Serie TV > Grey's Anatomy
Ricorda la storia  |      
Autore: _only_ hope_    27/12/2015    4 recensioni
Teddy Altman sta avendo una giornataccia.
Henry Burton decide di farsi ricoverare solo per trascorrere del tempo con lei (a detta sua).
Una chiacchierata, tanti sorrisi e molto romanticismo.
[si colloca tra le puntate 8x07 e 8x10]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Henry Burton, Teddy Altman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

micro-nota iniziale: la storia si colloca tra le puntate 8x07 (puntata della partita di baseball, per intenderci) e la 8x10

Buona lettura!



Partiamo
ovvero, quel giorno in cui Henry Burton era ricoverato in ospedale ed ebbe troppo tempo per pensare


L'acqua scorreva calda sulle sue mani, ma non era d'aiuto per il loro tremore, visto che non era dovuto al freddo. O, meglio, era dovuto al freddo che provava internamente. Si bagnò anche il viso, facendovi scorrere sopra le mani molto lentamente, lasciando gli indici premuti contro gli occhi per qualche secondo.
"Sarebbe scoppiata lo stesso." la voce piatta e tremendamente razionale della Yang riuscì a trovare uno spiraglio per entrare nel suo cervello.
"Lo so." ribatté sicura.
"Le tremano le mani, vuol dire che-"
"Lo so che cosa vuol dire, Cristina." la interruppe la bionda, scocciata: significava che temeva di aver commesso un errore in sala. "Come so che quell'arteria si sarebbe perforata. Ho sbagliato ad intervenire: era troppo presto, ma se non fossi intervenuta sarebbe morta ugualmente. Era spacciata, lo so." solo che a volte sperava di riuscire a guarire anche i casi impossibili, soprattutto quando si affezionava troppo ai pazienti. Inoltre, odiava infondere speranza nelle famiglie e poi dover comunicare loro che il loro caro era deceduto sul tavolo operatorio: a volte era più facile stare in Iraq, dove morivano molte più persone sotto i ferri, ma non c'erano mogli, genitori o figli a cui doveva portare cattive notizie. Sospirò, fermò il getto dell'acqua e si asciugò le mani, il tutto sotto lo sguardo attento ed allo stesso tempo sospettoso della sua tirocinante: era pronta per andare a parlare con Tom e i suoi figli. In quel momento, però, suonò il suo cercapersone:
"Dannazione, lo sanno che sono in sala!" esclamò, scocciata.
"Parlo io con la famiglia: vada." Teddy sbuffò contrariata, ma alla fine cedette, ripromettendosi di andare a cercare i famigliari della sua paziente non appena avrebbe finito, e cominciò a correre verso le scale che l'avrebbero portata al secondo piano.
Arrivò in cima ansimando, ma allo stesso tempo grazie alla corsa si era ripresa dalla batosta dell'intervento ed era pronta a salvare un'altra vita: trovò colui che l'aveva chiamata al banco delle infermiere.
"Spero per te che sia qualcosa di serio." a sentire quelle parole, pronunciate a scatti, Owen si voltò e la squadrò da capo a piedi, perplesso, al che lei sorrise divertita, gli occhi verdi che scintillavano. Qualche anno fa lui aveva amato quello scintillio, che la rendeva ancora più bella, e in quel momento lo amava Henry, più di quanto non lo avesse mai fatto lui.
"Se non vuoi sapere che tuo marito se ne sta sdraiato beatamente nella 329 ti lascio andare."
"Che succede a Henry?!" l'improvviso cambiamento nel tono di voce della Altman lo portò a sorridere: la conosceva da anni, ma non l'aveva mai vista così preoccupata fino a tre mesi prima. Da quando la sua migliore amica si era dichiarata innamorata di suo marito, quando le parole 'Henry Burton' ed 'ospedale' si combinavano il suo comportamento mutava radicalmente.
