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Autore: BlueFlyingWolf_13    28/12/2015    2 recensioni
Il sabato sera, solitamente momento di svago e divertimento senza precedenti insieme agli amici, si rivelerà un incubo per alcune nazioni, incaricate di badare (a forza) a due ribelli preadolescenti di tredici e quattordici anni: quando i due scappano di casa, i tredici amici dovranno andarli a cercare per l'intera città, e non sarà un'impresa molto facile.
Fra battibecchi, ricerche e fughe, sono lieta di presentarvi questa corta fanfiction che spero vi strapperà un sorriso nel vedere le potenti nazioni rappresentate da adolescenti con delle responsabilità e genitori parecchio rompipalle.
E ricordatevi questo, prima di leggere... durante il sabato sera può succedere qualunque cosa. Qualunque.
-Coppie: Gerita (GermaniaxItalia), Spamano (SpagnaxRomano), UsUk (AmericaxInghilterra), Rochu (RussiaxCina), Pruhun (PrussiaxUngheria) e Giripan (GreciaxGiappone).-
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO PRIMO: A Failed Party; Una Festa Fallita.

 

-Sabato sera, ore 20:00-

 

“Spero che tu stia scherzando!” esclamò con faccia sorpresa e leggermente innervosita Gilbert, allargando le braccia in segno di incredulità e nervosismo. “Francis, amico, questo non è per nulla meraviglioso: credevo che ci avessi chiamati per un sabato sera all'insegna di alcol e casino a casa d'altri, e non per farti compagnia durante i tuoi lavoretti part-time!”.

“Avevo pure portato le birre...” aggiunse deluso Antonio, posando sulla superficie lucida del tavolo da cucina una quindicina di grosse lattine e incrociando le mani al petto. “Niente fiesta, quindi? Non si sboccia?”.

“Mi dispiace mes amis, niente festa per stasera, volevo solo il vostro sostegno.” si scusò il francese, facendo le spallucce e sperando nella comprensione dei suoi migliori amici. “L'amica di mia madre mi ha affidato i suoi due figli, uno di quattordici e uno di tredici anni. Lei e suo marito hanno un incontro importante e torneranno domani pomeriggio, nel frattempo mi hanno lasciato le chiavi di casa e fatto promettere che avrei badato ai due ragazzini.”.

“Ah.” mormorò con viso un po' colpevole l'adolescente albino, lanciando uno sguardo preoccupato (e ricambiato) ad Antonio. “Ops.”.

“Uh? Che succede, miei cari amici?” non tardò a notare le occhiate angosciate Francis, chinando la testa di lato e domandando il motivo di tale strano comportamento. “Perché quelle facce?”.

“Ecco, vedi... noi credevamo davvero che stessi organizzando una festa.” provò a spiegare lo spagnolo, grattandosi la nuca e arrossendo d'imbarazzo. “Così abbiamo invitato un paio di personcine per fare gruppo.”.

“Cosa?” esclamò basito il francese, sgranando gli occhi e lasciandosi sfuggire un sospiro di rassegnazione. Va beh, per due persone poteva anche lasciar correre. “Non importa, un paio di persone non disturberanno.”.

“Non hai capito. Forse Toni ha leggermente minimizzato la questione... solo leggermente s'intende, kesesesesesese.” si introdusse attentamente nel discorso il prussiano, ridacchiando nervosamente e indicando il portone d'ingresso. “Veramente sarebbero un pochino di più.”.

 

DLIN, DLON!, fece il campanello in quel preciso istante, segnando l'arrivo degli ospiti inattesi e, in un certo senso, indesiderati.

Guardando dalla finestra della cucina, i tre poterono assistere alla comparsa degli invitati.

“Oh bastardi, fateci entrare, muovete il culo!” gridò con rabbia e noia una voce profonda, seguita da alcune bestemmie in dialetto e da alcuni violenti calci al robusto legno della porta d'entrata. “Ohi, sbrigatevi ad aprirmi o me ne vado, già non c'avevo voglia di venire a questa stupida festicciola da quattro soldi!”.

“Romano?”.

“Vee! Doitsu, Doitsu, che belle le feste, mi piacciono così tanto!” esultò invece un'altra voce, molto più allegra e spensierata della prima. “Ci saranno ragazze carine secondo te?”.

“Veneziano?”.

“Bruder, apri la porta, non è bene far aspettare i propri ospiti!” ordinò bruscamente qualcuno, con una voce autoritaria e decisa.

“Ludwig?”.

“Forse dovremmo bussare con più educazione e toglierci le scarpe prima di entrare, non è casa nostra.” consigliò pacatamente qualcuno, riprendendo il comportamento maleducato e rozzo degli amici. “Dopo dovremo scusarci per aver provocato tutto questo trambusto.”.

“Kiku?”.

“Zzz... spero ci siano dei gatti lì dentro.” russò docilmente una voce soporifera, quasi sussurrando le delicate parole che pronunciava. “Tanti gatti con cui riposare e giocare.”.

“Hercules?”.

“E' qui il party?! Durufuuuu!” urlò a squarciagola e con tono fastidiosamente alto un altro, ballando e cantando sotto il portico. “After, after, after, facciamo after! Tutti in piedi sui tavoli!”.

“Alfred?”.

“America, abbassa la voce, stupido! Potresti disturbare la gente!” gli rimbeccò aspramente un'altra voce, molto più pacata ed elegante di quella dell'amico. “Mi vergogno a portarti in giro a volte.”.

“Arthur?”.

“Io ho portato la vodka, da! Voooooooooooodka!” annunciò con intonazione dolce e carina un'altra figura, spiccando in mezzo alle altre per via dell'altezza, sollevando in aria un paio di grosse bottiglie piene dell'alcol trasparente.

“Ivan?”.

“Siete tutti così immaturi, non avrei mai dovuto venire, aru!” protestò animatamente un'altra voce, spazientita e matura. “Finirà che vi ubriacherete tutti e dovrò badare a voi, sono l'unico responsabile qui dentro.”.

“Yao?”.

 

“Sono in nove!?” li contò rapidamente sulla punta delle dita il francese, per poi voltarsi verso i due amici e fulminarli con lo sguardo. “Amici, ma che avete combinato? Perché avete invitato tutta questa gente senza dirmelo? Questa non è casa mia.”.

“Amico, perdonaci... Sono nostri compagni di classe, dovevamo farlo, e poi Romanito es el tomato sexy del mio cuore!” sognò ad occhi aperti l'ispanico, osservando il “suo” sud italiano leggermente incazzato dal vetro. “Volevamo farti una sorpresa.”.

“E poi sono dei tipi tranquilli, sono a posto, non faranno troppo macello.” diede manforte ad Antonio Prussia, dirigendosi senza esitare verso la porta per accogliere gli amici.

