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Autore: Sakurina    09/03/2009    8 recensioni
C’erano una volta, all’ “Oro Hotel”, Karin, avvenente e svogliata receptionist, e Suigetsu, l’inserviente tuttofare dell’albergo. Una guerra senza scrupoli fra di loro, a colpi di scopettone, di insulti e di scherzi diabolici di ogni sorta. Ci sarà o no il “vissero per sempre felici e contenti” in questa tragicomica favola d’altri tempi?
Prima Classificata al Contest Antiromantico SuiKarin indetto da Hipatya e Mala Mela.
Genere: Commedia, Demenziale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kabuto Yakushi, Karin, Orochimaru, Sasuke Uchiha, Suigetsu | Coppie: Karin/Suigetsu
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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***I Mille E Un Hotel***

A zia Eleanor, senza la quale non avrei mai scritto questo delirio.

A Rory e Rinoa, che mi han sopportata fino alla fine.

A Tya e Mela, perché hanno capito che il SuiKarin vale.

 

 

***I Mille E Un Hotel***

 

 

 

 

Prologo: “C’era una volta…”

C’era una volta, in una terra lontana lontana

…in verità c’è tuttora – per quanto ancora non si sa – ed il luogo non è nemmeno poi così lontano; sapete quell’autostrada che passa per la periferia della città, quella così vicina alla civiltà ma di cui non se ne vede neanche l’ombra? Di quale città non è importante saperlo, ognuna ha una strada del genere: larga e infinita, abitata solo da cemento e automobili; a destra delle industrie grigie e tristi, a sinistra il profilo di qualche abitazione in lontananza. E laggiù, nell’angolo in cui la strada curva appena appena, sorge un edificio alto e grigio, dall’aria parecchio squallida. Se non fosse per la scritta “Oro Hotel”, tutti penserebbero ad un penitenziario (ma il fatto che non lo sia non toglie che al suo interno non si consumino atroci torture).

Ebbene, è lì che avrà inizio la storia che sto per narrarvi, e se vi aspettate la casetta nel bosco, beh, avete sbagliato fiaba. Che a dirla tutta di fiaba non si può nemmeno parlare, visto che – oltre ad essere ambientata in uno squallido hotel – i suoi protagonisti non sono esattamente un principe e una principessa; anzi, sono forse quanto di più lontano ci possa essere dalla moralità.

Lei non ha né occhi color del cielo, né lunghi capelli d’oro, e non indossa regali vesti di seta. La sua chioma è di un rosso vivace, minuziosamente modellata in un taglio scalato; i suoi occhi di un inquietante rosso rubino sono ingranditi dalle spesse lenti degli occhiali neri che le cadono sul nasino perfetto; le prosperose forme del suo corpo sono messe in risalto da un tailleur estremamente scollato sul seno, in accordo con la minigonna decisamente troppo “mini”.

Ai piedi, invece delle scarpette di cristallo, scarpe decolleté nere con tacchi a spillo, all’apparenza abbastanza volgari.

-“Mi scusi narratrice, posso farle notare che mi sta descrivendo come una prostituta di alto bordo?”-

-“Va bene, va bene, mi ignori pure… stronza…”-

Karin – questo è il nome dell’adorabile donzella – attende il suo principe non distesa in una bara di cristallo attorniata dai fiori, ma svaccata comodamente dietro il bancone della reception dell’Oro Hotel, con le gambe accavallate e la limetta delle unghie in azione.

La porta di cristallo dell’ingresso si apre con un pesante tonfo; ma lei non ha bisogno di alzare lo sguardo per riconoscere quel passo veloce ma tozzo che si avvicina pericolosamente al suo amatissimo bancone.

Se nelle fiabe è solitamente la protagonista ad essere una poverella, allora possiamo dire che Suigetsu è il “Cenerentolo” della situazione.

Mentre Karin cammina per l’hotel pestando pesantemente i tacchi delle sue scarpe da 300 euro, lui indossa vestiti sgualciti e scarpe malconce, il tutto in accordo col suo mestiere.

Ufficialmente è detto “inserviente”, ma il termine esatto è da scegliere fra un elenco di sostantivi non molto carini usati proprio dalla rossa: sguattero, servo, schiavo, tuttofare e chi più ne ha, più ne metta.

Ma Suigetsu accetta di buon grado il suo lavoro, visto che in quell’hotel non c’è mai poi molto da fare, a causa della poca clientela.

