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Autore: _Yumemi_    28/12/2015    1 recensioni
[Twittering birds never fly]
Tornò a fissare la figura del Capo abbandonata sul divano bianco: le scarpe di lucido cuoio marrone, il modo in cui le caviglie, così stranamente sottili, si intravedessero dall'orlo dei pantaloni...
Doumeki pensò che avesse delle belle gambe.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: "Somewhere between dirty and clean"
Fandom: Twittering birds never fly
Rating: Yellow
Tipo di coppia: Shonen-ai (vaghi riferimenti)
Note: Storia partecipante all'eventi "MariBingo" di Maridichallenge su LJ, missing moment post capitolo 16
Prompt: 40.
 "Accavallò di nuovo le gambe, allungato sulla poltrona imbottita, e guardò fuori dalle finestre a tutta parete" (John Niven, Maschio bianco etero)
Parole: 1188


 
*


«Siamo quasi arrivati.»
Doumeki attese qualche istante, poi controllò nello specchietto retrovisore quando la risposta non accennò ad arrivare, trovando il suo Capo assopito sul sedile del passeggero.
«Capo, siamo quasi arrivati.» Ripeté con voce appena più alta.
Udì un lieve sussulto, seguito da un sospiro. «Lo so, conosco la strada per casa mia.»
Yashiro sbadigliò, passandosi una mano sul collo indolenzito.
«Dove devo parcheggiare?»
«Dove ti pare, basta che tu faccia alla svelta.»
Doumeki obbedì e fermò l'auto accostandola al marciapiede immediatamente davanti l'ingresso dell'abitazione. C'era un divieto di sosta, ma immaginò che non ci fosse realmente alcun problema. Eppure una parte di lui, quella da poliziotto che nonostante tutto ogni tanto risffiorava, non gli risparmiò un rimprovero. A quanto pare era una deformazione professionale talmente radicata in lui da non morire nemmeno dopo essere entrato tra gli yakuza.

Smontò veloce dall'auto e andò ad aprire la porta del passeggero rivolta al lato del marciapiede. Il suo Capo scese e Doumeki non poté non notare i movimenti ancora rigidi e incerti, accompagnati da una smorfia di dolore nel momento in cui si raddrizzò in piedi.
«Muoviti, ho freddo.» Lo richiamò passandogli accanto e precedendolo davanti la porta di casa propria. Doumeki lo raggiunse svelto e la aprì.

Yashiro entrò in casa per primo -Doumeki avrebbe preferito entrasse prima lui, come sua guardia del corpo era suo dovere controllare l’interno- e scavalcò l'ordinata fila di pantofole davanti l'ingresso.
«Faccio troppa fatica a piegarmi per togliermi le scarpe, non importa.» Lo anticipò voltandosi appena verso di lui e guardandolo con la coda dell’occhio. «E non ho bisogno di una mammina che lo faccia per me.» Aggiunse con un sorriso ironico, intuendo le sue intenzioni prima che parlasse.
Si voltò nuovamente e scomparve oltre un angolo mentre Doumeki, rimasto indietro nel genkan, si toglieva le scarpe. Rimasto in calzini, salì il gradino chiedendo il permesso per entrare.

L’interno della casa lo conosceva già: era per la maggior parte in stile occidentale e il pavimento in legno massiccio amplificava come una cassa armonica i suoi passi. Doumeki lo seguì facendosi guidare dal loro suono, raccogliendo strada facendo la giacca in gessato grigio del Capo abbandonata a terra.

Raggiunse l’ampio salotto e lo trovò disteso sul divano in pelle, la schiena e il braccio ferito abbandonati su una pila di cuscini, le gambe accavallate e appoggiate su un bracciolo. Portava ancora le scarpe ai piedi, e le suole sprofondavano nella pelle bianca senza alcuna considerazione del fatto che potessero sporcarla o rovinarla anche irrimediabilmente. Soprattutto dato che aveva tutta l'aria di essere un mobile costoso. Ma Yashiro-san si limitava a fissare con distratta insistenza la portafinestra a tutta parete davanti a lui assorto in chissà quali pensieri, arrivando ad ignorare anche la sua presenza.

Non che gli desse fastidio. Una delle qualità di una guardia del corpo doveva essere la discrezione. Inoltre la calma del momento gli dava modo di riflettere. Scrutò con occhio attento l'ambiente e non notò nulla di strano, fuori posto o mancante.
Tutto era silenzioso e immobile.
Tornò a fissare la figura del Capo e la sua attenzione ritornò alle sue scarpe di lucido cuoio marrone, poi al modo in cui le caviglie, così sottili, si intravedessero dall'orlo dei pantaloni.

Doumeki pensò che avesse delle belle gambe.

Fu un pensiero completamente incoerente al momento e alla situazione, ma non poté impedirsi dal formularlo.


Non che considerasse il Capo come una donna, ma semplicemente… Lo trovava bello. Aveva dei bei capelli biondo scuro -ricordava bene la piacevole sensazione di scorrervi in mezzo le dita-, aveva un bel viso, degli occhi dallo sguardo tagliente e magnetico... e aveva anche delle belle gambe.
Non sapeva darsi una spiegazione razionale.

