Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: NienorDur    27/12/2015    0 recensioni
Quando ti rendi conto che i tuoi ricordi non sono altro che una fantasia e che la realtà non è che un mero inferno, vuol dire che ormai è troppo tardi per uscirne.
Due ragazzi, due passati fittizi da cui vogliono scappare; saranno l'uno per l'altro la scialuppa della salvezza e l'ancora che li porterà nell'oblio, eppure non se ne renderanno conto finché non saranno morti.
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Gli Evanescenti
 
 
Capitolo 2
 
 
 
 
 
 
 
 
Le ombre erano lunghe e sottili, il sole stava sorgendo in quel momento, il cielo era ancora scuro dietro di lui, chiuse lentamente gli occhi apprezzando il primo calore della giornata.
Il gracchiare di una gazza ladra lo distrasse, drizzò le orecchie cercando di capire da dove provenisse; la sentì ancora, quanto avrebbe voluto mangiarsela.
Il gatto si alzò e si allungò stirando i muscoli, conficcò le unghie nel ramo su cui era seduto, un bel ciliegio; saltò sulla macchina gialla della signora che odorava di alcool e poi per terra, il terreno era friabile e secco sotto i suoi polpastrelli.
Vide la donna seduta fuori dalla sua porta, aveva una sigaretta in mano, non gli dava fastidio come odore, ormai ci si era abituato, si sedette a osservarla: anche lei guardava l’alba, gli occhi erano gonfi come se non avesse dormito, di fianco a lei una bottiglia vuota.
-Ciao, gatto, nemmeno tu hai dormito? –
Non ricevette alcuna risposta, il felino si limitò a guardarla negli occhi.
-Sai, forse dovrei dirglielo, se lo merita quel povero ragazzo… –
Il grosso gatto alzò il pelo irritato, eppure sapeva che lei non gli andava a genio, poteva considerarsi fortunata a non avere ancora un graffio, se ne andò senza degnarla di un altro sguardo.
-Che gatto stronzo. –
Gordon continuò per la sua strada e salì le scale fino alla porta di casa, grattò con la zampa l’angolo della porta sperando che uno dei due ragazzi lo sentisse e gli aprisse ma probabilmente dormivano ancora; provò anche a miagolare, ma nessuno si degnò di aprire la porta.
Saltò sulla mensola della camera sulla destra, era sabato, quindi Gabriel doveva essere in casa, probabilmente a dormire, non gli importava più di tanto, guardò all’interno, ma la stanza era vuota, miagolò seccato.
 