Il suo problema in effetti è un altro…

-“Che mi ha descritto come un barbone, narratrice?”-

-“Mi ignori pure… tanto la figura del pezzente la faccio io!”-

Dicevo, il suo problema in effetti è un altro…

 

 

 

1. “La Bella Addormentata Nell’Hotel”

Oh, addio per sempre, dolci tempi di adorato cazzeggio; perché la quiete non regna più intorno al mio amato bancone della reception, non da quando quell’incrocio fra una triglia e un’aragosta ha messo piede nell’atrio e mano allo scopettone.

Vi giuro che rimpiangere Juugo è l’ultimo cosa che avrei mai pensato di fare; in fondo lo scimmione non era male come sguattero, aveva solo delle “insane” manie omicida! Però almeno non stressava la vita a me, povera sexy receptionist malcapitata in questo degradato albergo di periferia… come invece fa quella faccia di merluzzo!

È venuto qui per rovinarmi la vita, lo so. Dio, quanto lo odio! Con quella faccia e quei denti! Non mi sorprenderebbe scoprire che sua madre si chiama Ariel e suo padre Flipper.

Per fortuna che quando esco da questo postaccio, i miei occhi gioiscono della bellezza del mio bel tesorino strafigo… ah, Sasuke-kun!

È stato Orochimaru-sama, il mio capo nonché fedele seguace di Michael Jackson e Marilyn Manson , a presentarci una sera, mentre Sasuke era ospite in hotel.

Era palese che il capo – dai gusti sessuali non propriamente “ortodossi” – avesse strane mire sul mio Sasuke-kun adorato, ma poi lui ha visto me, e ha incontrato la felicità!

A detta di quel “zitello” acido di Kabuto (il galoppino del capo), io avrei obbligato Sasuke a uscire con me, e lui ne approfitterebbe per il sesso. Ah, tutta invidia, pettegolo dalla grigiura prematura!

Insomma, la mia vita sarebbe perfetta, divisa fra un capo un po’ viscido, un lavoro squallido ma ben retribuito e quel pezzo di gnocco di Sasuke-kun come boyfriend, se non fosse per lui. Lui, quella medusa malefica, che dal primo giorno in cui è arrivato qui ha segnato la sua condanna a morte. Te ne andrai da qui correndo, Suigetsu caro, oppure ti sbatterò fuori a calci in culo, parola di Karin.

 

 

 

2. “Cenerentolo

Io lo sapevo che dovevo restare a fare lo scaricatore di porto. Ma vedere tutti quei pesci sul bancone… mi faceva una pena! Ho il cuore tenero, cosa posso farci?!

E da bravo cretino mi sono fatto infinocchiare in questo lavoro come pulisci camere (e cessi) in squallidi hotel di periferia. In effetti non mi lamento, mi pagano decentemente e mi sbatto meno di quando scaricavo casse al porto. Cioè, non mi lamentavo prima che mi assumessero in questo posto degenere.

Già il nome “Oro Hotel” dice tutto sulle manie di egocentrismo del suo direttore. E sulle avances che mi ha fatto per assumermi, preferirei sorvolare…

Come se non bastasse avere un capo che mi molesta, risulta anche che in questo squisito posticino frequentato per lo più da prostitute e da magnacci, ci sia anche una racchia malefica, una di quelle stronze di prima categoria che non fanno altro che scassarti le palle dalla mattina alla sera e che si divertono a rovinarti il lavoro.

Okay, ammetto di averla provocata io per primo, ma non l’ho mica fatto apposta… figuratevi, col mio faccino angelico cosa volete che combini?

Stavo lavando la camera 105 come al solito, ma risulta che quel deficiente di Kabuto si fosse tappato in bagno (a fare cosa poi…); non avendo tempo da perdere per aspettare che lui uscisse, mi era venuta la brillante idea di buttare l’acqua sporca utilizzata per lavare i pavimenti dalla finestra… che ne potevo sapere che Karin esce nel cortile posteriore a telefonare col cellulare? Quindi casualmente l’ho beccata… in pieno. Il resto ve lo lascio immaginare…  vi basti sapere che sono dovuto tornare a casa accompagnato da una scorta.

Da allora ha cercato vendetta in mille modi, ma il culmine l’ha raggiunto quando ha tentato di avvelenarmi con la soda caustica.

Insomma, fra me e Karin non corre buon sangue. All’inizio ho cercato di chiederle scusa, ma visto che la stronza si ostina a fare l’offesa a morte, che si fotta. E da quando ho cominciato a fregarmene di lei e a rispondere ai suoi scherzi, è iniziata la guerra.

Non oso immaginare come se la deve passare il suo pseudo-ragazzo Sasuke… povero cristo, non lo invidio per niente.