Gli aveva già confessato una volta che gli piacevano le donne dalle belle gambe, e l’aveva fatto quasi involontariamente, spinto dalle parole insistenti di Yashiro-san che voleva per interesse, o forse più per capriccio, curiosare nel suo passato. Le parole gli erano sfuggite di bocca sovrappensiero, mentre fissava le sue gambe nude uscire senza alcun pudore dall’accappatoio aperto.

«Se mi guardi così finisce che mi eccito.»
La voce del suo Capo interruppe bruscamente i suoi pensieri e lo riportarono alla realtà. Doumeki distolse lo sguardo, sentendosi in un qualche modo colpevole. Lo lasciò vagare per qualche istante nella stanza ma infine, quando lo posò di nuovo sul volto di Yashiro-san, vide il solito sorriso lascivo ammiccare verso di lui. Sembrava come in attesa che accadesse qualcosa. E forse quel qualcosa era proprio la reazione scontata di Doumeki che, non riuscendo a sopportare oltre quella situazione di stallo, lo raggiunse e si mise in ginocchio davanti a lui.
«Lasci che le tolga le scarpe.»
«Quando sei noioso..!» Sbuffò Yashiro in tono seccato, ma lasciandolo fare «Questa casa non è così pulita come sembra.»
Non capì «Casa sua è una bella casa, Capo.»
«Certo che lo è. Ma se la si guardasse in luce UV come fanno in quei dannati telefilm americani scommetto che si trasformerebbe in un bel quadro di Pollock.» Voltò lo sguardo verso di lui, mentre un angolo della sua bocca si incurvò in un sorriso ambiguo e indecifrabile. «Questo ti ricorda qualcuno?»

Doumeki rimase in silenzio, impedendosi di pensare a cosa potesse ovviamente riferirsi Yashiro-san e passando, invece, a slacciargli la seconda calzatura.
«Beh, ma sai come si dice…» Riprese «Una casa e il suo padrone si assomigliano.»
«Quello lo dicono dei cani e dei loro padroni.» Ribattè, sfilandogli dal piede anche l’altra scarpa.
«Ancora meglio, molto azzeccato alla mia situazione non trovi?» Senza guardarlo Doumeki poté quasi immaginare il sorriso allargarsi sul suo volto.


«Vuoi che te lo succhi? Magari questa è la volta buona che ti si rizza.» Gli fece, serio e divertito al tempo stesso. «Inoltre sarebbe una ricompensa adeguata per l’altro giorno.»
Doumeki ignorò volutamente le sue parole, così come il riferimento a ciò che era accaduto nella camera d’albergo.
«Allora?» Insistette, la voce bassa e vellutata.
Il cuore prese a martellargli nelle orecchie, come se lo avessero spostato dal petto al centro della sua scatola cranica.
Le sue gambe che tremavano contro le sue mani e scivolavano sulle lenzuola madide di sudore.
Yashiro si allungò verso di lui.
Il suo sapore nella bocca e la sua voce rotta che lo pregava di continuare.
La leggera pressione della mano sana pronta sulla zip dei suoi pantaloni.
Per un attimo i ricordi e le sensazioni gli annebbiarono la vista. Deglutì, cercando disperatamente di ritrovare la lucidità.
Inspirò forte e l'aria fredda della casa sembrò rischiarargli la mente
«Non aveva detto che fa fatica a piegarsi?» Domandò, la voce ferma ad emulare una calma che non possedeva.
Yashiro si fermò. Lo guardò confuso e poi una risata soffocata gli sfuggì dalle labbra; forse di delusione, o forse perchè non si aspettava altro se non questa risposta. Ricadde sui cuscini, il volto pallido ed esausto.
«Vero.» Convenne, scuotendo la testa piano, mentre si accendeva una sigaretta. Aspirò lento la prima boccata di fumo e, altrettanto lentamente, la soffiò poi nell'aria abbandonando la testa all'indietro.

«Ci sono cose che nemmeno un masochista pervertito come me può sopportare, a quanto pare.»

 

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Il mio primo fill (e spero non l'unico >_____<) per il "Maribingo", organizzato da Mari Di Challenge. =D
Spero siate arrivati fino alla fine e vi sia piaciuto. Dato il prompt, la prima cosa che mi è venuta in mente sono stati Yashiro e Doumeki da "Twittering Birds Never Fly", ma essendo personaggi che non riesco ancora bene a individuare e a capire... beh, è venuta fuori una cosa un po' (tanto) inconcludente senza capo ne coda. ;^; Perdonatemi, non li so gestire.
Spero comunque di aver un po' lasciato intendere la forte dualità che mi trasmettono i due personaggi (soprattutto Yashiro, ho cercato di rimarcarlo con la cosa delle scarpe tenute in casa (un vero tabù per i giapponesi, che separano rigorosamente l'ambiente esterno e sporco con quello casalingo e pulito).
Grazie per aver letto e ancora di più a chi vorrà lasciare un commento.
Alla prossima! <3

-Yume-

  
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