Era sdraiato sul divano a pancia in giù, il braccio penzolava fuori, la mano sfiorava il pavimento freddo, aprì e chiuse più volte gli occhi cercando di mettere a fuoco gli oggetti circostanti, portò una mano sulla nuca, massaggiandola e scompigliandosi i capelli castani: aveva un forte mal di testa che probabilmente lo avrebbe accompagnato per il resto della giornata.
Indosso aveva solo la maglia e i boxer, vide i suoi pantaloni buttati ai piedi del divano; dei rumori provenivano dall’altro lato della sala, alzò il volto e vide un ragazzo, in vita aveva un asciugamano, i capelli erano lunghi e raccolti, intento nel cucinare qualcosa; probabilmente avrebbe sentito l’odore della pietanza se non avesse avuto il naso chiuso.
Dante provò a parlare, ma gli era rimasta la gola secca dalla sera prima, non ricordava molto di quello che era successo dopo aver mangiato, si schiarì la gola e s’inumidì le labbra secche.
-‘Giorno. –
Sbadigliò e si sedette sul bordo del divano stropicciandosi la faccia con le mani, avrebbe tanto voluto buttarsi nel suo letto e continuare a dormire.
- Buongiorno, lentiggini. –
Il ragazzo dall’altro lato della stanza, armeggiò con un mestolo e fece salare qualcosa nella padella, la sua schiena era ben definita, le spalle grandi ancora un po’ bagnate, probabilmente lo erano per colpa dei capelli che gocciolavano sulla sua pelle ambrata; peccato che il fondoschiena fosse interamente coperto.
- Michele, giusto? –
-Gabriel, ma per te va bene anche Michele. –
-Ok… no, Gabriel va bene, ma non mi chiamare lentiggini. –
-E perché? Ieri ti piaceva quando ti chiamavo così. –
Gabriel si girò mettendo in mostra il suo corpo scolpito, ammiccando un sorrisetto dopo essersi inumidito le labbra; Dante sgranò gli occhi sconcertato: ieri sera?
Confuso cercò di collegare ciò che aveva visto: Gabriel quasi nudo, lui mezzo svestito, aveva dormito sul divano, si guardò intorno confuso e poi rivolse un’occhiata all’altro che lo osservava da dietro il tavolo da pranzo, questo si mise a ridere di gusto. Aprì la bocca per chiedere spiegazioni ma l’altro lo interruppe.
-Tranquillo, ti sto prendendo in giro: non mi approfitterei mai di qualcuno ubriaco, specialmente se minorenne. –
Dante, si alzò per sedersi al tavolo sperando che Gabriel stesse preparando la colazione anche per lui.
-Ho vent’anni. –
-Se la metti così la prossima volta non mi farò scrupoli, pancake? –
Lo guardò sconcertato, ma evitò fare altre domande e si sedette.
-Si, grazie. –
-Ecco a te, lenticchia. –
Gabriel prese con la paletta i due pancake che stava cucinando e glieli porse in un piatto, sembravano molto invitanti, dorati e caldi, questo sorrise e gli fece l’occhiolino, Dan ridacchiò: sembrava tutto così naturale, come se fosse così da anni, era strano ma piacevole.
-Non mi piace nemmeno lenticchia. –
Con la forchetta tagliò un pezzo di pancake e lo mise in bocca, soffice e dolce, doveva ammettere che erano davvero buoni.
-E come dovrei chiamarti? –
-Ehm, Dan? –
Non capiva perché dovesse cercare un soprannome per lui: non c’era alcun bisogno di una cosa del genere.
 
-Ehi, Lentiggini, vieni qua. –
-Quante volte devo dirti di non darmi soprannomi? –
-Ma tu mi chiami… . –
 
Sentì picchiettare sul vetro di una finestra, si girò e vide una gazza picchiettare con il becco che li guardò con i suoi occhi neri per poi volare via gracchiando rumorosamente.
-Se ci fosse stato Gordon se la sarebbe mangiata quella gazza: è da qualche settimana che gira qui intorno, deve avere il nido vicino. –
Gabriel si sedette di fianco a Dante; lui stava ancora fissando la finestra, qualcosa d’importante gli era tornato in mente ma quella presenza gli aveva fatto dimenticare cosa fosse, ci pensò un attimo ma poi decise di lasciar stare.
-Comunque sono buoni . –
Ne mise in bocca un’altra porzione e mosse la testa soddisfatto.
-Tutto ciò che è fatto con le mie mani è delizioso, qualsiasi cosa. –
Gabriel lo fissò con gli occhi e fece un movimento allusivo con la mano, Dan lo guardò sconcertato e deglutì rumorosamente, tossendo imbarazzato.
-Uho, uho, piano, nemmeno ti conosco. –
-Se ti danno fastidio posso smettere. –
Si tolse l’elastico dai capelli, passò una mano tra di essi, scompigliandoli e lasciandoli cadere intorno al suo volto e sulle spalle, lo guardò di nuovo negli occhi e sorrise.
-Ma ricordati a cosa stai dicendo di no. –
Dante, si mosse nervosamente sulla sedia accavallando le gambe imbarazzato, l’altro rise di gusto e non tentò di nasconderlo.
-Vado a farmi una doccia. –
-Bella fredda, eh. –
Il ragazzo si alzò e andò verso il bagno, aprì la porta e fece per chiuderla, ma la lasciò ben aperta per farsi sentire dall’altro.
-Io non ho mai detto di no. –
 