“Non sono per niente tranquilli, ragazzi! America comincerà a distruggere la casa e a suonare la sua chitarra elettrica a tutto volume, Romano bestemmierà e prenderà volontariamente a calci i mobili, Veneziano romperà involontariamente qualcosa, Grecia si metterà a dormire nei posti più pericolosi, Germania ci sgriderà tutti col suo vocione, Russia se si arrabbia diventa uno psicopatico e Inghilterra da ubriaco potrebbe essere tranquillamente catalogato come pericolo nazionale.” espose con le braccia incrociate Francia, battendo un piede sulla moquette della hall. “Gli unici tranquilli sono Kiku e Yao, sempre se quest'ultimo non si arrabbi e non parta a sfondare le pareti a calci, pugni e testate.”.

“Ahh, andrà tutto bene, gli spiegheremo tutto noi e cercheremo di contenere le loro bizzarrie!” gli assicurò con un amichevole occhiolino Antonio, per poi voltarsi verso l'ingresso ora aperto e gridare: “Ben arrivati, amigos! Vi stavamo aspettando con ansia.”.

“Allora, dov'è la musica, dove sono le spogliarelliste!?” esultò a pieni polmoni Alfred, balzando dentro senza chiedere il benché minimo permesso e cominciando a girare per la grande casa. “Bel posticino per una festa, davvero niente male!”.

“Ecco, vedete... il meraviglioso me è spiacente di informarvi che purtroppo non ci sarà nessuna festa.” disse dispiaciuto Gilbert, facendo comunque entrare, sedere e accomodare i ragazzi. “Sedetevi, vi spiegheremo tutto.”.

“Cosa?” sbottò burberamente Romano, evidentemente interdetto, inarcando un sopracciglio con fare scocciato e diffidente. “Ci avete presi per il culo? E' uno stupido scherzo da parte del mangia-pomodori, vero?” dedusse poi, guardando male Spagna e facendogli un gestaccio. “Toni, se questo è opera tua ti faccio un culo grande così.”.

“Ehi... Non è carino prendere in giro gli amici, avevo anche comprato la vodka... Kolkolkol.” annuì risentito Ivan, mentre una familiare aura nera cominciava a comparire alle sue spalle.

“Spero ci vogliate dare delle spiegazioni convincenti.” ridusse gli occhi azzurri a due fessure severe Ludwig, guardando suo fratello maggiore. “Ebbene, bruder? Ti ascoltiamo.”.

“Tranquillo West, abbiamo delle ottime ragioni, Francis non c'entra niente con questo.” sostenne convinto l'interessato dai capelli bianchi, schiarendosi la gola e azzardando un: “Beh, preparatevi ad una luuuuuuuuuunga spiegazione...”.

 

-Una luuuuuuuuuunga spiegazione dopo...-

 

“Capisco.” commentò piatto e serio Yao, rompendo il fastidioso silenzio creatosi dopo la fine del racconto. “Capisco, sì... Non importa, può succedere, ma la prossima volta vi prego di riguardare i vostri modi poco onorevoli: invitare una persona, in questo caso nove, è un segnale d'amicizia molto importante, e voi l'avete sottovalutato. Comunque sia, accetto le vostre scuse e sono disposto a dimenticare tutto.”. Anche Kiku si trovò d'accordo con la logica del fratello adottivo e perdonò immediatamente i tre.

“Vee, anche per me non c'è problema, i bambini e i ragazzini mi piacciono tanto, magari vorranno giocare con noi!” sorrise dolcemente Veneziano, dondolandosi sulla poltrona con aria infantile e parecchio stupida. “Vee, è morbida! Doitsu, prova anche tu a dondolarti così! Doitsu, Doitsu, dondolati, dondolati!”.

“Il torto è di minimo impatto, ma avrete il mio perdono solo quando mi sarà passata l'indignazione.” fece l'offeso Inghilterra, difendendo il proprio orgoglio con un gesto superiore e vanitoso della mano. “E' pur vero che con me questo non sarebbe successo, noi inglesi consideriamo molto importante l'ospitalità.”.

“Ma tu mi cacci sempre fuori da casa tua a forza!” mormorò un po' interdetto Alfred, cingendo con un braccio le spalle del ragazzo dalle sopracciglia di proporzioni demenziali con un po' troppa enfasi. “Non ti piacciono le feste, Iggy? Non ti piace quando mi infilo di nascosto nel tuo letto dopo aver guardato un film horror spaventoso? :(”.

“Zitto, scemo! Tu sei un'eccezione fastidiosamente unica!” cercò di spingerselo via con delle manate l'intrappolato, sforzandosi di respirare nonostante la pressione sul suo torace. “Non riesco a respirare, cretino, modera la forza!”.

 

“Se foste persone normali vi avrei già spaccato la testa col mio magico rubinetto metallico del dolore, ma dato che siete miei amici non fa niente!” ritornò alla sua espressione tenera l'enorme ragazzo russo, immergendo il volto paffutello nella sua fedele sciarpa rosa per scaldarsi il collo.

“Argh. Sappi che ho rinunciato ad una serata di allenamenti, bruder, perciò la prossima volta pagherai tu in birreria.” contrattò Germania, lasciando correre il tutto in cambio di un bel boccale schiumoso di birra. “E prenderò il boccale grande.”.

“Il mangia-patate è un bastardo odioso, ma non è poi così scemo: Spagna, tu mi devi quindici chili di pomodori appena raccolti.” si aggiunse al circolo dei ricatti Romano, appoggiando maleducatamente le gambe sul tavolino di vetro del salotto e rilassandosi. “E sceglimeli belli, mi raccomando.”.

“Possiamo mangiarli insieme, Romanito?” chiese speranzoso il coltivatore di pomodori, con un sorriso allegro stampato in faccia al pensiero di una bella cenetta romantica. “Possiamo andare a casa mia, e-”.

“No, sognatelo, sono miei.” fu la risposta secca del sud-italiano, seguita dal suo immancabile: “Bastardo.”.

“Aww, mi spiace un botto non fare casino ma ehi, l'importante è riuscire a divertirsi lo stesso! E poi ci rifaremo con un mega festone da paura sabato prossimo, tutti a casa mia!” promise allegramente l'americano, scolandosi nel frattempo una delle lattine di birra appoggiate sul tavolo della cucina. Anche Ludwig ne prese una e la aprì.

“Anche a me non dispiace, la tranquillità mi rilassa.” annuì con aria assonnata Hercules, accarezzando un micetto comparso da chissà dove e mettendoselo delicatamente sulle gambe. “Comunque mi auguro che ci lascerete restare, non ho voglia di tornare a casa.”.

 

“Merci beaucoup, mes amis!” sospirò di sollievo Francis, rincuorato dal fatto che i compagni avessero già dimenticato l'accaduto. “Potete rimanere di certo, basta che non fate troppo chiasso.”.

“Non preoccuparti, saremo silenziosi come ninja!” gli fece il gesto dell'ok America, per poi guardarsi intorno con trepidazione. “Ti andrebbe di farci conoscere i due marmocchi? Sarei interessato a vederli!”.

