ma mamma!...»

«adesso!»

Del tutto controvoglia, con lo sguardo ostile e pieno di rabbia per quella che reputava un’ingiustizia completa, Kozmotis obbedì alla madre, inchinandosi di fronte a quella ragazzina diabolica che detestava, di cui non conosceva neppure nome e titolo. «chiedo umilmente perdono per aver alzato le mani su di voi» disse, col tono di voce che però suggeriva tutt’altro «milady».

«lo apprezzo, ma non era necessario, né io ne mio fratello siamo arrabbiati con vostro figlio, quindi che si rialzi pure» disse Nahema.

Aleha notò che, in tutta la gentilezza che mostrava al momento, non sembrava aver calcolato minimamente le scuse di Kozmotis, livido di rabbia e di vergogna. Occhieggiò anche il fratello, che osservava la scena con aria decisamente soddisfatta. Di sicuro anche la ragazzina provava la stessa cosa, ma era più brava a nasconderlo, e Aleha non sapeva dire se fosse meglio o peggio.

«permettetemi di invitare voi e vostro fratello nella mia umile dimora per offrirvi assistenza, milady, è il minimo che possa fare dopo quel che ha combinato questo scapestrato!»

Nahema a quel punto voleva solo togliersi di torno e riprendere la gita, ma quella povera donna era veramente spaventata e preoccupata, rifiutare il suo aiuto sarebbe stato scortese e, ultimo ma non per importanza, rimanere sarebbe stata un’ulteriore seccatura per Super Naso. «accetto la vostra generosa offerta. Avete la gratitudine di lady Nihil Nahema, primogenita della famiglia Aldebaran…»

«…e di Lord Nihil Aladohar» aggiunse il bambino, affiancando la sorella «secondogenito».

Aleha impallidì. Lei e Kozmotis si scambiarono un’occhiata. L’atteggiamento della signora Pitchiner adesso era molto più comprensibile: Aldebaran = arciduchi = nobili delle Costellazioni molto molto in alto. C’era da chiedersi perché fossero venuti lì, e proprio in incognito, ma il problema sicuramente non era quello.

La madre di Kozmotis si allontanò assieme ai due fratelli, mentre Kozmotis e Aleha rimasero indietro.

«“nobile sangue, nobile cuore”?» così recitava il proverbio riguardante i nobili della Golden Age «quei due sono l’eccezione che conferma la regola» mormorò Kozmotis.

«adesso che so chi sono, se non ricordo male sono entrambi più piccoli di noi...fare qualche stupidaggine è normale, e forse fai meglio a non dire altro» ribatté Aleha «se mai spera che lascino perdere sul serio quel che è successo».

«sentimi bene, né tu né io quand’eravamo più piccoli abbiamo rubato un giocattolo ad un altro bambino, non c'è età che tenga, e se sono veramente chi dicono di essere possono comprarsi tutte le palline magiche che vogliono!» sibilò il ragazzino «quell’Aladohar è un piccolo arrogante, e Nahema è…è cattiva! L’hai vista come mi prendeva a pugni!»

«vi siete saltati addosso nello stesso momento, Kozmotis…»

«nemmeno tu mi sostieni, tu che c’eri?!» s’infuriò lui, sentendosi tradito «che razza di amica sei?! Basta, non voglio vederti più!» gridò, e si allontanò da lei zoppicando, incurante dei lividi e di tutto il sangue che gli sporcava il volto e gli abiti. Era una reazione piuttosto infantile, ma in quel momento di sentiva abbandonato da tutto e tutti, e avrebbe solo voluto che suo padre fosse lì. Lui avrebbe capito, lui capiva sempre…

«Kozmotis, torna indietro! Kozmotis!»

Lei gli voleva bene, gli riconosceva tanti pregi, ma purtroppo Kozmotis sembrava incapace di capire che il mondo non era tutto in bianco o nero, e sperava per lui che ciò, crescendo, sarebbe cambiato. Con un sospiro lo seguì, augurandosi di riuscire a farlo ragionare.