Gabriel sorrise tra sé e sé, era davvero carino “Lentiggini”; sentì l’acqua scorrere, si alzò per andare in camera a vestirsi, notò che la porta del bagno era aperta, non poté fare a meno di dare un’occhiata: Dante era nella vasca, la tenda opaca lasciava intravedere la sagoma del suo corpo, in piedi sotto il getto d’acqua calda, magari avrebbe apprezzato un po’ di compagnia.
Fece per entrare nella stanza ma sentì dei rumori provenire fuori dalla porta, sbuffò consapevole del fatto che probabilmente era il gatto che pretendeva di entrare in casa; aprì la porta e vide Gordon con in bocca una gazza ladra.
-Finalmente sei riuscito a prenderla, sarai soddisfatto ora, no? Ma potresti anche evitare di portarla dentro casa, grazie. –
Il gatto arancione, con ancora in bocca il corpo morto, si strusciò sulle sue gambe nude, facendo le fusa per poi entrare in casa passando tra di esse.
-No, no, no, vai fuori con quel coso morto. –
Il felino si fermò a guardarlo per poi infilarsi nel bagno.
-Dove vai? Torna qui! –
Entrò nella stanza piena di vapore, saltò nel lavandino, poggiò l’uccello al suo internò e iniziò a mangiarlo orgoglioso.
-Ehi, ma che succede? –
Dante scostò la tenda della doccia e la prima cosa che vide fu il gatto con la bocca sporca di sangue e le piume che cadevano in giro, spalancò gli occhi, s’irrigidì e cadde.
Davvero? Aveva paura del sangue?
Istintivamente, Gabriel si buttò per afferrarlo, fortunatamente, se si può dire così, cadde fuori dalla vasca e riuscì a prenderlo prima che la sua testa toccasse terra; successe tutto in pochi secondi.
-Maledizione… . –
Dante era inerme tra le sue braccia, prono, doveva girarlo e sdraiarlo per fargli riprendere i sensi, cercò di compiere il movimento il più delicatamente possibile. Il corpo di Dan pesava sul suo, bagnato e caldo, durante l’azione non poté fare a meno si osservare la sua pelle chiara, liscia, nessun segno particolare eccezione fatta per le lentiggini, finché non si guarda la schiena: una grossa cicatrice a metà di essa, molto strana ma sembrava vecchia, decise di non chiedere nulla a riguardo sempre che non volesse lui.
Lo sdraiò a pancia in su e lo scosse leggermente per farlo riprendere: non sapeva bene cosa fare in casi come questi, sperò semplicemente che si riprendesse in poco tempo.
-Ehi, ehi lentiggini? Ci sei? –
 
Aprì il portone di casa, scene nella strada affollata, rumori e luci; si sentiva confuso, non sapeva dove andare, ma non riusciva a stare fermo, forse un piccolo giro gli avrebbe fatto bene. Sotto ogni suo passo il marciapiede sembrava muoversi, come se fosse scosso da delle onde, i volti delle persone erano scuri, come tutto il resto, ad eccezione della moltitudine di led che lo accecavano ogni volta che osava alzare lo sguardo.
“Sei solo una delusione, non sei capace di fare niente e ora ci dici questo?  Ti rendi conto di quando ci metti in imbarazzo?”
Quelle parole non lasciavano la sua testa, portò la mano al collo, c’era la collana che gli aveva regalato lui, la strinse tra le mani, sperando che lo potesse aiutare.
Andò a sbattere contro diverse persone, impacciato a causa dello zaino e del borsone con le poche cose che gli sarebbero servite; si scusò debolmente più volte, ma non sembrava ascoltarlo nessuno.
Tirò fuori il telefono dalla tasca e selezionò l’ultimo numero chiamato.
-Ehi, tra quanto arrivi? –
Si fermò al semaforo dell’incrocio in attesa del verde.
-Dammi pochi minuti, tu fatti trovare giù e non pensare a quello che ti hanno detto. –
-… . –
Come se fosse così semplice, ma almeno lui poteva capirlo.
-Tranquillo, ci sono io. –
Scattò il verde, attraversò lasciandosi guidare dalla folla.
-Va bene, grazie, ora ti lascio guidare. –
Giocherellò con il ciondolo a forma di drago, le ali spiegate, la coda lunga, il metallo si era scaldato tra le sue dita.
-A tra po…. –
Sentì delle urla, si girò, davanti a lui vide una luce abbagliante, una macchina, rimase immobile, la paura lo aveva immobilizzato; oppure voleva rimanere lì e farsi investire, per porre fine a tutto?
Sentì dolore, poi il vuoto intorno a lui, batté più volte il corpo, altro dolore, vedeva tutto nero, qualche luce sfrecciava ai lati del suo sguardo; qualcosa di caldo colava intorno al suo viso.
Altre urla, tutte intorno a lui.
-Lasciatemi passare! Lo conosco! –
Chiuse gli occhi, era stanco, come non l’era mai stato, voleva dormire… solo quello.