“Anche a me piacerebbe salutare i legittimi padroni di casa.” concordò Giappone, desideroso di porgere i suoi onori. “Dopotutto siamo entrati nella loro dimora senza annunciarci o senza portare doni.”.

“Già, bello, dove sono i ragazzini? Nemmeno a noi li hai mostrati!” si trovarono d'accordo anche Prussia e Spagna, curiosi e vitali come al solito. “Dove li nascondi, kesesesesesese? Ci vediamo un film o giochiamo ai videogame con loro, almeno passiamo una bella serata.”.

“Sono in camera, hanno detto che dovevano mettersi il pigiama.” rispose il francese, facendo a tutti cenno di seguirlo al piano di sopra. “Venite con me amici, ve li presento subito.”.

Dopo aver salito le scale e percorso un corto corridoio illuminato, i dodici ragazzi si trovarono davanti a una porta di legno bianca. Prima di aprirla, Francia bussò tre volte e annunciò: “Ecco a voi Antoine e Fabrice!”.

...

“... Ma oggi vi siete fumati il cervello o cosa?” sbottò Romano dopo un istante di silenzio generale, mollando un calcio negli stinchi a Spagna per sfogarsi. “Branco di rincoglioniti mentali, questa stanza è vuota! Mi avete fatto scomodare dal divano per un cazzo, e che du' paia de cojoni!”.

“Ahi, Romanito! Mi hai fatto male, ahi!” guaì di dolore il povero capro espiatorio dagli occhi verdi, saltellando sulla gamba rimasta sana per tutto il corridoio.

 

“Cosa!? Ma erano qui, mi avevano detto che sarebbero andati a mettersi il pigiama, giuro!” si precipitò all'interno della cameretta Francis, piegandosi sulle ginocchia e cercando sotto ogni mobile i due giovani affidatigli. Niente. “Antoine, Fabrice, rispondete! Dove vi siete nascosti?”.

“Aiutiamolo, per l'amor della Gran Bretagna: se non li troviamo ci denunceranno tutti per smarrimento di minori.” mormorò con tono annoiato e disperato Inghilterra, sbuffando e mettendosi a cercare a sua volta. “Io vado a cercare nelle altre stanze, voi fate lo stesso. Probabilmente ci staranno facendo uno scherzo.”.

“Cercherò anch'io da un'altra parte, il miglior modo per scovare dei fuggitivi è seguirne i precedenti spostamenti e le tracce lasciate.” disse militarmente Germania, controllando il pavimento per cercare segni o impronte. “Qui sembra non esserci niente.”.

“Io vado con Doitsu e il fratellone!” trotterellò a fianco del tedesco Veneziano, afferrando anche la mano di suo fratello per tirarselo dietro, sollevando ogni oggetto gli capitasse a tiro (riviste, fermacarte o penne comprese) per cercare i ragazzini. “Siete qui?”.

“Se li trovo li picchio, non si fanno questi brutti scherzi a degli amici...” mormorò in modo assai inquietante Russia, tirando fuori dal suo lungo cappotto un affilato piccone. “Vado anch'io!”.

“Da dove l'hai-... Ahh, lasciamo perdere! Aspetta, vengo con te, aru!” gli si precipitò dietro Cina, afferrandolo per l'estremità della sciarpa per rallentarlo ed evitare un omicidio colposo. “Noi due cerchiamo al piano di sotto, in cucina e nello sgabuzzino.”.

“Andiamo Grecia-san, aiutiamoli anche noi.” spronò gentilmente l'amico greco il giapponese, aprendo una porta laterale e sbirciando dentro. “Mi rincresce ficcare il naso in casa d'altri, ma è veramente necessario.”.

“Va bene, arrivo...” acconsentì con inespressività Hercules, appoggiandosi in testa il gattino che fino a poco prima aveva in braccio e mettendosi alla ricerca degli scomparsi. “Ti aiuto, allora...”.

 

-

 

Pochi minuti dopo l'inizio della “caccia all'uomo versione baby”, la voce poderosa di Germania attirò l'attenzione generale: “Venite qua! Ci sono delle tracce qui!”.

“Uh? Viene dal giardino, andiamo!” riuscì a localizzare la provenienza del richiamo Arthur, precipitandosi sul posto insieme agli altri con tale rapidità da farsi venire il fiatone. “Hai scoperto qualcosa, crucco?”.

“Ja. Ci sono due tracce di ruote che partono dal garage aperto e che finiscono in direzione della strada. Sono ruote di bicicletta, come potete vedere.” espose professionalmente Ludwig, indicando le linee incriminate scavate nel terriccio. “Se ne sono andati pochi minuti fa, a giudicare dalla freschezza dei solchi.”.

“Mon dieu, se ne sono andati!?” si colpì la fronte con un gesto tragico e teatrale Francia, pensando alle punizioni che gli sarebbero toccate se non avesse riportato a casa i due ribelli. “Sicuri che non siano in casa? Magari si sono solo nascosti per farci uno scherzo!”.

“No, abbiamo cercato dappertutto, in casa non ci sono.” negò categoricamente Giappone, pensando ad una soluzione ragionevole per qualche secondo. “Dobbiamo andarli a cercare, non abbiamo altra scelta, sono troppo giovani per cavarsela da soli di notte. Potrebbero farsi male.”.

“Ma raga, ragionate, non sappiamo manco dove siano andati!” obbiettò giustamente Gilbert, grattandosi la testa con confusione e aggiungendo: “E' come cercare un ago in un pagliaio, o meglio, è come cercare un altro meraviglioso me nel mondo: è impossibile trovarne uno uguale, è un'impresa inutile! Cosa dovremmo fare, andare in giro per la città camminando e urlando “Dove siete?” come dei disadattati sociali?”.

“Ehi, io ho il mio furgone, bros! Possiamo usare quello per cercarli, non c'è bisogno di girare mezzo paese a piedi!” rimembrò all'istante Alfred, prendendo in mano le chiavi, estratte dalla tasca del suo morbido cappotto da aviatore, e mostrandole al gruppo con un sorriso. “E poi non se ne sono andati da tanto a detta di Ludwig, ricordate? Li raggiungeremo in un battibaleno col mio gioiellino!”.

“Ma sì, andiamo a cercarli, almeno avrò qualche coglione da prendere a sberle stasera. Ci si diverte con quel che si ha, stronzi.” approvò Romano, scrocchiandosi le nocche con desiderio di pestare duro. “E poi non voglio di certo finire nei casini solo perché un paio di lattanti che puzzano ancora di borotalco per culetti hanno fatto la bravata!”.

“Questo es hablar, Lovino!” gioì eccitato l'adolescente spagnolo, chiudendo le mani a pugno per manifestare la sua convinzione. “Saremo di ritorno prima ancora che possiate dire pomodoro, ne soy sicuro! Siamo una squadra troppo forte!”.