E proprio oggi, la strega deve aver architettato uno dei suoi nuovi scherzetti, visto che i miei attrezzi da lavoro sono spariti dalla circolazione – mio amato scopettone, ti ritroverò!

 

 

 

3. “La Bella e L’Anguilla”

-“Avanti strega, parla. Dove l’hai messo?”-

La sua voce è perentoria, irritata, nervosa: per niente in vena di scherzi, insomma. Oh, lo adoro semplicemente quando fa il minaccioso, povero il mio mollusco! Perché non si rende minimamente conto di chi ha davanti? Davvero ci tiene così poco alla sua vita da infimo essere monocellulare? 

-“Credo di non saper di cosa tu stia parlando, caro Suigetsu.”-

La mia voce invece è tranquilla, squillante, malleabile: non mi fai paura, tesoro. Anzi, vederti arrabbiato e inerme dall’altra parte del bancone è così… così… è troppo divertente.

-“Razza di lurida…”- sibila lui, sporgendosi in avanti, come se questa volta voglia saltare davvero dall’altra parte del bancone.

-“Cosa vuoi fare, eh, denti aguzzi?”- lo fulmino io con lo sguardo, buttandomi sulla muraglia di legno che circonda la mia postazione lavorativa, per difenderla con tutte le mie forze.

Eh no carino, lo sai che lui è… lui è il bancone della reception, il mio bancone adorato! La barriera protettiva che mi ha difesa dalla sozza clientela dell’hotel durante questi cinque lunghi e sofferti mesi! Ma che soprattutto mi difende da te! Ti giuro che se lo scavalchi, ti spezzo quegli ossicini da vongola che ti ritrovi!

-“Stai lontano dal mio bancone, faccia da piranha.”- ringhio, battendo con forza i pugni sul mio tavolo di legno rossiccio.

-“E tu parla, strega, dove hai nascosto i miei attrezzi?!”- sibila lui, fissandomi con aria che lui crede minacciosa. Ma non voglio deluderlo, povera stella (marina).

-“Oh oh oh, non so di cosa tu stia parlando, caro!”- rido acidamente, ravvivandomi la lunga chioma scarlatta e ritornando a limarmi le unghie con cura, come poco prima dell’interruzione del calamaro.

-“Karin…!”- ringhia ancora lui, pronto a superare il mio bancone con un balzo.

Salta, salta pure, pesce rondine, così ti trafiggo con le mie unghiette ancora prima che tu possa toccare il sacro suolo della reception.

-“Cosa state facendo, miei adorati?”-

Ahia. Voce sibilante e fastidiosamente melliflua. Passo strisciante, pelle color lenzuolo, trucco da drag queen, stesso parrucchiere di Mortisiableah, lingua che si lecca le labbra mentre con gli occhi da boa constrictor “ammira” il didietro di Suigetsu.

Eh sì, è proprio il capo.

-“Oh, salve Orochimaru-sama, non pensavo di vederla così di buon’ora in hotel!”- cinguetto io, tirando un cazzotto alla sogliola che come sempre è perennemente in mezzo alle balle. Lo scaravento dall’altra parte dell’atrio – oh, che dolce melodia sentire Suigetsu sfracellarsi contro il muro! -  e mi sistemo doverosamente la generosa scollatura del tailleur.

-“Carissima Karin, buongiorno… Suigetsu caro, buondì pure a te…”- mormora il capo con la sua voce viscida, dividendo lo sguardo fra me e il mentecatto appiccicato al muro.

-“Buongiorno capo…”- borbotta Suigetsu, raggiungendoci ancora zoppicante e dolorante – oh oh, gioia e gaudio!

-“Oh suvvia ragazzi, non voglio vedere queste scaramucce fra colleghi, potreste dare una cattiva impressione ai clienti.”- ci richiama Orochimaru, ravvivandosi la chioma perfetta – anche più perfetta della mia.

Come d’istinto, io e la medusa dai denti affilati ci guardiamo attorno: nell’atrio, solo polvere che vola sospesa a mezz’aria e il nulla più assoluto. Ci scambiamo un’occhiata eloquente, stranamente d’accordo per la prima volta nella nostra vita: non c’è assolutamente nessuno.

-“Litigate ancora?”-

Voce cadenzata, bassa, infida, vagamente canzonatoria: eccolo, il galoppino di Orochimaru, il “zitello” acido dai precoci capelli grigi: Kabuto!

Il suo ruolo all’interno dell’hotel non mi è del tutto chiaro, senz’altro fare la spia rientra fra i suoi compiti. Dietro quei suoi occhiali da Harry Potter vede tutto, il bastardo.