-Meno male, sei sveglio. –
 Dante aprì gli occhi, sbattendo più volte le palpebre: aveva ancora la vista un po’ annebbiata, sopra di lui vide un volto familiare.
-F… Federico? –
-Proprio non ti piace il mio nome, eh? –
A quanto pare non così familiare come credeva, si diede dello stupido per aver pronunciato quel nome.
-Gabriel? –
-Complimenti, hai imparato il mio nome. –
Lentamente mise a fuoco, vide il viso di Gabriel sopra di lui, la sua mano destra era sul suo petto era calda; sentì il corpo umido, i capelli bagnati erano freddi, come le piastrelle sotto la sua schiena e l’ultima cosa che ricordava era lui sotto il getto d’acqua.
-Cosa è successo? –
-Oh, niente, sei solo svenuto dopo aver visto Gordon mangiare una gazza, nel lavandino. –
Gabriel lo disse come se fosse una cosa normalissima, spostò la mano dal suo petto per gesticolare ed enfatizzare l’accaduto.
-Cosa? –
-Strano, vero? –
Dante sollevò il busto dal pavimento con l’intento di sedersi ma la testa gli girava, vedeva macchie bianche e nere, portò una mano sugli occhi, come se quella potesse mandarle via.
-Ehi, piano, piano, forse dovresti rimanere sdraiato. –
-No… sto bene… . –
Si spostò cercando l’appoggio della vasca dietro di lui, lo trovò e tolse la mano dagli occhi, in quel momento si rese conto di essere nudo; non si sentì in granché in imbarazzo, però gli dava fastidio essere visto così impacciato e confuso.
-Potevi coprirmi almeno, passami un asciugamano, grazie. –
-Sai, mi sono preoccupato di più per la tua salute che per il tuo membro all’aria. –
Gabriel si allungò per prenderne uno appeso di fianco al lavandino e glielo lanciò tra le gambe.
-Grazie. –
Erano seduti uno di fronte all’altro a guardarsi intorno ed evitando lo sguardo dell’altro, ma nessuno dei due accennava a volersene andare.
-Ti è successo altre volte? –
-Successo cosa? –
-Di svenire alla vista del sangue. –
-Mai. –
Dan stava ripensando a ciò che aveva visto mentre era svenuto, sembrava tanto reale quanto impossibile: aveva visto la sua morte, ma nel passato, come un’alternativa a ciò che era successo.
Gabriel aveva ancora indosso solo l’asciugamano, lui era bagnato fradicio e a malapena riusciva a coprirsi con il telo; era una strana situazione: entrambi mezzi nudi in bagno, con un uccello morto nel lavandino, Dante non poté fare a meno di iniziare a ridere, nonostante quella visione tormentasse la sua mente e ne uscì una risata leggermente isterica.
-Che hai da ridere? Per poco non mi facevi venire un infarto con la tua scenata. –
-Niente, solo che ci conosciamo da nemmeno un giorno e sono successe fin troppe cose. –
-Possono sempre accaderne altre. –
Gabriel ammiccò con lo sguardo, sollevò un angolo della bocca e con la lingua mosse la guancia dall’interno, l’altro abbassò la testa rassegnato alle avance dell’uomo.
- Tipo un pompino? –
-Anche, ma non ora. –
-No, ora no. –
I due si guardarono e risero di nuovo, in quel momento il gatto alzò il volto dalla sua preda e osservò i due seduti per terra, aveva finito di divorare la sua preda, il pelo era sporco di sangue, come il lavabo.
Gli occhi felini cercarono di trovare il pezzo di metallo che portava con sé l’uccello, spostò i resti con la zampa, ma non lo trovò; alzò lo sguardo verso la finestra, vide una gazza appoggiata sulla mensola, nel becco teneva un pezzo di metallo, poi volò via.
Quanto avrebbe voluto mangiare quella gazza.
 