“Allora è deciso, muoviamoci!” ordinò rapidamente il tedesco, dirigendosi verso il mezzo di trasporto e decidendo lui stesso le disposizioni. “Chiudete la casa e montate a bordo in fretta. America alla guida, dopotutto il mezzo è tuo, Inghilterra vicino a lui per controllare la strada. Gli altri dietro insieme a me con occhi e finestrini aperti, ogni singolo rametto spezzato potrebbe rivelarsi una buona pista!”.

 

“Mettiti la cintura e vai piano, mi raccomando! Vedi di non ammazzarti e di non farci ammazzare!” rimproverò prontamente l'americano Arthur, preoccupandosi per la sua sicurezza prima ancora che il poveretto infilasse le chiavi. “E stai dritto con la schiena!”.

“Ohh, ma quanto sei vecchio! Divertiti e rilassati!” alzò gli occhi al cielo Alfred, facendo comunque come gli era stato imposto (si mise la cintura per la seconda volta nella sua vita, clamoroso) e mettendo in moto il furgoncino. “Non preoccuparti, Artie, ho la patente e poi il biondino mi ha detto di andare praticamente a cinque all'ora. Da, da, da...”.

“Vorrei proprio conoscere chi te l'ha data, guidi come un pazzo scatenato!” rimbeccò acidamente l'inglese, affondando le unghie nell'imbottitura del suo sedile per la paura. “Non mi fido di te, sei capace di partire in quarta da un momento all'altro!”.

“Non è il momento di litigare, è il momento di concentrarsi!” sbottò severamente Ludwig, sporgendo la testa da un finestrino e osservando attentamente l'ambiente circostante. “Italia; dato che stiamo andando a passo d'uomo, chiedi indicazioni a tutti i passanti che vedi: potrebbero aver visto due ragazzini in bicicletta! Giappone, tu invece aiutami a controllare questo tratto di strada!”.

“Signorsì, vee!” fece il saluto militare Veneziano, per poi mettersi al lavoro senza perdere un attimo: socializzare non gli dispiaceva affatto e per questo compito non erano richieste molte energie, perciò tanto vale darsi da fare. “Vee, scusami! Hai per caso visto due ragazzini in bici passare da queste parti? … No? Non importa, grazie. Oh, ciao bella! Come va? Ciao, ciao, bacio, bacio!”.

“VENEZIANO, NON DISTRARTI SE VEDI UNA BELLA RAGAZZA!” gli gridò bruscamente il tedesco, per poi girarsi e tirargli un leggero schiaffo sulla fronte. “Resta concentrato, altrimenti facciamo dietrofront e ti riportiamo a casa!”.

“Ahia, scusami Doitsu!” piagnucolò tristemente l'italiano, tenendosi il punto colpito con ambedue le mani e facendo il labbruccio da cane bastonato. “Non lo faccio più, prometto di stare bravo.”.

“Oh, brutto stronzo di un mangia-patate pompato, non osare picchiare mio fratello, solo io posso farlo! Se ci proverai di nuovo, dovrai scontrarti col potere dei miei invincibili baffi!” lo minacciò Romano, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni dei baffi finti e iniziando a sventolarli in faccia al tedesco. “Assaggia il vero potere, figlio de 'na mignotta!”.

“Lovi, smettila dai...” lo ammonì pazientemente Antonio, afferrandolo per le spalle e cercando di calmarlo un po' con un massaggino azzardato. “Fusosososososo... Fusosososososo... trova il tuo angolino felice...”.

Germania si schiaffeggiò mentalmente la fronte, rassegnato. Che combriccola di svitati.

 

-

 

“Ragazzi, ma quella è...” mormorò improvvisamente Cina, sporgendosi dal finestrino, strabuzzando gli occhi ambrati e indicando una figura femminile che stava camminando lentamente sul marciapiede. “... è Ungheria, per caso? La mia vista non è più quella di una volta, potrei anche sbagliarmi.”.

“Lizzy?” si animò immediatamente Prussia, cercando di sbirciare a sua volta facendosi forzatamente largo fra gli amici. “Ma sì, è proprio Elizabeta, c'hai visto giusto nonnetto! Ohi, ragazzi: suonatele il clacson, così si spaventa e cade! Kesesesesesese!” scoppiò a ridere all'idea dello scherzo il prussiano, guadagnandosi un'occhiataccia generale (a parte Spagna e Francia, che si unirono ai cori di scherno). “Che c'è, il divertimento non esiste più?”.

Ignorando il suo ultimo e stupido commento, i ragazzi decisero di fermare il mezzo proprio di fianco alla ragazza. “Ehi ciao, Ungheria!”.

“Oh, ciao ragazzi, come va?” ricambiò allegramente il saluto l'adolescente, facendo poi una smorfia disgustata alla vista di Gilbert, suo arcano rivale/migliore amico di cazzate. “Ah, meraviglioso. C'è anche colui che parla alle galline.”.

“E' ovvio che ci parlo, ti sei mai chiesta perché riesco a comunicare con te? Kesesesesese, becca a porta a casa, o nel pollaio, come preferisci!” le fece una linguaccia il ragazzo, riducendo i suoi occhi rossi a due fessure divertite. Adorava prendere in giro Elizabeta, era il suo passatempo preferito. “Se non esistessi non avresti un senso.”.

“Vai a strozzarti con un petto di pollo, microcefalo.” lo mandò solennemente a fanculo lei, per poi riportare la sua attenzione agli altri undici. “Cosa ci fate tutti ammassati lì dentro, ragazzi? Avete fretta o state facendo una gita notturna?”.

“Stiamo cercando due ragazzini scappati da poco mon chèri, li hai visti per caso?” le chiese gentilmente Francia, dando nel frattempo qualche pacca sulla spalla di Prussia. “Uno di tredici e uno di quattordici anni.”.

“Due ragazzini scappati da poco, due ragazzini... ne ho visti passare un po', dopotutto è sabato sera ed escono a far festa, ma mi ricordo che alcuni erano in moto, altri a piedi e un paio in bici.” si sforzò Ungheria, spostandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio.

“In bici! Sì, erano in bici quelli che cerchiamo! Hai visto dove sono andati, cara!?” si rizzò immediatamente e completamente in piedi Francis, vedendo un barlume di speranza davanti a sé. Forse non tutto era perduto!

“Beh, sì, tutti i ragazzini si dirigevano verso uno dei pochi posti giovanili in città: la Sala Giochi.” fece le spallucce Liz, con un sorrisetto fiero stampato in faccia. “Posso condurvi lì, se volete. Non è molto lontano.”.

 

“Salta su, amica! C'è posto per tutti!” la invitò senza troppi preamboli America, felice di poter finalmente accelerare ora che sapevano il luogo esatto in cui andare. “La strada è mia, durufuuuuuuu!”.

