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Autore: _browneyes    28/12/2015    1 recensioni
E nel silenzio della notte, nella solitudine della strada, non ci sono che loro e va bene così.
Loro, che si sono sempre capiti.
Loro, che hanno sempre capito tutto.
Loro, che sono quelli delle due di mattina.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 due di mattina.
 
 

Leda lo detesta da sempre, l’odore di fumo che Luke si porta costantemente addosso, i vestiti ormai  ne sono impregnati.
Lei, comunque, di Luke odia tantissime cose, forse le cose che di lui non sopporta sono anche di più di quelle che le piacciono. Ma le va bene così.
Luke ha quel suo dannato modo di fare menefreghista, come se nulla potesse mai sfiorarlo, anche se Leda lo sa benissimo che non è così. Lo sa da quella notte che se l’è ritrovato mezzo sbronzo a piangere al telefono. Lui fa schifo a parlare dei suoi sentimenti, anzi fa schifo a parlare e basta, mentre lei è anche fin troppo brava a farlo.
Adesso, che sono le due di mattina, non parlano proprio.
Stanno zitti e camminano vicini, le mani che si sfiorano piano senza mai toccarsi del tutto. Sfuggono.
Luke fuma e, comunque, lo sa, che a Leda questo dà maledettamente fastidio, ma non riesce proprio a farne a meno. Sa di essere una grandissima testa di cazzo, ci si sente proprio. Ci si sente con quella cazzo di sigaretta costantemente fra le labbra e l’accendino che non funziona mai quando serve.
Oggi ha una canottiera, rigorosamente nera, dei Black Sabbath (giusto perché Leda gli ha rubato quella dei Sex Pistols) e, okay, se l’è messa anche ieri per andare alle prove della sua band, ma chissenefrega. Ha gli skinny jeans neri che lei detesta e le vecchie Vans scassate un po’ sporche di fango ai lati.
Leda lo odia vestito così, almeno quanto non sopporta il suo fottuto piercing al labbro.
Sono le due di mattina e Leda si ficca le mani nelle tasche della felpa bordeaux che ha rubato a suo fratello Michael un po’ di tempo fa e che si ostina a mettere, nonostante sia una notte di fine luglio e faccia tutto tranne che freddo.
Luke non la capisce. Vorrebbe, ma non c’è mai riuscito.
La guarda di sottecchi, non gli va di farglielo notare ‘chè sa che poi lei non si sentirebbe più a suo agio. La guarda e adora quello sguardo un po’ lucido per via del poco alcool bevuto prima e un po’ perso nel vuoto, in un mondo tutto suo. I capelli recentemente tinti di rosso cupo, sangue, le svolazzano intorno al viso, nonostante lei cerchi di tenerli fermi con il cappuccio della felpa, e le incorniciano la pelle diafana.
Lei, comunque, sa di avere gli occhi cerulei di Luke puntati addosso e fa finta di niente. È da quando si conoscono, che ha imparato a fare finta di niente.
Fa finta di non essere infastidita quando fuma in macchina o da quelle canzoni urlate che le fa sentire; finge non notare i lividi con cui ogni tanto arriva, quelli di cui non dà mai le spiegazioni dovute.
Finge di non notarlo, o forse, in fondo, non importa così tanto.
Così come Luke ignora le sue tante stranezze, lei ignora le cose che detesta.
Sono una coppia strana, una coppia balorda, ma si tengono in piedi a vicenda. ‘Chè, per quanto possano farsi schifo da soli e reciprocamente, è a Luke che Leda permette di leggere tutte quelle pagine che scrive e che restano sempre nel suo quadernino nero ed è Leda l’unica ad aver visto Luke piangere ultimamente, l’unica a cui dedica i sorrisi veri.
Fanno schifo, ma resistono.
Sono quei due che spesso saltano le lezioni e si trovano nel cortile dietro la palestra da basket; Luke con l’immancabile pacco di sigarette e l’IPod sempre pieno di nuove canzoni da farle sentire, Leda con le vecchie Dr. Martens verdi che penzolano dal muretto, il quaderno nero e una cicca alla menta in bocca.
Loro sono quelli che passano i pomeriggi a gridarsi contro per le ragioni più stupide e poi finiscono sempre, irrimediabilmente, a fare l’amore. Che poi, nonostante siano quello che sono da quasi un anno, non si siano ancora mai detti di amarsi, anche se lo sentono entrambi, non importa. C’è tempo, per loro due.
Luke e Leda sono quelli che si baciano veloci fra i banchi di scuola e che ascoltano le canzoni di Bruce Springsteen durante le lezioni di matematica.
Sono quelli che se ne vanno dalle feste organizzate da Ashton Irwin e scaricano un Calum Hood ubriaco fradicio a casa, poi, invece che tornare a festeggiare, girano per la città. Come stanno facendo adesso.
La maggior parte del tempo, quando camminano così, non dicono proprio nulla. Spesso, sarebbe anche superfluo farlo; il loro è uno di quei silenzi che sanno parlare meglio delle parole. Loro si capiscono.
Sono le due di mattina e camminano in silenzio, in una strada solitaria, dove non c’è nessuno se non loro.
Luke butta a terra la sigaretta ormai finita e soffia via l’ultimo sospiro di fumo, Leda tira fuori la mano sinistra dalla tasca della felpa e cerca quella del ragazzo. Lui la prende, è così piccola nella sua, quella mano, e la stringe, le dita che si incastrano tra loro.
Loro sono quelli che ancora non parlano e ai quali va ancora bene così.
Sono quelli per i quali le due di mattina sono solo l’inizio e non la fine della serata.
Luke si porta la mano di Leda alle labbra e ci poggia sopra un piccolo bacio. A volte, quando sa che sono da soli, si lascia sfuggire pure lui i momenti di dolcezza. A Leda piace quando succede, la fa sentire strana; nel senso positivo del termine, ovviamente. E le piace anche che riservi quella piccola parte segreta di sé solamente a lei.
Il lampione accanto al quale stanno passando sfarfalla un po’, ma nessuno dei due ci fa davvero caso.
Leda smette di camminare, si gira e lo guarda.
Non si fa la barba da qualche giorno, lo si capisce chiaramente, e lei preferirebbe che si rasasse tutti i giorni, ma pazienza. L’altra mano, quella che non è stretta alla sua, gli sfiora piano il profilo della mascella e sale, lenta, fino allo zigomo. Luke sorride, rivelando le fossette che a Leda sono sempre piaciute da impazzire.
La guarda.
Restano in silenzio a guardarsi, ancora, non hanno bisogno di parole; si capiscono. Poi, come nulla fosse, si lasciano le mani e ricominciano a camminare, anche se, un po’ apposta e un po’ per caso, finiscono comunque a sfiorarsi.
E nel silenzio della notte, nella solitudine della strada, non ci sono che loro e va bene così.
Loro, che si sono sempre capiti.
Loro, che hanno sempre capito tutto.
Loro, che sono quelli delle due di mattina.
  
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