I capelli corti si erano asciugati da soli, erano spettinati ma andavano più che bene; aprì il borsone in cerca di panni puliti, ne aveva portati pochi con sé: il giusto per qualche settimana, ma probabilmente avrebbe avuto bisogno di altri, non gli dispiaceva stare li, sarebbe potuto rimanerci per sempre.
Si mise le mutande, una maglia leggera e dei pantaloncini da ginnastica, niente d’impegnativo: sarebbe rimasto a casa tutto il giorno, come quello prima e quelli che sarebbero venuti.
Sentiva il rumore del phon provenire dalla camera di Gabriel, era da quasi cinque minuti che si stava asciugando i capelli, ci teneva davvero tanto a quanto pareva.
La scena di prima continuava a tornargli in mente: oggettivamente era qualcosa di molto imbarazzante, eppure non gli dava minimamente fastidio, il che lo trovava strano, ma la cosa che davvero trovava bizzarra era quella specie di “sogno/visione” della sua morte.
Dante aprì la porta della camera e raccolse i suoi panni sporchi dal bagno, li mise in un sacco e uscì di casa; li avrebbe portati da sua nonna: da loro non c’era la lavatrice.
Aprì la porta, l’afa estiva gli mozzò il respiro, scese gli scalini il più velocemente possibile per entrare subito in casa di Fabrizia; trovò la donna fuori dalla porta, con una sigaretta in mano, di fianco a lei due bottiglie e due pacchetti di sigarette vuote.
-Nonna… sai che non fa bene. –
-Tanto mi hanno già uccisa. –
 
-Dante… dobbiamo dirti una cosa molto importante: ieri tua nonna è morta. –
 
Non lo guardò negli occhi, fissò l’orizzonte, inspirando altro tabacco, Dante la guardò confuso: “Già uccisa”? Come poteva essere? Era solo un modo di dire, no?
-Come… ? –
-Niente, lascia stare, dammi il sacco, ci penso io. –
Fab si alzò e gliela prese dalle mani, aprì la porta e la chiuse dietro di sé, a chiave senza dire altro. Il ragazzo fissò la porta chiusa per qualche secondo: non capiva questo suo comportamento, cos’era successo?
Si guardò intorno, l’orizzonte era sfocato, non si vedeva niente se non campi e alberi, si sentì veramente piccolo, perso, una sensazione orribile, come se fosse solo, come se non esistesse niente, come se… fosse morto.
Scosse la testa cercando di scacciare via quel pensiero, ai suoi piedi vide il grosso gatto arancione, non si era accorto della sua presenza fino in quel momento, la cosa era molto inquietante.
-Cosa c’è? Non avrai ancora fame dopo quell’uccello? –
Il gatto non si mosse, rimase fermo a fissarlo.
 
Era in un cimitero, le lapidi si ergevano di fianco a lui, in lontananza vide un gruppo di persone radunate intorno ad una fossa; si avvicinò esitante.
-… ci mancherai, Dante. –
 