La sua passione viscerale nei confronti del capo mi inquieta non poco, decisamente. Ed essendo dichiaratamente e spudoratamente dell’altra sponda, non mi sorprende che Kabuto odi così tanto una dolce e figa donzella come me, evidente tentazione per il suo caro amante parente della bambina di “The Ring”.

Improvvisamente, sento il braccio freddo del capo cingermi le spalle, e avvicinarmi – oh mio Dio, che schifo! – a Suigetsu, anche lui spinto da Orochimaru.

-“Avanti ragazzi, ora voglio una bella stretta di mano… fate l’amore, non la guerra!”- ridacchia, con voce sibilante e sadicamente divertita.

Pensiamo al senso figurato della frase, prima che mi vengano i conati di vomito.

Tendo la mia mano al branzino di fronte a me, e lui la stringe, con espressione schifata. Razza di cretino, impegnati almeno a fare il serio davanti al capo, no?!

Mi sistemo gli occhiali con una mano, mentre l’altra, stretta in quella di Suigetsu, affonda le unghie nel dorso – o meglio, nella pinna – del mio amato pesce pagliaccio.

Che goduria vedere il suo volto contrarsi in un’espressione dolorante senza poter protestare!

Affondo ancora di più le unghie nella sua pelle – o meglio, nelle sue squame – e lo vedo mordersi il labbro inferiore, mentre mi fulmina con occhi ricolmi d’ira.

-“Tranquillo capo, io e Sui-kun andremo d’amore e d’accordo!”- cinguetto, sogghignando malignamente verso il mio nuovo amico.

-“Puoi contarci, Karin-chan.”- sogghigna lui di rimando, corrugando le sopracciglia, divertito.

Cos’è, una sfida, capitone dei miei stivali?

 

 

 

4. “Il Re Storione”

Piccola stronzetta. Figurati se non andava a nascondermi gli attrezzi per la pulizia in mezzo ai bidoni della spazzatura! Tanto ci devo lavorare io con questo fetore di pattume – che, per la cronaca, mi ricorda tanto il tuo profumo di Chanel da 100 euro, maledetta strega!

Stranamente abbiamo qualche cliente, oggi. Ottimo, più lavoro per me… non vedevo l’ora! Speriamo che non sia uno di quei lordi che ti lasciano la camera devastata, piena di carte e di capelli dappertutto.

Ecco Kabuto che scende le scale con sorriso sornione e appagato, accompagnando il nostro cliente, un bell’uomo sulla cinquantina, dai lunghi capelli bianchi.

-“Mi aspetti qui, signor Jiraiya, sarò subito di ritorno con una cartina del paese.”- si congeda Kabuto, dirigendosi verso il bancone dove Karin si sta accuratamente limando le unghie, come al solito.

Io sbuffo annoiato e torno a lavare il pavimento della hall, tanto per far vedere al nostro cliente che qui all’igiene ci teniamo – messaggio subliminale: non sporcare troppo la tua stanza, che quello che si spezza per pulirla sono io!

Il tizio mi si avvicina, guardandosi attorno con falsa indifferenza, ma ho già intuito che vuole attaccare bottone con me; so che è amico di Orochimaru… avrà mica le stesse tendenze perverse, vero?!

Jiraiya si schiarisce la voce con due colpetti di tosse, richiamando la mia attenzione. Smetto di lavare il pavimento, lanciando una rapida occhiata per vedere a che punto sia Kabuto: sta litigando con Karin perché la cretina non riesce a trovare delle cartine. Stando alla quantità di materia grigia nella testa della gallina, andranno per le lunghe.

-“Sì?”- domando, mostrando la mia inquietante fila di denti appuntiti al nostro impavido cliente.

-“Eh-ehm… ragazzo… tu mi sembri un tipo in gamba, sai? Soprattutto, diciamo, diverso da Kabuto… non so se mi spiego…”- mi ammicca sorridente, dandomi una gomitata che per poco non mi sfonda.

-“Sì, e quindi?”-

-“Eh, e quindi mi chiedevo se tu non conoscessi per caso… sai… delle ragazze carine disposte a farmi un po’ di compagnia, questa notte…”- mi domanda l’uomo, arrossendo e portando gli occhi al cielo, trasognato.

-“Sì, guardi, la ragazza al bancone è proprio ciò che fa al caso suo.”- gli rispondo così naturale e serio che mi crede al volo. Se non sapessi che è una calunnia mi crederei da solo. Basta, domani mollo tutto e parto per Hollywood.