***

Quando tre ore più tardi Kozmotis, dopo essersi rappacificato con Aleha, tornò a casa, trovò sua madre seduta accanto al tavolo, coi gomiti poggiati sul ripiano e il volto nascosto tra le mani. La donna, avendolo sentito rincasare, le tolse, rivelando un’aria terribilmente stanca. «siediti» disse, piano.

«mamma…»

«per piacere».

Dopo una breve esitazione Kozmotis si sedette mentre, curiosamente, sua madre si alzò. Il ragazzino, perplesso e un po’preoccupato, la sentì aprire il rubinetto dell’acqua, e qualche secondo dopo la vide riavvicinarsi a lui.

«solleva il viso, così posso dargli una pulita e vedere in che condizioni è».

Kozmotis obbedì nuovamente, stupito. Si era aspettato l’ennesima predica, e invece no, mamma gli stava pulendo delicatamente il volto con un fazzoletto bagnato, con l'infinita premura che solo una madre poteva avere.

«le nobili di oggi non sono più quelle di una volta» commentò la signora «quella ragazzina ha solo undici anni, così mi ha detto, e a giudicare da quel che vedo picchia duro quanto un ragazzo di sedici. Il naso?...»

«se lo tocco fa male, ma non credo sia proprio rotto-rotto» mormorò Kozmotis «o almeno, non credo».

«dopo chiamo comunque il medico».

Per un po’nessuno dei due disse nulla, anche se Kozmotis avrebbe avuto molto di cui parlare. La rabbia per l’ingiustizia subita bruciava ancora, ma diminuiva un po’ad ogni tocco delicato della madre.

«io non voglio che tu vada in giro a litigare. Lo sai» esordì all’improvviso la suddetta «te l’ho sempre detto. E anche tuo padre te lo diceva».

«ma-»

«fammi finire. Nonostante questo, non pensare che vederti così mi abbia lasciata indifferente. Tu sei il mio unico figlio, sei tutto quello che ti rimane, vederti ferito fa più male a me di quanto ne faccia a te. Ho agito come ho fatto per cercare di arginare i danni, e non compromettere il tuo prossimo futuro. Seguire le orme di tuo padre è sempre stato il tuo sogno, nonché il suo, e anche se io non sono d’accordo non posso che rispettarlo, e aiutarti ad andare avanti. Se sono stata così ossequiosa con quei due, se ho cercato di rabbonirli in tutti i modi, è perché la parola di un nobile delle Costellazioni può distruggere questo sogno come se nulla fosse. “Nobile sangue, nobile cuore”…ma il cuore di chiunque diventa meno nobile, se la sua primogenita torna a casa arrabbiata e con dei lividi».

«se lo sarebbero meritato tutti e due. Lui aveva rubato un giocattolo al figlio degli Starr…poi Nahema ha rimproverato suo fratello e glielo ha restituito, ma non pensava che fosse necessario scusarsi».

«hanno nove e undici anni, per cui hanno tempo di migliorare» disse la signora Pitchiner «anche perché non penso possano peggiorare oltre».

«quindi tu non pensi bene di loro!» esclamò Kozmotis, sorpreso.

«entrambi si sono comportati bene con me, non hanno sbagliato d’un picco, e proprio per questo dico che non potrebbero essere peggio di così. Nessun bambino di undici e nove anni, di natura, parla e si comporta in quel modo. Era tutta una finzione, e loro erano veramente bravi» dichiarò «altri forse non se ne sarebbero resi conto e li avrebbero trovati deliziosi nella loro gentile clemenza, ma io sì. Lei in particolare, fa quasi paura...Lady Nahema, dico. Spero che la faccenda finisca qui per davvero, che non ci siano ripercussioni, e di non dover incontrare più nessuno dei due. Io ho fatto tutto quel che potevo» incluse le pubbliche scuse in ginocchio a cui aveva costretto Kozmotis, e oh, dover fare una cosa del genere per evitare di peggio l'aveva seccata eccome.