“Ho detto guida piano, imbecille cronico!” lo tempestò di pugni Inghilterra, sentendo la cena (disgustosa) da poco consumata risalirgli lentamente l'esofago al cambio di velocità. “Vuoi che vomito!?”.

“Ahiaaa! Iggy, mi fai male, smettila di picchiarmi!” piagnucolò innervosito e dolorante il povero conducente, facendosi piccolo piccolo e raggomitolandosi per attutire i colpi. “Sei cattivo!”.

“Ungheria, carissima, sei una grande! Se un mio certo grande amico non avesse interessi su di te, ti bacerei all'istante!” si complimentò sinceramente Francia, ora molto più tranquillo di prima, dando leggermente di gomito a Gilbert nel pronunciare l'ultima frase. “Vero, mon ami?”.

“Kesesesesese, c-che dici, nessuno sano di mente andrebbe dietro a quella strega mestruata.” gonfiò il petto orgogliosamente l'albino, voltandosi di lato e facendo uno sbuffo superiore per ricomporsi. “Il meraviglioso me è indignato e indispettito nel condividere un mezzo di trasporto con lei.”.

“L'unico mezzo di trasporto adatto a te è un trasportino per animali rabbiosi da abbattere!” lo contro-insultò Elizabeta, dandogli una spallata e facendogli anche il medio. Tipico di loro due beccarsi e bisticciare ventiquattro ore su ventiquattro. “Idiota.”.

“Stronza.”.

“Cretino.”.

“Asina.”.

“Minchione.”.

“Perdente.”.

“Pirla.”.

“Bagascia.”.

“Puttaniere.”.

 

“Continueranno così per tutta la durata del viaggio, non è vero?” domandò disperato Inghilterra, seppellendosi il viso fra le mani e cercando di tapparsi le orecchie. In fondo al suo cuore conosceva già la drammatica risposta...

“Sì.” commentarono tutti all'unisono, sospirando con noia e frustrazione. “Non li si può lasciare insieme: cinque secondi e cominciano a picchiarsi e insultarsi come selvaggi, in classe la situazione diventa invivibile.”.

“Beh, quantomeno non stiamo andando troppo lontano!” cercò di risollevare il morale di tutti Spagna, facendo un sorrisetto abbastanza falso e tirato. “Arriveremo presto, non temete!”.

“Ah, a me non infastidisce troppo, da! Mi piace sentire la gente che discute, mi ricorda che c'è ancora qualcuno in giro!” disse felicemente Ivan, assistendo alla litigata con evidente interesse e partecipazione. Però poi, dal nulla, la sua espressione cambiò e si rabbuiò: “Ma quando questi ultimi esagerano e continuano per troppo tempo... io mi arrabbio e divento nervoso... e la gente non vuole che io sia nervoso, dicono che non mi faccia bene... Kolkolkolkolkol...”.

Dopo quella frase minacciosa tutti, anche i due acerrimi litiganti, si misero all'istante ben composti e rigarono dritto per tutto il viaggio.

“Doitsu... provo un vago senso di inquietudine.” fu l'ultimo commento che si udì all'interno del furgoncino...

 

“Eccoci, siamo arrivati!” annunciò neanche dieci minuti dopo Ungheria, indicando un locale con un'insegna illuminata che recitava: -Arcade-. “Scommetto che sono venuti qui, a tutti i ragazzini piace frequentare questa sala piena di slot e inediti giochi di ruolo.”.

“A tutti i ragazzini più alla nostra cara Elizabeta, dico bene?” sollevò un sopracciglio con fare sapiente e superiore Gilbert, che più volte aveva perso ai videogiochi contro l'ungherese. Era una continua guerra di supremazia fra loro. “Vieni ad allenarti spesso qui, maschiaccio?”.

“Stai zitto, sei solo invidioso della mia innata bravura.” si vantò fieramente la ragazza, scendendo dal grande mezzo insieme agli amici. “Dovresti allenarti anche tu, detto fra noi sei davvero una mezzasega con un joystick in mano.”.

“Aru, ed eccoli che stanno ricominciando...” constatò tristemente Yao, scuotendo lentamente la testa in segno di diniego. “Mi fanno scoppiare la testa, sono fisicamente condizionabile.”.

“Pensa a me che ci vivo insieme, queste scenate le considero all'ordine del giorno.” gli fece notare Germania, ormai abituato al clima perennemente litigioso e teso fra i due.

“Vedremo quando mi comprerò Fifa e ti sfiderò, brutta-” incalzò aspro l'albino, per poi essere interrotto da una voce professionale e leggermente timida: una guardia di sicurezza.

“Salve signori, l-l'entrata costa dieci dollari a testa al sabato sera.” li informò gentilmente il ragazzo di guardia all'entrata, allentandosi leggermente il nodo della cravatta che portava al collo. “Siete in... tredici, giusto? Sì, tredici, quindi fanno 130$.”.

“Cosa, 130$? Non abbiamo intenzione di sborsare tutta quella grana per accedere a 'sto posto della minchia, quindi facci passare se non vuoi problemi, nanerottolo!” si fece avanti con spavalderia Romano, per nulla propenso a pagare il ticket d'ingresso. “Non vorrai avere rogne, eh? Non vorrai avere rogne!? Cerchi le botte per caso? No, perché con me le trovi!”.

“Fratellone, non essere così scortese con lui, vee...” lo trattenne con tutte le sue forze Veneziano, cercando di fermare le ire incontrollate del sud-italiano. “Non voleva fare niente di male...”.

“M-mi dispiace signore, purtroppo non posso lasciarvi entrare senza che voi paghiate. Se farete altre storie sarò costretto a chiamare la sicurezza interna.” si ricompose leggermente il dipendente, sperando nella comprensione degli altri membri del gruppo. “Non abbiamo quasi mai avuto la necessità di farlo, spero che non l'avremo nemmeno stasera.”.

 

“Non abbiamo tutto quel denaro, perciò solo uno o due di noi dovranno entrare.” propose diligentemente Kiku, ragionando sul prescelto/sui prescelti ideale/i. “Secondo me i favoriti dovrebbero essere Francia e Ungheria: Francis conosce i volti dei due ragazzini ed Elizabeta conosce bene il locale, li troveranno subito se cooperano.”.

“Buona idea, amico!” gli diede immediatamente ragione America, controllando furtivamente nel proprio portafoglio... vuoto e polveroso. “Però io sono al verde, ragazzi. Qualcuno ha soldi da prestare?”.

“Io no, li ho spesi tutti comprando la vodka per la festa...” li informò innocentemente Russia dopo un'infruttuosa ricerca nel suo lungo cappotto multitasche e pieno di bottiglie di vetro nascoste. “Nemmeno un centesimo.”.

“Anch'io non ho soldi, non ricevo mance da una vita...” scosse la testa con impotenza Spagna, indicando le proprie braghe vuote.