"Nulla di grave, lo tengono in oss-" cominciò a spiegare, poi si rese conto del fatto che la Altman non era più accanto a lui.
Lo comprese anche Henry, che la vide non appena si appoggiò allo stipite della porta, improvvisamente restia ad entrare, come quando la loro relazione esisteva solo su carta.
"Ciao, tesoro." la salutò tranquillo, mentre lei lo guardava come se venisse da un altro pianeta.
"Stai bene?" ribatté senza neppure salutarlo.
"Alla grande!" esclamò lui, mentre con la mano destra le faceva cenno di avvicinarsi. In un attimo lei si stese sul letto accanto a lui, la testa vicina alla sua, gli occhi che si immergevano gli uni negli altri. Teddy resistette all'impulso di poggiare la testa sul suo petto: avrebbe voluto sentire il suo cuore battere, assicurarsi che fosse vivo, come faceva spesso di notte quando si svegliava a causa dei fantasmi del passato e aveva paura che anche lui se ne fosse andato.
Gli passò una mano tra i capelli e sorrise. "Sicuro?"
"Sicurissimo"
"E allora che ci fai qui?" obiettò lei a quel punto, alzando un sopracciglio.
"Stavo andando a comprare l'insulina e sono svenuto. Nulla di grave, davvero: vogliono solo assicurarsi che tutto ritorni nella norma e che il mio cervello non dia in escandescenza. Se questa sera vai a casa mi dim-" si corresse non appena notò l'espressione pensierosa di lei. "Mi diverto a stare qui, davvero: mi viziano come un bambino, soprattutto il dottor Webber. Poi se questa sera vieni a dormire qui-" lasciò volutamente la frase in sospeso.
"Potrei." sorrise lei, mentre uno sbadiglio la investiva in pieno.
"Dormi un po' anche ora, su. Non ti fermi mai un attimo: potrei cominciare preoccuparmi."
"Devo lavorare."
"Ti lascio andare solo se vai a mangiare qualcosa e poi mi porti un budino. Non oso immaginare da quanto tempo non metti in bocca qualcosa che non sia acqua: quando sono arrivato, ore fa, eri già in sala."
Teddy scosse la testa per dimenticare quello stupido intervento e, decidendo di ribattere solo alle prime affermazioni, gli diede un pugno leggero sulla spalla. "Sciocco. E goloso."
"Bisogna essere davvero disperati se si è golosi del budino della mensa." lei finalmente rise alle sue parole, mentre lui ricordava a se stesso che farla ridere e stare bene era ormai diventato lo scopo della sua vita. E che quel budino gli piaceva solamente quando Teddy lo mangiava assieme a lui.
"E poi ho un disperato bisogno di zuccheri dopo tutto lo jogging che mi hai fatto fare questa mattina."
"Mmmh... ti ricordo che sei stato tu a volermi seguire." obiettò lei, ad occhi chiusi e quasi nel mondo dei sogni: quella mattina stava uscendo di casa quando lui l'aveva rincorsa e fermata.
"Ti seguirei ovunque."
"Quindi è per questo che sei svenuto in mezzo alla strada." osservò, ironica.
"Potrebbe essere." la Altman rise brevemente, e a Henry quasi dispiacque non poter ammirare anche i suoi occhi; le carezzò il viso con la mano sinistra, e la sentì prima rabbrividire poi rilassarsi sotto al suo tocco.
"Stavo pensando..." rifletté a voce alta, mentre lei sorrise ed evitò di domandargli stupita se davvero fosse in grado di pensare. "Sì, a volte penso. Sai, ho molto tempo per farlo." replicò lui alzando un sopracciglio, intuendo i suoi pensieri.
"Siamo telepatici, ora?" commentò a quel punto lei.
"Sai a che cosa stavo pensando?!"
"Non ancora così telepatici."
"Mi consolo, perché a volte è meglio se non conosci i miei pensieri."
"Sciocco." rise lei, al che lui trasse un respiro profondo e disse tutto d'un fiato:
"Domani quando usciamo di qui posso portarti fuori a cena?"
Notò subito gli occhi di sua moglie spalancarsi e riempirsi di stupore.
"Lo prendo per un sì?" commentò, divertito.
"Dipende... dove mi porteresti?" ribatté l'altra riabbassando le palpebre: erano sposati da quasi un anno, ma non erano mai usciti a cena assieme, se si escludevano i pranzi take away consumati nell'appartamento di Henry l'anno prima tra un appuntamento e l'altro di Teddy, la cena a lume di candela saltata e i pasti nella mensa dell'ospedale.
"No, niente anticipazioni: deve essere una sorpresa." obiettò lui, cercando di non farle notare la sua totale mancanza di un piano.
"Sorprendimi, allora. Solo niente cinema."
"Niente patetici tentativi di farti avvicinare a me mettendo un braccio sulla tua poltroncina o con un film horror?"
"No." concluse la Altman, secca.
"Messaggio ricevuto. Una volta o l'altra però dovrai spiegarmi questa tua avversione per i cinema." la donna rispose con un suono che gli sembrò di assenso e che portò lui a ridere e lei a borbottare contrariata qualcosa di incomprensibile. Henry scosse la testa e le passò entrambe le mani tra i capelli, al che lei si protese e dopo qualche centimetro le sue labbra incontrarono quelle di lui. Sapeva di vaniglia mista a cioccolato: Webber doveva avergli già fornito una buona dose di zuccheri prima che lei arrivasse, quindi forse era opportuno evitare un altro budino. O forse no. Si staccò da lui e finalmente posò la testa sul suo petto: sentire il cuore di suo marito battere in modo regolare e le sue mani muoversi su e giù lungo la sua schiena la portò quasi ad addormentarsi. Finché lui non riprese la parola:
"Domani è il nostro anniversario." disse, mentre lei si irrigidiva: se n'era scordata. O, meglio, non aveva mai costretto il suo cervello ad imprimere quella data tra i suoi ricordi, anche se quel giorno non era andato poi così male. La serata, quantomeno.
"Pensaci: siamo sposati da un anno e non siamo ancora usciti assieme, né abbiamo mangiato assieme una torta decente, né ci siamo scambiati i voti, né abbiamo dato una festa, né siamo mai usciti assieme." continuò intanto Henry, mentre Teddy si chiedeva dove volesse andare a parare con quell'elenco apparentemente infinito.
"Beh, non-" lui non le badò, perché ricominciò a parlare.
"Partiamo."
"Come?!" ok, non aveva ben compreso i suoi ragionamenti, ma in quel momento sembrava pazzo!
"Sì, partiamo. Non serve andare lontano, anche uno chalet in mezzo al bosco andrebbe bene: facciamo una vacanza insieme, il nostro viaggio di nozze." lei non sapeva che cosa rispondere, ma lui l'anticipò. "Non dirmi che non puoi prenderti una settimana anche scarsa di ferie, perché Owen me lo lavoro io. Mi deve un favore dalla partita di baseball dell'atroieri."
Teddy rimase ad occhi chiusi con la testa sul cuscino, indecisa sul da dirsi: avrebbe amato fare un viaggio con suo marito, ma allo stesso tempo ne era intimorita. Si limitò a rimanere silenziosa. I secondi trascorsero lenti, sembravano passate ore quando lui riprese la parola.
"Ok, l'idea non ti piace."
"Non lo so." ammise lei, abbassando il capo.
"Ok." pronunciata questa sillaba si zittì, al che la Altman ebbe una paura tremenda di averlo ferito. Come poteva spiegargli che uscire dall'ospedale e da Seattle la avrebbe portata solo ad essere attaccata da tutti i mostri del passato? Come poteva spiegargli che la sabbia del mare le ricordava le lunghe notti trascorse a salvare delle vite nel deserto? Oppure che il bosco la rimandava alla gita in montagna piena di risate passata con la sua migliore amica il giorno prima che morisse alle torri?