Jiraiya guarda Karin un po’ perplesso, poi si volta nuovamente verso di me – che lo fisso, impassibile – poi ritorna a osservare la reception.

-“Sì, in effetti ha un po’ la faccia da porcellina.”- annuisce, compiaciuto.

-“Oh, non sa quanto. Pensi, ha pure un passato da pornostar… ma adesso sta cercando di voltare pagina, la poverina. Ma chissà, magari per lei potrebbe chiudere un occhio.”- gli ammicco io, sorridendo malizioso.

L’uomo sogghigna deliziato, dirigendosi a grandi passi verso la reception dove si appoggia al bancone con nonchalance, sfoderando un sorriso da latin lover. Non riesco a sentire ciò che le dice, ma la reazione della strega parla chiaro.

-“MA COME SI PERMETTE?!”- urla, sistemandosi gli occhiali da talpa che le pendono sul naso.

Kabuto interviene subito per sedare il malinteso – maledetto guastafeste – mentre la strega sa bene verso dove guardare.

Mi fulmina con i suoi occhi da arpia e io le sorrido divertito, salutandola con la manina. Adoro sfotterla.

Il gioco comincia a prendere una piega interessante nel pomeriggio, quando Miss Mi Credo Figa e Intelligente riceve una telefonata da un potenziale cliente spagnolo.

Lo spagnolo di Karin è quello che viene comunemente detto “arrampicarsi sugli specchi”; se sapesse che ho vissuto tre mesi in Spagna, penso che mi ucciderebbe. Oh, ma tanto mi ucciderebbe comunque, quasi dimenticavo. Quindi, perché sbattersi a dirglielo quando posso farmi (altre) sane risate alla faccia sua?

-“Ehm sì… usted es muymuy…”- dice la racchia, guardandosi attorno boccheggiando come un pesce fuor d’acqua. Poi mi vede e mi indica col dico, mormorandomi qualcosa –“Tonno sott’olio, sai come si dice gentile in spagnolo?!”-

Annuisco, disinvolto.

-“Dimmelo!”-

-“E perché dovrei?”- ribatto, divertito.

-“Perché se questo hotel va in fallimento, sarà per causa tua!”- ringhia lei, aggressiva. Accidenti, quando lavoravo al porto c’erano persone molto più eleganti di Karin.

-“Eh va beh… si dice borracho.”- sbuffo, fingendomi scocciato. Veramente, Hollywood mi attende.

-“Okay, triglia.”- dice, tornando al telefono –“Sì, usted es muy borracho! Che...? No, por favor...! Che... sì, borracho, sì! Cosa?! Ma come si permette?! No, ci vada lei! Adios!”- sbotta, sbattendo il telefono in faccia all’ormai ex-cliente.

Mi dispiace, ma non riesco più a trattenere un sorriso divertito, e scoppio a riderle in faccia.

-“Ma come, mica non lo capivi lo spagnolo?”-

-“Non lo so parlare, ma quando qualcuno mi offende lo so capire molto bene… anche se fosse in arabo!”- sbotta Karin, strappando il telefono e lanciandolo contro la parete dietro di me, frantumandolo. –“Maledetto merluzzo, che cazzo mi hai fatto dire?!”- ringhia poi, accesa d’ira, fulminandomi con occhi di fuoco.

-“Direi che te lo posso dire anche domani, ora ho finito il turno.”- sorrido radioso, appoggiandomi sullo scopettone con l’aria più soddisfatta del mondo.

Uno pari e palla al centro, strega. Il re dell’hotel sono ancora io.

 

 

 

to be continued!

 

 

 

*Angolo di Sakurina*

 

*si asciuga le lacrime*

Oh cielo, sono emozionata. Non avrei mai creduto che questa bakaggine di fic potesse vincere il contest SuiKarin [tantomeno di Tya e Mela *brividi di paura*]. Però ammetto che è stato divertente scriverla, Suigetsu e Karin sono delle vere e proprie sagome. E sono totalmente antiromantici.

L’idea dell’hotel non so come mi sia venuta fuori, probabilmente perché Karin mi fa molto receptionist o comunque segretaria porno [XD], e nemmeno il modello da fiaba. Chiamateli lampi di genio momentanei. .-.

Spero di riuscire a strapparvi qualche sorriso con questa fic. ^^

Un grazie speciale va alla mitica zia Ele, senza la quale non avrei scritto una mazza. ù_ù  Grazie per i continui incoraggiamenti e per esserci sempre. Ti voglio bene, zia! ToT

Un grazie anche a tutti coloro che vorranno recensire! <3

Un bacione

Luly

contest
  
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