“Il mio micio ha trovato cinque dollari per terra, se possono servire.” mormorò silenziosamente Grecia, prendendo dalla bocca del suo fedele gattino il denaro e porgendolo al giapponese.

“Grazie Grecia-san, questi ci saranno molto utili.” lo ringraziò Giappone, tranquillo e calmo come al solito. “Ora abbiamo metà di una quota. Qualcun altro? Io non ho nulla da offrire.”.

“E io ne ho trovati sette, bastardi!” consegnò la cifra al basso ragazzo asiatico Romano, dondolandosi sui talloni con fare indifferente e fischiettante. “Oggi un sacco di gente perde i soldi, chi l'avrebbe mai detto! Dev'essere la nostra serata fortunata!”.

“Li hai trovati o li hai rubati dalle tasche di qualche povero bambino, Romanito?” sollevò un sopracciglio Antonio, scettico e sospettoso su questa strana giornata durante la quale si perdevano soldi. “Dovresti smetterla di borseggiare i piccoli e le vecchiette di ritorno dal supermercato per racimolare pochi spiccioli, ormai mezza città sa che sei tu a compiere i furti e aspetta il momento propizio per beccarti con le mani nel sacco.”.

“Che palle che sei, non importa dove io li abbia presi, dopotutto il fine giustifica i mezzi! E poi non avete prove certe che sia io a rubare, potrebbe essere chiunque!” negò categoricamente la sua colpevolezza l'italiano, sbuffando rumorosamente. “Parliamo del fatto che tu blocchi sempre la circolazione perché vuoi venire a scuola a cavallo di Toro, bastardo? Gli sbirri vorrebbero ammazzarti a suon di manganellate.”.

 

“Io ho quindici dollari, mi porto sempre dietro qualcosa per ogni evenienza.” interruppe la lite Ludwig, estraendo dal portafoglio le misere banconote. “Li rivoglio indietro lunedì, comunque sia.”.

“Vee, Lud è sempre così preparato a tutto!” disse con ammirazione Veneziano, guardando con grandi occhioni fiduciosi il tedesco. “Vee, ora vai da quel ragazzo e fai entrare il fratellone Francia e Liz!”.

“Faccio sempre del mio meglio, Italia...” bofonchiò a bassa voce Germania, un po' imbarazzato dal complimento inaspettato. Afferrò tutto il denaro procurato e si diresse senza esitazione verso la guardia, sfoderando un sorriso a suo parere cordiale... ma che si rivelò la smorfia più spaventosa e inquietante che il povero dipendente avesse mai visto durante l'arco della sua intera carriera. “T-t-tenga... ecco a l-l-l-lei...”.

“AHHH!” gridò terrorizzato il poveretto, cominciando a tremare come una foglia e alzando le mani al cielo in segno di resa e sottomissione. “Non fa niente, non fa niente, si tenga pure il denaro! Vada, potete entrare tutti quanti senza pagare, solo... andate via, andate dentro, via, via, via!” gli indicò istericamente l'entrata infine, schiacciandosi contro la parete del corridoio per farli passare tutti e tredici. “Non ditelo al mio principale, però!”.

“Oh, ma che gentile, danke!” si rianimò immediatamente il biondo, felice di aver raggiunto tale risultato con facilità, voltandosi verso gli amici con un sorrisetto. “Chissà perché tutti sono sempre così gentili con me, forse la gente di questa città ha rispetto per noi tedeschi e amano regalarci le cose.”.

“Già... o forse hanno solo paura.” commentò a bassissima voce Inghilterra, seguendo il gruppo di amici all'interno della Sala Giochi. “Va beh, let's go inside.”.

 

-

 

“Eccoli là, sono loro!” indicò improvvisamente due ragazzini in coda Francia, dopo aver girato attentamente tutto l'Arcade insieme ai dodici. “Antoine, Fabrice, ecco dov'eravate! Ci avete fatto preoccupare tantissimo, non sapete in che guaio ci avete messi con la vostra irresponsabilità!”.

“Uh, Francis... non credo siano molto felici di vederci, sai-” provò ad avvertirlo Arthur, non tardando a notare le espressioni di negativo stupore e frustrazione dipinte sui volti dei due preadolescenti in fuga. Provò a fermare l'amico-nemico, ma lo fece troppo tardi.

Con un grido di falsa paura e impotenza, il più grande dei due gridò a squarciagola: “Aiuto, quei tizi ci vogliono rapire! Fermateli prima che ci narcotizzino e ci usino come schiavi minorenni!”. Il gelido silenzio calò nel locale, tutti i volti furono sui tredici innocenti.

“Oh, cazzo.” fu il commento secco di Romano, messo a disagio da tutte quelle occhiatacce storte. “Ma che cazzo vi guardate, minchioni? Tornate a giocare e a sprecare il vostro inutile tempo!”.

Approfittando dell'attimo di smarrimento, Antoine e Fabrice si diedero alla rapida fuga dal retro del locale.

“Ehi, fermatevi, qualcuno fermi quei-” provò a tagliargli la ritirata il francese, venendo però bloccato da un'energica manata sul petto da parte di un ragazzo lì vicino, che lo fece retrocedere. “Uh?”.

 

“Avete qualche problema da risolvere?” sbottò a gran voce l'aggressore (maggiorenne e pompato), evidentemente mezzo ubriaco e molto aggressivo, facendo qualche barcollante passo in avanti verso le nazioni. “Ve la prendete con dei ragazzini? Fate schifo, fatte pena, qualcuno dovrebbe mettervi la testa a posto una volta per tutte.”. Citazione puramente casuale e per niente minacciosa, wow.

“E tu chi saresti, scusa?” gli domandò con tono superiore Elizabeta, che non aveva alcun timore di qualche semplice festaiolo ormonale che osava fare il fighetto con lei: non per niente lei era la migliore nella squadra di pugilato della scuola, spaccava i culi che era una meraviglia durante i tornei amichevoli. “Non sono affari che ti riguardano, quei due sono sotto la nostra responsabilità e intendiamo riportarli a casa.”.

“E chi ci crede? Potreste essere delinquenti rapitori! E poi te l'ho detto chi sono. Sono quello che, insieme ai miei compari, vi rimetterà la testa a posto e vi smonterà tutto il resto.” si scrocchiò ogni osso e stirò ogni muscolo il tipo, richiamando a sé una quindicina di amici con gesto della mano. “Sedici contro tredici, non è completamente pulito ma può andare.”.

“Ohi! 'Sti stronzi cercano rogne, West, le cercano proprio! E non ho nemmeno iniziato io questa volta!” si fece immediatamente avanti Prussia, stendendo un braccio davanti al suo gruppo in segno protettivo. “Senti bello, non so chi diamine ti credi di essere, ma se osi fare un solo passo avanti il magnifico me ti prende a calci in culo, ok?”.

