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Autore: Akemichan    27/12/2015    1 recensioni
«C'è un'ultima cosa che dovete sapere.» Il ghigno scomparve com'era venuto e Dragon tornò a parlare di lavoro. «Mentre Serse è un regno sotto il Governo Mondiale, Baharat non lo è. Fa parte dell'Impero di uno dei quattro Imperatori Pirata.» Una piccola pausa, per fissare i suoi occhi neri penetranti su Sabo. «Si tratta di Barbabianca.»
[...]
Incredibilmente, Sabo aveva avuto la reazione più composta, a parte gli occhi che si erano spalancati in un attimo: poi aveva abbassato lo sguardo, per nascondere il sorriso che gli si stava formando sul volto. Ace era entrato nella Rotta Maggiore già da due anni, ma era la prima volta che poteva avere concretamente una possibilità di incontrarlo. Improvvisamente Serse e la sua crudeltà erano diventati obiettivi di poco conto.
[Partecipante al Contest "Mahjong Contest" indetto da My Pride]
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Koala, Marco, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Sabo
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Epilogo
 

«Non sembrate stupiti di sapere che Dragon mi ha chiamato» commentò Marco.
Erano nella cambusa della Little Moby, che veleggiava verso l'isola più vicina, dove Marco, dopo averli lasciati a risistemarsi e cambiarsi, aveva raccontato loro come fosse possibile che Atossa fosse arrivata al momento giusto. Semplicemente, Dragon l'aveva avvertita di quello che sarebbe successo – senza specificare che era stato lui ad ordinare il furto della “Stella Blu” - e aveva consigliato di recarvisi immediatamente, magari sfruttando il passaggio di qualcuno che poteva volare come Marco la Fenice dei Pirati di Barbabianca. Marco aveva fatto due più due con ciò che era capitato con Sabo e non aveva avuto problemi ad accettare, anche perché era interessato alla vicenda fin dal principio. Il resto era, più o meno, storia.
«Dragon si fida del nostro giudizio durante le missioni» disse Koala. «Allo stesso modo noi ci fidiamo del suo. Se ha deciso che la soluzione migliore per l'isola di Persia fosse la regina Atossa, vuol dire che è così.»
«Capisco.» Marco pensò che aveva solo senso, altrimenti Dragon non sarebbe stato a capo della rivoluzione e non avrebbe avuto tanto successo al punto da essere definito il più pericoloso criminale del mondo. In fondo, lui stesso aveva dei compagni per cui poteva dire la medesima cosa. «Spero che la cosa valga anche per me» aggiunse, riferendosi al fatto che mentre Sabo aveva tentato a tutti i costi di nascondere la sua identità, Dragon aveva deciso di chiedere direttamente il suo aiuto a viso scoperto. «In ogni caso, non l'ho detto a nessun altro.» Non che gli piacesse nascondere le cose a suo padre o ai suoi fratelli, ma non erano segreti suoi.
«Grazie» disse Koala. «In questo caso, comunque, penso che Dragon si sia basato su Sabo.»
Allora Marco spostò lo sguardo su Ace, che si era addormentato nuovamente sul piatto di cibo davanti a sé. La prima volta Koala e Hack si erano spaventati, ora anche loro parevano considerarlo un fatto normale. «Sono rimasto molto stupito a sapere che c'era un terzo fratello, ma conoscendo Ace e quanto parla di Rufy, immagino che la cosa non valga per voi.»
«Decisamente no!» risero i due rivoluzionari. Sabo aveva solo due argomenti di conversazione, di solito: la missione e i suoi due fratelli.
Poi Ace si risvegliò all'improvviso e riprese a masticare come se nulla fosse successo. «Avevo una fame!» esclamò, e poi ruttò. «Dov'è Sabo?» domandò. Attorno al tavolo non c'era e non pareva essere a vista.
«È fuori sul ponte» gli rispose Koala. Di solito, alla fine di una missione, preferiva passare del tempo da solo. Un'abitudine che aveva preso quando era stato nominato ufficiale dei rivoluzionari. Era come se non volesse più condividere alcune cose, perché aveva delle responsabilità nei loro confronti.
Ace si infilò in bocca tutto ciò che era rimasto sul suo piatto, terminò di bere da sul bicchiere e ruttò di nuovo. «Grazie del pasto» disse, alzandosi e facendo un piccolo inchino. Marco ridacchiò all'espressione perplessa di Koala e Hack, che evidentemente non erano abituati a certe commistioni tra educazione e maleducazione.
Ace invece non ci stava facendo caso. Si pulì il volto col dorso della mano e lasciò la cambusa per cercare il fratello. Sabo era a poppa, seduto per terra con la schiena contro la parete del sotto coperta. Guardava fisso di fronte a sé. Si era lavato e i suoi capelli avevano ripreso il consueto colore chiaro.
«Vergogna» gli disse Ace, con un tono polemico nella voce. «Mi avevi proposto una missione e invece non siamo stati assieme nemmeno un minuto.»
Sabo sorrise leggermente. «Hai ragione.» Anche a lui dispiaceva. Certo, era bastato ritrovarsi un attimo all'interno del palazzo, quasi per caso, per riavere la stessa sensazione di familiarità che ricordava dai tempi in cui scorrazzavano sul Monte Corbo, ma avrebbe voluto trascorrere più tempo con lui. «La missione non è andata proprio come previsto...»
«Qualcosa mi dice che vi succede spesso» disse Ace, sedendosi a fianco a lui.