«me lo auguro anch’io» disse Kozmotis, con sincerità e rinnovato amore verso sua madre «…che hai?»

«la speranza vana che Lady Nahema non riesca a entrare nell’accademia militare prima che tu ne sia uscito. Abbiamo fatto due chiacchiere, e sembra che potrebbe entrare con un anno d’anticipo».

«che cosa?! Se finiamo nella stessa sede potremmo ritrovarci insieme due anni interi! Non che mi faccia paura, io posso batterla» puntalizzò «credo. Ma sarebbe…brutto».

“se siete alla pari adesso che lei ha due anni meno di te, che ne sai di come saranno le cose in futuro?” pensò la signora Pitchiner, senza esprimersi. «voglio che tu mi prometta che d’ora in poi starai attento, Kozmotis. Ma attento per davvero, non come al solito».

Si guardarono negli occhi, occhi identici, l’unico tratto che Kozmotis avesse ereditato da lei.

«lo farò, mamma. Te lo prometto».


***

«…davvero vuoi lasciare che finisca così?»

«Aladohar, sua madre l’ha rimproverato in pubblico e obbligato a scusarsi in ginocchio, se ci accanissimo sarebbe stupido. È solo un tredicenne disgraziato che si crede un supereroe, non vale la pena perdere tempo con lui. Non mi importa niente di Kozmotis Pitchiner, e non dovrebbe importare nemmeno a te» aggiunse «imparerai. Quando avrai la mia età capirai».

Aveva solo due anni più di lui, undici, e parlava come una donna vissuta. Avrebbe fatto quasi ridere, se non avesse avuto ragione. Erano Aldebaran, avevano degli obiettivi da raggiungere, e dovevano crescere in fretta, con tutto quel che comportava…

Oh. Maledizione.

«Nahema…vedi anche tu mamma, Ralonrin e delle guardie vicino al punto dove noi dovremmo atterrare?»

Certo che Nahema li vedeva, e vedeva anche che mamma Iyra, come al solito di una bellezza quasi ultreterrena nel suo stretto abito dorato, era palesemente irritata. «mi avevi detto che Ralonrin dormiva!»

«ne ero convinto! Avevo controllato! Non dirmi che ha fatto finta…»

«a questo punto direi di sì. Ultima volta che ti porto dietro, è deciso» disse, preparandosi ad atterrare.

Aladohar guardò a terra, decisamente agitato. «ma se tornassimo indietro e chiedessimo asilo politico a Faeliria? A Kitah? A chiunque?»

«potremmo chiedere asilo politico solo se fossero in un regno diverso dal nostro, e comunque pensi davvero che servirebbe a qualcosa? Siamo Aldebaran. Possiamo proteggerci da tutto, ma non da noi stessi».

Pura verità. Aladohar sospirò. «se chiedono dei tuoi lividi diciamo che sei caduta?»

«esatto».

Li aspettava un brutto quarto d’ora, ma in fin dei conti era giusto così: come dice il proverbio, “a ognuno il suo”.

Nobili compresi.




Ci tengo a ringraziare chiunque sia stato così paziente da leggere fino alla fine :)

Prima che me lo chiediate, sì, Aleha nel mio immaginario è la futura moglie di Kozmotis. Lady Pitchiner nel canon è una figura di cui non si conosce neppure il nome, e tantomeno l'aspetto (ho provato a cercare informazioni ufficiali a riguardo senza trovarne neanche mezza) per cui ho potuto farla un po'come mi pareva.
Per il resto, chi segue la mia pagina su FB, o il mio profilo su Manga.it, probabilmente già conosce Nahema, Aladohar e gli altri Aldebaran, ormai adulti -e no, la madre di Kozmotis non ha sbagliato di di loro, li ha inquadrati più che bene :'D- .

Alla prossima,

_Dracarys_

   
 
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