“Sì, dici davvero? Tu e chi altri?” lo sfidò apertamente l'avversario, ridacchiando con scherno e superiorità alla vista “dell'esercito” nemico. “Bella compagnia! Mi sembrate tutti fifoni, mingherlini, nani o rincoglioniti.”.

“Con tutti noi.” gli si schierò prontamente a fianco Spagna, seguito a ruota da Francia. Non lo avrebbero mai abbandonato. “Noi tre siamo il mitico Bad Touch Trio, e non lasciamo un amico in difficoltà.”.

“Pfui. Avete le palle, ma non la forza di batterci tutti.” scosse lentamente la testa il tipo, singhiozzando di tanto in tanto a causa dell'alcol in circolo nel suo organismo. “E ve lo dimostreremo subito, sfigati.”.

“Chi non avrebbe la forza di battervi?” domandò con dei mormorii irritati Germania, mettendo in mostra i suoi muscoli scolpiti e ampi senza esitazione. Era chiaro che si stava arrabbiando... ahia, brutto segno. “Sei ubriaco, tornatene a casa e lasciaci passare.”.

“Urca, qui scoppia la rissa... che divertimento, spero esca tanto sangue!” mormorò con eccitazione e emozione Russia, assistendo alla scena con trepidazione e curiosità. Si divertiva un sacco a guardare queste dispute fra compagnie.

 

“Ok, ok, vediamo di calmarci e di non sfociare nella violenza! Qui non scoppierà nessuna rissa!” si contrapposero fra i due gruppi in lite Inghilterra e Cina, cercando di fare da mediatori. Arthur parlò con tono serio: “E' tutto un grande malinteso, quei ragazzini sono davvero fuggiti di casa e noi stiamo cercando di riportarli indietro. Non c'è bisogno di venire alle mani, faremmo solo trambusto e perderemmo tempo prezioso.”.

“Se non hai il coraggio di combattere allora fatti da parte, sopracciglione frocio!” non ascoltò una parola del suo discorso il capo dei nemici, sollevando un pugno e calandolo rapidamente verso la faccia dell'inglese. Ma...

SNAP! Fece la grande mano di Alfred, bloccando appena in tempo il colpo diretto ad Arthur con precisione e forza. “Ehi bro, lasciati dire due parole: se te la prendi con Artie, te la stai prendendo anche con me.” lo minacciò con un sibilo poi, lasciandogli il braccio con un movimento disgustato e risentito.

“E con noi!” gli fecero eco tutte le altre nazioni (Veneziano con meno enfasi e convinzione; era chiaro che si stesse cagando sotto), ora davvero spazientite e pronte a difendersi.

Anche Romano, nonostante la sua natura solitamente vigliacca per quanto riguardava il piano fisico, strinse le mani a pugno e sputò a terra. “Brutti bastardi drogati, ve la facciamo vedere noi chi è il debole!”.

“Oh, ma io vi apro il culo a pugni, stupide merdine...” disse con voce assonnata e apparentemente pacifica Grecia, posando il suo micetto a terra per evitare che lo ferissero durante l'eventuale battaglia. “Provate a ripeterlo ancora una volta e vi ammazzo di legnate, capito?”.

“Aru, davvero, non lo fate! Io continuo a credere che fare a botte sia una pessima idea!” tentò per l'ultima volta a fermare l'imminente massacro il ragazzo cinese, guardando dritto negli occhi l'aggressore più alto. “Vi prego di rivedere le vostre intenzioni prima che sia troppo tardi, qualcuno potrebbe farsi davvero male.”.

“Aww, ora mandate il “Chin Chun Chan” in miniatura a difendervi? Ma tornatene a fabbricare roba tarocca e tossica, cinesino di merda!” lo insultò per tutta risposta l'interessato, mollandogli uno spintone abbastanza energico che lo fece sbattere violentemente contro il petto di Ivan.

 

“... Ok, adesso avete veramente rotto il cazzo pure a me. ^J^” balzò improvvisamente in avanti Russia, mollando un fortissimo cartone sul muso del bulletto senza aggiungere nient'altro: il colpo dell'alto russo fece volare quest'ultimo contro una slot, che si fracassò all'istante a causa dell'impatto violento. “Qualcun altro vuole provare il volo, da?”.

“UGH! FATE FUORI QUELLE MERDE, FATELI FUORI!” istigò i quindici prepotenti rimasti in piedi il colpito, spuntando da una marmaglia di cavi elettrici e componenti di plastica con aspetto orribile e ammaccato. “FATEGLI VEDERE CHI SIAMO, SPACCATEGLI LA FACCIA!”.

“Avete sentito i bastardi!? ADDOSSO, GENTAGLIA! AHHHH!” partì immediatamente al contrattacco con un grido di battaglia Romano, afferrando una sedia di metallo vicina e lanciandola in testa ad un nemico, il quale svenne all'istante. “Sotto a chi tocca!” provocò poi gli altri, sollevando un'altra sedia con aria di sfida.

“Arriba!” gridò a pieni polmoni Spagna, giocoso e battagliero, gettandosi di peso contro gli aggressori che gli capitavano a tiro e cominciando a pestarli a terra. “Caramba, che divertimento!”.

“Aiyah!” si unì fieramente alla battaglia Yao, ripresosi rapidamente dalla spinta, arrabbiandosi davvero tanto e cominciando a mollare calci e testate a destra e manca. “Non è stato per niente gentile, criminali! Aiyah!”.

America cominciò a scazzottare a tutto spiano, abituato alle spassosissime risse nei pub alle quali prendeva sempre parte, schivando i colpi con facilità e atterrando qualche ragazzo. Inghilterra e Francia lo aiutarono a colpi di bottiglie di birra vuote trovate più lontano.

Grecia, malgrado la sua innata pigrizia, si destreggiò magnificamente nella lotta corpo a corpo, sicuro di avere le spalle sempre ben coperte dalle precise mosse di Giappone. Tentò addirittura di spogliarsi per rendere onore all'antica tradizione del suo paese di combattere nudi, ma fortunatamente venne fermato dallo stesso Kiku, scandalizzato.

“Voooooooooooooooodka!” esclamò felicissimo e lanciatissimo Ivan, buttandosi di peso (tanto peso, fidatevi) contro gli avversari precedentemente atterrati per farli soffocare e soffrire ancora di più. Eh, il suo sadismo.

Ungheria prestò gentilmente una padella mezza scassata a Prussia e insieme si occuparono degli ultimi rimasti in piedi spaccando crani e setti nasali. “Attacco combinato, kesesesesesese!”.

 

“Vee, v-vee! Doitsu, ho tanta paura!” piagnucolò spaventatissimo Veneziano, implorando aiuto praticamente al nulla dato che Germania era sparito da alcuni minuti, nascosto furtivamente dietro a un tavolo rovesciato durante la lotta. “Dove sei, Doitsu...?”.