«Infatti» confermò lui annuendo. Ci erano abituati.
«Be', vedi di non morire» gli intimò Ace. «Non potrei sopportare di perderti di nuovo. E poi non saprei che cosa dire a Rufy.»
Sabo si voltò a guardarlo: era insolito per Ace esprimere in maniera netta il suo affetto per i fratelli, anche se ovviamente lui l'aveva sempre saputo, più dai fatti che da altro. Sorrise. Erano passati anni, anche lui era cresciuto e cambiato. Gli piaceva questo suo nuovo lato.
«Farò del mio meglio» assicurò. E poi aggiunse: «Mi manca».
«Anche a me.» Ace guardò in avanti, in una direzione che più o meno poteva ricordare quella dell'isola di Goa, anche se probabilmente era tutto il contrario. Avevano deciso che avrebbero aspettato che Rufy fosse arrivato nella Rotta Maggiore, prima di svelargli che quello che avevano creduto per così tanti anni non era vero. Una lettera sarebbe stata troppo impersonale.«A proposito» disse. «Sono io il fratello maggiore, sai? Sono nato il primo gennaio.»
Sabo si voltò a guardarlo non convinto. «Sono solo tre mesi in più.»
«Ma sono in più» precisò Ace divertito. Poi, dato che l'altro non gli rispondeva, si preoccupò. Un tempo era Sabo che spingeva per la rivalità nel gruppo e si arrabbiava quando Ace arrivava prima di lui, oppure quando lo batteva. Il fatto che si arrendesse così facilmente era strano.  «Non mi sembri felice» disse allora.
«Cosa intendi?» domandò Sabo. «Non sono felice in generale? O adesso?» Perché tendeva ad avere, e se ne accorgeva, sempre un tono malinconico alla fine di ogni missione. Questo perché si sentiva sempre responsabile di tutto, anche di cose inevitabili o che non erano dipese dalla sua volontà.
«Non so» rispose Ace sinceramente. «Solo che... Noi nella ciurma alla fine della missione festeggiamo sempre tutti assieme e facciamo un gran casino, mentre qui... Insomma, abbiamo vinto, no?»
Sabo scosse la testa. «È perché noi non abbiamo ancora finito» spiegò. «Ogni cosa che facciamo è solo un piccolo passo verso un obiettivo più grande.»
«E non potreste festeggiare questi piccoli passi?»
«Non sono bei passi.» Vide che Ace continuava a guardarlo perplesso. Anzi, più che perplesso era preoccupato, pareva scrutarlo per cercare di capire che cosa gli passasse per la testa. «Il mondo non è un bel posto» continuò allora. «Mi piace quello che faccio perché so che è per un bene superiore, ma sto seriamente camminando per le strade dell'inferno. Combatto il fuoco con il fuoco. A volte temo che mi trascini sé. Non voglio diventare una persona diversa.»
Gli bastava chiudere un attimo gli occhi per ricordare la sensazione di piacere che aveva provato all'idea di poter fare a pezzi il cranio di Serse. Koala gli aveva detto che in certe situazioni aveva un po' gli occhi di un pazzo, ma fino a quel momento aveva controllato i suoi impulsi, per la maggior parte delle volte. Solo che controllarsi significava, spesso, dover assistere a terribili conseguenze che avrebbe potuto evitare se si fosse lasciato andare.
«Diversa non vuol dire per forza peggiore.» Qui Ace parlava più della sua esperienza. Del fatto che tutti i suoi compagni amavano ripetere quando fosse “diverso” prima di unirsi alla ciurma e come lo preferissero così. Ace non si sentiva particolarmente diverso, ma capiva perché lo dicessero. In ogni caso, stava bene. Indicò con il dito indice in lontananza. «Guarda, Sabo» gli disse. «Questo è lo stesso cielo che guardavamo sul Monte Corbo. Il cielo sotto il quale volevamo navigare. E ci siamo. Siamo qui.» Si voltò sorridendo. «Non importa quante volte finiremo all'inferno, c'è sempre questo cielo azzurro sopra di noi.»
Sabo lo fissò perplesso. «Hai preso sul serio il ruolo di fratello maggiore!» commentò divertito. Poi sorrise dolcemente. «Grazie.» Chinò leggermente la testa e la poggiò sulla sua spalla, chiudendo gli occhi. Poco dopo, sentì Ace stringerlo più a sé con la mano sulla sua spalla.
«Se ti senti ancora così passa dalla mia nave» disse. «Non so se è proprio l'inferno, ma c'è un discreto casino anche lì!»
Aveva ragione. Avrebbe continuato a prendere decisioni discutibili e che avrebbero significato scendere a compromessi con la sua moralità, ma lo faceva per una buona causa. Per proteggere quel cielo a cui tutti guardavano, anche i suoi fratelli. Se Dragon avesse deciso di fargli rubare la “Stella Blu” perché aveva capito che Sabo stava perdendo qualcosa di importante, lui non l'avrebbe mai saputo. Sapeva solo che era felice di averlo fatto. E forse, ogni volta che ne aveva bisogno, avrebbe potuto rubarne un'altra. Una stella da quel cielo a cui stava guardando.

***

Akemichan parla senza coerenza:
E anche questa storia è finita! Adoro scrivere di Ace e Sabo e dei rivoluzionari e qui ho messo un po' di cose assieme, e spero che il risultato finale sia più che soddisfacente. Io ringrazio come al solito _Lady di Inchiostro_ che ormai mi segue sempre, con mio grande piacere, e tutti gli altri che si sono fermati un attimo a commentarmi. Adoro tutti i vostri commenti, grazie! Per gli altri che hanno letto silenziosamente, spero che la storia vi sia piaciuta. A presto!

 
   
 
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