Fu come un flash, gli girò per qualche secondo la testa, davanti a lui Gordon miagolò irritato e dopo una breve occhiata se ne andò.
Corse dentro casa, salì i gradini due a due, spalancò la porta e la richiuse alle sue spalle, aveva il fiatone, poggiò la schiena sulla porta e scivolò per terra, sentì gli occhi lucidi, qualche lacrima scivolò sulle sue guance, come poteva avere così tanta paura? Di cosa aveva paura? Era solo un’allucinazione, colpa del caldo. Non gli era mai successo prima; troppe cose stavano accadendo.
Gabriel uscì dalla porta con lo sguardo spaventato si guardò intorno fino a vedere Dan seduto per terra.
-Ehi, come mai tutto questo rumore? –
Dante lo guardò negli occhi ma non riuscì a dire niente, il suo corpo tremava e non riusciva a controllarsi.
-Cosa… ? Che cosa è successo? –
La sua voce era calda, rassicurante.
-Non… non lo so. –
L’uomo si chinò davanti a lui e lo abbracciò, l’altro rimase immobile, singhiozzando.
-Respira lentamente. –
Dante provò a calmarsi, seguì il respiro di Gabriel, profondo e lento, i suoi capelli soffici e profumati gli circondarono il volto, il loro odore era dolce e penetrante, avrebbe voluto volentieri accarezzarli, come fosse stato il pelo di un animale.
-Grazie… . –
-Sei proprio disastro, eh? –
-Immagino di sì. –
Gabriel si scostò leggermente da lui e lo guardò confuso, cercando di capire cosa gli fosse successo, ma lui guardò dall’altro lato.
-Posso lasciarti da solo per qualche ora o ti devo portare a lavoro con me? –
-Tranquillo, penso di riuscire a sopravvivere. –
-Se vuoi parlare… non so... so che non ci conosciamo molto, ma siamo solo noi due nel raggio di chilometri salvo che tu non voglia discutere col mio gatto. –
Dante sorrise e annuì col capo mentre si alzava da terra aiutato da Gabriel.
-Vai pure, ci vediamo questa sera. –
-Notte, oggi lavoro al locale, non mi aspettare sveglio a meno che tu non abbia problemi con altri draghi. –
-Ok. –
Gabriel si avvicinò a lui e lo baciò delicatamente sulle labbra, la barba gli accarezzò il volto; come poteva essere morbida quasi quanto i suoi capelli? Dante rimase immobile, quasi stordito, ma piacevolmente stupito.
-Oh, giusto, mi sono dimenticato di dirti che faccio sempre questo effetto alle persone. –
Aprì la porta e se ne andò; Dante sentì il rumore di una macchina partire e allontanarsi velocemente.
Tutto questo aveva il sapore di un sogno, dolce ma con un retrogusto amaro che annunciava il risveglio; sembravano così forzate e costruite quelle scene, eppure si comportava normalmente, come se fosse la cosa più naturale che potesse fare, ma ancora non capiva quei sentimenti che gli ribollivano nel petto, erano semplice libidine o qualcosa di più che stava nascendo troppo in fretta?
-Meow. –
Il miagolio lo fece sobbalzare, il sorriso sognante che aveva in volto diventò un’espressione disgustata: Gordon era seduto davanti a lui. Quando era entrato? Mentre Gabriel stava uscendo? Eppure avrebbe dovuto vederlo, non passava di certo inosservato come gatto.
Il felino lo fissò con i suoi occhi ambrati, altezzoso, quasi in segno di sfida.
 
-Ci mancherai, Dante. –
 
-VATTENE! –
Urlò con quanto fiato aveva in gola.
-VATTENE! –
Il gatto non si mosse, anzi, piazzò le zampe sul pavimento e gonfiò il petto.
 
-Dante, rimarrai per sempre nel mio cuore. -
 
-HO DETTO VATTENE! –
Dante andò contro il gatto per spaventarlo, funzionò, questo scappò e corse verso una finestra socchiusa in fondo alla sala, la gazza era seduta lì vicino, volò via quando il gatto saltò sulla mensola.
Corse a chiudere la finestra, tremava da capo a piedi, c’era qualcosa che non andava, troppe cose non quadravano nella sua mente: lui era vivo, Federico era morto.
Decise di fuggire, come sempre; aprì il frigo, prese delle birre, cercò nella dispensa delle patatine, ne trovò ben tre pacchi, li prese, si sedette davanti al computer, lo accese.
La tensione scemò, mise le mani in posizione, avviò il gioco, smise di provare qualsiasi emozione, era morto e vivo contemporaneamente; una sensazione piacevole quanto spaventosa.
Passò così la sua giornata, sua nonna non si fece vedere e nemmeno sentire; il sole tramontò, udì il gatto miagolare fuori dalla porta, chiedendo di entrare, ma Dante non lo sentì.
 
Rimase a osservare dalla finestra per tutto il pomeriggio, osservò la sua schiena, curva sul computer, a mangiare e bere, senza un vero scopo. Picchiettò con il becco sulla finestra e volò via, accompagnato dalla notte, fece un giro della casa e vide il grosso felino ai piedi delle scale divorare una gazza; non sarebbe stato quello il giorno in cui si sarebbe lasciato mangiare da quel gatto.
 











_________________________________________________________________

E sono al secondo capitolo pubblicato, ma la storia è più avanti e sta diventando sempre più un casino
Spero si capisca ... ?
Grazie per aver letto il secondo capitolo!
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: NienorDur