“Ah, eccoti! Tu sei con quella marmaglia di sfigati, ti ho visto in mezzo a loro prima...” lo afferrò prontamente per il colletto della camicia uno dei bulli, sollevandolo in alto e caricando un pugno a mezz'aria. “Ecco il prezzo per esserti messo contro di noi, fifone di un-”.

“Mettilo immediatamente giù.” sibilò scandendo ogni parola Ludwig, comparso dal nulla alle spalle del galletto vanitoso. “Immediatamente.”.

“N-no! E s-se non volessi farlo, c-che mi faresti?” domandò con la poca dignità rimastagli il tizio, cercando di non vacillare davanti a quell'enorme montagna di muscoli e testosterone. “Eh, c-che mi faresti?”.

Inutile dire che tutti in città, ma proprio tutti tutti, sentirono l'eco proveniente dall'Arcade del grido disperato del bulletto, seguito dal rumore di un tonfo sordo e di un cortocircuito.

“Vee, grazie Luddy!” ringraziò affettuosamente il tedesco Veneziano, abbracciandolo con trasporto e abbandonandosi fra le sue braccia protettive e forti. “Sei sempre pronto a salvarmi, vee...”.

 

-Neanche un minuto dopo l'inizio della rissa-

 

“Ecco, beccate e portate a casa, branco di stronze femminucce! E le nazioni vincono, e le nazioni vincono, yahaa!” saltellò in segno di vittoria Gilbert mentre osservava i nemici in fuga, facendosi poi sollevare come un trofeo dagli amici. “Siamo troppo forti, siamo troppo forti, guardate come corrono!”.

“Che pirla che sei, Gil.” alzò gli occhi verdi al cielo Elizabeta, facendosi scappare però una risata di puro divertimento. “Ma sei stato decente in campo di battaglia, almeno.”.

“La vittoria è stata schiacciante e meritata.” annuì tranquillamente Giappone, azzardando un sorriso soddisfatto e sereno. “Per fortuna non ci sono feriti fra di noi...”.

“Feriti!? E chi ci batte, a noi?! Durufuuuuuuu!” festeggiò col suo solito entusiasmo incontrollato America, azzardando un balletto scoordinato e socialmente imbarazzante.

“Sì, siamo stati dei grandi! Siamo dei guerrieri mitici e leggendari, chicos!” batté il cinque a tutti Spagna, fiero di aver combattuto e vinto per i suoi migliori amici. “Romanito, tu sei stato uno dei più mitici, fatti spupazzare tutto!”.

“Non abbracciarmi, bastardo! Staccati, ho detto, sei appiccicoso e sudato! Che schifo, cazzo!” provò a liberarsi con la forza dalla stretta mortale e umida nella quale l'ispanico l'aveva intrappolato Romano, scalciando e scalpitando come un pazzo. “Ti odio, vai via!”.

“Da, è stato bello vincere, però è un peccato non avergli potuto tagliare la gola...” si dispiacque sinceramente Russia, riponendo al suo posto un lungo coltello da macellaio ancora sporco del sangue di chissà cosa... o di chissà chi. “Va beh, sarà per la prossima volta!”.

“Lieto di aver sconfitto quei bruti insieme a voi, mes amis, ma adesso dobbiamo raggiungere Antoine e Fabrice prima che si allontanino troppo!” rimise in modo la ricerca Francis, indicando frettolosamente la luminosa uscita della Sala Giochi. “Venite?”.

“Francia ha ragione, andiamo. Non dobbiamo farci sviare da queste piccole soddisfazioni.” disse con tono profondo Germania, facendo cenno a tutti di muoversi e riprendere la missione. “Forza, ogni secondo è prezioso!”.

Certo, apparentemente la libertà era a loro portata ora, se non per un piccolissimo e alquanto fastidioso particolare...

 

“ECCOLI LI', LORO HANNO DISTRUTTO MEZZO SALONE FACENDO A BOTTE! ACCIUFFATE QUEI DELINQUENTI!” abbaiò con ira un inserviente della sala, presumibilmente il direttore, indicando i tredici malcapitati e mandandogli contro almeno cinque grosse guardie di sicurezza. “E CHIAMATE LA POLIZIA, NON DEVONO PASSARLA LISCIA!”.

“Oh-oh...” commentò alla vista Ivan, chinando la testa di lato e informando gli altri: “Mi sa che quelli là non vogliono fare amicizia, da?”.

“Oh porca vacca, no che non vogliono fare amicizia, quegli scimmioni con lo smoking ci vogliono sbattere in gattabuia! Tutti al furgone, dobbiamo scappare, via dai coglioni tutti quanti!” venne preso dal panico Alfred, cominciando a correre a perdifiato verso il suo mezzo di trasporto e scaraventando a terra chiunque si fosse intromesso nella sua strada verso la libertà. “Muovetevi, muovetevi, muovetevi, se ci prendono siamo finiti!”.

“A-aru ehi, io ho la schiena debole e le gambe doloranti, aspettatemi!” ansimò con fatica Cina, stando dietro ai compari con evidente difficoltà. “Speriamo non mi esca un'ernia...”.

“Vee, arrivano i nemici, waaaaah!”; “Corri, bastardo, corri!”: diedero uno sprint di incredibile velocità le due Italie, superando tutti e distaccandoli di un bel pezzo.

“MA PERCHE' SIETE VELOCI SOLO QUANDO DOVETE SCAPPARE, VOI DUE!?” gli gridò dietro Germania, impressionato dalla rapidità che Romano e Veneziano potevano raggiungere se terrorizzati a morte.

“Taci e shakera il culo, mangia-patate!” trovò un momentino per insultarlo il maggiore, facendogli il gesto dell'ombrello e continuando a correre. “Ecco il furgone, coglioni!”.

“Che situazioni di merda, che situazione di merda!” imprecò spaventato Inghilterra, salendo agilmente al posto del passeggero e allacciandosi rapidamente la cintura di sicurezza. Gli altri si infilarono nel retro e chiusero le portiere. “Ma quando avrà fine questa dannatissima notte da incubo!?”.

 

Oh Arthur, questo è solo l'inizio... solo l'inizio.

 

Fine primo capitolo.

 

 

 

Angolo autrice:

Salve a tutti fans di Hetalia, eccomi all'esordio con la mia prima storia su questo divertente Anime.

Ok, devo ammettere che sono stata combattuta se pubblicarla o meno, la trama mi sembrava priva di senso e poco divertente, ma alla fine l'ho fatto comunque per provare (mettendola fra le Demenziali, ovvio xD).

Spero che la lettura del primo capitolo vi abbia fatti sorridere come ha fatto sorridere me nello scriverlo.

La domanda è... Ce la faranno i tredici coraggiosi a trovare i ragazzini e a fuggire dai proprietari, oppure finiranno nei guai? Dove sono andati i due ribelli?

Lo scoprirete nel prossimo capitolo!

Alla prossima,

un ululato.

 

BlueFlyingWolf_13.

 

 

 

   
 
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