"Scus-" cominciò, con l'intenzione di cedere per vederlo felice: in fondo una vacanza non le avrebbe fatto male... poteva crearsi nuove memorie in luoghi nuovi, e forse con lui non avrebbe neppure urlato nel bel mezzo della notte a causa degli incubi. Henry però la bloccò posando il palmo aperto sulle sue labbra socchiuse.
"Libera mente. E tieni gli occhi chiusi." lei dapprima fece un'espressione confusa, poi, non appena lui le posò una mano sulla testa, ubbidì.
"Bene." continuò lui. "Ora prendi me e te. Siamo distesi su di un prato, o sulla sabbia, come vuoi. È notte... la vedi la Via Lattea, lassù?" Teddy sorrise: la vedeva davvero, ed era magnifica. Intimorita dai fantasmi si era dimenticata quanto amasse la natura.
"Ok, adesso invece siamo a casa, dopo una passeggiata sul lungomare. Hai i piedi congelati, ma sotto le coperte, a contatto con i miei, stai subito meglio." questa scena è semplice da immaginare: lui compiva gli stessi identici gesti ogni volta che lei ritornava a casa tardi la sera.
"Ora stai leggendo un articolo di medicina in spiaggia, o appoggiata ad una albero, decidi tu: sta di fatto che ti porti sempre il lavoro ovunque."
"E a te non va giù." osserva, divertita.
"Assolutamente no."
Lei si avvicinò al suo orecchio. "
Ti svelerò un segreto. Quello che è divertente per una donna spesso non lo è per un uomo." osservò sorridendo, poi riappoggiò la testa sul cuscino, sfiorando il naso freddo di suo marito.
"Vale anche il contrario, tesoro, quindi ti tiro una pigna." replicò sicuro e tranquillo, mentre la Altman soffocò una risata.
"Mmmh, non mi convince questa scena... e se invece siamo davanti al camino schiena contro schiena e tu leggi un libro mentre finisco l'articolo? Poi possiamo fare una lotta con i cuscini, se vuoi." propose poi.
"L'idea mi piace."
"Immaginavo." risero entrambi, gli occhi chiusi, le menti nello stesso identico luogo, che assistevano alla stessa situazione. Il cercapersone di Teddy suonò alcuni minuti dopo, proprio mentre Henry stava avendo la meglio in battaglia.
"Salvata dalla campanella." borbottò lui, contrariato, mentre lei si allacciava le scarpe e gli sorrideva.
"Dopo ti porto un budino."
"Ti aspetto."
Si sorrisero, poi lui la baciò, le labbra di entrambi piegate all'insù. Poi lei poggiò le mani sul letto e si spinse in piedi, per poi correre via. Sulla soglia, però, si fermò:
"Il mese prossimo partiamo. In macchina. All'avventura." lo scintillio che nacque negli occhi di lui valeva più di mille risposte.
"Mi procurerò una scorta di budini!" rispose, entusiasta.

Non fecero mai quel viaggio.









Angoletto di Hope-barra-Gio:

toc-toc: c'è ancora qualche amante di questa coppia in circolazione?

Sto riguardando delle vecchie puntate e, dopo aver riscoperto il mio amore per questi due mi sono messa a scrivere. La storia partecipa a questo contest: mi sono state assegnate queste due immagini (Immagine 1 e Immagine 2) ed una pagina di Citazioni (da cui proviene la frase scritta in corsivo), a cui io ho aggiunto questa Immagine e il prompt viaggio.

E se siete riusciti ad arrivare alla fine di tutto ciò che ho scritto (più o meno indenni), vorrei ricordarvi che una recensione è gratis, ed ha una sola controindicazione: fa sorridere incontrollabilmente chi la riceve.

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Grey's Anatomy / Vai alla pagina dell'autore: _only_ hope_